Nel tardo pomeriggio di martedì 22 aprile padre Federico Lombardi ha incontrato i giornalisti presso la Sala Stampa Estera – La doppia canonizzazione di domenica 27 aprile richiama l’importanza del Vaticano II come tempo fondamentale pure per il cammino della Chiesa dei nostri giorni –Negare la santità di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II? Vorrebbe dire ritenere che sono all’Inferno, cosa veramente molto difficile dopo le indagini accuratissime svolte dalla Chiesa
Quando padre Lombardi viene alla Stampa Estera, è sempre una festa, dato che i giornalisti colà accreditati generalmente non lesinano domande di ogni genere sull’argomento in discussione (vedi articolo “Stampa estera: padre Lombardi su papa Francesco” del 25 aprile 2013 in questo stesso sito, rubrica “papa Francesco”). E il direttore della Sala Stampa vaticana cerca sempre di rispondere con onestà, amabilità, nei limiti di ciò che sa, condendo spesso il tutto con un pizzico di humour che non guasta mai.
Anche stavolta, parlando della prossima canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, ha dato risposte che hanno lumeggiato meglio l’avvenimento. Sostanzialmente quando ha evidenziato come la canonizzazione avvenga “anche perché ci troviamo nel cinquantesimo del Concilio Vaticano II” e dunque ha una ragione precisa l’universalizzazione del culto verso papa Roncalli che il Concilio ha avviato e papa Wojtyla che al Concilio ha partecipato, cercando poi come Papa di ispirarsi ad esso e di applicarlo nella Chiesa. Insomma “bisogna riportare all’ispirazione conciliare la Chiesa che continua il suo cammino”, essendoci “un’intenzione di rilanciare il Concilio come elemento fondamentale della vita della Chiesa”.
Esordendo, padre Lombardi ha evocato le tappe consuete dei processi di canonizzazione: nel nostro caso è vero che – su legittima decisione di papa Francesco, così richiesto dalla Postulazione e dalla diocesi di Bergamo - è stato risparmiato a Giovanni XXIII il secondo miracolo (necessario normalmente per passare dalla beatificazione alla canonizzazione). Ed è anche vero che – su legittima decisione di Benedetto XVI – sono stati risparmiati a Giovanni Paolo II i cinque anni necessari dopo la morte per avviare il processo e inoltre al papa polacco è stata riservata poi una ‘corsia preferenziale’. Però - ha rilevato padre Lombardi – “l’indagine è stata fatta in modo accurato e approfondito: sono solo i tempi che si sono ridotti”. Quando una persona, Papi compresi, viene dichiarata santa, non è che si intenda con questo sostenere che abbia vissuto una vita perfetta: ha sottolineato il portavoce vaticano che tale persona ha vissuto in modo straordinario (cioè molto più dell’ordinario) le virtù cristiane. Ma, ad esempio, in un Pontificato lungo come quello di papa Wojtyla, è evidente che ci potranno essere stati anche momenti su cui la valutazione può essere differenziata. Del resto sulla stessa canonizzazione dei Papi le opinioni sono diverse: c’è chi non le ritiene opportune (“una volta Andreotti mi ha detto la stessa cosa”). Non necessariamente del resto un grande Papa diventa santo per la Chiesa: sono lì a testimoniarlo esempi come quelli di Benedetto XV e Pio XI (“Si vede che quest’ultimo non ha ispirato tante devozioni come Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II”).
Ma – abbiamo chiesto - un cattolico, tale restando, può negare la santità di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II? “Per negare la santità, si dovrebbe ritenere che sono all’Inferno”. E questo sembra veramente difficile, considerate anche le indagini accuratissime della Chiesa. E un cattolico – insistiamo - può essere scettico sulla santità dei due Papi? “La Chiesa ha tanti santi… a qualcuno può piacere particolarmente san Francesco, ad altri no… è la bellezza della varietà delle vie per raggiungere la salvezza…. Ognuno può avere simpatia per un santo in particolare, che offre una sua via, diversa da quella offerta dall’altro… Nessuno obbliga il cattolico a dire che gli devono piacere tutti i santi in maniera indifferenziata… sono tante le vie della salvezza”!
