ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 23 febbraio 2021

Alcuni vogliono rompere la gabbia e altri no

FAMILY ACT

Governo per le pari opportunità: contro la famiglia

Il governo Draghi ha Elena Bonetti alla guida del Ministero della Famiglia, la cui dicitura completa è "Ministero per le Pari Opportunità e la Famiglia". Nel programma esposto dalla renziana Bonetti, le Pari Opportunità (diritti soggettivi e individuali) si mangiano la famiglia. Prova ne è che l'assegno per il figlio andrà anche ai bambini adottati da coppie gay (con il beneplacito del senatore Pillon)

   "Modern Family"

Tutti ricordiamo che nel discorso programmatico di Mario Draghi in parlamento non si parlava minimamente di famiglia. E invece, con un gioco di prestigio, il ministro Elena Bonetti annuncia in una intervista di ieri a La Stampa che sta preparando un Family Act con numerosi interventi per la famiglia: progetti antiviolenza sulle donne, parità salariale di genere, fiscalità agevolata, imprenditoria femminile, assegno unico per il figlio. Ma cosa intende il ministro Bonetti per famiglia?

Il ministero presieduto dalla renziana Bonetti non si chiama “ministero per la famiglia”, ma “ministero per le pari opportunità e la famiglia”. La chiave di interpretazione della famiglia sono quindi le pari opportunità di genere. Le quali non condurranno mai alla famiglia, o condurranno ad una famiglia deformata, non più famiglia. Il motivo è molto semplice. I diritti che stanno alla base delle pari opportunità sono diritti soggettivi e individuali, non presuppongono la coppia, ma pretendono di essere essi i presupposti della coppia. Questa nasce dal patto – di fatto o giuridico è oggi considerato lo stesso - tra due individui che, nel patto, vantano una parità da individuo a individuo. Partendo dalla parità di genere si arriva alla somma 1 + 1 ma non alla famiglia, perché la famiglia precede gli individui che la compongono. Non sono essi, sommandosi, a costituire la famiglia sulla base delle loro relazioni individuali – compresa quella della parità di genere – ma è la famiglia a costituirli. La prova è che se si parte dalla famiglia fondata sul matrimonio e solo in seguito si considera la problematica della parità di genere tra moglie e marito, questa verrà vista in modo completamente diverso: non più un rapporto rivendicativo tra due individui, ma relativo all’essere cellule diverse e complementari di un organismo. È tutto un altro mondo.   

Sulla base della sua (errata) visione della famiglia, il ministro Bonetti imposta malamente anche la cosiddetta questione del “femminicidio”, tra le principali preoccupazioni dell’annunciato Family Act. Il problema della cosiddetta violenza sulle donne non si risolve con la parità di genere impostata come vorrebbe il ministro, ma con il recupero della famiglia quale essa deve essere. Invece, capita oggi che la violenza sulle donne viene attribuita alla mancanza di parità di genere a causa proprio della persistenza della famiglia tradizionale che sarebbe maschilista. Si usa il femminicidio contro la famiglia. Se si considerano uomo e donna come marito e moglie alla luce della famiglia fondata sul matrimonio, si risolve anche la parità di genere perché viene inserita in un contesto familiare indisponibile agli stessi due sposi e non frutto di rivendicazioni individuali. La parità di genere non fonderà mai i due in qualcosa di superiore a loro stessi, ossia nella famiglia della cui logica vivere, ma li lascerà sempre e solo al livello di due individui che combattono per i loro diritti individuali, avendo talvolta la meglio e talaltra la peggio.

Questi due individui possono essere indifferentemente dello stesso genere o di genere diverso e in ogni caso si parlerà di parità di genere, perché essi non sono che individui che si autodeterminano nei loro diritti, e possono farlo in un modo come in un altro. Quindi sulla base della parità di genere tutte le unioni sono famiglia e tutte possono avere figli. Nella intervista a La Stampa richiamata sopra, Il ministro Bonetti ha anticipato che il suo Family Act conterrà anche un assegno per il figlio, indipendentemente dalla tipologia della coppia a cui è assegnato e indipendentemente dalla modalità tecnica in cui è stato  concepito. Del resto, perché stupirsi? Sappiamo tutti – lo sapevano anche i cattolici che l’hanno votata – che, dopo la legge Cirinnà, per l’ordinamento italiano tutte le unioni sono famiglia e quindi ogni Family Act riguarda automaticamente, senza che sia necessario specificarlo, ogni tipo di unione.

