300 VITE IN UN MESE
Non ti piace chi prega fuori dagli abortifici? Qui quante vite salvano
Quasi 300 aborti evitati in un mese. È lo straordinario bilancio della campagna internazionale 40 days for life in corso in questi giorni e iniziata il Mercoledì delle Ceneri. Ma non è tutto: dal 2007 sono oltre 18.000 gli scampati noti all’omicidio, con 110 cliniche chiuse e 211 dipendenti convertiti.
Quasi 300 aborti evitati in un mese. È lo straordinario bilancio della campagna internazionale pro life 40 days for life in corso in questi giorni ed iniziata il mercoledì delle ceneri, il 17 febbraio.
A darne notizia è lo stesso portale internet della campagna - www.40daysforlife.com -, che, per inciso, non nasce oggi. Anzi, vanta ormai vari anni di storia se si considera che risale al 2007 e che, in questo arco di tempo, ha prodotto risultati superlativi certificati dai numeri, che parlano di oltre 18.000 vite salvate, di quasi 110 centri di aborti chiusi e di 211 persone che lavoravano nei centri per l’aborto e che poi hanno smesso di farlo.
Ma i pur rilevanti numeri non trasmettono fino in fondo la forza di questa campagna, grazie alla quale vi sono state conversioni letteralmente straordinarie. Come quella, avvenuta nel 2009, di Abby Johnson, al tempo astro nascente del colosso abortista Planned Parenthood; la Johnson – sulla cui vicenda c’è anche un bellissimo film, Unplanned – ha infatti cambiato idea sull’aborto dopo aver assistito ad uno di questi interventi, ma è indubbio che un peso significativo nel suo percorso lo abbiano giocato quelle persone che vegliavano in preghiera fuori dalla clinica dove lei operava.
Ebbene, quegli attivisti pro life erano precisamente gli stessi oggi protagonisti di 40 days for life, che, da iniziativa principalmente statunitense, si sta ormai radicando in decine di Paesi a livello internazionale. Questa campagna trae forza da più elementi, alcuni più sociologici altri più spirituali. Iniziando con i primi, non c’è dubbio che per una donna che si reca in un centro per effettuare un aborto trovare lì fuori da quello stesso stabile un gruppo di persone in preghiera sortisca un effetto non indifferente. Anche perché – e questo nel film sulla Johnson si vede molto bene – questi manifestanti pro life non si limitano a pregare, ma offrono pure una rete di calore, aiuto e supporto alla donna in gravidanza difficile o indesiderata.
Il fatto comunque che pure centinaia di operatori dei centri abortisti, come si diceva, abbiano lasciano la loro professione sta a significare che l’effetto della testimonianza dei manifestanti che partecipano a 40 days for life sia potente e non solo nei confronti delle gestanti. Fin qui, come si diceva, il piano più sociale o sociologico.
Esiste però anche un piano spirituale che non può essere trascurato e che certamente incide nell’efficacia di queste veglie. Il riferimento, qui, è a quanto insegnava san Giovani Paolo II a proposito del fatto che «la preghiera e il digiuno costituiscono la forza più potente nella storia umana». Parole che, c’è da scommettere, strapperanno un sorriso a più di qualche scettico. Eppure è in dubbio che, se nell’ultimo mese qualche centinaio di aborti sono stati evitati - stima per difetto, dato che i frutti delle preghiere non sono mai del tutto enumerabili -, il merito sia abbondantemente di Dio, dato che, Gesù pure su questo è stato chiarissimo, senza di Lui «non possiamo fare nulla». Ecco che allora quelle 277 vite sono sì un clamoroso successo ma pure, inutile nasconderselo, un monito forte e chiaro verso una certa fetta di cattolici - e purtroppo di clero - che giudica «volti inespressivi» quelli di quanti, rischiando spesso di essere raggiunti da insulti e disprezzo, decidono di pregare fuori dalle strutture dove si praticano aborti.
Un tipo di manifestazione che spesso comporta anche aggressioni fisiche, come in Italia può testimoniare Giorgio Celsi, infermiere pro life più volte rimasto lesionato e ferito per il suo pregare con altri fuori dagli ospedali. Ma la logica del Vangelo, evidentemente, non è quella del mondo e della cultura dominante. Anche se ogni tanto, anzi neppure così raramente per la verità, dona frutti apprezzabili da chiunque, come sono e saranno i quasi 300 bambini che nasceranno nei prossimi mesi.
