La rana bollita, il topo nel barattolo e la finestra di Overton: come rendere accettabile una idea inaccettabile. La manipolazione delle masse e la dittatura dei mediocri
Mala tempora currunt
sed peiora parantur
La rana bollita
Il principio della rana bollita, utilizzato dal filosofo americano Noam Chomsky, fa riferimento alla Società, ai Popoli che accettando passivamente, il degrado, le vessazioni, la scomparsa dei valori, dell’etica, ne accettano di fatto la deriva.
Immaginate in un pentolone pieno d’acqua fredda, nel quale nuota tranquillamente una rana.
Il fuoco è acceso sotto la pentola.
L’acqua si riscalda pian piano.
Presto l’acqua diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole.
La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda, un po’ più di quanto la rana non apprezzi.
La rana si scalda un po’, tuttavia non si spaventa.
Adesso l’acqua è davvero troppo calda e la rana la trova molto sgradevole. Ma si è indebolita e non ha la forza di reagire, dunque sopporta e non fa nulla per salvarsi.
La temperatura sale ancora e la rana, semplicemente, finisce morta bollita.
Ma se l’acqua fosse stata già bollente, la rana non ci si sarebbe mai immersa, avrebbe dato un forte colpo di zampa per salvarsi.
Ciò significa che quando un cambiamento viene effettuato in maniera sufficientemente lenta e graduale sfugge alla coscienza e non suscita nessuna reazione, nessuna opposizione.
Il topo nel barattolo
«Durante un esperimento, un topo è stato messo in cima ad un barattolo pieno di chicchi di riso. Grazie al fatto di trovare così tanto cibo intorno a sé che non sentiva più il bisogno di andare in giro a cercarlo. Ora può finalmente vivere la sua vita senza pensieri e senza sforzi.
Dopo qualche giorno di godimento, quando il riso è finito, è arrivato sul fondo del barattolo.
A quel punto, si è accorto di essere intrappolato e di non poter uscire. Ora dipende completamente da qualcuno che gli metta dei granelli nel barattolo perché sopravviva.
Ora non ha altra scelta che mangiare quello che gli è dato, fino a quando qualcuno vorrà darglielo.
Per non fare la fine dei topi da laboratorio è bene ricordare che:
1. I piaceri a breve termine possono portare a trappole a lungo termine.
2. Se le cose vengono facili e ti metti comodo, ti stai intrappolando in una DIPENDENZA.
3. Quando non stai utilizzando le tue abilità, perderai più delle tue abilità. Perdi la possibilità di SCEGLIERE e il tuo LIBERO ARBITRIO.
4. La libertà non si conquista facilmente, ma si può perdere rapidamente” (Loredana Biffo).
La finestra di Overton
La finestra di Overton è uno schema di comunicazione/persuasione ideato da Joseph P. Overton (1960-2003), già Vice-presidente del Centro studi statunitense Mackinac Center for Public Policy.
In estrema sintesi, si tratta di uno spazio concettuale graduato all’interno del quale si individuano alcune fasi, sei per la precisione, in cui si può descrivere lo spostamento dell’atteggiamento dell’opinione pubblica rispetto a una certa idea. Overton ha spiegato che si possono costruire e sono state costruite campagne a favore di alcune idee non ancora accettate dalla società. Si tratta quindi della una teoria di uno dei modi in cui avviene la persuasione politica e dei meccanismi che possono essere utilizzati, un modello di rappresentazione delle possibilità di cambiamenti nell’opinione pubblica, descrivendo come delle idee, totalmente respinte al loro apparire, possano essere poi accettate pienamente dalla società, per diventare infine legge.
La finestra di Overton è un modello di rappresentazione delle possibilità di cambiamenti nell’opinione pubblica, descrivendo come delle idee, totalmente respinte al loro apparire, possano essere poi accettate pienamente dalla società, per diventare infine legge. La cosa più inquietante è che queste idee nascono spesso da un piccolo gruppo e a vantaggio solo di pochi, con danni per tutti gli altri. Secondo Overton, qualsiasi idea, anche la più incredibile, per potersi sviluppare nella società ha una finestra di opportunità. Nella finestra l’idea può essere ampiamente discussa, e si può apertamente tentare di modificare la legge in suo favore. L’apparire di questa idea, in quel che potremmo chiamare la finestra di Overton, permette il passaggio dallo stadio di “impensabile” a quello di un pubblico dibattito, prima dalla sua adozione da parte della coscienza di massa e il suo inserimento nella legge.
