Obiettivi Onu 2030: perché la Santa Sede si è allineata?
Cari amici di Duc in altum, l’allineamento della Santa Sede, sotto il pontificato di Francesco, agli obiettivi dell’Onu continua a suscitare domande. Papa Francesco sta operando da cappellano delle Nazioni Unite, come ha scritto Rubén Peretó Rivas. Ma questo ruolo, spiega Stefano Fontana, comporta la negazione di numerosi principi della morale naturale e cattolica.
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La Chiesa cattolica sembra partecipare con convinzione al perseguimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu per il 2030. Il 15 ottobre 2020 papa Francesco ha lanciato il suo Patto globale per l’educazione e Il 17 dicembre 2020 ha detto di vedere “con soddisfazione che i governi si sono impegnati nuovamente a mettere in pratica queste idee mediante l’adozione dell’Agenda 2030 e degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu, in sinergia con il Patto globale sull’educazione”. Già nel settembre 2015, in occasione dell’approvazione da parte dell’Assemblea generale dell’Onu degli Obiettivi 2030, papa Francesco aveva descritto l’adozione dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile come un “importante segno di speranza, se questa verrà effettivamente implementata a livello locale, nazionale ed internazionale”. L’8 marzo 2019, parlando ad una conferenza in Vaticano, papa Francesco notava che “L’Agenda 2030 e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, approvati da oltre 190 nazioni nel settembre 2015, sono stati un grande passo avanti per il dialogo globale, nel segno di una necessaria nuova solidarietà universale”.
La Chiesa è quindi pienamente in partita. Però in quegli Obiettivi molte cose non vanno né per la morale naturale né per quella cattolica. Lasciando stare molte cose importanti ma non centrali, come per esempio il clima o le migrazioni, soffermiamoci su quanto dice il punto 3.7 dell’obiettivo salute: “Garantire l’accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, inclusa pianificazione familiare, l’informazione, l’educazione e l’integrazione della salute riproduttiva nelle strategie e nei programmi nazionali”. L’Obiettivo è poi ripetuto al punto 5.6 sull’uguaglianza di genere.
Sappiamo tutti che dietro queste melliflue parole c’è l’aborto universalizzato, la contraccezione finanziata o imposta, la negazione della vita e della famiglia. Quest’ultima parola – famiglia – non appare mai in tutti i 169 Traguardi Onu. Come è possibile, allora, che la Santa Sede ne sia entusiasta e vi collabori?
Qualcuno potrebbe dire: ma la Chiesa può anche selezionare gli Obiettivi e far propri quelli buoni e non collaborare con i cattivi. Questo, però, è impossibile. Il documento approvato dall’Assemblea generale dell’Onu dice che gli Obiettivi sono “interconnessi” e “indivisibili”, ossia si prendono come un unico “pacchetto”. Su questo non ci possono essere dubbi dato che l’azione degli attori dei “Diritti sessuali e riproduttivi” – l’allora segretario generale Ban Ki-moon e i vari Comitati di alto livello via via istituiti –, hanno lavorato per garantire la trasversalità di questi diritti, collegandoli con la salute, l’educazione, la povertà, il clima, la salute degli adolescenti e dei giovani, la scuola e così via. Non è quindi assolutamente possibile disgiungerli dagli altri.
Tutto era cominciato al Cairo, ma vediamo una cosa molto importante accaduta dopo. Al vertice Onu su popolazione e sviluppo del Cairo nel 1994 erano stati coniati i concetti di “salute riproduttiva”, “diritti riproduttivi”, “diritti sessuali e riproduttivi” ed era stata approvato una piattaforma d’azione lautamente finanziata. Nel 2015 questo programma venne unificato con quello degli Obiettivi di sviluppo del Millennio che nel frattempo erano stati prorogati dal 2000 al 2015. In questo modo i diritti sessuali e riproduttivi venivano inseriti tra gli altri diritti umani come l’acceso all’istruzione, all’acqua potabile, alla sanità… In questo modo furono consacrati e universalmente proposti come diritti umani. Quello era il punto in cui la Chiesa cattolica avrebbe dovuto farsi sentire ad alta voce, ma non lo fece. Anzi, approvò quegli Obiettivi “unificati” e dichiarò di volersi impegnare per essi.
