Le palme e la Pasqua pandemicamente corretta
Inutile farsi delle illusioni, dato che certe fotografie della nostra vita non le riprodurremo mai più. Per fotografia, intendo dire quei flash della memoria sull' unicità di certe esperienze. Lo scorso anno scrissi questo pezzo descrittivo di un'Italia cristianizzata che oggi non esiste più. Fu terribile l'anno scorso con le blindature della chiesa e dei suoi riti liturgici, in un momento tragico dove cresce il bisogno di spiritualità e di trascendenza da parte dei fedeli. Intuii fin da subito che di fronte a questo sbarramento di pratiche religiose, il virus c'entrava come cavoli e merende.
Ma rimasi, tuttavia, sconcertata dall'accettazione e della condiscendenza passiva ai cosiddetti "protocolli sanitari" ordinati alla Chiesa dallo Stato. Ovviamente con Bergoglio, Conte e i suoi DPCM hanno solo sfondato una portone già spalancato. Ma è chiaro che, data l'autonomia ed extraterritorialità dello Stato del Vaticano, avrebbero potuto e dovuto ribellarsi ai divieti e alle chiusure del governo. Era nelle loro piene facoltà e prerogative: civili, etiche e religiose. Le gerarchie ecclesiastiche avrebbero dovuto insorgere per difendere quel preticello cremonese, Don Lino, fermato dai carabinieri nell'altar Maggiore, mentre officiava alla Messa, nel momento supremo dell'Eucarestia. Così non è stato. Qualche voce dissonante e discorde è venuta da mons. Viganò e pure da qualche prelato della chiesa ortodossa (vedere video sottostante del 17 aprile 2020). Nei giorni che precedono questa domenica delle Palme che come è noto apre la settimana santa, alcuni sacerdoti hanno dato disposizioni "pandemicamente corrette" a dir poco sconcertanti, quanto ridicole. Non più di una palmetta o ramoscello d'ulivo rifasciato nel cellophane da portare con sé. Niente processione, niente rametti e pianticelle a vista. Anche il mondo vegetale deve quindi venir "smaterializzato" e conservato "in vitro". Che roba è? Detti sacerdoti hanno forse paura che anche le piante siano portatrici di virus? Siamo alle superstizioni e alle magie più ascientifiche. E' questo dunque il dettato della pseudoscienza? Ed è questa la risposta di chi dovrebbe invece predicare la Fede e i suoi valori?
Come è noto, le acquasantiere sono vuote (l'acqua santa può contenere batteri, secondo la vulgata), ma la prima funzione di rito, appena si entra, è la "disinfezione" delle mani col Gel. La cosa che risulta più sconcertante è vedere che la gente si disinfetta e si fa il segno della croce, si fa il segno della croce e si disinfetta, quasi che il Gel facesse ormai parte del rito e fosse benedetto. Per dispetto e per protesta, ho portato tre palme circondate da molti ramoscelli d'ulivo: tutti sfasciati e privi di cellophane. Avrei proprio voluto vedere che qualche zelante beghina mi dicesse qualcosa. Niente processione delle palme, niente bambini gioiosi, niente Via Crucis, riti ridotti per tutta la settimana santa fino a Pasqua. E perfino il chierichetto per le offerte col sacchetto di velluto issato su lungo bastone, ora non c'è più. Si può contagiare anche quello? Anche se le monete vengono introdotte nel sacchetto a debita distanza? E comunque sembra che, dalle "nuove disposizioni" le offerte si debbano raccogliere solo nella cassetta di legno. Mentre i cantori (a debita distanza dall'organista) sono obbligati a cantare in mascherina. Ma finiamola una volta per tutte con questa macabra farsa che ormai si riproduce stancamente in ogni ambiente !