Non si tratta di lavaggio del cervello puro e semplice, ma di tecniche più sottili, efficaci e coerenti, si tratta di portare il dibattito fino al cuore della società, per fare sì che il cittadino comune si appropri di una certa idea e la faccia sua. All’inizio è talvolta sufficiente che un personaggio pubblico o politico la promuova in modo caricaturale ed estremo, e che poi il resto della classe pubblica e politica smentisca con grande foga. Ecco, l’idea è nata, e la danza dei furbetti può cominciare. Il soggetto è lanciato, e si può discuterne per il bene di tutti e sgombrare il campo dagli equivoci!
Il Cardinale Angelo Bagnasco, nella Prolusione del 30 settembre 2015 al Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana, nelle sue riflessioni sulla famiglia ha citato questa tecnica di persuasione delle masse, la cosiddetta finestra di Overton, per dimostrare come con vere e proprie strategie di comunicazioni si riescono a fare accettare “l’introduzione e la successiva legalizzazione di qualsiasi idea o fatto sociale”.
Secondo la teoria di Overton, una finestra è l’intervallo di idee che possono essere accettate dalla società in un determinato momento e che vengono apertamente manifestate dai politici senza che questi ultimi passano per estremisti.
Le idee evolvono secondo i seguenti stadi:
1. Inconcepibile/impensabile (inaccettabile, vietato)
2. Radicale (vietato, ma con delle eccezioni/riserve)
3. Accettabile (l’opinione pubblica sta cambiando/inizia a superare il divieto)
4. Utile/sensato (ragionevole, razionale/razionalmente difendibile)
5. Popolare/diffuso (socialmente accettabile)
6. Legalizzato (consacrazione nella politica statale/elevato a verità e a dogma)
L’uso della finestra Overton è il fondamento della tecnologia di manipolazione della coscienza pubblica finalizzata all’accettazione da parte della società di idee che le erano precedentemente estranee e consente l’eliminazione dei tabù. L’essenza di questo metodo sta nel fatto che l’auspicato mutamento di opinione deve perseguirsi attraverso varie fasi, ciascuna delle quali sposta la percezione ad uno stadio nuovo dello standard ammesso fino a spingerlo al limite estremo. Ciò comporta uno spostamento della stessa finestra, ed un dibattito polemico ben governato permette di raggiungere la fase ulteriore all’interno della finestra.
Il regista russo Nikita Michalkov – noto per il film “Oci Ciornie”, che valse a Mastroianni il premio al Festival di Cannes del 1987 – in una puntata del suo video blog Besogon.tv ha provocatoriamente proposto lo schema di questo processo applicandolo a un qualcosa che è attualmente impensabile, il cannibalismo:
Fase 1: Il cannibalismo è inaccettabile. Non se ne parla e non si ammette in nessun caso.
Fase 2: Si comincia a far circolare l’idea che la proibizione del cannibalismo sia un “tabù”. Se ne discute in circoli ristretti dove “scienziati (antropologi, psicologi, nutrizionisti)” ne discettano. Si organizza qualche convegno. Si costituiscono associazioni più o meno segrete di “cannibali” (ad es. Associazione di Liberi Cannibali).
Fase 3: Si comincia a parlare del fenomeno nei media, giornali e televisione, ma operando dei “distinguo”. (A questo punto il tabù è già infranto). Si coniano nuovi vocaboli meno urtanti che rendano meno indigesto il concetto: non si parlerà più di cannibalismo o antropofagia ma di “antropofilia”. Si metteranno in evidenza precedenti storici.
Fase 4: Qualche studioso lancerà l’ipotesi che il desiderio di mangiare carne umana dipenda da predisposizioni genetiche; altri sosterranno che in caso di eventi eccezionali, come carestie, il nutrirsi di carne umana non sia solo legittimo ma corretto. Si inizierà a dialogare su quali siano le circostanze eccezionali nelle quale sia accettabile nutrirsi di carne umana.
Fase 5: L’argomento diventa oggetto di talk show, compare nel cinema, negli spot pubblicitari. A fronte degli “antropofili” si creerà la categoria degli antropofobi. Qualche personaggio famoso farà “coming out”. Il tema conquisterà le prime pagine, se ne discuterà pubblicamente. L’origine dell’“antropofilia” essendo ignota non potrà essere considerata una colpa. Il dibattito acquisterà una dimensione politica.
