Un lettore dalla Sicilia, l’avvocato Salvatore Scaglia, con Dottorato in Diritto Canonico presso PUST – Pontificia Università San Tommaso D’Aquino – Angelicum, mi invia una riflessione sul recente accordo tra la Conferenza Episcopale Siciliana e la Regione Sicilia sulla vaccinazione nelle chiese durante il prossimo Sabato Santo.
Non tutti sanno, e di certo non lo diffonde il mainstream, che i vaccini sinora arrivati e inoculati in Italia sono progettati, prodotti e testati anche con linee cellulari di feti abortiti (qui l’interessante elenco delle case farmaceutiche che vi ricorrono e di quelle che non lo fanno: https://www.ieb-eib.org/fr/actualite/recherche-biomedicale/recherche-medicale/vaccins-contre-le-coronavirus-et-utilisation-de-cellules-de-ftus-avortes-etat-des-lieux-1922.html).
A fronte, cioè, di realtà come, ad esempio, il Movimento per la Vita, che si è battuto per il giusto seppellimento dei feti abortiti quali persone umane, altri li usano e ne fanno mezzo di guadagno. Le case farmaceutiche, invero, hanno notoriamente natura di impresa e non operano gratis et amore Dei.
Tuttavia anche Kant sosteneva che l’uomo è sempre fine in sé, valore, e non può essere strumento di altri uomini, a meno di regredire al “mors tua vita mea”.
L’efficacia di questi vaccini, inoltre, è variabile, in ordine sia alla percentuale di copertura sia all’estensione temporale dell’efficacia stessa, che è di pochi mesi.
E riguardo agli effetti di medio-lungo periodo non si ha alcuna sicurezza, tanto è vero che, tra gli altri, una celebre e seria ricercatrice (di origini catanesi ed operante a Milano) nel campo della Microbiologia, preferendo i vaccini tradizionali, ha pubblicamente dichiarato di non volersi vaccinare, almeno per ora.
Ma v’è di più: anche rispetto alla protezione che i vaccinati procurerebbero agli altri, garantendoli da ogni contagio, come hanno recentemente affermato financo esponenti del Governo, non vi sono affatto certezze, tanto è vero che ai vaccinati si continua a raccomandare l’uso della mascherina e il distanziamento fisico.
A riprova di tutto ciò questi vaccini si trovano nella c.d. Fase IV, in cui, dopo che sono stati approvati per il commercio, è fatta una “sorveglianza post marketing” per valutare continuativamente, anche nel lungo termine, la sicurezza e l’efficacia degli stessi nella pratica clinica. Né è privo di rilievo che essi siano stati elaborati in pochi mesi, a fronte dei molti anni necessari per altri vaccini noti e diffusi da tempo.
Non deve dunque sorprendere che, ad ora, non esista in Italia un obbligo giuridico – tanto meno generale, ossia per tutti i cittadini – di vaccinazione.
Peraltro, ove i vaccini dovessero divenire obbligatori, si dovrebbe tenere conto del disposto ex art. 23 Cost., secondo cui nessuna prestazione personale può essere imposta se non in base alla legge, cioè un atto normativo del Parlamento.
I vaccini stessi, tuttavia, sono ormai da mesi presentati e percepiti addirittura come salvifici. Pare quindi logicamente singolare che qualcosa che sia, secondo la communis opinio, salvifico, a fortiori in uno stato di emergenza, non sia obbligatorio.
Allora la gente perché accorre a vaccinarsi, giungendo a testimoniare questo gesto? E’ abbastanza agevole constatare come le persone si vaccinino fondamentalmente per due moventi, espressi chiaramente dalla gente stessa: o per paura, se non terrore, del SARS-CoV-2 o per forme di condizionamento, operanti specie nel campo del lavoro dipendente, pubblico e privato.
Quest’ulteriore dato avvalora la volontarietà della vaccinazione, sempre che un soggetto in preda alla paura e a condizionamenti possa ritenersi moralmente libero.
Riprendendo, quindi, le considerazioni su svolte (in tema di composizione, efficacia, sicurezza e protezione di terzi dei vaccini), non è configurabile un obbligo giuridico alla vaccinazione perché non ne esistono i presupposti logicamente indispensabili: invero su questi vaccini gravano attualmente troppe incertezze perché essi possano essere imposti de plano.
E non solo: quantunque sia stato testimoniato persino in alto loco, il dovere civico – oltre ad essere, dal punto di vista della dogmatica giuridica, una figura, se non evanescente, controversa – non esiste: nessuno, cioè, può essere onerato “sic stantibus rebus” da un supposto dovere civico di vaccinarsi.
Ma v’è di più: i principi generali della Teologia Morale, in caso di dubbio positivo (e qui, come visto, di dubbi ve ne sono non pochi), statuiscono che, caso mai e all’opposto, operi per il cattolico un ver’e proprio dovere morale di non agire: nella specie di non vaccinarsi.
Il vero game changer di siffatta lettura è dunque il bombardamento politico e massmediatico attuato in quest’ultimo anno, quando volutamente e quando non volutamente; quando interessatamente e quando non interessatamente.
E da questo martellamento che altro effetto aspettarsi se non il sistemico, e spesso supino, “si salvi chi può!” Soprattutto in una società complessivamente, ahinoi, irreligiosa e in cui, per dirla con l’Alighieri, evocato massicciamente proprio in questi giorni, latitano sempre più spesso “virtute” e “canoscenza”, fede e ragione.