I tre giorni pasquali si preannunciano in rosso, come il Natale scorso del resto. "Pasqua con chi vuoi" è solo un modo di dire, poiché Pasqua nel significato originario di "passaggio" ed "esodo" viene impedito, perfino nel transito tra comuni oltre che tra regioni. E ancora di più viene impedito il concetto cristiano di Resurrezione dopo la morte. Questi confinamenti ottemperano solo al macabro rito della morte mentre la resurrezione della carne come dello spirito, viene sempre più inibita e impedita. C'è da giurarci che anche nei tre giorni di Pasqua e dell'Angelo, tv Covid 1, tv Covid2 e tv Covid 3, non mancheranno di volerci deprimere e intristire con le solite scene delle sale di rianimazioni, con le testimonianze di chi ce l'ha fatta, ma raccomanda la mascherina, il distanziamento e l'igienizzazione delle mani. Con le false interviste di false persone beccate " per caso" per strada che con fare rassegnato ripetono con bovina mestizia che "la salute prima di tutto". Quale salute? Lo sanno, i nesci, che sono aumentati i suicidi, le depressioni, i disturbi d' insonnia, i disordini alimentari come anoressia e bulimia, l'aggressività, l'abuso di alcol e droghe, i raptus di collera da parte degli adolescenti, l'abuso di psicofarmaci, di ansiolitici eccetera? E' forse salute questa che ci prospettano? Ed è forse Salvezza? Ma c'è da preferire addirittura il Covid, che peraltro coi protocolli adeguati si può curare benissimo a casa, piuttosto che una lunga segregazione senza fine (siamo al 13esimo mese).
I tre giorni di Pasqua rosso monocolore per tutta Italia, devono essere gli ultimi e che non si sognino mai più di prolungare le chiusure per tutto aprile. L'affaire Merkel e il suo brusco dietrofront è servito a rivelare che di fronte a un popolo armato delle sua determinazione e delle sue decisioni di insorgere, improvvisamente i comitati scientifici e l'RT non contavano più nulla. Non amo la Merkel, ma lei almeno si è degnata di chiedere scusa, togliendo le misure. Mentre i nostri lecchini merkeliani italioti, infliggono punizioni carcerarie sempre più dure. Il perché è semplice: gli Italiani a differenza dei tedeschi non si ribellano. Ormai il trucco è svelato. E' evidente che si vogliono far fallire molte categorie di lavoratori autonomi e non. E' evidente che si vuole trainare il paese al default, al fallimento. Il lavoro stesso, del resto, non è più visto come mezzo per conferire dignità agli esseri umani, ma lo si vuole svilire con l'obolo di stato ("i ristori") a mero capriccio del "sovrano". Anche il nostro tempo libero (le vacanze) dovrà essere gestito dal "sovrano" che deciderà di ""quanta" e di "quale" libertà potremmo disporre. E se sarà condizionata o meno al "patentino" o passaporto vaccinale. Stalin programmava i passaporti interni contro il suo popolo, l'attuale governo, quelli "vaccinali". Lo ha detto con aria sogghignante e beffarda Draghi nella sua conferenza stampa, attaccandosi ai dati, e dando la parola al suo "superiore" Speranza, il quale era dispiaciuto per le restrizioni, poverino, ma che va così. Lo avreste detto che un due di picche simile, trattiene nelle sue mani le nostre sorti? Speranza se ne deve andare, per cominciare, e solo noi possiamo riavere la speranza, quella vera (minuscola) cacciandolo a pedate. Ricordo che è il ministro dei morti di Bergamo, delle mancate autopsie, dei cadaveri cremati in massa, le cui ceneri, in alcuni casi non sono state restituite ai loro cari. Dei protocolli omicidi a base di Tachipirina e "vigile attesa". Che aspettiamo a liberarcene? Sarebbe un ottimo inizio. Il resto, a dopo.
Intanto questa mattina in chiesa dopo lo svuotamento dei fedeli "mascherati" e "contingentati", è subito arrivata la beghina di turno a spargere "disinfettante" e a strofinare tutte le panche di legno. Peggio che se fossero passati i lebbrosi. Ite Missa est.
Domenica delle Palme
Pubblicato da Nessie
https://sauraplesio.blogspot.com/2021/03/le-palme-e-la-pasqua-pandemicamente.html
Parroco, Se non posso benedire coppie gay neppure le palme
Protesta contro pronunciamento Congregazione dottrina fede
ANSA) - BONASSOLA, 28 MAR - "Se non posso benedire le coppie formate da persone dello stesso sesso, allora non benedico neppure palme e ramoscelli d'olivo". Il parroco di Bonassola (La Spezia), Giulio Mignani, non benedice le palme come forma di protesta contro il documento della Congregazione per la dottrina della fede che vieta la benedizione delle unioni di coppie omosessuali.