Fase 6: sorgono gruppi di pressione che promuovono il cannibalismo con lo slogan: “non si deve vietare l’antropofilia”. Il cibarsi di carne umana viene “depenalizzato”. Coloro che si oppongono vengono socialmente stigmatizzati accusandoli di “fobia”, di “intolleranza”, di “arretratezza culturale” Nelle scuole si comincia ad insegnare che accanto ai vegetariani, ai vegani, agli onnivori, ci sono, a pieno titolo, anche gli antropofili. Il processo è concluso, l’idea da inaccettabile è entrata nel pensare comune.
Il “cannibalismo” è un caso ipotetico, ma guardiamoci intorno e facciamo un’esercitazione. Quante delle “idee” che oggi sono bagaglio del pensare comune cinquanta o sessant’anni fa erano impensabili? Se ne ripercorriamone lo sviluppo riscontreremo che hanno seguito e completato l’intero percorso. Quante altre idee sono invece ancora in una fase intermedia?
Dei gruppi di riflessione producono e diffondono opinioni all’esterno della finestra di Overton, per rendere la società più ricettiva verso l’idea in corso. Quando un gruppo di riflessione vuole imporre una idea considerata inaccettabile dall’opinione pubblica, utilizza la finestra di Overton per tappe.
Prendiamo ad esempio l’evoluzione del pensiero unico omosessualista: la teoria del gender (definita da Papa Francesco “espressione di frustrazione che cancella differenze, uno sbaglio della mente umana”). Lo spostamento della finestra di Overton in direzione di un cambiamento dell’atteggiamento verso le persone LGBTQI+ e le loro tesi può passare per i seguenti stadi:
Stadio 1: in questo stadio il problema è inaccettabile, non è discusso nella stampa e non è ammesso dalla gente.
Stadio 2: il tema evolve da “assolutamente inaccettabile” a “vietato ma con delle riserve”. Si afferma che non bisogna avere alcun tabù, il tema comincia ad essere discusso in piccole conferenze durante le quali degli stimati economisti, psicoanalisti e altri tecnici addentro al problema, fanno delle dichiarazioni di carattere “scientifico”. Il soggetto cessa di essere tabù e viene introdotto nello spazio mediatico. Risultato: il soggetto inaccettabile è messo in circolo, il tabù è desacralizzato, il problema non suscita più la medesima reazione, che comincia ad articolarsi in diversi gradi.
Stadio 3: il tema del gender passa dallo stadio del radicale (vietato, ma con delle riserve) allo stadio di accettabile. Continuano ad essere citati economisti e sociologi e vengono create espressioni eleganti: non si parla più di emarginazione sociale propriamente detta ma, diciamo, di una realtà obiettiva nella quale sempre più persone LGBTQI+ hanno difficoltà a sopravvivere degnamente e che bisogna tentarle tutte pur di dare a tutti l’opportunità di vivere come pare a loro. L’obiettivo è di disconnettere il significato della parola dal suo contenuto nella coscienza sociale. Nel frattempo, reportage televisivi cominciano a mostrare che le “innaturalità” della teoria del gender non sono mai state realmente dimostrate.
Stadio 4: La finestra di Overton si sposta, trasferendo il tema dall’ambito dell’accettabile a quello del ragionevole/razionale, ciò che deriva dalla “necessità economica”. Si afferma che l’omosessualità è un fatto naturale. Non bisogna nascondere l’informazione che ognuno è libero di essere ciò che vuole e quando vuole.
Stadio 5: da utile a popolare (socialmente accettabile). La discussione non verte solo sull’esempio di personaggi storici o mitici, ma anche ponendo l’accento sulla durezza dei tempi in cui gli omosessuali erano ghettizzati, malmenati ed emarginati. La teoria del gender comincia a essere ampiamente discussa nei programmi di informazione, nei dibattiti televisivi, nei film, nelle canzoni e nei clip. Per rendere il tema popolare, si cita spesso ad esempio un personaggio storico celebre che a suo tempo era stato costretto all’emarginazione, prima di diventare una persona importante.
Stadio 6: da socialmente accettabile alla legalizzazione. Il soggetto è oramai lanciato, viene automaticamente riprodotto nei media e negli show-biz, e raccoglie consensi politici. Giunti a questa tappa, “l’umanizzazione” dei fautori della teoria del gender viene utilizzata per giustificarne la legalizzazione. Possiamo davvero noi giudicare ciò che è bene per ciascun individuo? Anche se tutto questo può sembrare a qualcuno “amorale”, è necessario, perché una società funzioni, che ognuno trovi il posto che più gli è congeniale. Da tema popolare, la teoria gender e tutte le rivendicazioni LGBTQI+ diventano legali. Si crea una base normativa, compaiono delle lobbies, vengono pubblicati degli studi che sostengono il tema della legalizzazione. Un nuovo dogma appare: “per una società più equa è necessario che le persone LGBTQI+ abbiano gli stessi diritti alla famiglia o alla procreazione degli eterosessuali”. La legge è approvata, il gender diventa luogo comune nelle scuole e nei giardini di infanzia e la nuova generazione non riesce a capacitarsi di come si sia potuto pensarla in modo diverso.
