ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 6 giugno 2021

Sotto la mannaia

GLI STUDI DICONO CHE...

Sorpresa: la Messa in latino è anche la più anti-Covid

Il Journal of Religion and Health ha ospitato un articolo dell’Università di Bergen, che ha valutato che gli elementi della Forma Straordinaria «riducono il rischio di trasmissione (del virus): una ridotta partecipazione verbale da parte dell’assemblea, il canto di un coro scelto, nessuna concelebrazione, orientamento Ad orientem, niente ministri straordinari e Santa Comunione in ginocchio e sulla lingua».

I tentativi di richiamare i legittimi pastori ad un migliore bilanciamento tra le indicazioni sanitarie che dovrebbero cautelare la salute dei fedeli e le norme liturgiche, che custodiscono e trasmettono il senso della Divina Presenza non ha avuto fino ad ora alcun esito.

I cambiamenti introdotti nella liturgie per presunte ragioni sanitarie hanno creato non solo disagio, ma anche profonde ingiustizie, che i fedeli hanno cercato di far presenti ai loro pastori, senza però riceverne alcuna attenzione. Chissà se, dopo aver ignorate le ragioni della pietà, delle norme liturgiche e del diritto canonico, i nostri pastori ascolteranno quelle della scienza, a cui pare ormai doveroso bruciare almeno un granello d’incenso.

Il 24 maggio scorso, il Journal of Religion and Health ha ospitato un interessante articolo di Sergey Budaev, ricercatore del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bergen, in Norvegia, dall’eloquente titolo Safety and Reverence: How Roman Catholic Liturgy Can Respond to the COVID-19 Pandemic. L’autore ha valutato «i principali rischi di trasmissione del virus SARS-CoV-2 ed elencato alcune misure per accrescere la sicurezza della liturgia cattolica romana senza comprometterne l’intrinseca bellezza e la riverenza spirituale. Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso l’assimilazione di diversi elementi tradizionali nella moderna liturgia». Assimilandoli, non escludendoli. E’ dunque cercando di mantenere sempre l’attenzione sia sull’aspetto sanitario che su quello propriamente liturgico, che Budaev sviluppa il proprio contributo.

La letteratura scientifica disponibile permette di ritenere che la trasmissione del SARS-CoV-2 avvenga principalmente tramite droplets negli incontri faccia a faccia o tramite aerosol; al contrario, la trasmissione tramite «alimenti o fomiti su superfici inanimate non sono un significativo fattore di rischio in situazioni comunitarie». Per mitigare la trasmissione del virus durante la celebrazione della liturgia, Budaev suggerisce alcune precauzioni, già abbondantemente osservate nelle chiese, come il mantenimento della distanza, la segnalazione dei posti a sedere, fino all’itinerario indicato da frecce (il che, a parere di chi scrive, ben poco si concilia con il rispetto del decoro e della sacralità del luogo, finendo per trasformare la chiesa in un ospedale...). Per quanto riguarda le mascherine, il loro utilizzo risulta significativo quando le persone si interfacciano tra loro, per esempio entrando e uscendo dalla chiesa; mentre invece non ci sono rischi significativi «se le maschere vengono rimosse dal volto quando tutti i partecipanti alla Messa stanno in silenzio ai loro posti, prudentemente a distanza. Pertanto, la celebrazione della Messa può svolgersi senza il volto coperto, purché le altre misure di mitigazione del rischio vengano osservate».

Secondo Budaev, le concelebrazioni dovrebbero essere ridotte al minimo, come anche il numero dei ministranti e l’avvalersi di ministri straordinari nella distribuzione della Comunione. Inoltre, nelle chiese e cappelle di dimensioni ridotte, «una misura protettiva è di svolgere il servizio liturgico di fronte all’altare: Ad orientem. Questa misura non solo rafforza il nostro focus sul Signore ed ha un profondo simbolismo, ma potrebbe ridurre l’esposizione del celebrante all’aerosol e alle goccioline prodotte dall’assemblea, che per la maggior parte del tempo rimane dietro il celebrante».