Don Giulio, che più volte si è schierato a favore delle famiglie arcobaleno, ha spiegato la sua protesta durante l'omelia della messa della Domenica delle Palme, che apre la Settimana Santa per i cristiani. (ANSA).
NAPOLI: L’EPICA BATTAGLIA CONTRO I RAMI D’ULIVO DI ‘DON MIMMO’, ARCIVESCOVO.
E’ stato per decenni un prete calabrese ‘di strada’, meritoriamente impegnato nella lotta per il recupero dei tossicodipendenti, anche a livello nazionale. E di questo don Domenico Battaglia (‘don Mimmo’) va sempre ringraziato. Poi nel 2016 papa Francesco lo ha nominato vescovo della diocesi campana di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata dei Goti. Quattro anni dopo, il 12 dicembre 2020 il Papa lo ha indicato come successore del cardinale Crescenzio Sepe ad arcivescovo di Napoli, diocesi di cui ha preso possesso lo scorso 2 febbraio.
Perché parliamo di ‘don Mimmo’, come continua a voler essere chiamato? Purtroppo per lui, per una vicenda da un lato grottesca (avrebbe fornito a Eduardo de Filippo materia sufficiente per una polposa commedia), dall’altra inquietante, poiché a nostro parere dimostra ancora una volta quali possano essere i frutti di una mentalità ecclesiale appiattita su esigenze (vere o presunte) dello Stato in versione sanitaria. Tale appiattimento porta inevitabilmente alcuni a mostrare in materia uno zelo surreale, addirittura maggiore di chi quello Stato rappresenta.
E’ questo il caso nostro, con ‘don Mimmo’ in veste- ahimè - di strambo protagonista. Vittime invece i rami di ulivo, l’importanza (anche emotiva) dei simboli che accompagnano il cammino cristiano e l’offesa gratuita arrecata al ‘sensum fidei’ non solo dei ‘semplici’ (in senso evangelico), infine il buon senso. Come si palesa dai quattro atti della pièce di cui offriamo il nocciolo.
Atto I/11 marzo 2021, Nota dell’arcivescovo sugli ‘Orientamenti pastorali’ per la Settimana Santa: “I sacerdoti e gli operatori pastorali, secondo la loro saggezza, avranno cura di ricercare il modo più adatto per la consegna dei rami di ulivo ai fedeli, onde evitare sia gli assembramenti che lo scambio di rami.
Si suggerisce di far trovare tra i banchi, all’inizio di ogni Messa, i rami da benedire (Messale seconda forma) o già benedetti (messale terza forma), eventualmente già imbustati”.
Atto II/18 marzo 2021, rettifica della Nota: “I Parroci e i Rettori di Chiesa quest’anno, per scongiurare ogni possibile pericolo di contagio, si limiteranno a benedire solo i rami di ulivo, le palme, le bottigliette d’acqua che i fedeli avranno portato con sé. In forza delle stesse precauzioni non è consentito preparare rami, palme e bottigliette sui banchi, come pure allestire postazioni per la distribuzione dei suddetti. Ricordo, altresì, che non è possibile il tradizionale scambio dei rami e delle palme tra i fedeli”.
Atto III/24 marzo 2021, comunicato- “nel segno della sinodalità” - del Collegio dei Decani, su indicazione dell’Arcivescovo e per imporre il divieto di rametti d’ulivo, palme e benedizione dell’acqua: “Carissimi sacerdoti, viste le note diramate dal nostro Arcivescovo, confrontandoci direttamente con lui come Collegio dei Decani, in comunione con lui, siamo addivenuti a quanto segue, considerata la persistenza della emergenza sanitaria e la permanenza della nostra Regione in zona rossa, per la Domenica delle Palme e di Pasqua:
1) non si svolga la processione delle Palme;
2) non ci sia la distribuzione (o consegna) dei rami di ulivo né di
altri tipi di rami, né il giorno stesso né nei giorni precedenti, né
imbustati né liberi;
3) i fedeli non portino con sé i rami e non vengano benedetti i rami
durante o fuori delle celebrazioni, così come si ometta la
benedizione delle bottigliette di acqua nel giorno di Pasqua;
4) si suggeriscano ai fedeli dei segni che possano valorizzare
all’interno delle famiglie il senso dello scambio di pace e la
preghiera di benedizione del capofamiglia.