Queste sono le scaturigini ineliminabili e perenni della Fede Cattolica, per cui la stessa fede è appannaggio di “entes rationabiles”, essendo la stessa, come insegna bene San Tommaso d’Aquino, né irrazionale né irragionevole: anzi innestandosi intimamente nella base dell’intelligenza umana, dono di Dio. Donde l’“intelligenza della fede”, ossia quella forma, profonda, di comprensione del reale (da “intus” “legere”) – fondata su premesse razionali, rafforzate dalla fede -, che oggi va vieppiù sparendo, o almeno appannandosi, a vantaggio di visioni superficiali e non di rado conformistiche rispetto alla dimensione secolare.
E’ quindi in tale quadro di bombardamento politico-massmediatico (significativamente definito da taluni info-sfera o info-demìa); degli effetti da questo prodotti sulla popolazione; e di carenza di ragione e fede, che si comprende quella dimensione salvifica, come ho detto non casualmente sopra, dei vaccini. Anzi: del vaccino.
Pure la terminologia, invero, è sintomatica: i più non parlano dei vaccini, come correttamente dovrebbe essere, al plurale, ma al singolare, esprimendone così, appunto, il carattere di “luce” che finalmente la gente stessa vede per uscire dal “buio” tunnel della pandemia.
In verità, non proprio da questi ultimi giorni, anche la Chiesa si presta a quest’interpretazione dello scenario in discorso.
Già – e non dal tempo dell’epidemia – i più attenti hanno notato che “la Chiesa non mi parla più”, secondo lo sconfortato sfogo che un giovane, istruito anche in campo teologico, ha avuto con un presbitero di mia conoscenza.
Già, troppo spesso, difettano letture altre rispetto a quelle del mondo e della politica. Non di rado, infatti, i Pastori, ai vari livelli, fanno discorsi, anche “intra Missam” – ossia in uno spazio che dovrebbe rimanere autenticamente divino per comunicare autenticamente all’umano – non dissimili da quelli svolti da uomini di partito o da governanti civili.
Già la Chiesa attraversa, quantunque molti si ostinino a negarla, una temperie di gravissima confusione, se non di apostasia bianca o silenziosa, come ammoniscono alcuni, coraggiosi e illuminanti, Vescovi e Cardinali.
E, per di più, è notizia di queste ore la stipulazione di un accordo tra l’Assessorato della Regione Sicilia alla Salute e la Conferenza Episcopale Siciliana perché il prossimo Sabato Santo in diverse Parrocchie delle varie Diocesi si possano ricevere i vaccini, secondo avvisi circolati già ieri, Domenica delle Palme (cf. https://gds.it/articoli/cronaca/2021/03/25/in-sicilia-vaccini-nelle-chiese-per-pasqua-accordo-fra-la-regione-e-i-vescovi-46bc70ca-9ad9-42ab-b198-7fef926cbf88/?fbclid=IwAR3sIQuEV5NKTiRhbHTmR53vginftg7vnLxAQPxioAZILJ42IXuzpiF13DQ e https://palermo.repubblica.it/cronaca/2021/03/29/news/vaccino_per_il_covid_parrocchie_avviano_adesioni_a_palermo-294237491/).
A mio modo di vedere questa scelta è improvvida.
Essa, infatti, per le considerazioni su svolte, anche sui vaccini, non fa che aggiungere confusione alla confusione già esistente, finendo col prospettare le Parrocchie non come luoghi di spiritualità, ma quali centri sociali alla stregua di tanti altri: anzi quali centri di vaccinazione.
Non bastavano i testimonial, pubblici, famosi o meno, in tv, sui giornali, sui social network, di una propaganda pro vaccino pervasiva e spesso apodittica, quasi da Istituto LUCE.
Ora il dio uno e vaccino è innalzato, e in prossimità della Pasqua, anche nelle Parrocchie. Va testimoniato, e in un tempo liturgico significativo, pure là.
L’Assessore siciliano alla Salute ha potuto così dichiarare: “Quella di quest’anno sarà una vera Pasqua di rinascita”.
A comprova che la confusione – dal Latino “cum” “fundo”, unisco insieme, in modo tale che non si distinguano più i vari, singoli, elementi – è ormai totale.
Quale differenza invero è ancora rinvenibile tra ospedali, cliniche, hub e chiese? Quale differenza è rintracciabile tra competenza civile ed ecclesiale, tra “salus corporum” e “salus animarum”?
Nel quadro di un immanentismo da anni crescente, in cui si offrono agli uomini soluzioni solo apparenti ai loro problemi e la verità quasi ineluttabilmente va sparendo; in cui non è più chiaro che il cristianesimo è anzitutto mistero di salvezza, siamo di fronte a quale Pasqua? A quale Chiesa? A quale Dio?
La Pasqua dello scorso anno è stata tristemente segnata dalle chiese vuote.
Quella di quest’anno sarà – dice l’Assessore – di “rinascita”.
In qualche modo ha ragione: con chiese forse piene non di battezzati (la cui diminuzione a Messa, nonostante i c.d. protocolli sanitari, è segnalata da diversi sacerdoti), bensì di vaccinati: una Pasqua non di resurrezione, ma di vaccinazione.
In una pandemia che non è vero – secondo una vulgata ripetuta come un mantra – che avrebbe snudato i veri problemi dell’uomo: recepita sommariamente e a mo’ del mondo, come “nebula” (S. Caterina da Siena) li ha, piuttosto, mascherati.
La Chiesa stessa, infatti, sembra non accorgersi non solo della sua crisi profonda; del fatto che, rincorrendo il mondo, quasi non abbia Altro da dire; ma anche – ed è forse questo il punto epocale, se non apocalittico – del fatto che la scienza senza la filosofia è assolutizzante. Senza la fede, poi, diventa dio.
Non è certo questa, però, la gloria di Cristo Risorto.
di Salvatore Scaglia
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