Lettera dall’Argentina / 3. Uno sguardo sul prossimo conclave
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Sono pochi quelli che hanno il coraggio di negare che Bergoglio lascerà la Chiesa, al termine del suo pontificato, in uno stato di prostrazione forse unico in tutta la sua storia. Letteralmente, e approfittando della spinta ricevuta dal Vaticano II, si è caricato di duemila anni di teologia e spiritualità cristiana. E non se ne rende conto o, comunque, non gli dispiace farlo.
Come sarà allora la Chiesa post-Francesco? È un argomento su cui soffermarsi a riflettere, sapendo che stiamo entrando nell’area della speculazione e che possiamo facilmente sbagliarci.
Per iniziare, bisogna fare una premessa. Chi opera nella Chiesa è lo Spirito Santo, quindi le disposizioni e le previsioni che possiamo fare hanno sempre un valore molto relativo. Ad esempio, il papa è eletto da cardinali assistiti dallo Spirito Santo; tuttavia, sono liberi di accettare o rifiutare tale assistenza. Ogni analisi che cerchi di dare qualche prospettiva sul futuro, quindi, deve sempre affrontare le incertezze legate all’azione del Paraclito e alla libertà degli uomini.
La morte di Francesco si avvicina inesorabilmente, come si sta avvicinando per tutti noi. E si avvicina anche l’arrivo del suo successore dopo un conclave che tutti temono.
Nessuno sa che cosa uscirà da quella congrega scarlatta e ciò che possiamo dire non sono altro che azzardi. Ma possiamo fare qualche analisi dei dati in nostro possesso, compresi i nuovi cardinali annunciati l’ultima domenica di ottobre 2020. Sono 128 i cardinali elettori, otto in più di quelli previsti dal diritto canonico. Di questi, 16 sono stati creati da Giovanni Paolo II, 39 da Benedetto XVI e 73 da Francesco. Questi dati dicono qualcosa, ma non dicono tutto. Saremmo tentati di dare per scontato che i cardinali che devono la loro porpora a Bergoglio voteranno in massa per il candidato che ungerà, con tutte le sottigliezze del caso, il papa regnante prima di morire. Ma non è necessariamente così, e ne è la prova quanto accaduto nel precedente conclave: non tutti i cardinali ratzingeriani votarono per Scola, il candidato di Ratzinger. E questo sottolinea l’incertezza dei risultati, perché a causa del segreto del conclave non sappiamo come lì si muovono le forze.
Tuttavia, possiamo trovare qualche indizio guardando alle riunioni quali i Concili. E quello che vediamo è che la massa dei vescovi si muove al ritmo stabilito da una manciata di leader. Cioè, le riunioni episcopali sono caratterizzate dall’essere composte da un numero molto ridotto di pezzi grossi e da un gregge di pecoroni. Basta vedere che cosa è successo durante il Concilio Vaticano I, così ben raccontato da O’Malley, o cosa è successo nel Vaticano II, meglio raccontato da de Mattei: i vescovi capivano poco delle questioni in gioco, applaudivano alla maggioranza e votavano per coloro che raccoglievano più applausi. E siamo d’accordo che questo è solitamente il comportamento di tutti gli organi collegiali, dai consigli accademici di un’università alla Camera dei deputati della nazione, passando per le riunioni condominiali dell’ultimo dei palazzi.
Non ho fatto, né me la sento di fare, un’analisi dettagliata dei cardinali nominati da Bergoglio, ma azzardo qualche ipotesi. Da vecchia volpe politica ed esperto della meccanica degli organi collegiali, è prevedibile che egli abbia avuto cura di riempire di pecoroni il sacro collegio, aggiungendo di volta in volta un capo che, quando sarà il momento, potrà essere eletto lui stesso, oppure essere un king maker. E penso che questa manovra sia plausibile a causa di due fatti facilmente verificabili.
Il primo, e più universalmente noto, è che Francesco si è distinto per l’aver istituito un collegio cardinalizio che ha due caratteristiche principali: la sua mediocrità e il suo colore. I cardinali creati da Bergoglio sono sue stesse appendici. Con la facile e discutibile scusa che l’intera Chiesa dovrebbe essere rappresentata dal color porpora, Bergoglio si è preoccupato di fare cardinale il vescovo di Tonga, un’isola remota e sperduta del Pacifico, e finanche, ultimamente, il vicario apostolico del Brunei. Non conosco questi prelati e non posso dire nulla su loro conto, ma il buon senso indica che sono persone che hanno trascorso la vita nelle occupazioni e nelle preoccupazioni di un piccolo e malconcio gregge, e che a malapena hanno le capacità dei pericolosi lupi vaticani, in mezzo ai quali saranno lanciati. Azzardo che con questo tipo di cardinali, che sono in maggioranza, succederà quello che è successo nei Concili: saranno facilmente intimiditi, o comprati, dai king maker e voteranno per chi sarà loro indicato.
Bergoglio, invece, si è premurato di non fare cardinali i titolari dei seggi tradizionalmente occupati dalla porpora. Uno dei casi più eclatanti è quello di Parigi. Il suo arcivescovo, monsignor Michel Aupetit, la cui nomina è stata applaudita anche dalla Fraternità sacerdotale san Pio X, non è ancora cardinale, anche se dalla sua elezione sono già passati due concistori. E Aupetit, ovviamente, non si farebbe scaldare la testa da nessun bergogliano nei corridoi del conclave.