I fedeli vengano aiutati ad accogliere queste indicazioni a partire dal senso di prudenza adottato, di gratitudine perché quest’anno ci è consentito di celebrare con la presenza dell’assemblea e
sottolineando la centralità delle liturgie che non vengono per niente svilite dalla mancanza di questi segni. Sarà cura dei parroci comunicare anche alle rettorie e agli istituti religiosi quanto definito".
Atto IV/ 27 marzo 2021, dalla ‘Lettera per la Domenica delle Palme’, sempre di ‘don Mimmo’ (evidentemente le proteste non erano ancora sopite):
“Mi addolora aver dovuto rinunciare al segno dei rami benedetti per quest’anno: so quanto, segni come questo, aiutino la nostra gente a esprimere la propria fede, semplice e sincera.
Eppure, se il segno è importante, assume il carattere di segno anche rinunciarvi. Non benedire i rami, in questa Domenica delle Palme, è il segno della nostra cura per quanti, lungo tutto quest’anno, hanno sofferto e soffrono ancora; e, al tempo stesso, vuole essere invito ad essere accorti e prudenti verso la nostra gente, per non mettere a rischio la vita di nessuno”.
“Rinunciare al segno, in questo momento, significa tornare all’essenziale, alla vera Pasqua, a celebrare non i riti ma la vita delle persone”.
Ma che scrive ‘don Mimmo’? Chi gliel’ha fatto fare di ingegnarsi nella costruzione di un vero sproloquio d’autore? Caro ‘Don Mimmo’- per onorare il Suo ‘ragionamento’ - chiudiamo allora anche i supermercati, in cui si possono prendere in mano verdure sciolte o imbustate? Tutto, naturalmente, in segno di rispetto per chi soffre. A Milano si direbbe: O Signur, guarda giò!
P.S. Sul ‘Mattino’ di oggi, lunedì 29 marzo 2021, a pagina 28 solo alcune righe (per lodare la ‘cautela’ della diocesi). Insomma… niente proteste significative per il divieto dei rami d’ulivo. Cattolici partenopei? Non pervenuti. Invece noi a Roma, a Sant’Ippolito abbiamo vissuto ieri una bella celebrazione alla Messa delle 10.30, con tanta gente (nel rispetto delle norme sanitarie previste, seduta perciò anche nel campetto adiacente alla chiesa) e tanti rametti d’ulivo gioiosamente innalzati nel momento della processione interna con benedizione … Osanna al figlio di David
(Tratto da:)
Parroco di Bonassola e Framura: “Se non posso benedire coppie gay, benedico neppure palme”. Ribellione sul sentiero dello scisma contro il “responsum” della Congregazione per la Dottrina della Fede
“Se non posso benedire le coppie formate da persone dello stesso sesso, allora non benedico neppure palme e ramoscelli d’olivo”. Don Giulio Mignani, 50 anni, parroco di Bonassola e Framura – comuni rispettivamente di circa 800 e 600 abitanti, nella Riviera di Levante, Provincia di La Spezia – la Domenica delle Palme non ha benedetto le palme e i ramoscelli d’ulivo, in ribellione – di cui si dice “estremamente contento” – contro il responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ribadisce semplicemente la dottrina cattolica, secondo la quale la Chiesa Cattolica Romana benedice tutte le persone, anche i peccatori (per esempio, persone con tendenze omosessuali), ma non può benedire il peccato (per esempio, l’unione tra persone omosessuali).
Don Giulio Mignani, che più volte in passato si è schierato a favore delle unioni omosessuali e dell’ideologia del gender (in contrasto con quello che ne pensa Papa Francesco: “La teoria del gender è uno sbaglio della mente umana” [Quello che Papa Francesco pensa dell’ideologia del gender. “Un grande nemico del matrimonio”. “I bambini hanno il diritto di crescere in una famiglia, con un papà e una mamma” – 17 marzo 2021], ha giustificato la sua ribellione durante l’omelia della Santa Messa della Domenica delle Palme, che apre la Settimana Santa, appellandosi alle norme anti-Covid-19, ormai il passepartout che apre tutte le porte verso la follia. Quos Deus perdere vult dementat prius.