Molte altre idee contemporanee sembravano assolutamente inconcepibili solo qualche decina di anni fa e sono poi diventate accettabili per la legge e agli occhi della società: aborto, immigrazioni massive, droghe “leggere”, eutanasia, pedofilia, incesto, poliamore. Non credete che questa evoluzione abbia seguito lo scenario sopra descritto? Credete davvero che queste “riforme” si siano ispirate al bene comune o non piuttosto che siano state adottate nell’interesse di qualcuno?
Il concetto di base è capire in quale finestra si trovi attualmente un’idea (ad esempio, la legalizzazione delle droghe, dell’eutanasia, dell’aborto, della pedofilia, delle unioni tra persone dello stesso sesso, l’introduzione di app Immuni o biochip, confinamento in casa o coprifuoco) e farla progressivamente slittare verso quella successiva, in una serie di passi.
Ovviamente, avere questo schema della finestra di Overton non consente molto di più di una fotografia della situazione, se non si è in grado effettivamente di influenzare l’opinione pubblica con esempi, testimonial, propaganda mirata, capacità di persuasione, narrazioni di episodi specifici, potere politico. L’uso della finestra Overton è il fondamento della tecnologia di manipolazione della coscienza pubblica finalizzata all’accettazione da parte della società di idee che le erano precedentemente estranee e consente l’eliminazione dei tabù. L’essenza di questo metodo sta nel fatto che l’auspicato mutamento di opinione deve perseguirsi attraverso varie fasi, ciascuna delle quali sposta la percezione ad uno stadio nuovo dello standard ammesso fino a spingerlo al limite estremo. Ciò comporta uno spostamento della stessa finestra, ed un dibattito polemico ben governato permette di raggiungere la fase ulteriore all’interno della finestra di Overton.
La dittatura dei mediocri
«Rimettere la decisione sulle cose più grandi ai più incapaci».
I danni della demagogia di cui oggi paghiamo le conseguenze, a causa di un’uguaglianza politicamente corretta che ha dato il potere alla mediocrazia.
«Le masse saranno sempre al di sotto della media. La maggiore età si abbasserà, la barriera del sesso cadrà, e la democrazia arriverà all’assurdo rimettendo la decisione intorno alle cose più grandi ai più incapaci. Sarà la punizione del suo principio astratto dell’uguaglianza, che dispensa l’ignorante di istruirsi, l’imbecille di giudicarsi, il bambino di essere uomo e il delinquente di correggersi.
Il diritto pubblico fondato sulla uguaglianza andrà in pezzi a causa delle sue conseguenze. Perché non riconosce la disuguaglianza di valore, di merito, di esperienza, cioè la fatica individuale: culminerà nel trionfo della feccia e dell’appiattimento. L’adorazione delle apparenze si paga».
«Tutte le colpe producono da sé la propria punizione».
Le citazioni sono da “Diario intimo” di Henri-Frédéric Amiel, scritto tra il 1847 e il 1881.
Green Pass. Le ragioni del NO
Riceviamo e ben volentieri riportiamo il manifesto sotto forma di petizione al Presidente della Repubblica, iniziato il 12 agosto 2021 e annunziato al Senato della Repubblica nella seduta n. 358 del 14 settembre 2021: “La signora Olga Milanese e il signor Carlo Cuppini a nome del “Comitato spontaneo per la difesa delle libertà e dei diritti fondamentali dell’uomo” e il signor Mauro Franchi a nome del “Movimento Libera Scelta per il Vaccino, No Green Pass” e del “Movimento Difesa Diritti”, unitamente a numerosissimi altri cittadini, chiedono che non vengano convertiti in legge il decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche, e il decreto-legge 6 agosto 2021, n. 111, recante misure urgenti per l’esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti (Petizione n. 925, assegnata alla 1° Commissione permanente)” (dal resoconto stenografico della seduta).
Entro questa fine settimana sarà ufficializzata la raccolta firme per la richiesta di un referendum abrogativo sul Green Pass, promosso da comuni cittadini e che sarà condotto con i mezzi, le disponibilità e il lavoro comunitario.
