Dopo il pronunciamento del vescovo di Colonia Meisner
la decisione dell'episcopato
La conferenza episcopale tedesca ha decretato che le cliniche cattoliche possano somministrare la pillola del giorno dopo nei casi di donne che abbiano subito violenza sessuale, se il farmaco evita la fecondazione e non provoca l'aborto.
La «via cattolica» alla pillola del giorno dopo
Secondo il cardinale di Colonia Meisner nuove acquisizioni scientifiche permettebbero
di scindere la funzione di evitare la fecondazione da quella di impedire l'annidamento nell'utero
Dopo le polemiche per il caso della ragazza vittima di uno stupro alla quale due ospedali cattolici di Colonia si erano rifiutati di somministrare la pillola del giorno dopo, le parole del cardinale Joachim Meisner, arcivescovo della città, che ha aperto alla possibilità di fornire la pillola, sono state accolte con soddisfazione dagli operatori sanitari della Germania.
Il delegato dell'associazione degli ospedali cattolici Thomas Vortkamp, intervistato da www.domradio.de, ha detto che la dichiarazione del porporato «contiene molti chiarimenti su come gli ospedali cattolici debbano comportarsi in futuro nei
confronti delle vittime di violenza.
Per noi è importante che i collaboratori negli ospedali abbiano chiarezza: che siano tenuti a prestare aiuto alle donne in difficoltà, dall'accoglienza fino all'aiuto ulteriore». Vortkamp ha anche spiegato che «molte incertezze sono eliminate» e che sotto il nome di pillole del giorno dopo si trovano molti preparati con diversi principi attivi: «In passato la pillola del giorno dopo è sempre stata vista come una pillola abortiva e condannata solo da questo punto do vista. Siamo sempre contrari alla pillola abortiva. Ma nei casi di donne violentate, è utile il chiarimento per poter dare loro una pillola del giorno dopo come prevenzione. Se la donna, con la pillola del giorno dopo viene aiutata nel senso della prevenzione, bene. Ma se per esempio è già avvenuto un annidamento, bisogna discutere come si può procedere oltre. E se la donna decide per l'aborto, allora bisogna spiegare che deve essere effettuato in un altro ospedale».
Dalle parole del delegato dell'associazione degli ospedali cattolici si deduce comunque che la pillola del giorno dopo non è considerata abortiva perché non agisce dopo che l'annidamento è avvenuto, ma prima, impedendo la fecondazione oppure l'annidamento dell'ovocita fecondato. Ma il cardinale, a dire il vero, aveva fatto a questo proposito una distinzione ulteriore e molto precisa spiegando che se la pillola «viene impiegata con l'intenzione di impedire la fecondazione, allora dal mio punto di vista è sostenibile».
Aveva però subito dopo specificato che il suo uso «non è accettabile» quando è utilizzata per impedire che un ovulo già fecondato si annidi nell'utero. Meisner, il cardinale tedesco più vicino a Benedetto XVI, del quale è amico personale da lunga data, ha quindi citato nuove evidenze medico-scientifiche sulla possibilità di scindere i due effetti.
Nel 2005 sull'uso di questa preparato si era espressa la Pontificia accademia per la vita. Nella dichiarazione si leggeva: «La pillola del giorno dopo è un preparato a base di ormoni che, assunta entro e non oltre le 72 ore dopo un rapporto sessuale presumibilmente fecondante, esplica un meccanismo prevalentemente di tipo "antinidatorio", cioè impedisce che l'eventuale ovulo fecondato (che è un embrione umano), ormai giunto nel suo sviluppo allo stadio di blastocisti (5°-6° giorno dalla fecondazione), si impianti nella parete uterina, mediante un meccanismo di alterazione della parete stessa. Il risultato finale sarà quindi l' espulsione e la perdita di questo embrione. Soltanto qualora l'assunzione di tale pillola dovesse precedere di qualche giorno l' evento dell'ovulazione, essa potrebbe talvolta agire con un meccanismo di blocco di quest' ultima (in questo caso, si tratterebbe di un' azione tipicamente "contraccettiva")».
«Risulta chiaramente - continuava il documento - che l'acclarata azione "antinidatoria" della pillola del giorno dopo, in realtà, nient'altro è se non un aborto realizzato con mezzi chimici. Non è coerente intellettualmente, né giustificabile scientificamente, affermare che non si tratti della stessa cosa. Del resto, appare abbastanza chiaro che l'intenzione di chi chiede o propone l'uso di detta pillola è finalizzata direttamente all'interruzione di una eventuale gravidanza in atto, esattamente come nel caso dell'aborto. La gravidanza, infatti, comincia dalla fecondazione e non già dall'impianto della blastocisti nella parete uterina, come invece si tenta di suggerire implicitamente».
Va ricordato che solitamente nelle legislazioni statali e nei protocolli sanitari l'effetto di impedire l'annidamento dell'ovulo fecondato non viene considerato abortivo, in quanto in molti casi questo mancato annidamento si verifica naturalmente, mentre viene definito aborto la distruzione di un ovulo già annidato nell'utero (effetto che non si ottiene con la pillola del giorno dopo, ma con la pillola RU486). Per la Chiesa invece anche l'azione di evitare l'annidamento si configura come abortiva.
A suo tempo, l’apertura di un dibattito interno alla Chiesa cattolica sull’uso della pillola anticoncezionale avvenne proprio in relazione ad alcuni casi di stupro. Si trattava di alcune suore, ed era il 1961, quando venne presa in considerazione la possibilità di somministrarla preventivamente alle religiose in Congo, per prevenire gli effetti dei frequenti stupri da parte degli indigeni. Si parlò allora di «pillola congolese». Negli anni successivi, il teologo Pietro Palazzini, poi cardinale, diede un parere favorevole all’uso del contraccettivo in questa circostanza. Nel 1996 era stato il teologo spagnolo Gonzalo Miranda (oggi decano della facoltà di bioetica del Pontificio ateneo Regina Apostolorum) a proporre la pillola per le donne affette da gravi handicap mentali: era fresco di cronaca il caso della donna americana in coma irreversibile che aveva partorito un figlio dopo la violenza subita da un infermiere.
Padre Miranda, riferendosi anche alle suore che avevano subito violenza in Bosnia, osservava: «Qualora vi sia un rischio grave e imminente di violenza è lecito somministrare la pillola alle donne con handicap mentali, così come è lecito che la prendano le suore che si trovano in zone a rischio». In tutti questi casi, però, si trattava della pillola contraccettiva, da usare come prevenzione per donne che rischiavano di essere stuprate.
ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
3 febbraio 2013
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