26 luglio 2012
Mi chiamano snob perché cerco, compro, indosso e promuovo polo no logo. Mi chiamino piuttosto cristiano. Se Pio IX (attraverso Donoso Cortés) individuò l’origine di ogni errore politico contemporaneo in un’antica eresia, io dietro ogni orrore vestimentario intravedo un errore teologico. Dietro le polo munite di cavalli e coccodrilli, beatamente indossate da milioni di pecore senza pastore, non c’è soltanto l’ignoranza di quel tot di versetti vetero e neotestamentari che vietano segni quali i tatuaggi in nome del corpo inteso come tempio dello Spirito Santo. C’è lo spreco del regalo fatto da Cristo all’umanità immeritevole: la singolarità, l’unicità della persona. Portare marchi visibili è desingolarizzarsi, serializzarsi, scambiare la gratuitamente concessa immagine e somiglianza di Dio con la costosa immagine e somiglianza dell’idolo. Un affare più cattivo non mi viene in mente.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
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