EUCARISTIA E CONFESSIONE. SAREI FELICE DI ESSERE SMENTITA! |
Si propongono di valorizzare il ruolo dei laici invitandoli ad approfondire gli studi sulla Sacra Scrittura fino a conferire loro il grado di “catechisti”. Questo compito dei laici di prepararsi dottrinalmente per essere apostoli in mezzo al mondo, come è stato più volte ribadito dal Concilio, sarebbe cosa molto buona se costoro sapessero restare al loro posto di laici comuni. Invece lo stile tipico e l’errore fondamentale dei neocatecumenali è proprio quello di mescolare e confondere i due ruoli: quello del catechista laico con quello del sacerdote consacrato, vale a dire che non distinguono la differenza fra “sacerdozio ministeriale” e “sacerdozio comune dei fedeli”, a tal punto che spesso l’uno sconfina nell’altro con grave danno della stessa nostra fede, soprattutto nei due pilastri fondamentali che sono l’Eucaristia e la Confessione. Infatti, in mezzo a tanti movimenti e associazioni d’ispirazione cattolica, solo i neocatecumenali hanno la loro pastorale e la loro liturgia che in molti punti non rispetta la disciplina liturgica della Chiesa.
• Preferiscono celebrare la “loro Messa” a tarda sera non in chiesa ma in locali attigui, quali sale giochi, biblioteche, teatri ecc. dove preparano dei tavoli con tovaglie comuni e non liturgiche, (talvolta addirittura con lenzuola) attorno ai quali si distribuiscono i fedeli assieme al sacerdote celebrante, in modo tale che, fra canti, gesti, salmi e preghiere comuni, si rischia veramente di confondere il ruolo del ministro di Cristo con quello degli altri fedeli, perché sembra che tutti abbiano la stessa parte attiva nella celebrazione.
• La stessa omelia dopo il Vangelo che di sua natura è un atto ministeriale riservato al solo sacerdote, viene spesso affidata ad un catechista che sostituisce il sacerdote celebrante il quale, in questo modo, viene ad abdicare a un suo preciso compito ministeriale.
• Se qualche volta sono invitati a celebrare in chiesa, non rispettano l’arredo liturgico che trovano, ma spostano tutti i banchi e le suppellettili sacre per collocare la loro grande “mensa” al centro della chiesa, con leggii portatili, chitarre e altri strumenti impropri. Tutto questo perché il significato che essi danno alla Celebrazione Eucaristica è solo quello di “banchetto fraterno e di celebrazione della Cena” escludendo totalmente o per lo meno sottovalutando l’altro aspetto essenziale, proprio della Santa Messa, che è il “Sacrificio di Cristo”.
• Per la S. Comunione non si servono delle particole, come la prudenza della Chiesa ha suggerito da sempre, ma di pane che impastano le loro donne e che viene poi spezzettato nella Consacrazione o nella Comunione con briciole che vanno dappertutto esponendo l’Eucaristia ad una vera profanazione. Molti di loro sono convinti che in quelle briciole non è presente il Corpo di Cristo.
CONFESSIONE:
• Celebrano questo sacramento in luoghi estranei alla chiesa e pertanto rifiutano il confessionale ignorando apertamente le norme del diritto canonico (can.964).
• Ma la cosa più grave è che considerano la Penitenza non come sacramento, cioè come incontro personale con Cristo che mi assolve dai peccati e conferisce la Grazia nella persona del sacerdote (che comunque rappresenta sempre la Chiesa), ma soprattutto come richiesta di perdono alla comunità ecclesiale, come gesto pubblico di umiltà nella consapevolezza che siamo tutti peccatori e che tali resteremo. (Lutero). Prova ne sia che le loro cosiddette “confessioni pubbliche” non si svolgono neppure davanti al sacerdote, la cui persona risulta, in un certo senso, superflua, ma al cospetto dei “catechisti” i quali ammoniscono, incoraggiano ecc.
• Per questo non hanno nessun pudore di accusarsi anche pubblicamente dei propri peccati anche più intimi, anzi sembra quasi che vengano incoraggiati a fare ostentazione pubblica di miseria e di peccato quando invece sappiamo che Dio non umilia mai le sue creature, perché grande è la dignità del cristiano redento da Cristo e santificato dalla grazia!. Del resto la Chiesa, rispettando il sacrario della coscienza, non ha mai richiesto la confessione pubblica dei peccati personali anche perché questo gesto può creare grave danno alla reputazione della persona e all’unità della famiglia.
Riescono abilmente a convincere i partecipanti a liberarsi della loro “immondizia” (cioè del denaro) gettandolo nel “sacco dei rifiuti” che viene poi scrupolosamente raccolto da alcuni incaricati ufficiali. La nipote di un sacerdote di Verona è ricorsa allo zio per chiedere aiuto economico in quanto aveva consegnato, dietro suggerimento pressante di un catecumeno, tutto il suo stipendio con cui doveva vivere. E le testimonianze sono numerose.
I vari gruppi sono spesso seguiti da un sacerdote diocesano o religioso di tutto rispetto, che i responsabili fanno emergere dall’anonimato del proprio Ordine religioso o dalle frustrazioni che può causare la parrocchia, per investirli di questo compito di guida spirituale. Tuttavia questi “presbiteri” - come vengono chiamati – finiscono col perdere la meravigliosa spiritualità propria del loro Ordine religioso, si prestano a creare fratture e divisioni all’interno della parrocchia, e non si accorgono che, un po’ alla volta, finiscono con l’essere del tutto subordinati ai catechisti del gruppo, ritenuti i veri ed esclusivi distributori della verità. Questi non accettano osservazioni: chi osa obiettare, è segno che non ha capito ed è meglio che se ne vada.
E’ vero che ci sono persone provenienti da esperienze molto negative (prostituzione, dissolutezza, ateismo, alcool ecc.) che hanno cambiato la loro vita grazie ai catecumeni, ma questo risanamento morale non basta; la piena conversione non è quella di aderire ad un gruppo o a un movimento, come se la comunità neocatecumenale si identificasse con la Chiesa stessa, bensì di abbracciare la fede cattolica in piena sintonia con l’insegnamento e le norme disciplinari della Chiesa.
Se oggi le comunità parrocchiali sono in crisi, non sono certo i catecumeni a rinvigorirle perché nulla vogliono spartire costoro con la vita della parrocchia, a meno che non siano i parrocchiani a passare dalla loro parte, a farsi uno di loro condividendo “in toto” questo loro stile singolare e appartato da tutto.
Alle volte la croce di non vedere i frutti del proprio apostolato unita ad una fervente preghiera è l’unico mezzo che il Signore chiede ai parroci per una futura, reale fecondità e santità in tutta la Chiesa, la quale non è nata da chitarre o da rituali roboanti, ma proprio dal silenzio della croce.
Patrizia Stella
Queste cose sono tutte personalmente comprovate e sarei felice di essere smentita!
Pontifex.Roma invita gli altri lettori ad intervenire mediante lettere o mail. Il dibattito è aperto!
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