Nel 1994 al Cairo e nel 1995 a Pechino, la Chiesa, la cui delegazione era rappresentata allora dall’arcivescovo (poi cardinale) Renato Martino, osservatore della Santa sede all’Onu, si era opposta fieramente contro gli obiettivi contrari alla vita e alla famiglia che là erano stati proposti, proponendosi come guida dei molti Paesi in via di sviluppo contrari a questo nuovo colonialismo. Perché mai nel 2015 non è più stato così e ora, a dieci anni dal 2030, la Chiesa cattolica appoggia quanto allora osteggiava?
Le spiegazioni possono essere molte. La dottoressa belga Marguerite Peeters, direttrice di Dialogues Dynamics di Bruxelles, ha documentato che i fautori internazionali dei Diritti sessuali e riproduttivi avevano predisposto un piano d’azione per il post-2015 che comprendeva quattro linee d’azione: ampliare l’accesso a questi diritti, favorire la loro approvazione da parte degli Stati, aumentare la loro trasversalità con altri e – questo è il punto centrale – cambiare dall’interno le religioni. Questo ultimo punto può essere una spiegazione.
Stefano Fontana
Fonte: Osservatorio internazionale cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa
https://www.aldomariavalli.it/2021/01/09/obiettivi-onu-2030-perche-la-santa-sede-si-e-allineata/
Sono emerse e-mail della Pontificia Accademia delle Scienze che mostrano come il cancelliere della Pontificia Accademia, il vescovo Marcelo Sanchez Sorondo, ed altri membri senior fossero allarmati per la presenza di uno scienziato francese ad un summit sul clima organizzato dalla stessa Accademia che non fu poi più invitato.
L’articolo è scritto dal giornalista Edward Pentin per il National Catholic Register. Eccolo nella mia traduzione.
Sono comparse e-mail di cinque anni fa all’interno della Pontificia Accademia delle Scienze che mostrano quanto alcuni alti funzionari vaticani fossero ansiosi di reprimere le voci scettiche sulla scienza del cambiamento climatico.
Gli aspri scambi, tutti scritti quell’anno e trapelati al National Catholic Register, si riferiscono per lo più a un invito fatto dall’Accademia al professor Philippe de Larminat, scettico francese sui cambiamenti climatici, a parlare in un importante summit di alto livello della Pontificia Accademia delle Scienze su “Le dimensioni morali dei cambiamenti climatici e lo sviluppo sostenibile”.
Con l’obiettivo di costruire un consenso tra scienziati e leader religiosi sulla scienza dei cambiamenti climatici, l’incontro dell’aprile 2015 coincise sia con l’enciclica sull’ambiente Laudato Si’ di Papa Francesco, pubblicata un mese dopo, sia con la creazione, in quell’anno, degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’ONU.
Tra gli oratori principali c’erano l’allora Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon, l’architetto capo degli SDG, l’economista della Columbia University e sostenitore del controllo della popolazione Jeffrey Sachs, e cinque premi Nobel.
De Larminat, che aveva scritto un libro sostenendo che l’attività solare, piuttosto che i gas serra, fosse la causa del riscaldamento globale, aveva anche dissentito dalle conclusioni del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) dell’ONU. Secondo quanto riferito, aveva cercato un posto al simposio del 2015 per cercare di far cambiare idea al Papa sulla scienza.
L’allora presidente della Pontificia Accademia, Werner Arber, un microbiologo svizzero protestante e premio Nobel nominato da Benedetto XVI nel 2011, era solidale con le preoccupazioni di de Larminat e cauto nell’accettare il “consenso” sul cambiamento climatico.
In una delle e-mail di Arber, datata 23 marzo e inviata al cancelliere dell’accademia, il vescovo Marcelo Sanchez Sorondo e il membro dell’accademia Veerabhadran Ramanathan, lo scienziato svizzero sottolineava che il clima ha un “alto grado di complessità” e che gli studi scientifici dipendono da modelli che possono portare a “conclusioni diverse”. In generale, questi producono condizioni di “insicurezza” sulla scienza di cui, scriveva, il Vaticano e il Papa dovrebbero essere informati.
Arber ha quindi sostenuto di seguire “il principio di precauzione” – di raccomandare l’abbassamento della quantità di CO2 emessa dall’attività umana, ma di non emettere una “chiara dichiarazione” di previsioni sui cambiamenti climatici che “potrebbe danneggiare seriamente la fiducia nella scienza”. Come post scriptum, aggiunse che de Larminat “potrebbe essere pronto a partecipare al nostro workshop del 28 aprile, se lo desidera”.