Sosteniamo questa azione popolare contro l’ennesimo sopruso compiuto non solo dalle autorità governative, ma anche da partiti e parlamentari, che a parole dicono di voler difendere i diritti costituzionali dei cittadini. Il Green Pass, palesemente in assenza di qualsiasi supporto scientifico, rappresenta un puro e semplice ricatto per obbligare i cittadini a sottoporsi ad una vaccinazione non obbligatoria.
Nell’attuale fase della pandemia da Covid-19, le istituzioni europee hanno concepito il Green Pass soltanto come uno strumento per “agevolare la libera circolazione all’interno dell’Unione Europea”, specificando che non deve essere inteso come “un prerequisito per la libera circolazione, che costituisce un diritto fondamentale nell’Unione Europea”. In aperto contrasto con questo approccio e con le relative disposizioni europee, il governo italiano ha istituito questa certificazione verde che divide la cittadinanza in due gruppi, i possessori e i non possessori del Green Pass, ai quali vengono garantiti diritti e opportunità diversificati, con esclusione del secondo gruppo da una serie di attività, servizi, luoghi di primaria importanza per il benessere personale, la crescita intellettuale, la partecipazione alla vita culturale, sociale e produttiva del Paese, la sfera relazionale e lavorativa.
Di fronte a un dispositivo normativo destinato a incidere drammaticamente nella vita individuale e sociale dei cittadini, è necessario e urgente che si sviluppino riflessioni ampie e plurali di natura giuridica, politica, etica, filosofica, culturale, economica, sociologica, psicologica, pedagogica (il Green Pass coinvolge direttamente, e senza alcun distinguo, anche gli adolescenti a partire dai 12 anni di età, e indirettamente anche gli under 12 figli di genitori non titolari della certificazione verde).
A supporto di queste riflessioni, già in corso da parte di intellettuali e operatori di diverse discipline, il Comitato per la difesa delle libertà e dei diritti fondamentali dell’uomo ha ritenuto utile svolgere una sintetica rassegna tecnica delle violazioni che il “decreto Green Pass” compie, rispetto al quadro normativo nazionale e internazionale. Viste la gravità delle violazioni e alla luce delle considerazioni conclusive in merito agli imprescindibili riguardi per la civiltà del diritto, i promotori dichiarano la loro ferma e completa opposizione a questa soluzione politica, indipendentemente da qualunque considerazione di tipo sanitario e scientifico e da una sua eventuale (assai controversa, per la verità) efficacia pratica. Un fine prioritario condiviso da tutti – controllare l’epidemia e andare verso l’uscita definitiva dall’emergenza sanitaria e sociale – non può giustificare qualunque mezzo. E il Green Pass italiano è un mezzo che non può essere giustificato e attuato.
Il manifesto, promosso dall’Avv. Olga Milanese e dallo scrittore Carlo Cuppini, è stato sottoscritto da docenti universitari, avvocati, scienziati, medici, giornalisti, scrittori, tra cui si segnalano Giorgio Agamben, Marco Guzzi, Enrico Macioci e Augusto Sinagra.
Ufficio stampa: Luciana Apicella [Email]
Per informazioni e sottoscrizioni: Avv. Olga Milanese [Email]
Per firmare la petizione: QUI.
In questo momento hanno firmato già quasi 55.000 persone e le adesioni continuano ad arrivare.
Comitato spontaneo per la difesa delle libertà
e dei diritti fondamentali dell’uomo
Green Pass. Le ragioni del NO
Da oltre un anno e mezzo il popolo italiano subisce limitazioni radicali a diritti e libertà considerate fondamentali dalla Costituzione, dalla Cedu e dalla Dichiarazioni dei diritti fondamentali dell’uomo.
Il governo ha approvato una misura – il green pass – che implica l’esclusione in radice dell’accesso ad attività, servizi e luoghi pubblici (teatri, cinema, attività sportive, locali pubblici, fiere, manifestazioni, congressi, etc.), ad una specifica categoria di persone, ovvero coloro che non si sono vaccinati o non hanno prenotato la vaccinazione (con la sola eccezione di coloro che sono guariti dalla malattia e salva la possibilità di sottoporsi a tamponi a pagamento, ripetuti nelle 48 ore antecedenti al godimento di quelle libertà o diritti). Siffatte esclusioni non sono, invece, previste per i vaccinati. Accanto a tale provvedimento, tuttavia, lo Stato continua ad affermare formalmente la libertà della scelta di non sottoporsi al trattamento sanitario della vaccinazione. Le misure restrittive stabilite tramite il green pass colpiscono, dunque, una categoria di persone che esercita una libertà garantita e che viene penalizzata in quanto tale, per via di una propria qualità personale, di una propria condizione e di una libera scelta. Questa libertà trova, però, la sua fonte nell’articolo 32 c. 2 della Costituzione, che garantisce il diritto a non prestare il consenso ad un trattamento sanitario a meno che l’obbligo non sia previsto da una legge formale che, tuttavia, in nessun caso può violare i limiti imposti dal rispetto della dignità della persona umana.