Su Giovanni Paolo II poi, rispondendo a una domanda sulla sua ‘mediatizzazione’, padre Lombardi ha rilevato che un Papa deve comunicare per forza, deve annunciare il Vangelo: “Papa Wojtyla diceva le cose che voleva dire, onestamente, con coraggio, non perché dovesse piacere ai media!”
di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 22 aprile 2014
FRANCESCO 'FARÀ SANTI' DUE PAPI MASSONI
E’ di oggi la notizia che ‘Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII saranno santi. La conferma ufficiale è arrivata venerdì quando Papa Francesco ha firmato il decreto per la canonizzazione dei due Papi. Wojtyla e Roncalli verranno proclamati santi insieme in una cerimonia la cui data sarà annunciata in un prossimo concistoro’ (Fonte: http://www.corriere.it/cronache/13_luglio_05/wojtyla-roncalli-santi-papa-francesco_5c27114e-e562-11e2-8d17-dd9f75fbf0e3.shtml).
E così in un giorno solo, il gesuita Francesco ‘farà santi’ due massoni, già perchè questi due papi erano massoni.
Giovanni Paolo II in queste due foto fa due segni massonici segreti che i massoni riconoscono immediatamente. Nella seconda foto è in una foto ufficiale con l’allora presidente americano Ronald Reagan.
A conferma che Giovanni Paolo II diffuse i principi massonici, c’è il fatto che nel 1996 la Massoneria italiana gli conferì un premio per avere diffuso nel mondo gli ideali massonici. Per cui la Massoneria aveva una grande stima di Giovanni Paolo II. E’ vero che Giovanni Paolo II rifiutò il premio, ma quello che conta è che la Massoneria vide in lui un amico e fratello.
Ecco qua un articolo che conferma ciò:
Ecco qua un articolo che conferma ciò:
Fonte: http://www.traditioninaction.org/ProgressivistDoc/A_072_JPII_Masonry.htm
Si legga pure ‘Papa Giovanni Paolo II: una beatificazione sacrilega?’, scritto dal prete cattolico romano Luigi Villa, che è presente qua.
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Giovanni XXIII (Angelo Roncalli) in queste due foto, anche lui fa dei segni segreti massonici che i massoni riconoscono subito.
E poi il Capo della Gran Logia Occidental Mexicana, il Gran Commendatore del Supremo Consiglio Carlos Vasquez Rangel, affermò nel 1992: «Angelo Roncalli e Giovanni Montini furono iniziati, lo stesso giorno, agli augusti misteri della fratellanza, perciò non è strano che molte cose che sono state realizzate nel Secondo Concilio Vaticano, da Giovanni XXIII, siano basate su princìpi e postulati massonici» (Luigi Villa, Anche Giovanni XXIII beato?, pag. 56; citato in Ferruccio Pinotti, Fratelli d’Italia, pag. 638).
Ma per saperne di più sull’affiliazione massonica di Giovanni XXIII leggi ‘La Massoneria nella Chiesa Cattolica Romana’.
