ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 5 giugno 2012

Fosche nubi


«Il "Vatileaks" ha rivelato ancora una volta come il Vaticano non sia solo una forza globale con un miliardo di fedeli nel mondo, ma un'istituzione profondamente italiana, dove legami e interessi contano più del merito e giochi di potere machiavellici sono la regola più che l'eccezione». Così in un lungo articolo, l'International Herald Tribune - edizione internazionale del New York Times - si sofferma sulla vicenda delle 'fughè di notizie che sta investendo la Santa Sede e che nei giorni scorsi ha portato all'arresto del maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele.
«Secondo gli esperti - scrive il quotidiano- Gabriele è probabilmente un uomo caduto in disgrazia, o una figura di basso livello in uno scandalo che ha almeno tre complotti rivelati nelle 'fughè: una campagna per indebolire il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone; una controversia sulla gestione della banca vaticana; una serrata lotta interna tra i cardinali che gareggiano per un posto nel Conclave che un giorno eleggerà il successore di Benedetto XVI». E, «il prodotto di queste multiple e intrecciate controversie sembra pronto a diventare uno dei più distruttive, se non una delle più ermetiche, crisi del tormentato pontificato di Benedetto XVI», scrive ancora il quotidiano americano. Che citando Alberto Melloni, direttore del Centro Giovanni XXIII, osserva come «i cardinali che vogliono indebolire Bertone e implicitamente il papa provengono dall'ala più tradizionale della Chiesa». Altri, invece, «vedono la lotta interna più focalizzata su influenza e denaro - e in questo caso i potenti gruppi cattolico-conservatori come l'Opus Dei e Comunione e Liberazione potrebbero avere un ruolo - che sull'ideologia». Di certo, osserva l'Herald Tribune, «gli intrighi riempiono l'aria. E, con il proseguire dello scandalo Vatileaks, il papa appare sempre più isolato, un solitario intellettuale incapace di mettere le redini alle lotte tra i suoi subalterni».Sono conterranei, hanno la stessa età e una conoscenza di vecchia data, Giuseppe Orsi ed Ettore Gotti Tedeschi. Proprio il legame tra l'ex «banchiere del papa», sfiduciato pochi giorni fa dal Cda dello Ior, e l'ad di Finmeccanica, indagato dalla Procura di Napoli, sarebbe il filo rosso da seguire per comprendere le ragioni che hanno indotto i pm a disporre una perquisizione nell'abitazione e negli uffici di Gotti Tedeschi - sebbene questi non sia indagato - allo scopo di acquisire eventuali documenti su operazioni di Finmeccanica. Orsi è nato a Piacenza nel 1945. Ingegnere aeronautico, inizia la sua carriera in Siai-Marchetti, che poi verrà incorporata in Agusta, società produttrice di elicotteri diventata parte della galassia Finmeccanica. È in Agusta che Orsi scala posizioni, seguendo nel 2001 la fusione con la Westland e diventandone nel 2004 amministratore delegato. Una carica che mantiene fino al maggio 2011, quando in seguito alle vicende giudiziarie che vedono coinvolto Pier Francesco Guarguaglini, prende il suo posto come numero uno di Finmeccanica. Ed è in tale veste che, lo scorso aprile, viene iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Napoli per i reati di corruzione internazionale e riciclaggio nell'ambito dell'inchiesta sulle presunte tangenti alla Lega. Gotti Tedeschi, anch'egli classe '45, nato a Pontenure, pochi chilometri da Piacenza, è un economista cattolico, con una solida formazione nel campo della finanza, maturata nei primi anni '80 presso l'americana McKinsey. Qui conosce Gianmario Roveraro, il banchiere ucciso a Parma nel 2006 da un gruppo di malviventi mentre rientrava da un incontro dell'Opus Dei. Con lui nel 1987 Gotti Tedeschi fonda la banca Akros, che lascia nel '92 per rispondere alla chiamata di Emilio Botin, guida della banca spagnola Santander, di cui tuttora Gotti è referente in Italia. Docente alla Cattolica, editorialista dell'Osservatore Romano, vicino al segretario di Stato vaticano Bertone e a Benedetto XVI, che lo consulta durante la stesura dell'enciclica economica «Caritas in veritate», il suo incarico al timone dello Ior data settembre 2009. Passa un anno e il presidente della «banca» vaticana - insieme al direttore Paolo Cipriani - finisce sotto inchiesta da parte della Procura di Roma: nel mirino, 23 milioni di euro dello Ior movimentati verso il Credito Artigiano e destinati parte a J.P. Morgan Frankfurt, parte alla Banca del Fucino. Operazione sospetta, secondo i pm. «Normale movimento di tesoreria», spiegherà Gotti ai magistrati. L'inchiesta prosegue, ma le nubi si diradano. La tempesta che investirà Gotti Tedeschi è un'altra e risale a pochi giorni fa, quando il board dello Ior decide di metterlo alla porta, accusandolo anche di «scarsa trasparenza». Apparentemente un fulmine a ciel sereno, in realtà l'esito di attriti che duravano da mesi tra Gotti e Bertone (i cui legami si sarebbero nel tempo allentati) e tra Gotti e lo stesso Cipriani. Attriti maturati anche durante la controversa operazione che il Vaticano ha condotto sull'ospedale milanese San Raffaele, entrando in partita per salvarlo da una valanga di debiti per poi uscirne nel giro di pochi mesi, lasciando il campo all'imprenditore Rotelli. Un'operazione che Gotti Tedeschi avrebbe prima appoggiato, entrando anche nel Cda del San Raffaele, per poi allontanarsene.

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