Benedetto XVI e Francesco a confronto
Bergoglio è visto come picconatore. Ma la differenza con Ratzinger è solo nei modi. La sostanza non cambia.
La francescomania non conosce segnali di arretramento. Tutt'altro. Gli ultimi colpi mediatici sono stati la lettera a Eugenio Scalfari in cui il pontefice ha risposto al fondatore di Repubblica sul rapporto fede e ragione e l'intervista-confessione a Civiltà Cattolica - rivista non a caso gesuita - e al suo direttore Antonio Spadaro.
QUESTIONE DI STILE. A un occhio poco avvezzo al mondo ecclesiale, Bergoglio appare come il rivoluzionario che ogni giorno piccona 2.000 e più anni di storia. Ma non è esattamente così.
I confronti con il suo predecessore, Joseph Ratzinger, si sprecano. Anche se la distanza tra i due, a ben vedere, si riduce a sfumature. Anche se non di poco conto. Una cosa è certa: a essere quasi abissale è la differenza di stile.
QUESTIONE DI STILE. A un occhio poco avvezzo al mondo ecclesiale, Bergoglio appare come il rivoluzionario che ogni giorno piccona 2.000 e più anni di storia. Ma non è esattamente così.
I confronti con il suo predecessore, Joseph Ratzinger, si sprecano. Anche se la distanza tra i due, a ben vedere, si riduce a sfumature. Anche se non di poco conto. Una cosa è certa: a essere quasi abissale è la differenza di stile.
1. Il teologo vs il pastore
Ratzinger era praticamente a digiuno di vita pastorale essendo stato alla guida della diocesi di Monaco di Baviera solo per pochissimi anni. Al contrario Bergoglio non solo è stato alla guida di quella di Buenos Aires per anni, ma ha sempre condotto una vita a contatto con i fedeli. Più strette di mano, insomma, e meno tempo speso sui libri.
2. La regalità vs la semplicità
Non solo. Se Ratzinger da pontefice (non da uomo, si intende) ha scelto uno stile liturgico che tendeva a sottolineare la regalità del successore di Pietro (anche attraverso il recupero di paramenti e vesti), Bergoglio privilegia l'assoluta semplicità.
3. Status quo vs novità
Sulla scelta dei collaboratori Francesco ha per ora puntato su scelte personali, uscendo dalle cerchie tradizionali di contatti. Ratzinger, invece, essendo uomo di Curia - pur rifiutandone i cabotaggi - quando venne eletto papa, nel turnover dei posti chiave non andò oltre la sua stretta cerchia di allievi. Alcune scelte si rivelarono azzeccate - come la nomina del canadese Ouellet alla guida della Congregazione per i vescovi - altre tragiche come quella di Tarcisio Bertone a segretario di Stato.
In altre parole Benedetto XVI pur avendo ben chiara la situazione in cui la Curia romana era sprofondata, non ha avuto la forza di rimuovere individualmente le mele marce ma ha preferito compiere il gesto rivoluzionario di lasciare la guida della Chiesa per permettere il ricambio necessario.
In altre parole Benedetto XVI pur avendo ben chiara la situazione in cui la Curia romana era sprofondata, non ha avuto la forza di rimuovere individualmente le mele marce ma ha preferito compiere il gesto rivoluzionario di lasciare la guida della Chiesa per permettere il ricambio necessario.
4. Accademico vs social
Ratzinger, probabilmente a causa della sua formazione di teologo, non ha mai avuto ben chiara la potenzialità dei mezzi di comunicazione sociale e le novità a essi legate. Basti pensare a Twitter: l'account del pontefice con Benedetto XVI diventò oggetto di scherno, con Bergoglio si è trasformato in uno strumento potentissimo per diffondere nel mondo il messaggio stop alla guerra.
Il motivo è semplice e sta tutto nel carattere e nella formazione personale. Mentre i discorsi di Ratzinger erano centellinati e di taglio alto, le parole di Bergoglio sono dirette, semplici, spartane, eterodosse.
Invitare i sacerdoti ad avere l'odore delle loro pecore, arringare i vescovi a non essere dei professionisti degli aeroporti sono frasi di immediata comprensione. Restano impresse. Ecco perché Twitter con i suoi 140 caratteri si adatta a Bergoglio.
IL CONFRONTO CON GIOVANNI PAOLO II. La spontaneità dei gesti di Francesco, le foto scattate con i telefonini dei ragazzi, la Renault 4 bianca lo portano ad assomigliare a Giovanni Paolo II, l'«atleta di dio» che conquistò il mondo anche come sciatore e nuotatore.
Francesco che dialoga in maniera diretta con i giovani e che chiede da loro il tu chiamandoli anche al telefono non è infatti così diverso dal Wojtyla che in occasione del suo primo viaggio negli Stati Uniti improvvisò un dialogo a suon di muggiti da stadio con i ragazzi che siedevano al Madison Square Garden. E la Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro non è stata forse la continuazione di quelle inventate da Giovanni Paolo II?