Tratto da: giacintobutindaro.org
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http://imposturecattolicesimo.blogspot.it/2013/09/francesco-fara-santi-due-papi-massoni.html#.U1fl35t7Ko0
CON I SANTINI DI WOJTYLA E RONCALLI, PER BERGOGLIO SARÀ PIÙ FACILE IMPORRE LA SUA RIFORMA
- 04/23/2014
- 5:28 pm
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KAROL WOJTYLA E BERGOGLIORONCALLI E WOJTYLA
Marco Politi per Il Fatto Quotidiano'
Le immaginette nei bar non mentono. Infilate nella cornice dello scaffale delle bottiglie - a parte l'icona del taumaturgo Padre Pio - si vedono sempre le facce di Giovanni XXIII e Karol Wojtyla. Mai quelle di Pio XII o Paolo VI o papa Ratzinger. Non conta l'analisi storica dei singoli personaggi, ognuno di peso. Conta solo la traccia lasciata nell'immaginario collettivo e che dura più a lungo dei pro e dei contro, che si possono trovare nei dossier di ciascuno. Prevale su tutto il racconto - la leggenda si potrebbe dire se fossimo in tempi omerici - che Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno tramandato e che si perpetua ancora oggi nel cuore e nella mente delle masse. Domenica papa Francesco porta sulla gloria degli altari il "Papa Buono" e l'"atleta di Dio" e già questo, più che una canonizzazione, è una grandiosa appropriazione destinata a caratterizzare il pontificato di Bergoglio. La venerazione di massa, che milioni di persone (per motivi differenti) tributano a Roncalli e Wojtyla, finirà per riversarsi nel catino ribollente di piazza San Pietro sul papa argentino, rafforzandone lo slancio riformatore. Francesco, unendo in una sola cerimonia Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, non si è lasciato incastrare in un connubio pasticciato: come accadde a Wojtyla che nel 2000 beatificò il reazionario Pio IX insieme al soave Roncalli.
GIOVANNI PAOLO II WOJTYLA IN MONTAGNALe immaginette nei bar non mentono. Infilate nella cornice dello scaffale delle bottiglie - a parte l'icona del taumaturgo Padre Pio - si vedono sempre le facce di Giovanni XXIII e Karol Wojtyla. Mai quelle di Pio XII o Paolo VI o papa Ratzinger. Non conta l'analisi storica dei singoli personaggi, ognuno di peso. Conta solo la traccia lasciata nell'immaginario collettivo e che dura più a lungo dei pro e dei contro, che si possono trovare nei dossier di ciascuno. Prevale su tutto il racconto - la leggenda si potrebbe dire se fossimo in tempi omerici - che Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno tramandato e che si perpetua ancora oggi nel cuore e nella mente delle masse. Domenica papa Francesco porta sulla gloria degli altari il "Papa Buono" e l'"atleta di Dio" e già questo, più che una canonizzazione, è una grandiosa appropriazione destinata a caratterizzare il pontificato di Bergoglio. La venerazione di massa, che milioni di persone (per motivi differenti) tributano a Roncalli e Wojtyla, finirà per riversarsi nel catino ribollente di piazza San Pietro sul papa argentino, rafforzandone lo slancio riformatore. Francesco, unendo in una sola cerimonia Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, non si è lasciato incastrare in un connubio pasticciato: come accadde a Wojtyla che nel 2000 beatificò il reazionario Pio IX insieme al soave Roncalli.
Francesco, scegliendo di celebrare nella stessa giornata i due predecessori - rinunciando persino a un secondo miracolo per la canonizzazione di Giovanni XXIII - indica all'attenzione dei fedeli e del mondo lo spirito dinamico proprio di entrambi. Perché il papa argentino è convinto che la Chiesa debba muoversi, andare avanti, lasciandosi alle spalle strutture fossilizzate e comportamenti pastorali inquisitori.
Ecco allora che Giovanni XXIII diventa una stella polare per la determinazione dimostrata nel rompere gli schemi ideologici della Chiesa-fortezza, tipici della Guerra fredda. Papa Roncalli è il pontefice che abbandona lo spirito di crociata, che respinge la demonizzazione personale di chi la pensa diversamente (distinguendo tra "errore" ed "errante"), che archivia le scomuniche contro la sinistra, che nella sua enciclica Pacem in terris si rivolge a tutti gli "uomini di buona volontà", che porta la Chiesa cattolica fuori dal gioco ossessivo della contrapposizione tra blocchi militari-politici-economici-culturali . Nell'immaginario popolare Giovanni XXIII è il papa che inventa il "dialogo", l'approccio pastorale di una Chiesa disposta a entrare in comunicazione con l'umanità del suo tempo senza pre-comprensioni manichee. Non si avvertono qui molti punti di contatto con la strategia dialogante di papa Francesco? Con il suo netto rifiuto di trasformare i principi in armi di battaglia contro la società moderna?
