Mons. Athanasius Schneider:
il Motu Proprio e la sua lettera di accompagnamento commettono un’ingiustizia
Il Motu Proprio e la lettera d’accompagnamento commettono un’ingiustizia contro tutti cattolici che aderiscono alla forma liturgica tradizionale, accusandoli, generalizzando, di seminare la discordia.
L’argomento invocato dal Motu Proprio e dalla lettera di accompagnamento, e cioè che la forma liturgica tradizionale creerebbe la divisione e minaccerebbe l’unità della Chiesa, è smentito dai fatti. Inoltre, il tono sprezzante di questi documenti verso la forma liturgica tradizionale porterebbe qualsiasi osservatore imparziale a concludere che tali argomenti sono solo un pretesto e un espediente, e che si tratta di qualcos’altro.
Cosa consiglia ai sacerdoti che celebrano la Messa tradizionale, ai fedeli legati a questa Messa e alle Comunità religiose che celebrano questa liturgia?
Un tesoro liturgico usato e molto stimato da quasi mille anni non è una proprietà privata di un papa di cui egli può disporre come vuole. Di conseguenza, i fedeli, i seminaristi e i sacerdoti devono chiedere il diritto di utilizzare questo tesoro comune della Chiesa e se si vedono rifiutare questo diritto possono comunque utilizzarlo, fosse pure in maniera clandestina. Non si tratterebbe di un atto di disubbidienza, ma di un atto di ubbidienza alla Santa Madre Chiesa, che ci ha dato questo tesoro liturgico.
Il fermo rifiuto da parte di Papa Francesco di una forma liturgica quasi millenaria rappresenta, in effetti, un fenomeno di breve durata in rapporto allo spirito e alla prassi costanti della Chiesa.
Papa Francesco, nel suo Motu Proprio sulla Messa, mostra sia la continuità tra il concilio Vaticano II e la Messa di Paolo VI sia l’opposizione di fondo tra i due riti. Questo non evidenzia forse l’impasse teologica dell’ermeneutica della continuità?
Di fronte alla penosa situazione in cui si trovano gli Istituti Ecclesia Dei Adflicta, non possiamo finalmente chiederci se la condotta di Mons. Lefebvre verso Roma non sia stata quella giusta?
Vi sono più di 5000 vescovi nel mondo. Pensa che alcuni di loro si uniranno alla lotta che lei sta conducendo?
Un'intervista
Gentilissimi lettori,
oggi analizziamo un errore molto interessante che dimostra come -seriamente- questa versione del 2008 sia davvero da prendere con le pinze. Più scopriamo strafalcioni, più ci possiamo rendere conto di una direzione, di un metodo consolidato, voluto dal “pool” di traduzione. Non più possiamo dubitare che si tratti di disattenzioni o innovazioni linguistiche casuali. Il che ci aiuta a difenderci dalle deviazioni di significato, di dottrina, e ci spinge a ricercare la correttezza in un passato meno recente.
Il versetto in esame è il Salmo 72, versetto 1a:
CEI 1974: “Dio, dà al re il tuo giudizio”;
CEI 2008: “O Dio, affida al re il tuo diritto”.
In primis la traduzione è completamente sbagliata. Il testo originale ebraico (traslitterato) è il seguente:
“Elohim, mishpatèkha lemèlekh ten”.
La traduzione letterale del versetto è questa:
Elohim: Dio
mishpatèkha: i tuoi giudizi
lemèlekh: al re
ten: concedi
Il nocciolo è proprio il termine “mishpatèkha”, tradotto al singolare nella traduzione del 1974, e il cui significato deriva dal termine “mishpat”, ovvero “giudizio”.
Non ha nulla a che vedere con il presunto “diritto” della traduzione 2008.
Il Salmo, infatti, è attribuito al re Salomone: la traduzione più coerente è “Dio dà al re il tuo giudizio”.
Ci troviamo nel contesto della preghiera di Salomone per ottenere dal Signore il dono della Sapienza (1 Re 3,5-15, preghiera che anche noi siamo invitati a fare ogni giorno). Vi invito a leggere il seguente articolo per approfondire:
Il cuore docile di Salomone
Nel Salmo 72 il re chiede a Dio il dono del “giudizio”, il dono del discernimento. Utilizzare il termine “diritto” non ha alcuna pertinenza.
Parafrasando nell’errore con “Dio affida al re il tuo diritto” ne emerge un significato ben diverso e insensato per il contesto in cui ci troviamo.
L’ho già affermato in qualche articolo precedente: sono stupito nel constatare che la presenza di errori risulta ben superiore a quella immaginata. Il che mi permette di dare un giudizio sempre più globale su tutta l’opera di traduzione del 2008.
Opera di protestantizzazione?
A voi il giudizio. O il diritto? Oppure rovescio, in questo caso.
Grazie a tutti per le segnalazioni e perdonate se non sono riuscito a rispondere agli interventi, ma pare ci sia qualche problema tecnico, forse dovuto a qualche aggiornamento della piattaforma del blog.
Investigatore Biblico
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