Giuliano Guzzo
https://www.lanuovabq.it/it/non-ti-piace-chi-prega-fuori-dagli-abortifici-qui-quante-vite-salvano
Cliniche per il controllo delle nascite, 100 anni di eugenetica e razzismo
Il 17 marzo 1821 Marie Stopes apriva a Londra la prima clinica per il controllo delle nascite. È considerata uno dei più grandi successi umanitari, ma in realtà è un'opera della Società Eugenetica che con la clinica aveva lo scopo di impedire la riproduzione di poveri e malati. E l'influenza eugenetica a danno delle donne dura tuttora sotto gli slogan di "scelta" e "libertà".
Esattamente cento anni fa, il 17 marzo 1921, fu inaugurata la prima clinica di pianificazione familiare della Gran Bretagna al 61 di Marlborough Road, Holloway, Londra. Le celebrazioni ufficiali del centenario indicano l'evento come uno dei più grandi successi umanitari del secolo scorso. Ma in realtà il valore di questo evento può essere compreso soltanto se si riconosce e si fanno i conti con il movimento eugenetico, che è stato la chiave per l'apertura della prima Mother’s Clinic (questo era il nome ufficiale). Aprire un capitolo della storia britannica tanto vergognoso quanto doloroso potrebbe rovinare le celebrazioni, ma aprirebbe un dibattito oggi più che mai necessario su quale influenza ha avuto l'eugenetica sulle attuali pratiche di controllo della popolazione.
Il movimento eugenetico è diventato potente in Gran Bretagna all'inizio del XX secolo. La sua missione era prendere il controllo della natalità e creare una razza superiore attraverso la procreazione selettiva. Il tasso di natalità complessivo della Gran Bretagna era in calo dal 1876, il problema per gli eugenisti era che la riduzione non era uniformemente distribuita tra tutte le classi sociali. Le persone più povere in Gran Bretagna erano le più prolifiche e questo implicava un "deterioramento nazionale" della razza, un disastro per le generazioni future e per l'impero britannico. La loro soluzione è stata quella di correggere lo squilibrio eliminando poveri, malati e disabili. L'introduzione della pianificazione familiare nel 1921 serviva a questo scopo.
L'eugenetica, che significa "nascere bene", era considerata una scienza rispettabile dall'élite. Il movimento contava alcuni dei britannici più importanti e influenti di quell'epoca. Includevano: John Maynard Keynes, Lady Constance Lytton, Bertrand Russell, George Bernard Shaw, HG Wells, nonché membri senior dell'establishment politico come Winston Churchill e influenti professionisti medici come Sir James Barr, ex presidente della British Medical Association. Barr doveva poi diventare vicepresidente della Society for Constructive Birth Control and Racial Progress ("CBC"), l'organizzazione di supporto della Mother’s Clinic. Winston Churchill divenne Primo Ministro del Regno Unito dal 1940 al 1945 (durante la Seconda guerra mondiale) e di nuovo dal 1951 al 1955.
Una lettera scritta da Winston Churchill nel 1910 al primo ministro Henry Asquith, fa capire come lui e molti membri del movimento eugenetico valutassero lo squilibrio della popolazione in quel momento. "La crescita innaturale e sempre più rapida delle classi di deboli di mente e di pazzi, unita com'è a una costante restrizione delle fasce di popolazione giudiziose, energiche e superiori, costituisce un pericolo nazionale e razziale che è impossibile esagerare".
Nel 1921 la Società Eugenetica aveva già consolidato un impatto sulla società. Il manifesto della CBC prendeva di mira coloro che erano considerati non idonei alla genitorialità. Affermava: “PER QUANTO RIGUARDA LA POPOLAZIONE ATTUALE. Diciamo che purtroppo ci sono molti uomini e donne a cui dovrebbe essere impedito del tutto di procreare figli, a causa della loro cattiva salute individuale o della natura malata e degenerata della prole che ci si può aspettare che producano. Queste considerazioni non si applicherebbero a un mondo migliore e più sano".
