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lunedì 8 ottobre 2012

OR è già alla frutta della nuova evangelizzazione

Da blasfemi a evangelizzatori, i Beatles cinquant’anni dopo
The Beatles
THE BEATLES

L'elogio dell'"Osservatore Romano" per la storica band inglese che non fu molta apprezzata dagli ambienti vaticani negli anni del massimo splendore

GI. GAL.CITTÀ DEL VATICANO
A cinquant’anni di distanza, i Beatles restano il simbolo di un periodo di grandi cambiamenti e di ribellione verso tutto ciò che era potere costituito, chiese comprese. Nel libro "Il Vangelo secondo i Beatles" (Claudiana) appena pubblicato dal pastore metodista Peter Ciaccio si cerca di ricostruire il dialogo interrotto mezzo secolo fa tra fede cristiana e cultura pop. Un viaggio in 112 pagine da Mosè ai giorni nostri passando per Liverpool. A mezzo secolo dall’uscita di "Love me do", primo 45 giri dello storico quartetto di Liverpool, i Beatles continuano a essere il simbolo di quel periodo di ribellione verso tutto ciò che era potere costituito, chiese incluse, che furono, e restano, gli anni Sessanta.; A partire dalla trasformazione, tramite veri e propri riti collettivi, di quattro ragazzi qualsiasi in idoli, Peter Ciaccio, autore del Vangelo secondo Harry Potter, propone una rilettura degli aspetti "religiosi" del fenomeno Beatles.
Con la lente dei dieci comandamenti, il pastore Ciaccio va in cerca dei punti di consonanza e dissonanza tra la vita e le opere dei Beatles e il nucleo fondante del messaggio cristiano, trovandoli in primis in quell’ideale di nuova umanità fondata sull'amore e in quel "vangelo" laico, illuminista e umanista che volevano migliorare almeno un po' la "sad song" di un mondo ingiusto e violento. Dunque i Beatles, spartiacque tra un mondo che non c’è più e il mondo di oggi. Nel libro viene approfondita la ribellione di un’intera generazione di giovani contro società e chiesa attraverso un’analisi dell’impatto dei Beatles sulla società da un punto di vista cristiano.
  
Peter Ciaccio, pastore metodista, si è laureato alla Facoltà valdese di Teologia di Roma con una tesi sui modelli pastorali nel cinema di Ingmar Bergman. Si occupa del rapporto tra fede cristiana e cinema, con incursioni nella letteratura. Il 4 marzo 1966 i Beatles dichiarano di essere più famosi di Gesù Cristo. Una delle più famose e scandalose frasi che la storia musicale ricordi. Durante un’intervista John Lennon pronuncia un’infelice clamorosa: "Non so cosa scomparirà prima, se il rock ‘n’ roll o il Cristianesimo…ma ora siamo più famosi di Gesù". Immediatamente si scatenò l’inferno. Frase che probabilmente era stata mal costruita e, dunque, mal interpretata. Dopo poco, Lennon ritirò tutto e si scusò.

Le reazioni dei fans furo ugualmente furibonde, in milioni distrussero i dischi dei loro beniamini diventati blasfemi soprattutto in un’America allora molto più puritana di oggi che reagì molto male a quella bravata degli "scarafaggi". E il Vaticano solo a distanza di parecchi anni ha perdonato i ragazzi di Liverpool per quella spavalderia con articoli di elogio sull'Osservatore Romano A quarant'anni dallo scioglimento dei quattro di Liverpool è ancora beatlemania, anche perché scarseggia la musica di qualità, l'Osservatore romano in due servizi dedicati lo scorso novembre allo storico quartetto pop inglese.
  
Quello dei Beatles, raccontato da due nuovi dvd celebrativi pubblicati dalla Universal, afferma l'Osservatore romano, è ''un mondo distante, un mondo in bianco e nero, fatto di gonne lunghe, di improbabili acconciature semipiramidali e di occhiali con montature troppo invadenti. Fatto di denti non perfettamente allineati e di mamme che guardano con viva preoccupazione le loro figliole vittime della prima isteria di massa della cultura pop, mentre oggi le parti sarebbero probabilmente rovesciate''. ''Di questo panorama - rileva ancora l'Osservatore romano - i quattro Beatles sono parte integrante, con l'eleganza minimalista dei vestiti di scena e con quella compostezza rock divenuta un po' il marchio di fabbrica del loro primo periodo, quando ancora si esibivano in pubblico''. Si tratta di ''una compostezza distante anni luce dai contorcimenti di certe presunte star. Anche perché i Beatles erano davvero bravi e non avevano bisogno di dimenarsi molto''. Il giornale della Santa Sede sottolinea come i Beatles fossero ''virtuosi con gli strumenti, il giovanissimo George Harrison in particolare, ma soprattutto con le voci: mai una stecca, una nota fuori posto negli impasti canori. Proprio la loro bravura e la loro eleganza motivano la pubblicazione dei due dvd in un momento in cui le qualità sopra elencate sono davvero merce rara''.E' dunque ''la fame del pubblico, quanto mai desideroso di ascoltare gente che sappia suonare e cantare conservando un'apparenza normale, a spiegare perché escono ancora dischi e video dei Beatles e perché l'industria discografica continua a scommettere sulle vecchie glorie''.''Su artisti - prosegue l'Osservatore romano - che se avessero intrapreso un'altra carriera starebbero tranquillamente godendosi i frutti della meritata pensione. Invece, visto il vuoto che si creerebbe se smettessero, sono costretti a continuare a suonare: uno dei dischi più acclamati degli ultimi tempi è di Carlos Santana che con la sua chitarra ricicla alcuni classici rock, in prevalenza degli anni Sessanta e Settanta. Santana è nato nella prima metà del secolo scorso, per la precisione nel 1947. Anche lui, come i Beatles, viene da un mondo lontano. Da un mondo in bianco e nero''.

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