HANS HERMANN GROER CON PAPA WOJTYLAEcco allora che Giovanni XXIII diventa una stella polare per la determinazione dimostrata nel rompere gli schemi ideologici della Chiesa-fortezza, tipici della Guerra fredda. Papa Roncalli è il pontefice che abbandona lo spirito di crociata, che respinge la demonizzazione personale di chi la pensa diversamente (distinguendo tra "errore" ed "errante"), che archivia le scomuniche contro la sinistra, che nella sua enciclica Pacem in terris si rivolge a tutti gli "uomini di buona volontà", che porta la Chiesa cattolica fuori dal gioco ossessivo della contrapposizione tra blocchi militari-politici-economici-culturali . Nell'immaginario popolare Giovanni XXIII è il papa che inventa il "dialogo", l'approccio pastorale di una Chiesa disposta a entrare in comunicazione con l'umanità del suo tempo senza pre-comprensioni manichee. Non si avvertono qui molti punti di contatto con la strategia dialogante di papa Francesco? Con il suo netto rifiuto di trasformare i principi in armi di battaglia contro la società moderna?
Certamente non è un caso che durante il conclave del 2005, quando in un paio di votazioni il cardinale di Buenos Aires si profilò come antagonista di Joseph Ratzinger, lo stesso Bergoglio (come ha lasciato trapelare) abbia pensato di scegliere in caso di elezione il nome di "Giovanni XXIV.
Eppure, sul piano dottrinale, Angelo Roncalli era estremamente tradizionalista. Contemporaneamente al Concilio indisse anche un sinodo della Chiesa di Roma, in cui ai preti veniva inculcato di indossare assolutamente la tonaca, di non frequentare spettacoli pubblici e in complesso di comportarsi nel modo più antiquato possibile. Foglie caduche del pontificate roncalliano. Nella storia della Chiesa e in generale del XX secolo Giovanni XXIII rimane per il coraggio della convocazione del concilio Vaticano II. E per la determinazione dimostrata nell'impostarlo sui binari giusti. Perché Roncalli non era affatto il pontefice bonaccione dei racconti popolari. Era pastorale ma anche "politico".
papa roncalliEppure, sul piano dottrinale, Angelo Roncalli era estremamente tradizionalista. Contemporaneamente al Concilio indisse anche un sinodo della Chiesa di Roma, in cui ai preti veniva inculcato di indossare assolutamente la tonaca, di non frequentare spettacoli pubblici e in complesso di comportarsi nel modo più antiquato possibile. Foglie caduche del pontificate roncalliano. Nella storia della Chiesa e in generale del XX secolo Giovanni XXIII rimane per il coraggio della convocazione del concilio Vaticano II. E per la determinazione dimostrata nell'impostarlo sui binari giusti. Perché Roncalli non era affatto il pontefice bonaccione dei racconti popolari. Era pastorale ma anche "politico".
Pensava al Concilio già prima di essere eletto e, quando inaugurò l'evento, decise presto di lasciare piena libertà ai vescovi del mondo di buttare a mare i documenti prefabbricati nella Curia romana e di ridiscutere il programma dei lavori conciliari. E' una lezione di libertà e di apertura valida tuttora e che papa Francesco vuole rilanciare nel suo pontificato. Karol Wojtyla, a prima vista, è molto diverso dal papa argentino. Ma, proclamandolo santo, Francesco vuole portare d'esempio lo spirito movimentista del papa polacco.