La decisione di invitare de Larminat sembra essere già stata presa perché in una e-mail del 30 marzo, il cardinale Peter Turkson, allora presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, aveva detto a de Larminat che “se vuole partecipare [al summit], l’accademia ne sarebbe molto felice. Non dovete far altro che farmelo sapere”.
Lo scienziato francese rispose chiedendo se suo fratello, il professor Stanislas de Larminat, esperto di ecologia cristiana, potesse partecipare con lui. Stanislas aveva scritto una volta che “l’ecologismo” è una “forma di cultura della morte che ci spinge a sognare un ritorno al paradiso perduto”. Aveva anche scritto un libro che portava la prefazione del cardinale George Pell, noto per il suo scetticismo nei confronti del cambiamento climatico causato dall’uomo.
Il vescovo Sanchez venne a conoscenza del loro invito solo il 16 aprile, pochi giorni prima del simposio, quando Arber gli inviò un’e-mail per dire che “avrebbe gradito” la partecipazione di de Larminat. Il contributo dello scienziato, scrisse Arber nell’e-mail, offrirebbe “uno sguardo più profondo sul complesso fenomeno delle variazioni climatiche e sulla modellistica predittiva utilizzando questo approccio, che si differenzia da quello utilizzato dall’IPCC”.
In una mail del giorno seguente, che si apriva con le parole “Cari amici”, inviata ai membri dell’accademia Ramanathan (ora noto come “scienziato del clima” di Papa Francesco), Peter Raven, botanico americano, e Sir Partha Dasgupta, economista indiano, il vescovo Sanchez espresse il suo stupore, definendo il suggerimento di Arber fatto al Cardinale Turkson di invitare de Larminat “incredibile!”.
Raven rispose esprimendo il suo dolore per il fatto che il vescovo Sanchez dovesse essere “messo in mezzo a questa ridicola e sfortunatissima situazione”, aggiungendo che “se ci discostiamo da quanto il mondo scientifico ha concluso in questo campo, saremo ridicoli”. Una polemica durante l’incontro “farà notizia”, temeva. Raven incoraggiò il vescovo Sanchez a “continuare ad tener duro”, e affermò che Arber “non stava ascoltando”.
Dasgupta esortò il cancelliere a non “agitarsi” per la situazione “perché non c’è niente da fare”, aggiungendo che anche se avessero avuto uno scienziato che respingesse la posizione di dissenso, “l’intero significato della riunione del 28 andrebbe perso”. Ramanathan credeva che l’unica opzione fosse quella di non invitare lo scienziato dissenziente e fare tutto il possibile per “evitare un risultato indesiderato”.
Il vescovo Sanchez rispose loro: “Non preoccupatevi, perché anche se questo professor de Larminat dovesse venire, non ha l’autorizzazione a parlare o a fare alcun tipo di intervento”.
Raven rimase preoccupato e rispose dicendo che poteva immaginare Arber e de Larminat “che combinassero guai”. Avrebbero “preso tutte le notizie della riunione”, scrisse Raven in una e-mail del 21 aprile. “Immagino che potremmo preoccuparci per sempre. È così triste doversi opporre al nostro stesso presidente, uno scienziato per il quale abbiamo pieno rispetto, su questo tema”. Ha aggiunto che “sarebbe stato fin troppo facile” per altri paragonare Arber a “Galileo e la persecuzione di qualcuno a cui è stata davvero soppressa la verità se volevano giocare così duro”.
Tre giorni dopo, il 24 aprile, appena quattro giorni prima dell’incontro, il vescovo Sanchez inviò una mail a Marta Infantino, responsabile degli eventi dell’accademia, chiedendole di “rimuovere de Larminat, che non è più invitato dal card. Turkson”. Il Washington Post ha riferito nel giugno del 2015 che de Larminat aveva comprato il suo biglietto aereo da Parigi a Roma, ma gli era stato detto che non c’era più posto.
“Non volevano sentire una nota negativa”, ha detto de Larminat al Post.
