DOTTRINA CONFUSA
Benedizioni ai gay, Roma locuta... ma anche no
L’intervento della Congregazione per la Dottrina della Fede che proibisce le benedizioni delle coppie omosessuali ha visto le reazioni di vescovi e teologi delusi da Papa Francesco. C'è chi ritiene che la prassi però non cambierà. Le cose dottrinalmente non ammesse vengono ugualmente messe in atto nonostante non siano ammesse. Frutto di una dottrina confusa che tollera l’intollerabile dopo aver dichiarato che è intollerabile.
L’intervento della Congregazione per la Dottrina della Fede che proibisce le benedizioni delle coppie omosessuali ha ottenuto valutazioni diverse e perfino opposte. Ciò pone il grande problema – una questione non certo di secondaria importanza per la vita della Chiesa - del valore e dell’utilità ecclesiale dei pronunciamenti dottrinali. Qualcuno dirà che il Responsum è stato un pronunciamento pastorale, o al massimo disciplinare, e non dottrinale ma, fatta la tara della consueta confusione odierna in materia di confini tra dottrina e pastorale, quel pronunciamento enuncia evidentemente la dottrina della Chiesa, da cui deriva l’indicazione pastorale di non impartire tali benedizioni. È quindi un documento dottrinale.
Cardinali americani, vescovi tedeschi, sacerdoti austriaci, preti di strada, cappellani di carceri, parroci e così via si sono detti delusi e contrari alla dichiarazione della Congregazione, che essi considerano più o meno inaccettabile e reinviabile al mittente, una cosa di cui chiedere scusa alle persone omosessuali, una astrattezza teorica che non permette di applicare il discernimento caso per caso in aderenza alla vita concreta. I molti fiduciosi nella “rivoluzione” di Francesco si dicono delusi dal papa che, approvando questa dichiarazione farebbe un passo indietro, tornando a posizioni che essi consideravano superate. Qualcuno di essi dice perfino che quel testo andrebbe letto alla luce delle “aperture” fatte da Francesco verso le persone omosessuali, pur di limitarne il valore.
Al contrario, molti ritengono insufficiente quella presa di posizione, sia dal punto di vista del contenuto normativo sia da quello dell’efficacia pastorale. Dal primo punto di vista, si è notato che nel testo c’è una frase – “La presenza in tali relazioni di elementi positivi, che in sé sono pur da apprezzare e valorizzare …” - di cui si è già occupata anche la Bussola - che è stata considerata “ambigua”, ma che si può senz’altro dire sbagliata. Nella relazione omosessuale in quanto relazione non ci può essere niente di positivo, perché si tratta di violenza verso se stessi e verso l’altro. Dal secondo punto di vista – l’efficacia pastorale – molti hanno osservato che nel medio e lungo termine questo intervento sarà dimenticato e ridotto. A ciò si può aggiungere che esso viene non applicato già adesso e le benedizioni di coppie omosessuali in chiesa continueranno ad esserci, nonostante che Ladaria e Morandi – con il consenso del papa – lo abbiamo vietato.
In questa situazione di partiti opposti, ogni dichiarazione dottrinale diventa un fatto politico. La si fa per precisare la dottrina oppure per dare un contentino, magari senza eccedere troppo, ad una parte piuttosto che all’altra? La si pronuncia perché si vuole che abbia un seguito pratico oppure senza interessarsi a se e come verrà applicata? Quando non capiti, addirittura, che si faccia con l’occhio agli equilibri politici interni alla Cura romana.
Ci troviamo allora di fronte ad un quadro instabile, franoso, caotico. Le cose dottrinalmente non ammesse e non ammissibili vengono ugualmente messe in atto nonostante non siano ammesse né ammissibili (l’assoluzione ai divorziati conviventi veniva già data ampiamente anche prima di Amoris laetitia, le benedizioni delle coppie omosessuali vengono attuate ormai da molto tempo). I pronunciamenti dottrinali che vengono emessi per precisare e orientare sono incerti nella formulazione, in contrasto con la prassi attuata dagli stessi vertici ecclesiastici (papa Francesco ha dato la comunione ai protestanti violando per primo un divieto dottrinale), contestati e inapplicati. In questo quadro i pronunciamenti dottrinali manifestano tutta la loro fragilità.
Il problema ha radici profonde. Nella Chiesa si usano due diversi codici di pensiero, espressivi e di comportamento, sicché tutto diventa interpretabile in modo diverso. Il Responsum della Dottrina della fede, per esempio, distingue tra “sacramentale” e “sacramento”, facendo di questa distinzione una questione di essenza. Ora, questo approccio che potremmo definire metafisico – quando si toccano le essenze si è in questo ambito – non è nemmeno più comprensibile da chi invece esamina la vita cristiana dal punto di vista esistenziale, dove non ci sono essenze ma, appunto, esistenze che si intrecciano e mutano continuamente. Le stesse differenze “essenziali” tra maschio e femmina, tra convivenza di fatto e matrimonio, tra matrimonio civile e religioso e così via sfumano in una visione esistenziale, processuale, temporale delle cose. L’amore tra due persone omosessuali viene derubricato nella categoria amore alla stessa stregua di marito e moglie, sposo e sposa.
Senza dottrina, o con una dottrina indebolita e confusa, che enuncia principi di comportamento che poi non vengono controllati e pretesi, che contraddice la prassi degli stessi pastori che la enunciano, che cerca una mediazione tra partiti di politica ecclesiastica, che tollera l’intollerabile dopo aver dichiarato che è intollerabile ma senza dirlo fino in fondo … non si può essere governo della Chiesa, nave “in gran tempesta”.
Stefano Fontana
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