Ho letto con attenzione l’articolo a firma di Arturo Cattaneo dal titolo “Movimenti e Chiesa locale”, sul n. 569 di SC, e mi complimento con l’autore per la chiarezza e la puntualità con cui mette a fuoco il problema dei Movimenti in rapporto alle Chiese locali, problema che sta molto a cuore al Papa Benedetto XVI, il quale, come il suo predecessore, Giovanni Paolo II, sta cercando di tenere sotto le ali di Santa Madre Chiesa, per così dire, questa vasta gamma di Movimenti, nel rispetto dei loro particolari Carismi, ma incoraggiandoli con fermezza, nello stesso tempo, ad essere fedeli al Magistero, in piena unione con il Papa e con i Vescovi delle Chiese locali. Si tratta fondamentalmente del problema della loro “ecclesialità”, ecclesialità che, come da tempo va ribadendo il Santo Padre (J. Ratzinger, I movimenti ecclesiali e la loro collocazione teologica) si fonda sulla “Sacramentalità” e sulla “Tradizione”, dove viene conservata la dottrina apostolica e quindi la cattolicità di qualsiasi istituzione.
Purtroppo le cose, chiare in teoria, non sempre si realizzano nella pratica. Infatti, avendo avuto l’occasione di accostare direttamente alcuni di questi Movimenti, sono rimasta perplessa proprio sulla loro “ecclesialità”. Mi riferisco in particolare al Movimento dei Focolari e dei Neocatecumenali.
La prima impressione che ho ricevuto accostando i Focolarini, è stata inizialmente positiva, anzi, coinvolgente. I Focolarini, ad esempio, che si esprimono per lo più come grandi masse di gente raccolte in ambienti altrettanto enormi quali stadi o centri per mega-convegni, ti coinvolgono con la loro religiosità gioiosa: insieme si ascolta e commenta la “Parola”, si leggono i Salmi, si dà molto spazio al canto di inni religiosi per lo più festosi, tra una testimonianza e l’altra offerta da persone che si sono avvicinate a Dio dopo anni di dissipazione, quali droga, prostituzione, ecc. oppure a causa di superficialità e disimpegno totale. Tuttavia, dopo la prima impressione entusiasmante che si riceve, viene da chiedersi quale differenza ci sia tra questi incontri e quelli all’insegna della fratellanza universale, dal momento che assai di rado è prevista la celebrazione della Santa Messa e quasi mai la Confessione, peculiarità del vero cattolico. Ognuno poi, nella sua parrocchia e nel suo ambiente, certamente provvede per proprio conto, ma che l’aspetto sacramentale non diventi il fulcro centrale di questi mega-raduni, lascia un po’ perplessi.
Perplessità che un po’ alla volta aumenta quando si viene a sapere che, nel nome del tanto conclamato Ecumenismo da vivere all’insegna “dell’unità” (impegno primordiale per loro), esistono focolarini-buddisti, focolarini-musulmani, focolarini-pagani, induisti e via dicendo, i quali si gloriano di vivere “l’unità con lo spirito del focolare” come massimo impegno, quasi che lo scopo principale dei Focolarini, che pure hanno i loro grandi meriti, intendiamoci, sia essenzialmente, se non unicamente ecumenico, cioè quello di invitare tutti i popoli a vivere le virtù umane e soprattutto l’unità con il Movimento, in vista del raggiungimento della pace e della giustizia in un “Nuovo Ordine Mondiale”, piuttosto che la vera conversione a Cristo con tutto ciò che questo comporta.
Assai diversa è la spiritualità dei Neocatecumenali i quali, oltre all’assiduo approfondimento della Sacra Scrittura, privilegiano l’aspetto sacramentale (Eucaristia e Confessione) in piccoli gruppi, ma attraverso celebrazioni liturgiche molto singolari. Di solito, infatti, si raccolgono il sabato sera (assai raramente la domenica) in circolo attorno a un grande tavolo che funge da altare dove, tra canti, chitarre, letture, esortazioni tipo omelie spesso offerte dai catechisti anziché dal sacerdote celebrante, si rischia di non distinguere più il sacerdozio ministeriale da quello comune dei fedeli, senza contare che spesso l’Eucaristia viene assunta dai singoli comunicandi spezzando bocconi da un’unica “pagnotta di pane consacrato”, che viene passata di mano in mano con briciole che cadono dappertutto.
Avrei tantissimi altri esempi da fare in proposito, non molto ortodossi, anche sulla Confessione, ma ne riporto solo uno tra i meno eclatanti: d’estate in un paesino di montagna dove da anni mi reco per passare un po’ di ferie, si trovano anche dei neocatecumenali con le loro famiglie, con tanti figli, tutti bravi e allegri, davvero esemplari. Gli adulti hanno deciso di comune accordo di alzarsi tutti i giorni alle sei del mattino per recitare in tranquillità le Lodi in uno dei loro appartamenti, però ho notato che alla Santa Messa, sia festiva che feriale delle 18, celebrata da un sacerdote anziano nella vicina chiesa parrocchiale, essi non erano mai presenti. Alla domanda sul perché di questa loro assenza, dal momento che si professano pubblicamente cattolici, credenti e praticanti, mi hanno risposto che: “Prima di arrivare alla Messa, ce ne vuole di cammino!” e che se non possono frequentare la “loro Messa” in città, pazienza!
E’ vero che la Congregazione per i Laici ha approvato recentemente il loro statuto, però dopo averlo riveduto e corretto di sana pianta, e senza avere la certezza che i responsabili siano d’accordo di accettarlo e di viverlo così come è stato voluto dalla Chiesa, e non dal loro fondatore.
D’altro canto, è anche vero che costoro sono tutte brave persone, vivono le virtù umane, sono molto apostolici, quando si ritrovano a San Pietro urlano all’unisono “Viva il Papa”, anche se pare che non abbiano come programma di studio, ad esempio, il “catechismo della chiesa cattolica” e nemmeno il compendio, ma essenzialmente la Sacra Scrittura e gli scritti dei loro fondatori.
Come può essere questa specie di contraddizione, viene da domandarsi? Come è possibile armonizzare questi comportamenti con le esigenze della ecclesialità e col giusto inserimento nella pastorale della chiesa locale?
Patrizia Stella
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