Il green pass contrasta con i principi fondanti il nostro ordinamento, sia di matrice costituzionale che comunitaria ed internazionale. In particolare:
1- L’articolo 1 della Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione (New York, 1965-aperta alla firma nel 1966-ratificata nel 1976), precisa che costituisce discriminazione ogni comportamento che direttamente o indirettamente “comporti distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine etnica e che abbia lo scopo e l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica”. Le restrizioni (1) contenute nel green pass rientrano letteralmente nelle “esclusioni” che determinano gli effetti indicati come discriminatori nella definizione della Convenzione. Discriminare, infatti, significa violare il principio dell’uguale dignità delle opinioni o situazioni differenziate.
2- Nella prassi giurisprudenziale costituisce discriminazione ogni trattamento, considerazione e/o distinzione attuata nei confronti di un individuo o di una classe di individui sulla base dell’appartenenza ad un particolare gruppo, classe o categoria sociale, che mira a provocare l’esclusione sociale dei soggetti vittime del comportamento discriminatorio fondato su una visione differenzialista del mondo. La violazione del divieto di discriminazione viene, quindi, correlata a distinzioni e restrizioni basate su “condizioni personali”, su stati, su “autori”.
3- L’istituzione di un Green Pass per l’accesso ad un determinato set di attività, luoghi e servizi, escludendo dagli stessi una categoria di persone, inclusi i minori ed i giovani adulti, individuate soltanto in base alla loro condizione – quella di aver fatto una scelta garantita dalla Costituzione e non limitata da norme di legge, dunque, in assenza di un fatto illecito, espressamente riprovato dal diritto positivo – si pone, altresì, in evidente contrasto con l’art. 2 della Costituzione a mente del quale la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, nonché con l’art.3 della Costituzione che sancisce la pari dignità sociale dei cittadini e la loro eguaglianza di fronte alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, imponendo alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
4- Il green pass viola, inoltre, l’art.21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, titolato “Non discriminazione” che prevede:“1.È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.2. Nell’ambito d’applicazione dei trattati e fatte salve disposizioni specifiche in essi contenute, è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità̀”, nonché́ l’art.23 che dispone “La parità̀ tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione”.
5- Il green pass vìola la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che all’art. 2 stabilisce: “Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità̀”, e all’art. 7 stabilisce: “Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione”;
6 – Il green pass viola anche la Convenzione Europea sui Diritti Umani, specificamente l’art. 14 che stabilisce: “Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione”.
7- Il green pass viola il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che all’art. 10 chiarisce: “Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età̀ o l’orientamento sessuale”.
8- Il green pass si pone, inoltre, in contrasto con la Risoluzione 2361 del Consiglio d’Europa approvata il 27/01/2021 che, al punto 7.3, vieta ogni forma di discriminazione per chi scelga di non vaccinarsi ed invita gli Stati ad assicurarsi che i cittadini siano informati in modo chiaro sulla NON obbligatorietà del vaccino.
9- Da ultimo, benché il D.L. 105/2021 che ha reso il green pass obbligatorio evidenzi la necessità di rispettare i Regolamenti UE 953/2021 e 954/2021, ne contrasta platealmente i contenuti, sia in riferimento al Considerando 36, che testualmente prevede: “È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché́ non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti-COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini o hanno scelto di non essere vaccinate. Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l’uso di uno specifico vaccino anti-COVID-19, non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto. Inoltre, il presente regolamento non può̀ essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati”, sia in riferimento all’affermata necessità di garantire la libertà di circolazione dei cittadini, di fatto ostacolata dai vincoli imposti con il green pass.
In ragione di quanto sopra, l’istituzione del green pass si pone in aperta violazione dei principi e delle norme fondanti il nostro ordinamento, come sopra richiamate, e determina la violazione del dovere di fedeltà̀ alla Repubblica e di osservanza della Costituzione e delle leggi, imposto a tutti i cittadini dall’art. 54 Cost. e, prima ancora, alle Istituzioni.