Tutti i bambini sono uguali, ha detto il ministro con l’appoggio, su questo punto, anche del senatore Pillon nello stesso numero de La Sampa. Anche un battagliero attore dei Family Day come Pillon oggi accetta che l’assegno per il figlio sia dato a qualsiasi unione. Ben vanga l’aiuto ai bambini, ma non tramite le unioni civili che non sono famiglia. Con la Cirinnà in campo, però, così è: ogni intervento fatto per la cosiddetta famiglia va anche contro la vera famiglia, ogni presunto bene fa necessariamente anche del male, ogni provvedimento costruttivo è anche decostruttivo. Il senatore Pillon annuncia da parte sua proposte di fisco a misura di famiglia e contributi a giovani coppie … ma quali famiglie e quali giovani coppie? Egli parla di famiglia, ma cosa intende? Se da un lato fa proposte per la famiglia e dall’altro è d’accordo con l’assegno unico per tutte le unioni, comprese quelle lgbt, di cosa sta parlando? La Cirinnà ci ha messo tutti in gabbia, compreso Pillon. La differenza è che alcuni vogliono rompere la gabbia e altri no.

Stefano Fontana

https://lanuovabq.it/it/governo-per-le-pari-opportunita-contro-la-famiglia

IL DECRETO LEGGE

Lockdown, Draghi imita Conte. Così l’Italia rischia il collasso

Nessuna novità positiva dal primo decreto legge del Governo Draghi. Mantenuto il rigido sistema contiano delle zone a colori e il blocco agli spostamenti tra le regioni. In più, un’altra restrizione: il divieto di recarsi in abitazioni altrui se in zona rossa. Se questa linea verrà confermata anche dopo il 5 marzo, puntando solo su vaccini e fondi Ue, il nuovo esecutivo è destinato a fallire e non si comprende perché sia stato formato. L’inversione di tendenza può avvenire solo con le riaperture e un responsabile ritorno alla normalità per le imprese, la scuola, il turismo e gli altri settori vitali del Paese.

E così il primo decreto legge (almeno non è un Dpcm) partorito dal nuovo governo Draghi in materia di contrasto al Covid non ha prodotto alcuna novità, alcun segnale di un cambio di passo rispetto alla linea seguita precedentemente dall’esecutivo Conte-bis. Anzi. Non sono state allentate le chiusure di esercizi o le restrizioni al loro orario, come chiedevano a gran voce la Lega, alcuni governatori e molti comitati di protesta di imprenditori e lavoratori di settore. Né è stato modificato il rigido sistema delle zone a colori per renderlo più aderente alle situazioni di eventuale allarme, lasciando “respirare” i territori meno interessati dal contagio.

Al contrario, è stato confermato per un altro mese il blocco agli spostamenti tra tutte le regioni. E per sovrammercato, quasi a sottolineare che non si prevede alcuna concessione, è stata aggiunta un’ulteriore draconiana (e largamente inutile) restrizione: il divieto di recarsi in abitazioni altrui nelle regioni in zona rossa. Il tutto in un’atmosfera contrassegnata da continui, crescenti allarmi sulle famose “varianti” del virus provenienti da vari “consiglieri” scientifici dell’esecutivo; che non lasciano presagire nessun cambio di rotta a breve, e anzi sembrano preludere per il momento a blocchi ancor più severi.

Si dirà che questo è un provvedimento “d’ufficio” utile a prendere tempo, che la linea del governo andrà giudicata solo dopo la scadenza del 5 marzo, limite dell’ultimo Dpcm contiano, e solo allora verrà dispiegata una strategia organica in materia. Può anche darsi: ci auguriamo che per allora emergano novità sostanziali in netta soluzione di continuità con l’anno passato. Ma, francamente, è innegabile che finora praticamente tutti i segnali lanciati dal nuovo esecutivo vanno nella direzione opposta, e cioè quella di una continuazione delle politiche “chiusuriste” di Conte, analoghe e ancora più severe di quelle adottate ancora in paesi come Francia, Germania, Regno Unito.

