E’ molto più di un’enciclica, l’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” – la prima di Francesco – resa nota oggi dalla Santa Sede. Basta sfogliarla rapidamente per riconoscere che la mano, stavolta, è proprio quella di Bergoglio. Un testo denso, molto lungo e potente. Soprattutto, si tratta di un programma di governo.
Non è un giudizio campato per aria, ma è quanto il Papa scrive introducendo l’esortazione: “Ciò che intendo qui esprimere ha un significato programmatico e delle conseguenze importanti“. L’invito è quello di una “conversione pastorale e missionaria che non può lasciare le cose come stanno”. Obiettivo: porre la chiesa “in uno stato permanente di missione“. Nei 288 paragrafi di cui si compone il documento, si trova un compendio di questi primi mesi di pontificato. Povertà, missione, periferia, conversione. Nulla è tralasciato. Ma oltre a questo, c’è molto di più.
LA RIFORMA DELLE STRUTTURE ECCLESIALI
Innanzitutto, la riforma delle strutture ecclesiali. “Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione”. La riforma delle strutture – scrive Francesco – “si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tute le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di uscita”.
LA CONVERSIONE DEL PAPATO
Fondamentale – sarà uno dei temi con ogni probabilità più discussi – è poi “la conversione del papato”. Chiarissimo, Francesco, su questo punto: “A me spetta, come vescovo di Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati ad un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione”. Le conferenze episcopali, aggiunge il Pontefice, “Possono apportare un molteplice e fecondo contributo, acciocché il senso di collegialità si realizzi concretamente”. Poco, nota il Papa, è stato fatto su questo terreno. “Avverto la necessità di procedere in una salutare decentralizzazione“, si legge ancora.
MATRIMONIO E PASTORALE SACRAMENTALE
Altro punto che non mancherà di far discutere è quello relativo alla pastorale sacramentale. “Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. Questo – scrive il Papa – vale soprattutto quando si tratta di quel sacramento che è la porta, il Battesimo. L’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli”. E ancora, “se la chiesa intera assume questo dinamismo missionario deve arrivare a tutti, senza eccezioni”. A essere privilegiati, però, dovranno essere “i poveri e gli infermi”. Il matrimonio, comunque è considerato “contributo indispensabile alla società” e “l’individualismo postmoderno e globalizzato favorisce uno stile di vita che snatura i vincoli familiari”.
“VOGLIO UNA CHIESA ACCIDENTATA, FERITA E SPORCA”
Sull’idea di chiesa che ha in mente, Bergoglio riprende quanto già detto in omelie e discorsi di questi mesi: “Preferisco una chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti”.
CONTRO “IL GRIGIO PRAGMATISMO DELLA CHIESA”
Parla di “più grande minaccia”, il Papa, a proposito del “grigio pragmatismo della vita quotidiana della chiesa, nel quale tutto apparentemente procede nella normalità mentre in realtà la fede si va logorando”. Non bisogna “lasciarsi prendere da unpessimismo sterile“. Obiettivo: realizzare la “rivoluzione della tenerezza”.
CONTRO LA MONDANITA’ SPIRITUALE
Tema che ritorna anche nell’Esortazione apostolica è quello della mondanità spirituale, che “consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale”. Una mondanità che può alimentarsi in due modi connessi tra loro: “Uno è il fascino dello gnosticismo, una fede rinchiusa nel soggettivismo, dove interessa unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma dove il soggetto rimane chiuso nell’immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti”. L’altro, scrive Bergoglio, “è il neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico di coloro che in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli a un certo stile cattolico proprio del passato”.
IL RUOLO DI LAICI E DONNE
Necessario è poi “far crescere la responsabilità dei laici, tenuti al margine delle decisioni da un eccessivo clericalismo. Torna poi sul ruolo delle donne nella chiesa, per le quali “c’è bisogno di allargare gli spazi”, in particolare “nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti. Le rivendicazioni dei legittimi diritti delle donne non si possono superficialmente eludere”. Un “maggiore protagonismo” è poi richiesto ai giovani.