Mignani ha spiegato, che la benedizione delle Palme è “collegata alla processione in ricordo dell’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme. Non potendo fare tale processione, a motivo delle norme anti-Covid, personalmente ritengo non abbia allora senso benedire le Palme. Ma sono poi estremamente contento – ha aggiunto – che questa mia decisione di non benedire le palme e i ramoscelli d’ulivo avvenga a pochi giorni dalla pubblicazione del documento della Congregazione per la Dottrina della Fede”.
Intanto, non ci risulta che era proibito di fare la processione delle Palme, sempre possibile, senza assembramenti, rispettando le norme anti-Covid-19.
Quindi, è palese che il parroco di Bonassola e Framura ha deciso di non benedire le palme e i ramoscelli d’ulivo, come “una forma di protesta attraverso la quale manifestare il mio ritenere assurdo tale divieto ribadito dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Nella Chiesa si benedice di tutto, non solo le palme ma a volte, purtroppo, sono state benedette anche le armi, però non si può benedire l’amore vero e sincero di due persone perché omosessuali. Ma, ancora più grave, è il fatto che si continui a chiamare ‘peccato’ questo loro amore. A rimetterci – ha concluso – non sono certo le persone omosessuali, le quali possono tranquillamente fare a meno della benedizione della Chiesa, perché intanto c’è Dio a benedirle. A rimetterci è piuttosto la Chiesa”.
Invece, di “peccato” parla proprio il Catechismo della Chiesa Cattolica, a cui è tenuto anche il parroco di Bonassola e Framura. Inoltre, contrariamente a quanto fa credere Mignani ai suoi parrocchiani, nel responsum la Congregazione per la Dottrina della Fede ricorda espressamente che la Chiesa benedice tutte le persone, anche le persone omosessuali. Quello che è chiaro, è l’assurdità che Don Giulio Mignani si chiama ancora cattolico, visto che non accetta la dottrina cattolica e il magistero della Chiesa, espressa nel Catechismo della Chiesa Cattolica, basata sulla Parola di Dio [*] e da Papa Francesco. A rimetterci non è la Chiese Cattolica Romana ma il Parroco di Bonassola e Framura, scismatico, non più cattolico.
Fine gennaio 2017 la notizia, che Mignani si era scagliato contro lo “sportello antigender” della Regione Ligura e difendeva le unioni omosessuali, raggiunse i titoli dei giornali: “Don Giulio difende l’amore gay. I fedeli con lui, il vescovo lo frena. Bonassola, messa contro lo «sportello antigender». Ma interviene la Curia”.
Mignani aveva firmato la petizione del Coordinamento Rainbow per fermare lo sportello «anti-gender», voluto dalla Regione Liguria guidata da Giovanni Toti di Forza Italia. «L’ho fatto — ha spiegato sul gruppo WhatsApp Bonassola in famiglia — perché è importante che la scuola educhi al rispetto delle differenze e che contrasti con forza l’omofobia a partire dai più piccoli». E qui ci siamo di nuovo con lo spauracchio dell’omofobia e si nota che è ignaro delle Sacre Scritture e degli articoli del Catechismo della Chiesa Cattolica. Ha scritto che ha firmato la petizione per scongiurare il rischio di «una caccia alle streghe» (lo sportello voleva raccogliere segnalazioni su insegnanti che introducono «concetti gender») e «per il riconoscimento delle diverse forme di amore». Alla faccia della trasparenza e della “Chiesa aperta”, l’esternazione di Mignani doveva rimanere una discussione riservata tra gli iscritti al gruppo WhatsApp Bonassola in famiglia che si scambiano informazioni. Abbiamo potuto sapere la questione, a seguito dell’intervento del Portavoce provinciale di Fratelli d’Italia, Alessandro Rosson, che ha chiesto «la scomunica di Don Giulio» ricordando come il sacerdote abbia anche portato il suo saluto alla prima coppia omosessuale che ha festeggiato l’unione civile a Bonassola questa estate. E come da copione, quando è scoppiato “il caso”, Mignani si è detto sconcertato e ha espresso meraviglia: «Non pensavo di provocare certe reazioni». Come no, difendere la dottrina cattolica non va più di moda. Nella discussione avviata attraverso WhatsApp su coppie omosessuali e comunità ecclesiale, Mignani ha evidenziato la necessità di «aprire all’amore e alla fratellanza per rendere la Chiesa più bella perché più vicina all’uomo e allo spirito e allo stile che secondo me ha ispirato Gesù». Secondo Mignani, è «importante riconoscere quell’amore profondo e bello vissuto anche dalle persone omosessuali» e «le questioni sull’omosessualità e il giusto riconoscimento alle diverse forme di amore che possono essere vissute, è una battaglia di civiltà che ritengo importante e che ribadisco».