In tal senso già la conferma di Roberto Speranza al dicastero della Salute era stata un colpo simbolicamente pesante per chi si attendeva cambiamenti. Durante il discorso programmatico in Senato per il voto di fiducia, poi, dal nuovo premier sul tema della strategia anti-Covid erano venuti accenni molto vaghi: dopo aver ricordato le vittime, i ricoverati, le drammatiche conseguenze economiche ed educative dell’emergenza sanitaria, in quella sede Draghi aveva soltanto indicato come priorità una mobilitazione massiccia per l’acquisizione, distribuzione ed effettuazione dei vaccini e il rafforzamento della medicina di base. Aggiungendo che il governo assicurava il suo massimo impegno affinché “le attività più colpite o fermate per motivi sanitari” possano “tornare, nel più breve tempo possibile, nel riconoscimento dei loro diritti, alla normalità delle loro occupazioni”. In che tempi e in che modi, non veniva specificato.

Troppo poco: anzi quasi niente, se nulla si muove sul fronte delle riaperture. Se infatti nelle prossime settimane fosse confermato che la linea del governo sul tema consisterà essenzialmente nell’attendere i risultati di vaccini e fondi Ue, mantenendo nel frattempo in vigore sostanzialmente tutte le restrizioni ereditate da Conte, o addirittura in certi casi accentuandole, l’esecutivo Draghi si candiderebbe già drammaticamente al fallimento della missione che, in qualità di compagine di unità nazionale, è stata di fatto ad esso affidata: quella di tirare fuori rapidamente il paese dalla palude della recessione, far ripartire l’economia, ridare fiducia e speranza (con l’iniziale minuscola!) agli italiani.

L’Italia è, tra i grandi paesi industrializzati, quello che ha registrato dall’inizio dell’epidemia la più micidiale combinazione tra sprofondamento economico e disastro sanitario. La necessità di un cambiamento radicale di politiche in entrambi i sensi rispetto all’esecutivo Conte è nei fatti. A maggior ragione poi se viene chiamato alla presidenza del Consiglio il grand commis italiano che gode di maggiore autorevolezza internazionale. Insomma, o Draghi nel tempo della sua esperienza governativa (al massimo due anni, più probabilmente meno) riuscirà a determinare un’inversione di tendenza tangibile e significativa rispetto al meno 9,6% del 2020 e al previsto meno 6,5% del 2021, o la sua discesa politica dovrà essere giudicata inutile, e il suo esecutivo non avrebbe avuto ragione di esistere.

Ora, per vedere i frutti del Recovery Fund occorreranno, nella migliore delle ipotesi, molti anni. E quand’anche nella campagna vaccinale si facessero miracoli, è molto difficile pensare che l’immunità di gregge possa essere raggiunta in quel modo prima almeno della fine del 2021. Se, in attesa di entrambi gli obiettivi, Draghi pensa di “galleggiare” nella gestione sanitaria dell’epidemia riproponendo più o meno, o al massimo ritoccando, la linea di Speranza, Galli e Ricciardi allora forse davvero non si rende conto di ciò che legittimamente ci si attende da lui.

La ripartenza, l’inversione di tendenza del paese, il “ritorno alla vita” (come lo ha chiamato il leader della Lega Matteo Salvini) ha qualche chance di verificarsi in tempi non inutilmente biblici soltanto se si riporta la questione dell’epidemia nell’alveo propriamente sanitario, e si decide subito, da domani, un responsabile ritorno alla normalità per le imprese, il commercio, il turismo, la cultura, l’arte, la scuola, l’università, lo sport.

Se non si verificasse una svolta immediata e decisa in questo senso, le aspettative enormi riposte dall’opinione pubblica nel nuovo governo potrebbero trasformarsi in una delusione cocente. Il destino politico dell’ex presidente della Bce potrebbe essere ancor più infelice di quello di Mario Monti, “bruciando” ogni sua aspirazione futura. Ma, soprattutto, la democrazia italiana e la coesione sociale rischierebbero un tragico collasso.

Eugenio Capozzi

https://lanuovabq.it/it/lockdown-draghi-imita-conte-cosi-litalia-rischia-il-collasso

Utero in Affitto. La Super Mamma Sogna di Avere 100 Figli Surrogati.

23 Febbraio 2021 Pubblicato da  1 Commento

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mentre il business dell’utero in affitto, a dispetto di leggi e condanne morali non conosce freni, ci sembra interessante condividere con voi questo articolo, tradotto da Vincenzo Fedele, a cui va la nostra gratitudine per il paziente lavoro, e che dimostra a quali vette possa assurgere l’umana follia. E ci sembra giusto corredarlo con due citazioni, di Giulio Meotti e Antonio Socci. Buona lettura.