Quali sono le conclusioni dell’autore relativamente invece all’annoso problema della distribuzione della Santa Comunione? Budaev riconosce che la decisione di proibire o limitare la modalità universale di ricevere l’Eucaristia «generalmente manca di trasparenza, discussione ed accordo con l’intera comunità ed è motivata da una generica igiene, senza evidenza scientifica». Non è la prima volta che la distribuzione della Comunione viene posta sotto accusa di favorire infezioni. L’autore riporta alcuni studi che si sono focalizzati in particolare sull’utilizzo del medesimo calice, studi che hanno portato a concludere l’assenza di aumento del rischio di trasmettere infezioni. Se dunque bere dallo stesso calice non ha comportato alcun aumento del rischio, ancor meno la distribuzione della particola sulla lingua. «Le Sacre Specie utilizzate nel Rito latino sono praticamente asciutte e di conseguenza è probabile un minimo contatto al di fuori delle particole, riducendo il rischio d’infezione. Mentre riceve il Sacro Pane, il comunicando normalmente estende in avanti la lingua, gesto che richiede di trattenere il respiro per un momento. Ciò riduce possibili emissioni del respiro. E’ perciò inverosimile sostenere un alto rischio della trasmissione dell’infezione nella modalità tradizionale di ricevere la Comunione sulla lingua».


Dunque, la Comunione sulla lingua non è un fattore di rischio. Ma c’è di più. Se la Comunione è ricevuta in ginocchio la distanza tra il Sacerdote ed il fedele aumenta, ma soprattutto «il volto del comunicando è a livello del torace del Ministro eucaristico. Posto che il comunicando rimanga in silenzio, utilizzi la respirazione nasale e la durata dell’interazione sia breve (pochi secondi), questa prassi non comporta un alto rischio per il Ministro dell’Eucaristia [...]. Inoltre, la ridotta risposta verbale del comunicando indirizza le goccioline e l’aerosol verso il torace del Ministro, che è un rischio di gran lunga inferiore rispetto riceverle direttamente in faccia. Al contrario la posizione tipica del comunicando per la Comunione sulla mano è quella di stare in piedi, il che costituisce un’interazione diretta, ravvicinata e faccia a faccia. Ogni comunicazione verbale tra il Ministro Eucaristico ed il comunicando indirizzerebbe le goccioline e l’aerosol direttamente verso il volto del Ministro e le Ostie. Inalare questo aerosol potrebbe essere rischioso».

La posizione in ginocchio agevola inoltre il sacerdote nell’atto di deporre la particola sulla lingua del fedele, permettendogli «una miglior visuale ed una posizione della mano più agevole», permettendogli così di appoggiare in sicurezza l’Ostia «sulla lingua, evitando contatti con le mucose e la saliva».

In sintesi, conclude Budaev, sono numerosi gli elementi della Forma Straordinaria «che riducono il rischio di trasmissione di infezioni per via aerea: una più ridotta partecipazione verbale da parte dell’assemblea, il canto da parte esclusiva di un coro scelto, nessuna concelebrazione, posizionamento Ad orientem, niente ministri straordinari e ricezione della Santa Comunione in ginocchio e sulla lingua, senza risposta verbale». Secondo l’autore, tutte queste specificità del rito antico sono senz’altro frutto di una profonda riverenza verso il Mistero dell’Eucaristia e di un radicato senso del simbolo; ma sono anche l’esito di un rito che è passato attraverso secoli di pestilenze e malattie.

Ad essere consequenziali, bisognerebbe riformare sì il Summorum Pontificum, ma per estendere ulteriormente l’antico Rito. Se non altro, per ragioni sanitarie.

Luisella Scrosati

https://lanuovabq.it/it/sorpresa-la-messa-in-latino-e-anche-la-piu-anti-covid

Appello / Recitiamo il Santo Rosario perché il “Summorum Pontificum” non venga ridimensionato



    di Coordinamento nazionale del “Summorum Pontificum”

Cari amici, come tutti voi, il Coordinamento nazionale del Summorum Pontificum sta seguendo con crescente apprensione le voci, sempre più dettagliate, circa un imminente, pesante ridimensionamento delle disposizioni contenute nel Motu Proprio Summorum Pontificum, emanato il 7 luglio 2007 dal Sommo Pontefice Benedetto XVI, dal quale la nostra piccola organizzazione trae il suo stesso nome.

Non vogliamo riproporre qui il contenuto di quelli che, purtroppo, non possono più considerarsi semplici rumors, essendo ormai diventati quasi vere e proprie anticipazioni. Confidiamo, però, che vi sia ancora spazio perché la saggezza trionfi, e ciò che sembra profilarsi all’orizzonte non veda mai la luce.