L'attenzione ai problemi e alla dignità dell'uomo-lavoratore (parola che può sembrare desueta ma non lo è), l'attenzione ai diritti umani, il dialogo con tutte le religioni convocate ad Assisi nel 1986, il coraggio di pronunciare il grande mea-culpa nel giubileo del 2000 per gli errori e gli orrori commessi dalla Chiesa nei secoli, la volontà di superare antiche barriere, entrando in una sinagoga, in una moschea, in un tempio buddista, e di rivolgersi con rispetto anche ai sacerdoti "pagani" d'Africa.
RONCALLI E WOJTYLA
Con Giovanni Paolo II, battutosi duramente contro l'invasione dell'Irak, Francesco condivide la condanna senza esitazione delle avventure militari camuffate con slogan di vario tipo. Ed a lui lo avvicina anche il giudizio negativo del liberismo selvaggio, che rende schiave masse enormi di uomini e donne.
Sicuramente sono pagine negative del pontificato wojtyliano la persecuzione della teologia della liberazione e dei teologi riformisti postconciliari, la dura intransigenza in materia di etica sessuale, l'aver incoraggiato in Italia il connubio tra vescovi e politica per bloccare la legislazione ammodernatrice del parlamento. E pesa l'opacità di comportamento dei suoi stretti collaboratori nel non aver voluto far luce sull'abominio di abusi come quelli di Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo. Ma un personaggio storico non è un "santino". Francesco domenica rilancerà il lascito di un papa, che ha portato la Chiesa a mondializzarsi e che nella morte ha testimoniato la dignità della sofferenza e il suo significato. Che sia in nome della fede o di un ideale umano è egualmente valido. Conta il superamento dell'egoismo, il darsi agli altri.
KAROL WOJTYLA E BERGOGLIOSicuramente sono pagine negative del pontificato wojtyliano la persecuzione della teologia della liberazione e dei teologi riformisti postconciliari, la dura intransigenza in materia di etica sessuale, l'aver incoraggiato in Italia il connubio tra vescovi e politica per bloccare la legislazione ammodernatrice del parlamento. E pesa l'opacità di comportamento dei suoi stretti collaboratori nel non aver voluto far luce sull'abominio di abusi come quelli di Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo. Ma un personaggio storico non è un "santino". Francesco domenica rilancerà il lascito di un papa, che ha portato la Chiesa a mondializzarsi e che nella morte ha testimoniato la dignità della sofferenza e il suo significato. Che sia in nome della fede o di un ideale umano è egualmente valido. Conta il superamento dell'egoismo, il darsi agli altri.
- http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/articolo-75988.htm
Vaticano
Battute al vetriolo e sbalzi di umore quei piccoli difetti dei due Papi santi. Gli scatti di Wojtyla, l’ironia di Roncalli, i postulatori e le debolezze dietro le quinte
La Repubblica - Spogli
(Marco Ansaldo) Santi sì. Uno sùbito, bruciando le tappe burocratiche, e l’altro senza aver fatto il secondo miracolo necessario dopo la beatificazione. Però santi riconosciuti, senza ombra di dubbio. Ma quanta fatica tenerli a freno in vita, a volte, Angelo Roncalli e Karol Wojtyla. Perché, con tutta la devozione e il rispetto sacro per la loro imminente canonizzazione, i sommi Pontefici di Santa Romana Chiesa, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, erano anche uomini. E, come tutti gli esseri umani, Roncalli e Wojtyla, benché pazienti come Giobbe, erano soggetti a scatti d’umore e preferenze, conoscevano l’ira e l’astuzia, l’ironia e la battuta salace. Avevano, insomma, carattere. E degli umanissimi difetti. Delle impercettibili debolezze. E forse, proprio per questo, erano santi.
