I VERI PELAGIANI? CHI CI ACCUSA DI "NEOPELAGIANESIMO"
Ormai
è un mantra: i cattolici fedeli alla Tradizione sono neopelagiani,
c’è poco da fare. Dobbiamo farcene una ragione. Da quando Papa
Francesco usò questo termine qualche tempo fa, non ricordo neanche
in quale occasione di preciso, tutti i cattolici progressisti e
innovatori lo hanno adottato per etichettarci.
Cattolici fedeli
alla Tradizione, dicevamo. Una specificazione triste, non
necessaria, a dire il vero, perché non esistono cattolici fedeli
alla Tradizione e cattolici traditori della Tradizione. Esistono i
cattolici, e basta. La Tradizione o la si accetta o non si è
cattolici.
"Vogliamo
pure che i nostri si guardino da quegli appellativi, di cui si è
cominciato a fare uso recentemente per distinguere cattolici da
cattolici; e procurino di evitarli non solo come « profane novità
di parole », che non corrispondono né alla verità, né alla
giustizia, ma anche perché ne nascono fra i cattolici grave
agitazione e grande confusione. Il cattolicesimo, in ciò che gli è
essenziale, non può ammettere né il più né il meno: «Questa è
la fede cattolica; chi non la crede fedelmente e fermamente non potrà
essere salvo»; o si professa intero, o non si professa
assolutamente. Non vi è dunque necessità di aggiungere epiteti alla
professione del cattolicesimo; a ciascuno basti dire così:
«Cristiano è il mio nome, e cattolico il mio cognome»; soltanto,
si studi di essere veramente tale, quale si denomina." (BENEDETTO
XV, enciclica Ad Beatissimi Apostolorum)
Dall’esortazione
apostolica di Papa Francesco, Evangelii Gaudium, nel
paragrafo intitolato No alla mondanità spirituale, n.
94: “Questa mondanità può alimentarsi specialmente in due
modi profondamente connessi tra loro. Uno è il fascino dello
gnosticismo, una fede rinchiusa nel soggettivismo, dove interessa
unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e
conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma dove il
soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza della sua
propria ragione o dei suoi sentimenti. L’altro è il
neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico di coloro che in
definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si
sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o
perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico
proprio del passato. È una presunta sicurezza dottrinale o
disciplinare che dà luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario,
dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli
altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le
energie nel controllare. In entrambi i casi, né Gesù Cristo né gli
altri interessano veramente. Sono manifestazioni di un immanentismo
antropocentrico. Non è possibile immaginare che da queste forme
riduttive di cristianesimo possa scaturire un autentico dinamismo
evangelizzatore”.
Ma
poi, ci chiediamo, coloro che ci accusano di neopelagianesimo, sanno
almeno che cosa significa?
Pelagio
infatti sosteneva che la libertà umana sarebbe di per sè in grado
di realizzare la salvezza attraverso un'autonoma decisione di
accogliere o non accogliere la grazia e attraverso la capacità di
compiere opere buone. Ebbene, coloro che ci dicono
"neopelagiani", non sono forse proprio loro a sostenere che
l'inferno è vuoto, che tutti possono raggiungere la salvezza,
sia chi accoglie la grazia sia chi non la accoglie, basta essere
solidali, caritatevoli, generosi con tutti? Non sono loro a far
intendere, anche se non espressamente, che "in tutti gli uomini
c'è del buono"? Non sono stati loro ad aver cancellato la
dottrina del peccato originale dai catechismi? Così noi, poveri
neopelagiani, ci troviamo da un lato i pelagiani de facto che
affermano costantemente la salus etiam extra ecclesia in
nome del tanto amato ecumenismo (sincretismo?), che ha per base la
solidarietà umana – al posto della carità cristiana – a cui
tutti possono attingere con le proprie forze, dall’altra parte
abbiamo svariate sette protestanti, persino nella Chiesa (vedi
carismatici e neocatecumenali vari) che sguazzano e se la ridono in
questo periodo di grande crisi, e che al contrario sostengono il
possesso elitario della salvezza (ovviamente il loro).
Vediamo
invece cosa crediamo noi cattolici di sempre, altresì detti
“neopelagiani”. Nel XVII secolo, Cornelius Jansen, più noto come
Giansenio, tentò goffamente e vanamente di conciliare la sola
gratialuterana con il cattolicesimo. Ovviamente fu condannato
come eretico, ma è interessante notare – udite udite! – che fu
lui (forse) il primo a definire i cattolici fedeli alla Tradizione
“neopelagiani”, più precisamente definiva semipelagiani i
grandi gesuiti che, all’epoca, battagliavano contro il morbo
protestante in Europa. La dottrina sulla giustificazione del Concilio
di Trento aveva già, infallibilmente, dato ragione a questi ultimi.
Se
da una parte i giansenisti affermavano che è impossibile salvarsi
con il libero arbitrio, il quale lasciato a sé stesso porta
inevitabilmente al male, e quindi si può essere salvati per sola
gratia e Dio per atto di pura libertà sceglie da sé chi
salvare e chi dannare, dall’altra parte i pelagiani sostenevano che
non c’è più peccato originale, dunque l’uomo, lasciato solo con
il suo libero arbitrio, inevitabilmente compie il bene, anche qualora
non accetti la grazia di Dio (illusione molto presente ancora oggi).
Quei
poveri gesuiti “semipelagiani”, invece, sostenevano che l’uomo
nasce con il peccato originale e che tende per natura al male, ma non
inevitabilmente. Infatti Dio ha donato all’uomo il libero arbitrio,
che gli permette di dominare sulla propria natura corrotta e di
compiere azioni moralmente buone. E’ in questo modo che si
salvarono coloro che mai conobbero Dio, né ai tempi della Vecchia né
ai tempi della Nuova Alleanza, semplicemente seguendo la legge morale
dentro di sé. Per un atto di pura volontà, infatti, costoro
dominarono la propria natura corrotta e, scegliendo il bene, si
aprirono alla Grazia e la Grazia agì in loro. Dio vuole che “tutti
gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità”
(1Timoteo 2,4), per questo ha permesso che il Vangelo si propagasse
dovunque, affinché chi ama la Verità possa conoscerla in Cristo
Signore e la Grazia agisse in loro, attraverso i Sacramenti della Sua
Chiesa. Chi rifiuta Cristo (e la Sua Chiesa) rifiuta la Grazia di
Dio, perché coloro che si salvarono seguendo la legge morale dentro
di sé e che ignoravano Dio, si sarebbero fatti battezzare in acqua
se avessero conosciuto Cristo, fautore della Grazia.
Se
coloro che dicono di fare il bene lo facessero realmente, non
rifiuterebbero Cristo Dio, che è il Bene sommo.
Ma,
in fin dei conti, rimaniamo comunque noi i “neopelagiani”.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.