Bagnasco pronto a lasciare la guida dei vescovi italiani
Ma su incarico di Francesco gestirà la fase di trasformazione della Cei
GIACOMO GALEAZZI ANDREA TORNIELLIROMA
Il cardinale Angelo Bagnasco e i vicepresidenti della Cei sono disponibili a lasciare il loro incarico. Ma l'attuale presidente, il cui secondo mandato scade nel 2016, rimarrà al suo posto per gestire la fase della revisione dello statuto della Conferenza episcopale, che con l'ok formale del dicastero vaticano per i vescovi potrebbe portare all'elezione presidente, fino ad oggi invece designato direttamente dal Papa. Poi la parola passerà ai vescovi italiani, che voteranno il loro leader, come avviene nel resto del mondo.
Congelato, ma solo per il momento, anche il cambio del segretario della Cei, dopo che monsignor Mariano Crociata, il cui mandato scade fra un mese, ha rifiutato il trasferimento all'Ordinariato militare. Una scelta accolta con stupore in Vaticano. Francesco ha dunque affidato a Bagnasco il compito di traghettare la Cei nella transizione: un processo che potrebbe durare al massimo un anno, per arrivare all'eventuale elezione del nuovo presidente entro la fine del 2014.
Il Papa, come emerge anche dal comunicato diffuso al termine del consiglio permanente della Cei, ha chiesto ai vescovi di valorizzare le conferenze episcopali regionali e di rafforzare la collegialità. Attraverso un questionario, i vescovi si esprimeranno sulle possibili modifiche dello statuto e saranno loro dunque a decidere se cambiare o meno la modalità di designazione del presidente. Francesco chiede anche alla Chiesa italiana una «conversione pastorale», strutture più semplici e snelle, pastori più vicini alla gente.
Le riflessioni del Papa riformatore hanno fatto da sfondo in settimana lavori del «parlamentino» della Cei riunito a Roma da lunedì a mercoledì scorso. Bagnasco amministrerà dunque la trasformazione che deve porre fine a una storica anomalia e consentire ai vescovi - se lo vorranno - di eleggersi il presidente e il segretario generale.
Attualmente quello dei vescovi italiani è l’unico caso al mondo in cui i primi due scranni di una conferenza episcopale sono decisi direttamente dal Pontefice. L'indicazione di Francesco prevede un crescente coinvolgimento degli episcopati nazionali nel governo della Chiesa universale e una maggiore collegialità nelle decisioni. Nel caso prevalga l'opzione di eleggere il presidente, i vescovi potrebbero votare il successore di Bagnasco (o nel caso confermare lo stesso Bagnasco) prima del convegno ecclesiale di Firenze del 2015.
Un altro dei cantieri aperti su cui lavorano la Cei e la Santa Sede è la riduzione del numero delle diocesi nel nostro Paese, per tradizione storica molto numerose.
Lo scorso maggio Bergoglio aveva partecipato in Vaticano all’assemblea dei vescovi italiani e aveva esposto linee-guida che scaturiscono dalla lunga esperienza in quegli organismi di rappresentanza dell’episcopato sudamericano.
Per quanto riguarda il dialogo con la politica nel nostro Paese spetta ai vescovi italiani. Il Papa ha così corretto la rotta a suo tempo indicata dal cardinale Tarcisio Bertone, che sei anni fa in una lettera a Bagnasco spiegò che dei rapporti con la politica italiana si occupava direttamente la Segreteria di Stato vaticana. Bergoglio, inoltre, ha chiesto di rafforzare il ruolo delle conferenze episcopali regionali e di ridurre "il numero delle diocesi tanto pesanti”, in quanto “siamo legati alle persone e alle comunità che ci sono state affidate, non siamo espressione di una struttura o di una necessità organizzativa". Attualmente le diocesi italiane sono 226.