IMPARARE DAI “FRATELLI ORTODOSSI”
Il Papa si sofferma molto sull’importanza dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso: “Nel dialogo con i fratelli ortodossi – scrive – noi cattolici abbiamo la possibilità di imparare qualcosa di più sul significato della collegialità episcopale e sulla loro esperienza di sinodali. Riguardo l’Islam, “per sostenere con esso il dialogo è indispensabile la formazione adeguata degli interlocutori, non solo perché siano solidamente e gioiosamente radicati nella loro identità, ma perché siano capaci di riconoscere i valori degli altri, di comprendere le preoccupazioni soggiacenti alle loro richieste e di fare emergere le convinzioni comuni”.
http://www.formiche.net/2013/11/26/enciclica-papa-francesco-2/
L'esortazione apostolica del Papa
"Non si possono lasciare le cose come stanno". Così Francesco vuole cambiare la chiesa
Riforma delle strutture e del papato, attacco alla mondanità spirituale e al relativismo, scelta missionaria e inculturazione gesuita. Donne prete? Neanche a parlarne
Cinque capitoli, 288 paragrafi, più di centotrenta pagine. La prima esortazione apostolica di Papa Francesco, "Evangelii Gaudium" (qui il testo completo), consegnata simbolicamente domenica in occasione della chiusura dell'Anno della fede, è un testo programmatico. A dirlo è lo stesso Francesco, nelle prime righe del testo: "Ciò che intendo qui esprimere ha un significato programmatico e delle conseguenze importanti". L'auspicio, aggiunge il Pontefice, è "che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una semplice amministrazione. Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno stato permanente di missione".
La linea guida dell'Esortazione è, ancora una volta, il Documento conclusivo della V Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano di Aparecida (maggio 2007). E' in quel testo che affondano le radici molti dei concetti e temi che Francesco riprende, ampliandoli. "Sogno una scelta missionaria", scrive il Papa, "capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l'evangelizzazione del mondo attuale, più che per l'autopreservazione".
Tutto deve cambiare: "la riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso, fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e parta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di uscita". Grande attenzione alle conferenze episcopali, da rafforzare affinché "il senso di collegialità si possa realizzare concretamente". Per fare questo, però, "è necessaria una salutare decentralizzazione". Ampio lo spazio dedicato a una delle questioni che non mancheranno di sollevare il dibattito, quello relativo alla pastorale sacramentale: "Le porte dei Sacramenti non si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. L'eucaristia non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli". Sul matrimonio, però, non c'è spazio per i dubbi: "E' un contributo indispensabile alla società" e "l'individualismo postmoderno e globalizzato favorisce uno stile di vita che snatura i vincoli familiari". Un pensiero va alla famiglia, che oggi “attraversa una crisi culturale profonda”.
Indispensabile è poi "la conversione del papato" affinché sia "più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli alle necessità attuali dell'evangelizzazione". A tal proposito, scrive Francesco che l'auspicio di Giovanni Paolo II per trovare "una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova" non si è "pienamente realizzato".
Si dilunga molto, Bergoglio, sulla lotta alla “mondanità spirituale”, che “consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana”. Cita i Farisei, e dice che “questa mondanità” può alimentarsi in due modi: “il fascino dello gnosticismo, una fede racchiusa nel soggettivismo, dove interessa unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare”, e il “neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico di coloro che in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli a un certo stile cattolico proprio del passato”.
Tra le “altre sfide ecclesiali”, Francesco parla dei laici, che sono “semplicemente l’immensa maggioranza del popolo di Dio”. Chiede, il Papa, che abbiano sempre più responsabilità all’interno della chiesa, mentre oggi “sono tenuti al margine delle decisioni da un eccessivo clericalismo”. Circa il ruolo della donna, “il suo apporto nella società è indispensabile”, e “le rivendicazioni dei legittimi diritti delle donne pongono alla chiesa domande profonde che la sfidano e che non si possono superficialmente eludere”. A scanso di equivoci, Francesco scrive che “il sacerdozio riservato agli uomini è una questione che non si pone in discussione”.
Tutto deve cambiare: "la riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso, fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e parta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di uscita". Grande attenzione alle conferenze episcopali, da rafforzare affinché "il senso di collegialità si possa realizzare concretamente". Per fare questo, però, "è necessaria una salutare decentralizzazione". Ampio lo spazio dedicato a una delle questioni che non mancheranno di sollevare il dibattito, quello relativo alla pastorale sacramentale: "Le porte dei Sacramenti non si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. L'eucaristia non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli". Sul matrimonio, però, non c'è spazio per i dubbi: "E' un contributo indispensabile alla società" e "l'individualismo postmoderno e globalizzato favorisce uno stile di vita che snatura i vincoli familiari". Un pensiero va alla famiglia, che oggi “attraversa una crisi culturale profonda”.