Molti fra i nostri amici ci chiedono se e che cosa sia possibile fare per prevenire o reagire a quanto pare imminente. E’ certamente prematuro proporre oggi specifiche iniziative, anche se è giusto esprimere sin d’ora tutta la determinazione del Populus Summorum Pontificum, in Italia e nel mondo intero, a difendere con ogni mezzo lecito e legittimo il Motu Proprio e, in particolare, i principi cardine che lo animano: la perenne validità del Messale tradizionale, numquam abrogatum, e la piena liberalizzazione del suo uso, secondo quanto diposto dall’art. 2 del Motu Proprio.

Ai nostri cari amici, a quanti hanno la bontà di considerarci un utile sostegno nel loro apostolato liturgico, diciamo con chiarezza che il Cnsp sarà con entusiasmo al loro fianco, in tutte le lecite e legittime iniziative che vorranno intraprendere – nel pieno rispetto verso i nostri Pastori, ma nel sereno esercizio della libertà che il diritto riconosce a tutti i battezzati – per affermare, difendere e diffondere, a vantaggio di tutta la Chiesa, la grandezza della sua millenaria tradizione liturgica e i ricchissimi doni spirituali nuovamente offerti a tutti i fedeli dalle provvidenziali disposizioni del Motu Proprio Summorum Pontificum.

Sin d’ora, poi, ci sentiamo pressati a rivolgere a tutti voi un vibrante appello.

Appello

Non vi è nessuna iniziativa, nessun  progetto umano, nessuna azione o manifestazione pubblica che, per quanto necessaria o addirittura indispensabile, possa avere la forza della preghiera e conseguirne i mirabili effetti. Non vi è nessun difensore, nessun avvocato, che possa assumere la nostra causa meglio e più efficacemente di Maria Santissima, Nostra Signora.

Per questo invitiamo con tutto il cuore i fedeli del Populus Summorum Pontificum d’Italia a iniziare subito, oggi stesso, la recita individuale o collettiva del Santo Rosario con la specifica intenzione che le norme del Motu Proprio Summorum Pontificum mantengano la loro piena validità così come sono oggi formulate, e che nessuna modifica venga apportata loro, se non per rendere ancora più diffusa e disponibile alla santificazione dei fedeli la pia e devota celebrazione della liturgia tradizionale.

Non c’è dubbio che, affidandoci all’infallibile protezione della Madonna, qualunque cosa possa accadere, saremo con Lei vincitori e potremo superare ogni difficoltà.

FonteCoordinamento nazionale Summorum Pontificum

https://www.aldomariavalli.it/2021/06/06/appello-recitiamo-il-santo-rosario-perche-il-summorum-pontificum-non-venga-ridimensionato/? 

Sull’Osservatore Romano si dibatte sul tema delle chiese vuote. Il Cardinal Marx dimissionandosi ha decretato che la Chiesa è a un punto morto e in un vicolo cieco. Invece…

L’Arcivescovo emerito di Filadelfia, Mons. Charles Joseph Chaput intervistato da Tucker Carlson sul suo nuovo libro “Cose per cui vale la pena morire: pensieri su una vita degna di essere vissuta”, venerdì 28 maggio 2021, su Fox Nation, il servizio di streaming di Fox News, ha affermato che alcuni leader della Chiesa Cattolica Romana negli USA hanno combattuto per mantenere le loro chiese aperte, in mezzo a restrizioni statali e locali, ma ha aggiunto che altri vescovi statunitensi erano stati “troppo accondiscendenti” con le restrizioni statali e locali sulle chiese durante la recente pandemia: “Se non raggiungi le persone che sono sole, sofferenti e muoiono in un tempo come la pandemia, allora non sei la Chiesa, e questo è molto, molto male per tutte le persone coinvolte”. L’Arcivescovo Chaput si è detto solidale con la situazione dei vescovi e degli altri leader della Chiesa, perché è parte essenziale del cristianesimo essere “cooperativi” per servire il bene comune. “Ma col passare del tempo i leader hanno visto l’effetto di questo situazione sulle loro chiese, mi sembra che avrebbero dovuto insistere di più nell’essere disponibili per le persone che avevano bisogno delle loro cure…”.