Non è un caso, quindi, che la prima clinica per il controllo delle nascite e quelle aperte successivamente, fossero concentrate in zone povere e disagiate di Londra. La Mother’s Clinic, aperta e finanziata dalla dottoressa Marie Stopes e dal suo secondo marito, Humphrey Roe - entrambi membri attivi della Società Eugenetica - mirava a ridurre il tasso di natalità delle classi inferiori. Ironia della sorte, la clinica era arredata in "(colori) blu e bianco accoglienti, con un vaso di fiori freschi alla reception e carta da parati che mostrava bambini sorridenti" per rassicurare le donne [non avevano nulla contro le famiglie] che cercavano il suo consiglio e i suoi servizi. Uno staff di sole donne forniva istruzioni sul controllo delle nascite e offriva dispositivi contraccettivi gratuitamente alle donne povere e della classe operaia. Per coloro che non si avvalevano del servizio, Stopes promosse una campagna a favore di leggi per costringerle obbligatoriamente a sterilizzarsi e nel frattempo spingeva perché alle donne fosse applicata la Gold Pin (un meccanismo intrauterino in oro) che induce l'aborto.
Nonostante ciò, il primo tentativo della Gran Bretagna di imporre la procreazione selettiva è passato con successo con il pretesto dei diritti delle donne e della libertà riproduttiva. Marie Stopes ha così guadagnato meriti e le è stato riconosciuto un ruolo importante nella storia femminista per aver liberato le donne dalla schiavitù sessuale per godersi una vita di uguaglianza sessuale.
Anche dopo la sua morte, nel 1958, l'eugenetica di Marie Stopes ha continuato ad avere un impatto sulla società. A suo nome, sono state aperte oltre 600 cliniche Marie Stopes International in tutto il mondo e il suo sito web vanta fino ad oggi 31 milioni di aborti. Ma, quando le visioni eugenetiche estreme della Stopes alla fine sono emerse e il suo nome è diventato più di imbarazzo che di aiuto, l'organizzazione nel novembre 2020 ha abbandonato il suo nome rinominandosi MSI Reproductive Choices. Ma le organizzazioni pro-life affermano che MSI Reproductive Choices continua a seguire gli stessi princìpi eugenetici voluti da Marie Stopes, qualunque sia il nome con cui decidono di chiamarsi. Quello che è iniziato come un esperimento per controllare la popolazione più povera della Gran Bretagna – dicono - si è diffuso e si è sviluppato in un controllo autoritario sui più poveri in tutto il mondo.
Fin dalle sue origini, il movimento eugenetico ha suscitato diverse critiche, le più feroci da parte della Chiesa cattolica. Tuttavia, è stato solo quando è stato associato alla Germania nazista e all'Olocausto dopo la Seconda guerra mondiale, che ha perso la maggior parte della sua influenza. Gli avvocati ai processi di Norimberga dal 1945 al 1946 hanno legittimamente sottolineato che c'era poca differenza tra i programmi di eugenetica nazista e i programmi in essere nei paesi europei e in America durante lo stesso periodo. E anche se le politiche eugenetiche furono in gran parte abbandonate nei decenni successivi, il pensiero eugenetico sopravvisse rendendosi appetibile per un pubblico moderno. Gli eugenisti post-1945 scoprirono che adattando alla nuova realtà obiettivi e messaggi, i metodi sostenuti potevano rimanere gli stessi. Hanno iniziato rimuovendo la parola eugenetica dall'uso comune e sostituita con la terminologia medica o con slogan popolari come "scelta" e "libertà".
Un ottimo esempio di questa strategia è ancora in Gran Bretagna. Nel 1989, visti i vantaggi di presentarsi con una veste nuova, la Società Eugenetica si è rinominata The Galton Institute. Tuttavia Francis Galton, così come successivamente Marie Stopes, ha svolto un ruolo chiave nel lancio del movimento eugenetico in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Ha anche coniato il termine eugenetica. Però l'uso del suo nome ha permesso all'istituto di continuare il suo lavoro e di esercitare la sua influenza nel mondo accademico.
È un grave errore del pensiero contemporaneo, dicono i critici, relegare l'eugenetica al passato, quando invece i valori che ne sono alla base sono ben vivi. Almeno, la discriminazione razziale di cui le donne sono state e sono ancora vittime a causa dei programmi di controllo della popolazione, merita più di un timido cenno. E ci sono altre domande scomode che richiedono risposte, come ad esempio quale influenza abbiano avuto l'eugenetica e le tecnologie per il controllo delle nascite sulle dimensioni, la composizione e il benessere della società, anche se questo significa approfondire un capitolo controverso della storia britannica. Ma sono queste le questioni spinose che queste celebrazioni del centenario dovrebbero affrontare, se vogliono essere considerate con rispetto.
Patricia Gooding-Williams
https://lanuovabq.it/it/cliniche-per-il-controllo-delle-nascite-100-anni-di-eugenetica-e-razzismo
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