MEOTTI

Hanno creato un meccanismo geniale e infernale: censura in nome della libertà, esclusione in nome dell’inclusione, discriminazione in nome della lotta alla discriminazione, odio in nome della lotta all’odio, intolleranza in nome della tolleranza”.

SOCCI

 L’Impero del Bene – come io stesso avevo scritto in un mio libro (se posso citarmi) – è un mondo alla rovescia dove le parole hanno divorziato dalle cose:

“si ‘censura’ in nome della Tolleranza, si odia in nome dell’Amore Universale, si demonizza in nome della Filantropia, si mette al rogo (mediatico) in nome della Fraternità, si diffondono balle mentre si lotta contro le fake news, si imbavaglia in nome della Libertà, si discrimina in nome dell’Uguaglianza, si scomunica in nome dell’Apertura mentale, si mette all’Indice del Dialogo”

§§§

 

La super mamma sogna di avere 100 figli surrogati

La promozione della maternità surrogata implica conseguenze molto strane

di Michael Cook17 febbraio 2021 

I “fact checker” del New York Times , così diligenti e scrupolosi negli ultimi quattro anni, si sono presi una lunga vacanza?

Questo è quello che mi è venuto in mente dopo aver letto un servizio del Times sulla gioia della maternità surrogata commercializzata ai sensi di una nuova legge nell’Empire State che è entrata in vigore questa settimana.

“New York è uno stato amorevole”, ha affermato il Governatore Andrew Cuomo nel suo annuncio, “e [noi] siamo stati orgogliosi di aver guidato la carica per l’equità e l’imparzialità lo scorso anno. Con questa legge adesso in vigore, nessuno sarà più bloccato nella gioia di creare una famiglia e crescere i figli semplicemente per quello che sono “.

Le sciocchezze “lovey-dovey” suonano un po ‘strane nella bocca di un governatore la cui politica delle case di cura durante la crisi del Covid-19 è stata ridicolizzata in un meme di Internet: chi ha ucciso più newyorkesi: Osama bin Laden o Andrew Cuomo?

Il Times ha fatto eco al sentimentalismo del Governatore in un esuberante profilo di un addetto al reclutamento di maternità surrogata e di tre madri surrogate. Le sue stanche metafore sulle donne si sono estinte decenni fa, tranne che quando si parla di maternità surrogata. “Loro sono cordiali, feconde, educate ed altruiste”; “trovano completa soddisfazione nel prendersi cura degli estranei” (in questo caso, gli uomini gay).

L’autore, David Dodge, è descritto come “uno scrittore freelance focalizzato su questioni LGBTQ e sulle famiglie non tradizionali”. I verificatori degli avvenimenti (fact checkers)  non hanno chiesto se il suo ruolo di collaboratore del Times fosse in conflitto con la sua funzione di editore esecutivo del sito web Gays With Kids . Ho fatto ricerche per garantirmi che non avesse legami finanziari con le agenzie di maternità surrogata e con le cliniche di fecondazione in vitro pubblicizzate sul suo sito. Non ce ne sono.

L’articolo afferma inoltre che “l’industria della maternità surrogata rimane autonoma, ma  regolamentata dal governo federale”, il che lo fa sembrare sicuro. 

Questo è falso. Non ci sono regolamenti federali per la maternità surrogata.

E ci sono alcune domande che sono state poste più volte durante l’acceso dibattito dello scorso anno sulla legalizzazione e che l’autore ha scelto di schivare. Se la maternità surrogata commerciale è un’idea così grande, perché è stata limitata in India, Tailandia e Cambogia, i paesi che sicuramente vantano la massima esperienza in merito? Perché è vietata in Cina? Quanta pressione per la sua legalizzazione proveniva dalle coppie gay? 

Da notare che tutte e tre le donne intervistate nell’articolo del Times stavano per partorire figli per delle coppie gay.

Se questo piccolo campione è rappresentativo, concentrarsi su queste compiacenti produttrici è una sorta di schivata per confondere la realtà, cioè che i clienti paganti sono principalmente uomini gay.