Sul tema cosa sta bollendo nella Chiesa Cattolica Romana nei diversi Paesi in questi tempi, con le chiese sempre più “vuote”, condividiamo di seguito due contributi:

Un commento acuto del giornalista e scrittore Americo Mascarucci sulle ragioni profonde che starebbero alla base delle dimissioni dal governo pastorale dell’Arcidiocesi di München und Freising del Cardinale Reinhard Marx e i messaggi in codice che ha lanciato, evidenziando lo scontento dei super modernisti (Stilum Curiae, 5 giugno 2021). L’interpretazione “come un segnale di scontento e non è il primo – osserva Marco Tosatti – dall’ala più marciante del modernismo attuale nei confronti di una gestione giudicata troppo prudente”.
Un’analisi, “tranchant” e lucido come sempre, dell’amico e collega Andrea Gagliarducci, che parte della riflessione lanciata dall’Osservatore Romano su “Chiese vuote e umanesimo integrale”, con gli interventi di intellettuali, filosofi, sociologi, con l’obiettivo di dare profondità ad un dibattito fondamentale. Fuori dall’Osservatore Romano, cita Matteo Matzuzzi del Foglio che è arrivato a porre il problema inverso: non è che sono le chiese piene degli anni Settanta, quel modello di cattolicesimo trionfante, ad essere il problema? (Vatican Reporting, 5 giugno 2021). “Sono tutte analisi profonde da ponderare bene. Eppure – scrive Andrea Gagliarducci -, a mio avviso, c’è sempre qualcosa che sfugge”. Ecco: “C’è, piuttosto, da ritornare alle radici della fede, a saperla spiegare. Non c’è bisogno di operatori pastorali, né di nuovi linguaggi. C’è bisogno, prima di tutto, di nuova Eucarestia. C’è bisogno di comunità. Poi, a partire da quella profondità di fede, ognuno potrà costruire nel modo e con i linguaggi che ritiene più consoni ed opportuni. Il rischio, alla fine, è quello che per evitare di essere autoreferenziali, si diventi a propria volta autoreferenziali. Che si parli di un mondo di Chiesa che non c’è, perché la verità sta nella vita di ogni giorno. Mentre ci si perde a parlare di nuovi piani pastorali, mentre ci si occupa, giustamente, di tutti i grandi temi e problemi del mondo, mentre si teorizza il miglior modo di annunciare Cristo (in modo tradizionale? In dialogo con il mondo?), la vita scappa via. Nel leggere i segni dei tempi, sottovalutiamo gli stessi segni dei tempi. Questo periodo di pandemia ne è stata la prova. Durante il lockdown, la Chiesa non era stata privata solo dell’Eucarestia, era stata privata della comunità. E le comunità questo lo hanno sofferto”.


Le dimissioni di Marx e i messaggi in codice
di Americo Mascarucci

Stilum Curiae, 5 giugno 2021

Due cose fanno riflettere sulle dimissioni dell’arcivescovo di Monaco, il cardinale Reinhard Marx già presidente della Conferenza Episcopale Tedesca. In primo luogo il richiamo a quegli abusi sessuali che si sarebbero susseguiti “negli ultimi decenni”, chiaro atto d’accusa contro i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI; e in secondo luogo quel “la Chiesa è ad un punto morto” che sembra configurarsi come una esplicita critica a Bergoglio.

Ecco quindi che, chiaramente, la questione degli abusi sessuali ci appare un pretesto utile, quasi scontato, per poter aprire un nuovo dirompente fronte di polemica nella Chiesa, dopo il clamore suscitato dalla protesta dei sacerdoti tedeschi che hanno benedetto le coppie gay. Intendiamoci, nessuno intende minimizzare lo scandalo degli abusi e sostenere che la pedofilia non sia un problema, ma che Marx colleghi tutto all’esigenza di un rinnovamento, che a suo dire non si riuscirebbe ad ottenere, suona decisamente stonato. Il cardinale si assume la responsabilità di quanto avvenuto nella Chiesa pur non essendo coinvolto in nessuna vicenda di pedofilia, ma lo fa in quanto “parte di un sistema. E quel sistema altro non sarebbe che la Chiesa stessa, a detta di Marx profondamente malata e quindi da “rifondare”.

Il porporato auspica una ripartenza, e naturalmente il suo obiettivo è quello di spingere la Chiesa a riformarsi, accettando in primo luogo il principio della sinodalità, vero cavallo di battaglia di Marx, che da anni si batte per ottenere la convocazione di un sinodo in Germania. Il perché è noto a tutti, ovvero l’avvio di una stagione di grandi riforme dottrinali e una revisione del sacerdozio stesso.

