SANTITÀ: GRAZIE PER LA RISPOSTA AL DUBIUM! C’È UNA DATA PER I 4 DUBIA DEI CARDINALI?
Come ho sottolineato in un precedente articolo, le gravissime circostanze del caso hanno costretto il Papa ad intervenire, altrimenti il suo silenzio sarebbe stato interpretato come un’approvazione: si trattava di un caso occorso nel Paese natio del pontefice. I “beneficiari” sono stati due segretari del governo locale, uno dei quali è un trans, ed erano presenti l’attuale governatore e l’ex governatore che ha celebrato il primo “matrimonio” omosessuale in America Latina; la parrocchia è centrale nella città di Ushuaia e il celebrante è stato un salesiano, la congregazione più importante di tutta la Patagonia; e, peggio ancora, la coppia ha dichiarato che il parroco aveva informato il vescovo, cosa che costui ha solo parzialmente negato.
Francesco non ha voluto intervenire personalmente se non tramite la Congregazione per la Dottrina della Fede, tenendo in vista che “in alcuni ambiti ecclesiali si stanno diffondendo progetti e proposte di benedizioni per unioni di persone dello stesso sesso”, in velato riferimento al Cammino Sinodale tedesco, con un documento che gli è stato presentato ufficialmente in udienza e che ha approvato esplicitamente. In sostanza, dichiara che “non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio (vale a dire, fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita), come è il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso”.
Rispondendo al dubium: “La Chiesa dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso?”, il cardinale Luis Ladaria, prefetto della CDF, spiega che affinché un rapporto umano possa essere oggetto di benedizione è necessario che “ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore”. Il che, ovviamente, non accade nelle unioni omosessuali.
Inoltre, aggiunge il Responsum, tale benedizione è anche illecita “in quanto costituirebbe in certo qual modo una imitazione o un rimando di analogia con la benedizione nuziale”, visto che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppur remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”.
Siamo ben lieti che la Santa Sede abbia finalmente fatto sentire la sua voce in rapida reazione a quanto accaduto il 6 febbraio nella Patagonia argentina e, ancor di più, per confutare gli alti prelati che si sono espressi a favore della celebrazione di tali cerimonie, le quali manifestano la chiara intenzione “di approvare e incoraggiare una scelta ed una prassi di vita che non possono essere riconosciute come oggettivamente ordinate ai disegni rivelati di Dio”.
Ci rammarichiamo, tuttavia, che il documento ometta di dire che le unioni omosessuali stabili sono più gravi e peccaminose di quelle sporadiche – perché induriscono il peccatore nel suo vizio e lo portano all’impenitenza – e che, anzi, accenni il contrario tessendo lodi per “la presenza in tali relazioni di elementi positivi, che in sé sono pur da apprezzare e valorizzare”.
Se siamo contenti che la risposta al dubium ribadisca una verità così evidente come quella per cui la Chiesa “non benedice né può benedire il peccato” (ci mancherebbe altro!), siamo tuttavia un po’ delusi dall’assenza di un fattore aggravante: che è di rapporti che costituiscono “gravi depravazioni” e uno di quei peccati che “gridano verso il Cielo” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357 e 1867).
La nostra soddisfazione sarebbe piena se il Santo Padre, sulla scia di questo Responsum, desse finalmente una risposta ai cinque dubia presentati dai cardinali Meisner, Caraffa, Brandmüller e Burke circa la corretta interpretazione del capitolo VIII di Amoris laetitia.
La reputazione di Papa Francesco sarebbe ancora più compromessa se agli occhi dei cattolici apparisse connivente con l’accoglienza sacrilega della Santa Comunione da parte dei divorziati civilmente risposati che con la scandalosa “benedizione” di un’unione omosessuale a Ushuaia.
L’inizio dell’anno commemorativo di Amoris laetitia, il 19 marzo, è una buona occasione per esercitare il munus petrino, confermando i suoi fratelli nella fede e rispondendo “sì” o “no” alle cinque domande poste dai cardinali, che cogliamo l’opportunità per ricordare:
«1. Si chiede se, a seguito di quanto affermato in Amoris laetitia nn. 300-305, sia divenuto ora possibile concedere l’assoluzione nel sacramento della Penitenza e quindi ammettere alla Santa Eucaristia una persona che, essendo legata da vincolo matrimoniale valido, convive more uxorio con un’altra, senza che siano adempiute le condizioni previste da Familiaris consortio n. 84 e poi ribadite da Reconciliatio et paenitentia n. 34 e da Sacramentum caritatis n. 29. L’espressione “in certi casi” della nota 351 (n. 305) dell’esortazione Amoris laetitia può essere applicata a divorziati in nuova unione, che continuano a vivere more uxorio?»
«2. Continua ad essere valido, dopo l’esortazione postsinodale Amoris laetitia (cfr. n. 304), l’insegnamento dell’enciclica di San Giovanni Paolo II Veritatis splendor n. 79, fondato sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa, circa l’esistenza di norme morali assolute, valide senza eccezioni, che proibiscono atti intrinsecamente cattivi?»
«3. Dopo Amoris laetitia n. 301 è ancora possibile affermare che una persona che vive abitualmente in contraddizione con un comandamento della legge di Dio, come ad esempio quello che proibisce l’adulterio (cfr. Mt 19, 3-9), si trova in situazione oggettiva di peccato grave abituale (cfr. Pontificio consiglio per i testi legislativi, Dichiarazione del 24 giugno 2000)?»
«4. Dopo le affermazioni di Amoris laetitia n. 302 sulle “circostanze attenuanti la responsabilità morale”, si deve ritenere ancora valido l’insegnamento dell’enciclica di San Giovanni Paolo II Veritatis splendor n. 81, fondato sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa, secondo cui: “le circostanze o le intenzioni non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente disonesto per il suo oggetto in un atto soggettivamente onesto o difendibile come scelta”?»
«5. Dopo Amoris laetitia n. 303 si deve ritenere ancora valido l’insegnamento dell’enciclica di San Giovanni Paolo II Veritatis splendor n. 56, fondato sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa, che esclude un’interpretazione creativa del ruolo della coscienza e afferma che la coscienza non è mai autorizzata a legittimare eccezioni alle norme morali assolute che proibiscono azioni intrinsecamente cattive per il loro oggetto?»
O dovremo aspettare uno scandalo in Argentina perché Sua Santità si degni di rispondere a quegli illustri prelati, due dei quali attendono la sua risposta nell’eternità?
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