Eludere domande come queste in un servizio per il New York Times è come esaltare l’attendibilità di Three Mile Island senza menzionare i disastri nucleari (N.d.T. Three Mile Island è la centrale atomica dove ci fu il più grave incidente nucleare degli USA, il 28 marzo 1979, con parziale fusione del nucleo). In queste transazioni ci sono sempre degli inconvenienti: agenzie losche, clienti che vogliono che la loro madre surrogata abortisca, clienti che abbandonano i loro figli, madri che si rifiutano di rinunciare al bambino, madri che si rifiutano di smettere di fumare e di bere … e, successivamente, figli che vogliono incontrare la loro madre biologica e la loro madre surrogata.

A proposito di crisi nucleari, il loro doppione nella maternità surrogata si sta avverando in Georgia (la nazione asiatica, non lo stato americano) proprio ora.

I media russi sono entrati in ebollizione con la notizia che una donna di 23 anni di Mosca di nome Christina Ozturk e suo marito hanno intrapreso l’ambizioso progetto di avere 105 dei loro figli prodotti biologicamente. Ne hanno già 11 nella loro famiglia, una che Christina ha partorito in proprio e 10, negli ultimi due anni, con madri surrogate. Ha incontrato il marito di 56 anni, Galip, un uomo d’affari georgiano di origine turca, in un resort a Batumi, dove esiste un’industria ben consolidata della maternità surrogata. Ogni bambino costa circa 8.000 euro, ma il signor Ozturk, proprietario di una catena di hotel, afferma di poterselo permettere facilmente. I media turchi lo descrivono come un miliardario , anche se lui lo nega. Il progetto sembra che sia stata una sua idea.

“Non so quanti saranno alla fine, ma di certo non abbiamo intenzione di fermarci a 10″, dice Christina. “Semplicemente non siamo pronti per parlare del numero finale. Ogni cosa richiede il suo tempo.” Ha menzionato 105 come limite massimo sul suo account Instagram, anche se poi, in un post recente, su questo punto ha fatto marcia indietro.

La situazione familiare è piuttosto strana. Christina era una mamma single quando ha incontrato l’amore della sua vita, che aveva già nove figli, dai 12 ai 34 anni. Quindi non sarà solo una famiglia mista, ma una famiglia satura. Prendersi cura di 11 bambini piccoli richiede un esercito di aiutanti e una sorveglianza costante delle madri surrogate.

“La clinica di Batumi sceglie per noi le madri surrogate e si assume la piena responsabilità dell’intero processo”, ha detto Christina al sito web russo woman.ru. Non conosciamo personalmente le madri surrogate e non abbiamo contatti diretti con loro, anche per evitare problemi dopo la gravidanza. Tutta la comunicazione avviene attraverso la clinica, monitoriamo solo gli indicatori della salute “.

Alcune madri surrogate si affezionano al bambino e si rifiutano di abbandonarlo, anche se in base alla legge georgiana devono farlo. Christina lascia intendere di aver già costretto una donna a consegnare il bambino.

Strano? Assolutamente.

Ma abbastanza legale. Christina e Galip sono genitori amorevoli e sono premurosi per il benessere della prole; i loro figli non saranno mai poveri. Le madri surrogate sono felici (o almeno così sembra per la maggior parte di loro). Cosa c’è che non va?

Di cose che non vanno ce ne sono in abbondanza. La legge di New York, che il Times sostiene così ciecamente, riflette ciò che la maggior parte del mondo, compresa la Cina, pensa della maternità surrogata. L’anno scorso un gruppo di femministe europee ha lanciato una Coalizione internazionale per l’abolizione della maternità surrogata. Le loro obiezioni avrebbero dovuto essere incorporate nell’articolo:

Quando una pratica sociale è intrinsecamente offensiva per i diritti umani, non potrà mai essere regolamentata per minimizzarne i danni. Deve essere combattuta e abolita. La maternità surrogata mina il principio della dignità umana, che è il fondamento dei diritti umani. È una forma di violenza a livello medico, ostetrico, simbolico, economico e psicologico contro le donne. Le sfrutta e trasforma la vita umana in un oggetto contrattuale.

Questo non è un messaggio da inviare a tutto il mondo? 

Perché così tante donne disprezzano l’idea della maternità surrogata ed a così tanti maschi piace?

Neo-patriarcato prossimo venturo?

https://www.marcotosatti.com/2021/02/23/utero-in-affitto-la-super-mamma-sogna-di-avere-100-figli-surrogati/

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.