Cosa ci si può aspettare? Le possibilità che un cardinale vicino alla tradizione venga eletto sono nulle. Nessuno sceglierebbe, ad esempio, il cardinale Burke o il cardinale Sarah. Dobbiamo prepararci al peggio? Questo sembra essere il caso. Tuttavia, ci sono due fattori da considerare. Primo, sebbene Francesco scelga cardinali che gli sono vergognosamente fedeli, la verità è che la fedeltà finisce quando il loro oggetto scompare. Come si è detto, Bergoglio non parteciperà al prossimo conclave, e la sua morte dissolverà la lealtà mafiosa nei confronti del porteño (nativo di Buenos Aires, ndt).
Su questo fronte, nulla è detto. La seconda è che le istituzioni, come gli esseri viventi, hanno una indistruttibile tendenza alla sopravvivenza, e chiunque sa che la Chiesa, da un punto di vista puramente umano, non sopporterebbe un altro pontificato come quello di Francesco. Piuttosto il contrario. Non sarebbe strano se l’elezione si adattasse al movimento del pendolo e, per compensare la devastazione degli ultimi anni, si scegliesse, per mera questione istintiva, un moderato o conservatore, ben versato in teologia e con qualche residuo di fede cattolica.
Le emozioni non mancheranno.
Fonte: Wanderer
Le precedenti puntate sono state pubblicate il 6 febbraio e l’8 febbraio 2021.
https://www.aldomariavalli.it/2021/02/10/lettera-dallargentina-3-uno-sguardo-sul-prossimo-conclave/
Un lettore di questo blog mi ha inviato una lettera, che di seguito potete leggere, a proposito dell’appello pronunciato da Papa Francesco nei giorni scorsi affinché venga presto convocato un nuovo Sinodo della Chiesa Italiana.
Le sue parole sono state riprese da numerosi giornalisti ed in particolare da Rodari di Repubblica e da Agasso sulla Stampa che hanno sottolineato come la chiamata del Papa fosse stata in qualche modo anticipata dall’editoriale del 2019 di Padre Sorge.
E’ di particolare interesse dunque rileggere i temi che il teologo Gesuita, morto a fine 2020, adduceva come obiettivi fondamentali per un nuovo sinodo.
Nel suo lungo editoriale consultabile sul sito della civiltà cattolica (qui)
venivano individuati due punti critici: il primo riguarderebbe “la crisi che oggi rischia di incrinare il rapporto di fede e di amore che lega strettamente la Chiesa italiana al Vescovo di Roma”.
Padre Sorge si chiede: “Possibile che la nostra comunità cristiana non sappia che cosa fare dinanzi agli attacchi, violenti e frequenti, contro papa Francesco, provenienti in gran parte dal suo stesso interno, che giungono persino all’assurda richiesta delle sue dimissioni?”
In buona sostanza, quindi, il primo obiettivo del Sinodo dovrebbe essere quello di far sì che “i fedeli acquisiscano una fede più cosciente e matura nella missione del Successore di Pietro.”
Il secondo obiettivo del Sinodo viene illustrato subito dopo e riguarda “le implicazioni etiche e comportamentali dei fedeli, all’interno della crisi spirituale e culturale senza precedenti in cui si dibatte l’Italia.”
A tale proposito, il Gesuita si chiede: “quale intervento autorevole la Chiesa italiana potrà pronunciare, alla luce del Vangelo e del magistero, sul fatto che milioni di fedeli – non esclusi sacerdoti e consacrati – condividano, o quanto meno appoggino, concezioni antropologiche e politiche inconciliabili con la visione evangelica dell’uomo e della società?”
E se non fosse sufficientemente chiara la domanda retorica Padre Sorge si preoccupa di spiegare nelle note il significato di tale interrogativo, affermando: “Più concretamente: che cosa dire e che cosa fare di fronte a chi estorce il consenso dei cittadini con la paura e con l’odio, nascondendosi dietro la maschera di una falsa religiosità?….Nello stesso giorno in cui un leader politico chiedeva in piazza i «pieni poteri», usciva su La Stampa un’intervista nella quale papa Francesco si diceva «preoccupato, perché si sentono discorsi che assomigliano a quelli di Hitler nel 1934».”
In estrema sintesi quindi il nuovo Sinodo dei Vescovi Italiani, secondo la visione di Padre Sorge, dovrebbe servire innanzitutto a spiegare ai “milioni di fedeli”, che condividono e appoggiano concezioni antropologiche e politiche conservatrici, che “la loro posizione è inconciliabile con la visione evangelica dell’uomo e della società”.
E leggendo queste considerazioni sorgono naturali alcune domande: chi può giudicare su la religiosità di un esponente politico se sia falsa o vera? e perché il conservatorismo cristiano sarebbe inconciliabile con il Vangelo? E se i movimenti conservatori di ispirazione cristiana sono inconciliabili, quali lo sarebbero? Quelli della sinistra mondialista che si fa paladina del diritto all’aborto e dei diritti della famiglia omosessuale?
E alla luce di queste considerazioni, che evidentemente sono fatte proprie da una parte della gerarchia ecclesiastica vicina a Bergoglio, ha senso chiedersi in quale maniera sia possibile ricompattare la Chiesa Italiana, e respingere gli attacchi “violenti e frequenti contro Papa Francesco”?
Non sarebbe forse più opportuno domandarsi, come fanno taluni autorevoli osservatori dell’attuale Pontificato, se certe divisioni non vengano piuttosto alimentate da alcune posizioni , che finiscono per assumere caratteristiche ideologiche e politiche, con il sostanziale abbandono della dottrina sociale della Chiesa, che si è sempre posta ad un altro livello rispetto alle ideologie politiche di destra e di sinistra?
(lettera firmata)
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