Indispensabile è poi "la conversione del papato" affinché sia "più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli alle necessità attuali dell'evangelizzazione". A tal proposito, scrive Francesco che l'auspicio di Giovanni Paolo II per trovare "una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova" non si è "pienamente realizzato".
Si dilunga molto, Bergoglio, sulla lotta alla “mondanità spirituale”, che “consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana”. Cita i Farisei, e dice che “questa mondanità” può alimentarsi in due modi: “il fascino dello gnosticismo, una fede racchiusa nel soggettivismo, dove interessa unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare”, e il “neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico di coloro che in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli a un certo stile cattolico proprio del passato”.
Tra le “altre sfide ecclesiali”, Francesco parla dei laici, che sono “semplicemente l’immensa maggioranza del popolo di Dio”. Chiede, il Papa, che abbiano sempre più responsabilità all’interno della chiesa, mentre oggi “sono tenuti al margine delle decisioni da un eccessivo clericalismo”. Circa il ruolo della donna, “il suo apporto nella società è indispensabile”, e “le rivendicazioni dei legittimi diritti delle donne pongono alla chiesa domande profonde che la sfidano e che non si possono superficialmente eludere”. A scanso di equivoci, Francesco scrive che “il sacerdozio riservato agli uomini è una questione che non si pone in discussione”.
Molto interessante è il capitolo dedicato all’inculturazione: “Non possiamo pretendere che tutti i popoli, nell’esprimere la fede cristiana, imitino le modalità adottate dai popoli europei in un determinato momento della storia”. Il volto della chiesa, aggiunge il Papa, è “pluriforme”.
Dopo aver fornito le linee-guida per le omelie (devono essere brevi ed “evitare che sembrino una conferenza o una lezione”), ricorda che il “Pastore ha il diritto di emettere opinioni su tutto ciò che riguarda la vita delle persone”. Nessuno, aggiunge il Pontefice argentino, “può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza nella vita sociale”.
Dopo aver fornito le linee-guida per le omelie (devono essere brevi ed “evitare che sembrino una conferenza o una lezione”), ricorda che il “Pastore ha il diritto di emettere opinioni su tutto ciò che riguarda la vita delle persone”. Nessuno, aggiunge il Pontefice argentino, “può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza nella vita sociale”.
Riguardo i rapporti con l'Islam, il Papa sottolinea quanto sia "indispensabile la formazione adeguata degli interlocutori". Francesco implora "umilmente" i Paesi islamici "affinché assicurino libertà ai cristiani", che possano così "celebrare il loro culto e vivere la loro fede, tenendo conto della libertà di cui i credenti dell'Islam godono nei paesi occidentali!".
Prima di riflettere sull’evangelizzazione “con Spirito”, nell’ultimo capitolo, il Papa si sofferma sui frutti dell’ecumenismo, “via imprescindibile dell’evangelizzazione”. Dai “fratelli ortodossi, noi cattolici abbiamo la possibilità di imparare qualcosa di più sul significato della collegialità episcopale e sulla loro esperienza della sinodalità”. Quanto al dialogo e all’alleanza tra credenti e non credenti, Francesco loda il Cortile dei Gentili, "dove credenti e non credenti possono dialogare sui temi fondamentali dell’etica, dell’arte e della scienza, e sulla ricerca della trascendenza”.
Prima di riflettere sull’evangelizzazione “con Spirito”, nell’ultimo capitolo, il Papa si sofferma sui frutti dell’ecumenismo, “via imprescindibile dell’evangelizzazione”. Dai “fratelli ortodossi, noi cattolici abbiamo la possibilità di imparare qualcosa di più sul significato della collegialità episcopale e sulla loro esperienza della sinodalità”. Quanto al dialogo e all’alleanza tra credenti e non credenti, Francesco loda il Cortile dei Gentili, "dove credenti e non credenti possono dialogare sui temi fondamentali dell’etica, dell’arte e della scienza, e sulla ricerca della trascendenza”.
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