Si prepara la grande rivoluzione nella Conferenza episcopale italiana. Dopo decenni di discussioni (fu Giovanni Paolo II, agli inizi degli anni Ottanta, a porre la questione), i vertici dell’episcopato del nostro Paese sono destinati a divenire carica elettiva. Niente più nomina papale, dunque, come è capitato fino a oggi. Francesco è dunque determinato a porre fine all’anomalia che distingue la conferenza episcopale italiana da tutte le altre. Saranno i vescovi a scegliersi presidente e segretario, non più il Primate d’Italia. Il procedimento di revisione dello Statuto è appena avviato, e nulla di ufficiale è ancora stato reso noto. Di certo, però, non è sfuggito quanto contenuto nella relazione presentata venerdì scorso da mons. Mariano Crociata, che della Cei è segretario uscente e che era dato come possibile nuovo ordinario militare per l’Italia – secondo voci di corridoio, lo stesso Crociata avrebbe però mostrato di non gradire tale destinazione. La conferenza episcopale italiana è pronta a valutare cambiamenti alla procedura di nomina dei propri vertici per fare proprie le indicazioni papali.
La disponibilità di Bagnasco a fare un passo indietro
Nei giorni scorsi, il cardinale Angelo Bagnasco (dal 2007 successore di Camillo Ruini) ha formalmente offerto al Papa la disponibilità a rimettere il mandato nell’ottica di attuare le modifiche discusse, con ben quattro anni d’anticipo rispetto alla scadenza naturale. Ma Francesco, pur deciso a imprimere un cambio di registro nella conduzione della Cei, avrebbe chiesto all’arcivescovo di Genova di rimanere in sella per sovrintendere all’aggiornamento statutario. Un processo che, secondo quanto riportato oggi dalla Stampa, potrebbe durare al massimo un anno. Entro il 2015, anno dell’apertura del convegno ecclesiale di Firenze, dunque, i vescovi potrebbero essere chiamati per la prima volta a eleggere il proprio capo. Questo, naturalmente, se a prevalere sarà l’opzione elettiva. Perché sarà l’episcopato, tramite questionario, a decidere se cambiare le norme oggi in vigore.
Le richieste del Papa
In ogni caso, Francesco chiede un chiaro cambio di passo. Dopo aver ribadito lo scorso maggio, durante la Professione di fede in San Pietro, che il compito di trattare con i governi locali è delegato alle conferenze locali, il Pontefice auspica che le singole conferenze regionali vengano sempre più coinvolte, all’insegna della collegialità http://www.formiche.net/2013/05/23/papa-francesco-ribalta-bertone-e-rida-potere-politico-alla-cei-di-bagnasco/. Un cambio di passo rispetto alla politica tradizionalmente verticista che ha contraddistinto l’ultimo ventennio. Non a caso, faceva notare qualche vescovo, da anni le prolusioni del cardinale-presidente erano divenute molto “politiche” con forti elementi di quella “ingerenza spirituale” che nell’intervista a Civiltà Cattolica il Papa ha mostrato di non condividere per nulla. Inoltre, e questa è stata una richiesta quasi perentoria, Bergoglio chiede che riguardo la diminuzione delle diocesi italiane si passi dalle parole ai fatti e si inizi quel taglio ritenuto ormai improrogabile e da anni oggetto di discussioni infinite. Troppe diocesi per pochi fedeli, costi troppo alti: le beghe campanilistiche non possono essere più una scusante.
Tutti si devono sintonizzare sulla frequenza impostata dal nuovo Papa, che prima di tutto predica essenzialità.
Tutti si devono sintonizzare sulla frequenza impostata dal nuovo Papa, che prima di tutto predica essenzialità.
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