Poi, il tam tam tramite il gruppo privato Facebook Io sto con don Giulio e il gruppo WhatsApp Bonassola in famiglia per la partecipazione alla Santa Messa delle ore 11.00 di domenica 22 gennaio 2017 nella chiesa di Santa Caterina in Bonassola. Il Sindaco Giorgio Bernardin (Lista civica di centro-sinistra “Costituzione”): «Abbiamo organizzato la presenza a questa Messa per solidarietà con Don Giulio, che ha sempre aiutato tutti, senza distinzioni. I ragazzi si sono mobilitati in massa fra loro anche giovani e persone che non frequentano la chiesa e non sono credenti, perché vedono in don Giulio una persona che parla di rispetto, amore e sensibilità. Nelle parole del don si leggono messaggi di pace, tolleranza e apertura verso l’umanità. Appoggio questa manifestazione, che non vuole avere una connotazione politica, ma umana, di stima e affatto verso chi mette a disposizione il suo impegno e la sua dedizione verso gli altri, soprattutto verso i più deboli e bisognosi. Don Giulio qualche tempo fa ha riqualificato gli appartamenti della parrocchia per metterli a disposizione, con un affitto quasi simbolico, di persone in difficoltà. Domenica sarò a Messa e spero che la partecipazione sia numerosa».
Quindi, la Santa Messa celebrata da Mignani era diventata una sorta di “raduno” (con politici, non credenti e coppie gay protagoniste di unioni civili) per appoggiare le controverse riflessioni del parroco. Una “messa contro lo ‘sportello antigender'”, come titolava un giornale. Non più il sacrificio di Cristo per la redenzione del mondo, presentata dal sacerdote che agisce “in persona Christi” e dall’assemblea che partecipa alla celebrazione eucaristica, di cui l’attore principale è Cristo, che è l’offerta che la Chiesa attraverso lo Spirito Santo presenta al Padre in virtù della comunione che la rende “un solo Corpo” con Cristo. La liturgia con cui la Chiesa adora Dio ridotta in modo blasfemo ad un raduno ideologico pro gender e pro unione tra persone omosessuali.
Nutrita anche la schiera di chi è rimasto fuori dalla chiesa per salutare Mignani a fine Messa. Tra i volti istituzionali, il Sindaco di Bonassola, Giorgio Bernardin, l’Assessore del Comune di Levanto Olivia Canzio e la Capogruppo della maggioranza in Consiglio comunale di Levanto, Federica Lavaggi. Presenti alla Messa anche Davide Zoppi e Giuseppe Luciano Aieta, i primi ad essere uniti civilmente in Riviera (il 12 novembre 2016 al castello di Bonassola dall’avvocato Annamaria Bernardini de Pace). «La giornata di oggi – hanno commentato – ha segnato certamente la storia della nostra comunità bonassolese. È stata una Messa commovente e toccante. Don Giulio ha usato parole di amore, inclusione e rispetto per tutti. Le persone, infatti, non sono più disposte ad accettare discriminazioni nei confronti delle minoranze. La solidarietà che si è manifestata oggi nei confronti di Don Giulio, che Bonassola e tutta la Riviera difendono a testa alta, sta nel condividere gli ideali di giustizia, uguaglianza, fratellanza e amore. Là dove c’è rispetto e Amore c’è una società più giusta e inclusiva».
«Non so se riesco ad arrivare in fondo senza commuovermi», ha detto Mignani dall’altare all’inizio della Celebrazione Eucaristica. La voce gli si è rotta in un magun (un nodo di pianto in gola). Ha parlato della necessità della concordia (su posizioni suoi, ovviamente): «Ci possono essere divisioni fra i cristiani ma a volte in singole comunità si può correre il rischio di dividersi in gruppuscoli. A prevalere, ci suggerisce Paolo, deve essere la capacità di rispettare l’altro pur nella diversità». Al cristiano è chiesto in primo luogo la capacità di rispettare la Parola di Dio e al cattolico di rispettare la dottrina cattolica.