La conferenza, tuttavia, fece una indesiderata notizia per gli organizzatori quando due scettici del cambiamento climatico, Lord Christopher Monckton, un ex consigliere politico del primo ministro britannico Margaret Thatcher, e Marc Morano, fondatore di Climate Depot, un’organizzazione no-profit che nega l’esistenza del cambiamento climatico causato dall’uomo, furono espulsi dalla conferenza dopo che gli organizzatori scoprirono chi erano.
L’Heartland Institute, anch’esso scettico della scienza, ospitò una conferenza parallela ben pubblicizzata nelle vicinanze. In una e-mail del 19 giugno, rispondendo alle domande del Washington Post, il vescovo Sanchez riconobbe la loro presenza: “Credo che ci fosse un gruppo al Columbus [un albergo vicino al Vaticano], ma non hanno fatto niente di grave: sono dei dilettanti”, ha scritto.
Rispondendo a un’altra domanda, riguardo al fatto se de Larminat fosse stato effettivamente invitato all’incontro di aprile, il vescovo Sanchez rispose: “So che [l’invito] non è stato inviato perché gli inviti sono stati inviati dall’Accademia e nessuno ha approcciato quell’autore”.
Al vertice fu chiesto [al vescovo Sanchez] perché l’incontro fosse diverso da una simile conferenza vaticana sui cambiamenti climatici del 2007, aperta a tutte le parti, il vescovo Sanchez rispose: “C’è solo una parte”.
Dalla conferenza del 2015, il Vaticano si è allineato sempre più alla posizione dell’IPCC sul cambiamento climatico e all’agenda dell’ONU in generale, in particolare nel settore dell’istruzione e degli SDG, nonostante le preoccupazioni che l’agenda sia un “pretesto” per il controllo della popolazione.
L’esempio più recente ha avuto luogo il mese scorso, quando l’accademia ha ospitato il suo quinto simposio annuale della gioventù vaticana in collaborazione con il Sustainable Development Solutions Network (SDSN) – un’organizzazione diretta da Jeffrey Sachs e parzialmente finanziata dalla Bill e Melinda Gates Foundation favorevole alla teoria pro-gender e alla contraccezione.
L’incontro è stato utilizzato per lanciare Mission 4.7, un’iniziativa sostenuta dalle Nazioni Unite per aiutare a promuovere l’obiettivo 4.7 di SDG che mira a educare i giovani allo sviluppo sostenibile e all’uguaglianza di genere. Il vescovo Sanchez è uno dei quattro copresidenti di Mission 4.7.
L'agenda Onu e il problema di coscienza in casa cattolica
Professori di religione cattolica scrivono alla Bussola: «Viviamo una situazione di conflitto di coscienza circa il nuovo insegnamento di Educazione Civica le cui linee guida contengono in modo inequivocabile il riferimento all'Agenda ONU». Vero. Oggi si moltiplicano i casi di cattolici contraddetti dai pastori, lasciati soli al fronte, sostenendo che di fronti ormai non ce ne sono più perché sono finite le lotte della Chiesa col mondo, mentre è vero piuttosto che il fronte non si è dissolto, si è solo trasferito dall’esterno all’interno della Chiesa.
A seguito del mio articolo sulla discutibile posizione della Chiesa di papa Francesco rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU per il 2030 [vedi QUI], è arrivata questa lettera che merita di essere letta attentamente.
Spettabile Redazione,
desideriamo esprimere al Prof. Stefano Fontana il nostro più sincero ringraziamento per l'articolo in oggetto.
In qualità di insegnanti di Religione Cattolica ci siamo sentiti sostenuti da questo articolo in quanto attualmente viviamo una situazione di conflitto di coscienza circa il nuovo insegnamento di Educazione Civica le cui linee guida contengono in modo inequivocabile il riferimento all'Agenda ONU, come definito anche nell'art. 3 della legge n.92 del 20/08/2019.
L'articolo del Prof. Fontana pone il problema dell'inconciliabilità tra principi non negoziabili e Agenda 2030.
Il problema infatti è che le linee guida dell'Educazione Civica definiscono la prospettiva trasversale di tale disciplina: affermano che "la trasversalità dell'insegnamento offre un paradigma di riferimento diverso da quello delle discipline" e che "l'educazione civica supera i canoni di una tradizionale disciplina, assumendo più propriamente la valenza di matrice valoriale trasversale che va coniugata con le discipline di studio...".