E Come il papa polacco Bergoglio - a differenza di Ratzinger - è sceso in prima linea con tutta la Chiesa per scongiurare un conflitto in Siria. Di contro, la diplomazia pontificia di Benedetto XVI non ha raggiunto vette di eccellenza.
Il motivo è semplice e sta tutto nel carattere e nella formazione personale. Mentre i discorsi di Ratzinger erano centellinati e di taglio alto, le parole di Bergoglio sono dirette, semplici, spartane, eterodosse.
Invitare i sacerdoti ad avere l'odore delle loro pecore, arringare i vescovi a non essere dei professionisti degli aeroporti sono frasi di immediata comprensione. Restano impresse. Ecco perché Twitter con i suoi 140 caratteri si adatta a Bergoglio.
IL CONFRONTO CON GIOVANNI PAOLO II. La spontaneità dei gesti di Francesco, le foto scattate con i telefonini dei ragazzi, la Renault 4 bianca lo portano ad assomigliare a Giovanni Paolo II, l'«atleta di dio» che conquistò il mondo anche come sciatore e nuotatore.
Francesco che dialoga in maniera diretta con i giovani e che chiede da loro il tu chiamandoli anche al telefono non è infatti così diverso dal Wojtyla che in occasione del suo primo viaggio negli Stati Uniti improvvisò un dialogo a suon di muggiti da stadio con i ragazzi che siedevano al Madison Square Garden. E la Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro non è stata forse la continuazione di quelle inventate da Giovanni Paolo II?
E Come il papa polacco Bergoglio - a differenza di Ratzinger - è sceso in prima linea con tutta la Chiesa per scongiurare un conflitto in Siria. Di contro, la diplomazia pontificia di Benedetto XVI non ha raggiunto vette di eccellenza.
5. Confronto vs incontro
Con il mondo laico certo è cambiato l'approccio della Santa Sede: diventa necessità e richiesta di confronto alla pari. Quel famoso duetto spesso richiamato dal cardinale Ravasi con il suo Cortile dei Gentili. Anche Ratzinger da prefetto per la dottrina della fede ha avuto importanti confronti con esponenti laici come Jurgen Habermas e Paolo Flores D'Arcais. Ma lo spirito di apertura di Francesco, in questo caso, è stato davvero rivoluzionario. Peraltro senza cambiare di una virgola i capisaldi della dottrina cattolica.
Sugli aspetti etici la linea non cambia
Le sferzate di Francesco alla Curia, poi (basta vedere la condanna dell'operato di Monsignor Scarano) sono certo una novità e non hanno bisogno di interpretazioni.
Ma sugli aspetti etici Bergoglio non ha cambiato la linea dei suoi predecessori. La sua celebre frase «chi sono io per giudicare un gay?» non è la premessa per l'apertura a unioni tra omosessuali benedette dalla Chiesa. Chi lo pensa sbaglia di grosso.
NO AI FACILI MORALISMI. Sul concetto di matrimonio Francesco è stato ben chiaro nel messaggio inviato in occasione dell'apertura delle settimane sociali di Torino. E ha ribadito il suo pensiero nell'intervista a Civiltà Cattolica. Parlare dei temi sensibili solo quando occorre, abbandonare il semplice richiamo moralistico, puntando alla misericordia che vuol dire apertura e comprensione. Così è l'atteggiamento verso i divorziati o verso una mamma pentita che ha abortito. Perché affliggerli con un semplice richiamo a norme e precetti?
Nulla di nuovo rispetto al Bergoglio vescovo di Buenos Aires. È questo l'atteggiamento che si spera di trovare da un padre pronto ad ascoltare la confessione. Un richiamo a quella celebre parabola del fariseo e del pubblicano: meglio essere un osservante che si loda o un peccatore che si pente e che domanda di essere solo compreso e amato? La risposta di Bergoglio è facile da indovinare.
Ma sugli aspetti etici Bergoglio non ha cambiato la linea dei suoi predecessori. La sua celebre frase «chi sono io per giudicare un gay?» non è la premessa per l'apertura a unioni tra omosessuali benedette dalla Chiesa. Chi lo pensa sbaglia di grosso.
NO AI FACILI MORALISMI. Sul concetto di matrimonio Francesco è stato ben chiaro nel messaggio inviato in occasione dell'apertura delle settimane sociali di Torino. E ha ribadito il suo pensiero nell'intervista a Civiltà Cattolica. Parlare dei temi sensibili solo quando occorre, abbandonare il semplice richiamo moralistico, puntando alla misericordia che vuol dire apertura e comprensione. Così è l'atteggiamento verso i divorziati o verso una mamma pentita che ha abortito. Perché affliggerli con un semplice richiamo a norme e precetti?
Nulla di nuovo rispetto al Bergoglio vescovo di Buenos Aires. È questo l'atteggiamento che si spera di trovare da un padre pronto ad ascoltare la confessione. Un richiamo a quella celebre parabola del fariseo e del pubblicano: meglio essere un osservante che si loda o un peccatore che si pente e che domanda di essere solo compreso e amato? La risposta di Bergoglio è facile da indovinare.
di Edoardo Caprino
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