ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 17 febbraio 2021

Di religioso mantengono solo il nome.

CURSUS HONORUM 


"Hai rovesciato i potenti dai troni" Lc 1,52

A Roma, anche nel privilegio di rampolli di una famiglia patrizia, se si ambiva ad accedere ai gradi più alti della magistratura, occorreva percorrere tutte le tappe della carriera, cominciando ovviamente dal servizio militare nelle legioni. Qui, se si possedevano le necessarie capacità di sopportazione della fatica e ci si distingueva per doti di comando si poteva accedere al tribunato militare. Dopo 10 anni, qualora la “fortuna” avesse concesso la permanenza in vita, si poteva percorrere la carriera politica vera e propria: questore, edile, pretore, console. Questo garantiva che ai vertici dello stato ci fossero uomini che avevano un’esperienza diretta dell’organizzazione dello stesso, che ne conoscevano il peso, le articolazioni, le contraddizioni, le tecniche, l’odore, i compromessi da compiere per il bene della “cosa pubblica”.

Questi qua invece, molti di loro, che si ritrovano a guidare dicasteri che l’evoluzione della macchina statale, con le sue innumerevoli leggi, regolamenti, norme, ordinamenti, connessioni, interrelazioni, ne ha esponenzialmente ingigantito la complessità, che cosa hanno fatto, prima, nella vita? Quali sono i loro “fondamentali” imprescindibili per guidare quel Dicastero? In quale ufficio, hanno lavorato con il massimo profitto? quale grande organizzazione hanno diretto con beneficio? Quali sezioni periferiche e centrali hanno gestito? Quali situazioni complesse hanno coordinato e risolto con successo? E non è una consolazione pensare che, come si dice, stanno lì per rispondere a disposizioni impartite da altri perché lo Stato deve avere il suo decoro.

Invece ora fondamentale è l’arroganza, la protervia di un potere effimero perché ottenuto non già con un mandato individuale basato sulla conoscenza della persona ma con un mandato di partito acquisito con la ratifica del popolo che, una volta ogni 5 anni, mette una “croce” su un simbolo dentro una cabina angusta e traballante. Poi per i restanti 4 anni e 364 giorni “chi si è visto si è visto”… Di questo “rito” fondante della Democrazia, ora rimane solo il fondale logoro di un teatrino in cui si rappresenta, sistematicamente, la parodia di una gestione del potere che nulla ha a che vedere con i programmi elettorali, le promesse, gli schieramenti.

Per la Chiesa dovrebbe valere lo stesso principio, con una differenza. Nel cursus honorum di un vescovo o di un sacerdote i fondamentali riguardano il possesso degli elementi basilari della Dottrina,  il legame incessante con la tradizione, mentre non hanno alcun valore gli acrobatismi in bicicletta, suonare chitarre, pilotare droni, preparare pizze o cantare canzoncine. Poi sono importanti le capacità organizzative, ma solo se supportate da una fede incrollabile, come gli esempi eccelsi di Sant'Ambrogio, Sant’Alfonso Maria de' Liguori, il Santo curato D’Ars. Invece hanno scardinato, per piacere al mondo, come dice qualcuno, millenni di tradizione, favorendo la "industrializzazione" della fede a spese di un "artigianato” plurisecolare, incomparabile, parallelamente al programma che sta portando avanti il "governo mondiale". Chi costruisce un violino o esegue una doratura o restaura un mobile antico o semplicemente prepara il pane o la pasta al forno, fa riferimento ad un susseguirsi di esperienze, di concetti continuamente migliorativi, in virtù del controllo costante dei risultati, un deposito plurisecolare tramandato che costituisce la NOSTRA CULTURA. L'anima per essere "restaurata", assistita, “dorata” ha bisogno di artigianato elevato. Di Industria 4.0 non sa che farsene. Ha bisogno di essere accompagnata da guide sincere sul percorso battuto da millenni, arduo e scosceso, a volte insidioso della salvezza. Nei secoli della caduta o, per meglio dire, decadenza dell’Impero Romano d’Occidente e poi dopo i disastri della Guerra Gotica, gli uomini e le donne di ogni grado sociale hanno potuto contare sul sostegno, la guida, la vicinanza della Chiesa che aveva conservato se non accresciuto il suo potere, potevano contare sulle conoscenze materiali e spirituali di religiosi che avevano custodito gelosamente il sapere, le tecniche, le pratiche della civiltà greco-romana e del deposito della Vera Dottrina.

Ora, tutti insieme nella grande ammucchiata, ne vogliono distruggere totalmente le fondamenta, avendo altresì nelle gerarchie della Chiesa un alleato potente e soprattutto nell’uomo “venuto dalla fine del mondo” che, a capo di uno stato straniero, si intromette in modo pesante nelle scelte politiche di questo sfortunato paese, da cui prende solo i benefici, senza che nessuno, ma proprio nessuno, gli ricordi che questa è interferenza negli affari interni italiani. Un uomo venuto dalla fine del mondo, in senso reale e non figurato, dalla fine del mondo così come noi e i nostri avi lo hanno conosciuto, per perseguire la fine della nostra Civiltà, senza curarsi minimamente, anzi calpestando impunemente, le storie, le battaglie, le vittorie e le sconfitte, le rinunce, i patimenti che l’hanno generata. Un uomo venuto dalla fine del mondo che usa i suoi scherani e i suoi organi di informazione per avallare, se non proporre, modelli di comportamento agli antipodi della nostra tradizione cristiana e cattolica, utilizzando, in modo perverso, l’enorme potere di persuasione che “non avrebbe se non gli fosse stato dato dall’Alto”, invece di occuparsi della devastazione spirituale e morale della Istituzione di cui, molto indecorosamente, occupa il Trono, avallando le più sfrenate condotte da parte di religiosi che ormai di religioso mantengono solo il nome.

Nessuna cellula del mio corpo, nessuna porzione della mia coscienza è dalla parte di questi qua.

Mi sento orgogliosamente Italiano solo in quanto geneticamente e culturalmente legato a quelle origini che ora vogliono cancellare per farci entrare nella grande fratellanza, così come si vuole nei consessi dei potenti in grembiulino e cappuccio, per i quali l’Italia è solo una “espressione geografica”.

Sono dalla parte di quelli che l’anno protetta contro i barbari, come papa Leone Magno, di quelli che l’hanno difesa, come i “Viva Maria” contro l’aggressione Napoleonica, dalla parte di quelli che l’hanno resa grande, come Ottaviano Augusto, dalla parte di quelli che l’hanno riunificata, come Dante Alighieri, dalla parte di quelli che l’anno impreziosita, come Raffaello, dalla parte di quelli che l’hanno rispettata, come mio padre, partendo in massa per guerre di cui non capivano neanche il senso, dalla parte di quelli che l’hanno onorata, soccombendo sulle trincee alpine o sulle distese ghiacciate della Russia meridionale, dalla parte di quelli che l’hanno riscattata, come Salvo D’Acquisto, dalla parte di quelli che l’hanno glorificata, morendo nel compito arduo di farne rispettare le leggi, come Carlo Alberto Dalla Chiesa, dalla parte di quelli che l’hanno risollevata, con il sacrificio della propria vita, come Enrico Mattei, dalla parte di quelli che l’hanno sostenuta, con una vita intera dedicata al lavoro, alla famiglia, al rapporto con Dio.

Claudio Gazzoli

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