Trovarsi nella necessità di riaffermare questi punti sottintende la denuncia di un gravissimo modus operandi che contrasta con i principi democratici e dello Stato di diritto, che strumentalizza le emergenze per comprimere diritti e libertà faticosamente conquistati nell’ultimo secolo, vanificando il sacrificio dei nostri padri.
Le ragioni emergenziali non possono essere utilizzate come scudo per sospendere ed annullare diritti considerati intangibili dai Padri Costituenti e dalla comunità internazionale. La prima parte della Costituzione raccoglie il nucleo essenziale dell’ordinamento costituzionale, definendone i principi fondamentali e garantendo la tutela di quei diritti che sono considerati inviolabili conformemente a quanto riportato nelle Convenzioni e nei Trattati su richiamati il cui rispetto è previsto dall’art. 117 della Costituzione.
Con i benefici e con i limiti della democrazia la nazione ha affrontato numerose e gravi crisi; allo stesso modo possiamo e dobbiamo affrontare anche questa, e le future, senza derogare di un passo dal percorso della civiltà del diritto. Se accettiamo che i principi fondamentali dello Stato di diritto possano essere sospesi oggi, in nome della gestione della pandemia, dobbiamo sapere che stiamo consegnando al futuro la possibilità̀ di prendere direzioni diverse dalla democrazia in nome di qualsiasi altra minaccia, di origine umana o naturale.
(1) Per la definizione di distinzione discriminatoria, si legga anche l’art. 43 T.U. immigrazione, dove si ribadisce che emerge come sia tale anche la discriminazione cd. indiretta. “Art. 43 (Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi) (Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 41) 1. Ai fini del presente capo, costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità̀, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica. 2. In ogni caso compie un atto di discriminazione:….b) chiunque imponga condizioni più̀ svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità̀”.
Promotori:
Olga Milanese (Avvocato)
Carlo Cuppini (Operatore culturale)
Primi firmatari:
Giorgio Agamben (Filosofo e accademico)
Giovanni Agnoloni (Scrittore e traduttore)
Carmelo Albanese (Filosofo e urbanista)
Miriam Alborghetti (Giornalista)
Luciana Apicella (Giornalista)
Fabrizia Bagnati (Giurista, già presidente della Unione Nazionale delle Camere Minorili)
Ugo Bardi (Professore di Chimica, Università di Firenze)
Roberto Bartali (Ph.D, Storico)
Paolo Bellavite (Medico chirurgo, già professore di Patologia Generale, Università di Verona)
Giorgio Bianchi (Fotoreporter, giornalista)
Stefano Boni (Presidente del corso di Laurea Magistrale in Antropologia e Storia del Mondo Contemporaneo, Università di Modena e Reggio Emilia)
Nadia Breda (Professore associato in Discipline demoetnoantropologiche, Università di Firenze)
Ramona Caia (Danzatrice)
Giovanna Campani (Professore di Pedagogia Generale, Università di Firenze)
Andrea Camperio Ciani (Professore di Etologia, Etologia, Psicobiologia e Psicologia evoluzionistica, Università di Padova)
Angela Camuso (Giornalista)
Francesca Capelli (Sociologa)
Eugenio Capozzi (Professore ordinario di Storia contemporanea, Università UNISOB di Napoli)
Carmine Carella (Libero professionista)
Francesco Carraro (Scrittore, giornalista, avvocato)
Luisella Chiavenuto (Giornalista free lance)
Stefania Consigliere (Professore di Antropologia, Università di Genova)
Marco Cosentino (Medico farmacologo, Professore ordinario di Farmacologia, Università dell’Insubria)
Daniela Danna (Ricercatrice in Scienza sociale, Università del Salento)
Osvaldo Danzi (Editore)
Chiara De Filippis (Designer)
Umberto Desideri (Professore di Energetica applicata, Università di Pisa)
Elena Dragagna (Avvocato)
Marilena Falcone (Ingegnere meccanico/biomedico)
Mario Fedeli (Attore, scrittore)
Giacomo Fossa (Direttore d’orchestra)
Carlo Freccero (Critico televisivo, giornalista, autore televisivo, massmediologo e accademico)
Franco Galvagno (Docente scuola secondaria)
Peter Genito (Bibliotecario e scrittore)
Patrizia Gentilini (Onco-ematologa, Comitato Scientifico ISDE Italia)
Paolo Gibilisco (Matematico, Università di Roma “Tor Vergata”)