Affermare ciò significa porre l'Agenda e i suoi 17 obiettivi alla base di ogni sapere scolastico.
Ciò vale anche per l'insegnamento della religione cattolica che si trova pertanto a dover riconoscere che la matrice valoriale della propria materia non è la Verità di Cristo e il suo insegnamento, bensì i 17 obiettivi dell'Agenda.
La Chiesa, nella fattispecie i vari Uffici IRC, si stanno orientando a darci indicazioni su come coniugare obiettivi di EC al Curricolo IRC nei vari ordini di scuole e a predisporre incontri di formazione sul tema, oltre che a far rispettare il diritto che anche l'IRC venga inserito nel computo delle 33 ore curricolari di Educazione Civica previste dalla Legge.
Perplessi, abbiamo sottoposto la questione più volte in collegio docenti e in sede di dipartimenti disciplinari, ma anche all'ufficio IRC diocesano, evidenziando le criticità, ma senza avere risposta o avendo risposte devianti dal problema: che la scuola italiana è una scuola laica e che quindi i contenuti cattolici non trovano diritto di cittadinanza, che si possono selezionare gli obiettivi "preferiti" non considerando quelli "eticamente problematici", oppure che l'Educazione Civica dagli insegnanti di religione va presentata in nome della tolleranza e della pace con tutti.
Finalmente il Prof Fontana chiarisce i termini dell'Agenda ed evidenzia i fini cui tende, dimostrando con chiarezza la contraddizione in cui la stessa Chiesa cattolica sta cadendo. I principi non negoziabili non sono più il suo riferimento, sostituiti dalle linee Onu. Se anche ci sono contraddizioni, non le si vuole vedere, perché non ci si vuole scontrare, perché alla fine si condividono. E l'obiezione di coscienza non è nemmeno prevista ...
Cosa ci rimane? La fede in Cristo e la buona battaglia per la Verità, sempre più davvero, "battaglia di idee", da non tacere mai.
Lettera firmata
La lettera testimonia uno stato molto diffuso di difficoltà e sofferenza nella Chiesa, soprattutto da parte di molti laici impegnati. La crisi dottrinale della Chiesa, ormai di grande evidenza, produce una prassi cieca che persegue obiettivi spesso sbagliati e addirittura disumani, battezzandoli di dialogo facilone e troppo umana carità.
Un luogo decisamente in prima linea di questo inganno nella Chiesa di oggi è la scuola, nella quale gli insegnanti cattolici non sanno più come porsi, soprattutto gli insegnanti di religione della scuola di Stato, ma anche quelli della scuola paritaria: sia gli uni che gli altri devono applicare le direttive del nuovo insegnamento dell’Educazione civica.
Attenendosi alla giusta morale, quelle direttive sarebbero da applicare al contrario di quanto il ministero si aspetta e quindi, per l’insegnante cattolico entra in gioco la coscienza. Le linee guida per l’insegnamento dell’Educazione civica parlano di ambientalismo, di Costituzione, di Obbiettivi ONU per il 2030 … ma nella scuola di oggi ci vuole coraggio a insegnare che il Creato non è solo la natura, che la Costituzione va rispettata solo se essa rispetta dei principi a sé superiori altrimenti no, che gli obiettivi ONU non possono essere accettati perché contro la vita e la famiglia. C’è anche chi questo coraggio ce l’avrebbe, se solo fosse sostenuto dai pastori.
Se la Santa Sede appoggia obiettivi ONU che prevedono l’aborto, perché mai io, povero insegnante cattolico di una povera scuola qualsiasi in una cittadina italiana qualsiasi, dovrei rischiare di insegnare il contrario, prendendomi pure le censure dell’Ufficio diocesano responsabile? È proprio necessario un insegnamento della religione cattolica con cui la Chiesa diffonde l’ideologia di Stato imposta dal inistero della pubblica istruzione?
Oggi si moltiplicano i casi di cattolici contraddetti dai pastori, lasciati soli al fronte, sostenendo che di fronti ormai non ce ne sono più perché sono finite le lotte della Chiesa col mondo, mentre è vero piuttosto che il fronte non si è dissolto, si è solo trasferito dall’esterno all’interno della Chiesa.
Stefano Fontana
https://lanuovabq.it/it/lagenda-onu-e-il-problema-di-coscienza-in-casa-cattolica
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