Ricordava ieri nella Sala stampa della Santa Sede lo stesso postulatore della causa di Giovanni Paolo II, monsignor Slawomir Oder, che il Grande polacco «aveva difetti come ogni uomo». E allora «non dobbiamo pensare che la santità sia come un pezzo d’oro che nasce fuori da un contesto. Anzi, la santità vera è proprio correggere i propri difetti ». Qualche esempio? «Certamente — prosegue il postulatore, nel cui ufficio vaticano le carte raccolte arrivano letteralmente fino al tetto — Karol Wojtyla era un uomo emotivo, sanguigno, effettivamente reagiva. Mi viene in mente qualche sua risposta più brusca, un episodio a Cracovia quando uno dei suoi sacerdoti gli creò problemi, allora gli disse di lasciargli lì la patente e di andare a casa a piedi, poi si pentì. E in uno dei viaggi da Papa — continua Oder guardando timido padre Federico Lombardi, il portavoce ufficiale che gli sta a fianco, dicendogli «non so se questo lei lo possa dire» — gli proposero di indossare il giubbotto antiproiettile perché ci potevano essere dei pericoli. Ma lui non volle perché aveva, disse, un altro tipo di protezione».
“Peccato”, quest’ultimo, certamente veniale. Ma chi di noi ha dimenticato quel filmato che mostra un Wojtyla già avanti con gli anni, eppure, appena sceso dalla scaletta dell’aereo, durissimo in volto e capace di inanellare una serie di espressioni non propriamente dolci, non si sa all’indirizzo di chi, di fronte a un contrito don Stanislao, il suo segretario personale? Racconta oggi Philip Pullella, corrispondente in Vaticano dell’agenzia di stampa Reuters e veterano dei voli papali che «un giorno Giovanni Paolo II si arrabbiò moltissimo per la domanda rivoltagli in viaggio da un giornalista, al punto che sembrava che l’intero aereo tremasse».Non meno umani i difetti del Grande bergamasco. «Giovanni XXIII — racconta il frate Giovangiuseppe Califano, postulatore della causa di Roncalli — sapeva fare ironia di se stesso. C’è l’aneddoto di un vescovo il quale andò a dirgli che da quando aveva assunto la carica non riusciva più a dormire per i tanti pensieri. «Anche io mi trovavo nella stessa condizione », gli rispose Giovanni XXIII, «quando ero stato eletto Papa avevo tanti pensieri, poi ho sognato l’angelo custode che mi ha detto: “Angelo, non prenderti troppo sul serio”. Da allora ho dormito benissimo».Ironia tagliente, ma paciosa. E fin qui è quello che raccontano i postulatori, piuttosto delicati, com’è ovvio, per il loro ruolo di presentatori della causa di canonizzazione. Ma scrive senza remore lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, nel suo libro appena uscito dall’editore San Paolo “L’uomo dell’incontro. Angelo Roncalli e la politica internazionale”, che uno dei difetti del Papa del Concilio Vaticano II era la buona tavola, e la convivialità. «Era un uomo — dice Riccardi — che amava invitare ospiti a tavola. Nei suoi diari annota continuamente: “Lo trattenni a pranzo”. Ma questo, in fondo, è un tratto anche evangelico, basti ricordare il banchetto del regno di Dio. Roncalli veniva considerato un “semplice”. Valutazione errata. La semplicità roncalliana è piuttosto chiarezza interiore. Il “semplice” Roncalli è un uomo di cultura, uno storico, che penetra in profondità i mondi in cui vive o che incontra».Aggiunge Guido Gusso, aiutante di camera e autista del futuro Giovanni XXIII fin dagli anni in cui fu nominato patriarca di Venezia, che tra le sue battute pronte una un po’ più pungente fu quando era nunzio in Francia. A un ricevimento pubblico gli venne presentato il Rabbino Capo di Parigi, con il quale cominciò a conversare amabilmente. A un certo punto gli ospiti si mossero per andare nel salone. Il Rabbino invitò cortesemente il Nunzio a precederlo, mentre Roncalli senza scomporsi, sbalordì il suo interlocutore dicendo: «Prego, prima l’Antico Testamento... ». Ma diventerà il “Papa buono”. Difficile trovargli difetti più grandi.fonte: spogli
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