Domenico Guarino (Giornalista)
Francesco Guerrini (Geologo)
Marco Guzzi (Poeta e filosofo)
Marialuisa Iannuzzo (Medico legale)
Francesco Ierardi (Avvocato)
Giuliano Lancioni (Professore ordinario di Lingua e letteratura araba, Università Roma Tre)
Daniele Libi
Laura Lippi
Carlo Lottieri (Filosofo, politologo, professore universitario alle Università di Verona e di Lugano)
Maddalena Loy (Giornalista)
Enrico Macioci (Scrittore)
Linda Maggiori (Scrittrice, blogger, attivista per la sostenibilità)
Giulio Mancini (Ingegnere meccanico)
Stefano Manera (Medico chirurgo, specializzato in Anestesia e Rianimazione, medicina integrata e funzionale)
Clara Marinelli
Simona Massaro
Maurizio Matteoli (Medico pediatra)
Ugo Mattei (Giurista, accademico, presidente Fondazione Generazioni Future)
Francesco Meneguzzo (Ricercatore Fisico, Consiglio Nazionale delle Ricerche)
Emilio Mordini (Medico psicoanalista, Senior Fellow alla School of Public Health – Health and Risk Communication Center, Università di Haifa; Chair del Comitato Etico dell’Associazione Europea di Biometria)
Paola Olivieri
Diana Nocchiero (Pianista, direttrice della rassegna “Melodica” di Ragusa)
Fabio Parascandolo (Ricercatore geografo, Università di Cagliari)
Daniela Poli (Professore ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica, Università di Firenze)
Sergio Porta (Professor of Urban Design, Department of Architecture, University of Strathclyde)
Alessandro Ricci (Geografo)
Lucilla Rigobello
Gilda Ripamonti (Giurista)
Anna Franca Rivieri
Rosa Ronzitti (Professore di Glottologia e Linguistica, Università di Genova)
Maria Sabina Sabatino (Storica dell’arte)
Laura Savoca
Paolo Sceusa (Presidente emerito di sezione della Cassazione, già Presidente Tribunale dei Minori di Trieste e Trento)
Giulia Servadio (Avvocato)
Augusto Sinagra (già magistrato, Professore ordinario di diritto dell’Unione Europea, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”)
Daniela Strumia (Filosofa)
Pasquale Tarricone
Mauro Tosco (Professore ordinario di Lingue africane, Università di Torino)
Vitaliano Trevisan (Scrittore, drammaturgo, regista, attore)
Marta Trucco (Giornalista e scrittrice, collaboratrice Scuola Holden)
Fabrizio Tuveri (Medico odontoiatra)
Giuseppe Zampella (Professore di Chimica, Università di Milano-Bicocca)
Jacopo Zanella (Cter, Istituto di Scienze Polari, Mestre-Venezia)
Raffaele Zanoli (Professore ordinario di Food Marketing & Management, Università Politecnica delle Marche)
Stefania Zolotti (Giornalista e direttrice della rivista sul mondo del lavoro “SenzaFiltro”)
Pieralberto Valli (Docente, musicista, scrittore)
Comitato “Scuola È in presenza” – Modena
Comitato #GiùLeManiDallaScuola – Gorla Minore (VA)
Postscriptum
1. «Non vi è nessun dubbio oggi sul fatto che con il Green Pass il medico competente non solo non può, ma addirittura non deve avere a che fare, né trattando dati né tantomeno emettendo giudizi di idoneità/inidoneità. La possibilità di contagiare e di contagiarsi sussiste indipendentemente dalla condizione vaccinale e/o dal possesso del Green Oass. Il certificato verde non rappresenta una “misura di sicurezza” per il datore di lavoro, a meno che non derivi dal reiterato controllo ogni 48h tramite tampone, condizione che riteniamo perlopiù inattuabile. Tantomeno può essere invocato ricorrere ad un aggiornamento del documento di valutazione del rischio relativamente al rischio da virus SARS-CoV-2» (ANMA-Associazione Nazionale Medici d’Azienda e Competenti – Corriere della Sera, 15 settembre 2021).
2. «È finito tutto. È finito lo stato di diritto. È una emergenza perenne. In base a quali algoritmi si deciderà la fine dello stato di emergenza? Visto che le ondate si succedono, andiamo avanti con lo stato di emergenza perenne? Perché così diventa stato di eccezione. Lo stato di emergenza è un concetto da protezione civile mentre lo stato di eccezione è la sospensione di certe garanzie costituzionali» (Massimo Cacciari, il 15 settembre 2021 in collegamento a Otto e mezzo su La7).
http://www.korazym.org/65135/green-pass-le-ragioni-del-no/#more-65135
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