«Questa domenica – ha esordito Mignani nell’omelia – cade all’interno della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che ogni anno si celebra al 18 al 25 gennaio. Pensando a questa ricorrenza e alle letture che abbiamo ascoltato, mi sono venute da fare due riflessioni. La prima è legata a quelle parole molto belle che abbiamo ascoltato nella seconda lettura. In essa San Paolo si rivolge alla comunità cristiana di Corinto, che si era divisa in tanti gruppuscoli contrapposti. Vista questa situazione, Paolo invita i cristiani di Corinto a essere uniti. Come non pensare, quindi, alle divisioni tra cristiani. Cattolici, luterani, calvinisti, anglicani, ortodossi… E a volte, anche nei paesi, in singole comunità, si può correre il rischio di dividersi in gruppuscoli. Ma, come suggerisce San Paolo, deve prevalere l’unità, nel senso dell’accoglienza reciproca, della capacità di rispettare l’altro pur nella sua diversità».
Il secondo punto su cui ha posto l’attenzione Mignani è «il tema specifico scelto quest’anno per la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: “L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione”. In merito, mi è venuto da pensare a quell’invito ascoltato oggi nel Vangelo di Matteo: ‘Convertitevi’. A mio parere è interessante notare che non viene detto ‘dite agli altri di convertirsi’, ma “convertitevi”, “ciascuno si converta lui personalmente”, veda in che cosa lui può convertirsi. E questo, a mio avviso, è vero anche in campo ecumenico. Detto a noi cattolici oggi potrebbe suonare così: la riconciliazione che noi desideriamo non può passare dall’aspettare che sia l’altro a convertirsi, che sia lui a dover rinunciare alle sue convinzioni. Si tratta piuttosto di saper riconoscere innanzitutto quelli che possono esser gli sbagli che abbiamo commesso, quelle che possono essere le affermazioni dottrinali che necessitano di essere modificate. Quest’anno ricorrono i 500 anni dalla pubblicazione, nel 1517, da parte di Lutero, delle 95 tesi che diedero l’avviso alla riforma luterana. Tesi che riguardavano quello che il monaco tedesco, giustamente, riteneva un abuso compiuto dalla Chiesa: la vendita delle indulgenze. Papa Leone X desiderava rifare la basilica di San Pietro e, trovandosi in crisi finanziaria, promosse una campagna di vendita di indulgenze. Chi avesse acquistato una bolla indulgenziale avrebbe ottenuto il perdono dei peccati e l’anima dei defunti sarebbe passata dal Purgatorio al Paradiso. Doveroso riconoscere che, in questo caso, Lutero aveva proprio ragione. Ebbene, credo che un sano cammino di riconciliazione in campo ecumenico, ma non solo in questo campo, debba necessariamente passare anche dal saper riconoscere gli errori che come Chiesa abbiamo commesso in passato, e quelli che magari compiamo ancora oggi».
Poi, mostrandosi compiaciuto della strumentalizzazione per l’ideologia gender della Santa Eucaristia, Mignani ha toccato più strettamente sull’attualità: «Grazie a tutti per essere qua, in particolare don Domenico, qui accanto a me, per sottolineare i valori di uguaglianza, rispetto e inclusione. So che il desiderio di ciascuno di voi, e naturalmente anche il mio, è manifestare a favore di quei principi di giustizia che sono semplici regole di civiltà, e non certo manifestare contro una o più persone. La giustizia è “per”, non è mai “contro”. Inoltre – lo abbiamo già affermato all’interno della nostra chat su WhatsApp, ma è bene ribadirlo anche in questa sede -, ricordiamo che non siamo qua a contarci per vedere quanti siamo a favore del messaggio di solidarietà che oggi manifestiamo. Questo perché le idee, i principi, quando sono giusti, meritano di vincere anche se sono in pochi a sostenerli. È la forza che portano al loro interno a condurli alla vittoria. Non prevalga la logica che a vincere debba essere sempre il più forte, chi alza di più la voce, chi ha più consensi. A vincere siano sempre e solo quelle idee, quei principi di giustizia e civiltà che non devono mai essere calpestati, anche se sostenuti da pochi».