Già lo scorso anno la sua decisione di non ricandidarsi alla guida dei vescovi tedeschi era stata interpretata da più parti come un segno di sfiducia nei confronti di Francesco, accusato di non avere abbastanza coraggio nel riformare la Chiesa. Il Sinodo sulla Famiglia non era andato come lui e il teologo progressista Walter Kasper si aspettavano, ovvero con un’apertura a 360 gradi alla riammissione dei divorziati risposati, alle coppie gay, alle unioni civili. Dal sinodo sull’Amazzonia non è invece arrivata l’auspicata riforma del sacerdozio, con l’abolizione dell’obbligo del celibato e la possibilità di ordinare le donne prete. Anzi, nell’ultima riforma del diritto penale canonico è contemplata la scomunica per chi ordinerà le donne. Davvero troppo per chi come Marx, cresciuto alla scuola di Karl Rahner e di Hans Kung e dunque nel solco dell’ermeneutica della discontinuità del Concilio Vaticano II, ha visto deludere parte delle proprie aspettative dal papa che ha eletto e dal quale si attendeva grandi cambiamenti.

Un papa che, per quanto si sia reso protagonista di gesti di grande rottura ai limiti dell’eresia, non ha soddisfatto le aspirazioni di chi, vissuto a stretto contatto con il mondo luterano, non ha ritenuto abbastanza rivoluzionario aver introdotto i riti pagani nelle chiese, aver promulgato encicliche in cui si afferma che tutte le divinità sono uguali, che ai dogmi cattolici ha sostituito i dogmi ecologisti. Troppo poco per chi sogna di trasformare la Chiesa cattolica in una succursale del luteranesimo dove le unioni gay sono già accettate e benedette e dove i pastori possono sposarsi da sempre.

Fra le righe di Marx è facile leggere il seguente messaggio rivolto a Bergoglio: “Sei come ti ha preceduto, non hai realizzato nulla di innovativo, la Chiesa è sempre la stessa, ti abbiamo dato fiducia e tu l’hai tradita”.

Personalmente ritengo che la Chiesa sia davvero ad un punto morto e in questo, come ha ben spiegato Aurelio Porfiri, ci troviamo d’accordo con Marx. Ma diversamente dal cardinale tedesco, che ora probabilmente non essendo più arcivescovo avrà le mani libere per portare avanti la sua battaglia, siamo altresì convinti che il problema sia proprio esattamente opposto a quello denunciato dal cardinale. Non serve rinnovare la Chiesa nel segno di un nuovo inizio, ma come spiega da tempo monsignor Carlo Maria Viganò serve tornare alla verità, riscoprendo il Vangelo e smettendola di inseguire il mondo. Ovvero riportando la Chiesa ad essere non “del mondo” ma “nel mondo” con la forza della verità che proviene da Cristo e da un Vangelo che deve essere testimoniato contro ogni tentativo di omologazione culturale e sfidando il pensiero unico che invece sembra ormai dominare anche nelle conferenze episcopali (vedi la posizione della Cei sul ddl Zan). La gente non ha bisogno di una Chiesa che serva il mondo, ma che lo salvi. Che non cerchi di adeguarsi alla modernità e alle logiche mondialiste per avere il consenso dell’opinione pubblica come un qualsiasi partito politico, ma che torni a convertire il mondo riaffermando che l’unica via da seguire è Gesù Cristo.

La vera differenza sta qui. Marx sogna una Chiesa che riscuota gli applausi del mondo, ma la vera emergenza oggi è esattamente opposta e contraria. Ricondurre il mondo alla fede testimoniando il Vangelo della verità e soprattutto prendendo atto una volta per tutte del fallimento del Concilio Vaticano II e della sua folle pretesa di abbracciare il modernismo. Le dimissioni di Marx vogliono forzare la mano al papa e convincerlo ad assecondare le richieste della Chiesa di Germania, convocando il tanto decantato sinodo e dando semaforo verde all’agenda progressista dei vescovi tedeschi. E adesso per Bergoglio tergiversare non sarà più possibile. Ma avrà la stessa autorità di un Paolo VI che di fronte alle forzature dei modernisti ha difeso la verità di fede, come con l’Humanae Vitae, andando incontro al rischio di provocare anche una scissione, come nel caso del fallimentare e deleterio catechismo olandese? Se il buongiorno si vede dal mattino, essere pessimisti sulle capacità di Bergoglio di salvare la Chiesa, diventa l’opzione obbligata.

http://www.korazym.org/62075/sullosservatore-romano-si-dibatte-sul-tema-delle-chiese-vuote-il-cardinal-marx-dimissionandosi-ha-decretato-che-la-chiesa-e-a-un-punto-morto-e-in-un-vicolo-cieco-invece/

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