L’ipotesi di rendere elettiva la guida della Cei era già stata presa in considerazione, e poi accantonata, durante il pontificato di Wojtyla. Bergoglio in Argentina era stato eletto presidente della conferenza episcopale. Il suo predecessore, il cardinale Antonio Quarracino, la aveva individuato come possibile sostituto perché tra gli ausiliari di Buenos Aires era il più amato dai preti. Il suo maestro tra i gesuiti, padre Juan Carlos Scannone lo ricorda all’Osservatore Romano come «uomo di orchestra». Dunque, aggiunge, «non gli tremeranno i polsi nel fare riforme all’interno della Chiesa», però «non lo farà di colpo, in fondo ha una discendenza italiana, viene da piemontesi, per cui farà tutto molto diplomaticamente, saprà fare le riforme senza traumi, senza urti».
Cancellare il «diritto di investitura» del vertice Cei è perciò coerente col «Bergoglio style». Nell’ambito di una maggiore collegialità, Francesco ha chiesto di equiparare l’episcopato italiano al resto del pianeta. Il Papa è primate d’Italia e vescovo di Roma e per questo finora il mandato quinquennale alla guida della Conferenza episcopale italiana non è stato elettivo ma di nomina pontificia. In genere (ma non esistono obblighi ufficiali) la designazione era preceduta da passaggi informali come le consultazioni all’interno della sedici conferenze regionali, ma l’indicazione restava a totale discrezione del Pontefice.
Un’anomalia appunto rispetto a tutte le altre conferenze nazionali del pianeta, dove i vescovi eleggono i loro rappresentanti che non necessariamente sono già cardinali o accedono alla porpora, come dimostrano, per esempio, l’attuale presidenza di Zollitsch in Germania o in passato quella di Gregory negli Usa.
In due soli casi i vescovi non votano il loro leader e cioè in Belgio (in quanto «ex officio» è presidente l’arcivescovo di Bruxelles) e tra i presuli latini dei paesi arabi dove il ruolo spetta sempre al patriarca latino di Gerusalemme in carica. Però anche in queste due uniche eccezioni, l’episcopato elegge comunque il «numero due», mentre in Italia pure il segretario generale è scelto dal Papa. Nel piano generale di riordino delle conferenze episcopali, Francesco (ed è il mandato attribuito a Bagnasco) intende mutare lo scenario attribuendo ai vescovi italiani la facoltà di indicare i loro vertici.
In due soli casi i vescovi non votano il loro leader e cioè in Belgio (in quanto «ex officio» è presidente l’arcivescovo di Bruxelles) e tra i presuli latini dei paesi arabi dove il ruolo spetta sempre al patriarca latino di Gerusalemme in carica. Però anche in queste due uniche eccezioni, l’episcopato elegge comunque il «numero due», mentre in Italia pure il segretario generale è scelto dal Papa. Nel piano generale di riordino delle conferenze episcopali, Francesco (ed è il mandato attribuito a Bagnasco) intende mutare lo scenario attribuendo ai vescovi italiani la facoltà di indicare i loro vertici.
«Sono necessarie variazioni di norme e procedure, però non esistono insormontabili impedimenti canonici», sottolineavano da tempo in Curia. Le conferenze episcopali non hanno base teologica, come è invece per i singoli vescovi, ma solo una base pratica, concreta. Finora gli episcopati regionali sono rimasti sullo sfondo mentre adesso avranno un ruolo determinante.
http://vaticaninsider.lastampa.it/news/dettaglio-articolo/articolo/chiesa-italia-cei-28201/
Bagnasco non parla di dimissioni
Il leader dei vescovi ha celebrato messa questa mattina ma senza fare nessun accenno alla presidenza Cei
REDAZIONEROMA
Nessun accenno alle notizie su eventuali dimissioni dalla Cei, richieste o presentate, da parte del capo dei vescovi italiani, cardinale Angelo Bagnasco, in occasione di una messa celebrata stamani nel santuario di San Michele a Recco.
Invitato da monsignor Franco Noli, rettore del Santuario per festeggiare la ricorrenza, Bagnasco non ha rilasciato dichiarazioni né ha fatto riferimenti alla situazione durante l' omelia.
Ha invece parlato tra l'altro della fede che «se non può vincere le difficoltà, aiuta a superarle».
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