Fuori dalla chiesa di Santa Caterina, a mezzogiorno, per Mignani è stato un rifiorire di strette di mano, baci, abbracci e flash. Quasi un’investitura, che di certo Mignani non ha spinto a fare un mezzo passo indietro. Invece, ha dimostrato con parole nette di voler tirare dritto, in barba alla tirata d’orecchie arrivata dal Vescovo di La Spezia-Sarzana-Brugnato, Mons. Luigi Ernesto Palletti, che ha espresso «sconcerto e meraviglia» per le affermazioni del suo parroco. Però, l’ha lasciato al suo posto e quindi sentirsi autorizzato ad essere impenitente, come abbiamo visto Domenica delle Palme. In occasione dei fatti del 2017 Mons. Palletti ha chiarito innanzitutto, che mai può venir meno il rispetto verso tutte le persone. Poi, ha citato Papa Francesco che nell’Esortazione apostolica Amoris laetitia ha espressamente riportato e sottolineato quanto i vescovi, provenienti da ogni parte del mondo e riuniti per il Sinodo sulla famiglia, hanno autorevolmente espresso, al punto 251: “Nel corso del dibattito sulla dignità e la missione della famiglia, i Padri sinodali hanno osservato che «circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia»; ed è inaccettabile «che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso»”.
«Ho sentito il Vescovo attraverso il Vicario — raccontò Mignani — e ho chiesto un incontro: è stato fraterno e mi ha dato appuntamento per domani» e si dimostrò stupito quando gli si chiedeva se era “sereno”. Durante l’incontro con il Vescovo – in un «colloquio sereno», ha spiega la Curia vescovile – sono stati ripercorsi gli eventi e Mons. Palletti ha ribadito l’insegnamento del magistero della Chiesa sulle teorie del gender e sulle questioni antropologiche relative all’equiparazione del matrimonio e della famiglia ad altre forme di convivenza, in particolare quelle omosessuali.
[*] Catechismo della Chiesa Cattolica
2331 «Dio è amore e vive in sé stesso un mistero di comunione e di amore. Creandola a sua immagine […] Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione» (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Familiaris consortio).
«Dio creò l’uomo a sua immagine; […] maschio e femmina li creò» (Gn 1,27); «Siate fecondi e moltiplicatevi» (Gn 1,28); « Quando Dio creò l’uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò uomini quando furono creati» (Gn 5,1-2).
2332 La sessualità esercita un’influenza su tutti gli aspetti della persona umana, nell’unità del suo corpo e della sua anima. Essa concerne particolarmente l’affettività, la capacità di amare e di procreare, e, in un modo più generale, l’attitudine ad intrecciare rapporti di comunione con altri.
2333 Spetta a ciascuno, uomo o donna, riconoscere ed accettare la propria identità sessuale. La differenza e la complementarità fisiche, morali e spirituali sono orientate ai beni del matrimonio e allo sviluppo della vita familiare. L’armonia della coppia e della società dipende in parte dal modo in cui si vivono tra i sessi la complementarità, il bisogno vicendevole e il reciproco aiuto.
2334 «Creando l’uomo “maschio e femmina”, Dio dona la dignità personale in egual modo all’uomo e alla donna» (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Familiaris consortio). «L’uomo è una persona, in eguale misura l’uomo e la donna: ambedue infatti sono stati creati ad immagine e somiglianza del Dio personale» (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Mulieris dignitatem).
2335 Ciascuno dei due sessi, con eguale dignità, anche se in modo differente, è immagine della potenza e della tenerezza di Dio. L’unione dell’uomo e della donna nel matrimonio è una maniera di imitare, nella carne, la generosità e la fecondità del Creatore: «L’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne» (Gn 2,24). Da tale unione derivano tutte le generazioni umane (Cf Gn 4,1-2.25-26; 5,1).
2337 La castità esprime la raggiunta integrazione della sessualità nella persona e conseguentemente l’unità interiore dell’uomo nel suo essere corporeo e spirituale. La sessualità, nella quale si manifesta l’appartenenza dell’uomo al mondo materiale e biologico, diventa personale e veramente umana allorché è integrata nella relazione da persona a persona, nel dono reciproco, totale e illimitato nel tempo, dell’uomo e della donna.
2357 L’omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un’attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni (Cf Gn 19,1-29; Rm 1,24-27; 1 Cor 6,9-10; 1 Tm 1,10), la Tradizione ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati» (Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Persona humana). Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.
2358 Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.
2359 Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un’amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.
Prendiamo ufficialmente nota che tanta parte del clero si è bevuta il cervello.
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