- IL PRETE DELL’INCHINO IMPARENTATO COL BOSS: “COL MARESCIALLO NON CI SIAMO CAPITI” – IL PALERMITANO PADRE FRITTITTA, CONFESSORE DEL BOSS AGLIERI: “SOLIDALE COL PARROCO, NON FACCIAMO I MAGISTRATI, LA NOSTRA MISSIONE È SALVARE CHI È PERDUTO”
Il sacerdote di Oppido minimizza e nega ogni connivenza, ma suo cugino ha sposato la figlia del capobastone. Il capo dei vescovi calabresi: “Ora basta con i cortei, c’è sempre il mafioso di turno”. Padre Mario Frittitta, dalla Kalsa di Palermo: “Non facciamo i magistrati, la nostra missione è salvare chi è perduto”...
Grazia Longo per “La Stampa”
In questo cuore della Calabria malata di ’ndrangheta regna incontrastato un silenzio assordante. Anche alle 7 della sera, quando il paese si risveglia dal torpore del solleone. E si popola di fantasmi. Uomini e donne ombre di se stessi per la tenacia con cui negano l’evidente.
A partire da don Benedetto Rustico, 50 anni, che prima guida la processione verso la casa di Peppe Mazzagatti - boss condannato all’ergastolo, ai domiciliari solo per i suoi 82 anni e una grave malattia - e ora dichiara che «a saperlo avrei cambiato percorso» e che comunque «non esistono legami o connivenze tra la chiesa e mafia». Don Benedetto non dice però di essere parente di Peppe Mazzagatti, la cui figlia Francesca ha sposato suo cugino, Carmelo Rustico. Quel Carmelo Rustico coinvolto nella faida tra le cosche di Oppido.
Ed è una. Poi c’è la bacchettata al maresciallo Andrea Marino, evidentemente reo agli occhi del prelato di aver avuto l’ardire di abbandonare la processione e filmare quello che stava succedendo. Videoriprese ora all’attenzione della Dda di Reggio Calabria che ha aperto un’inchiesta sull’omaggio reso al capobastone della ’ndrangheta. «Mi dispiace che non ci siamo capiti bene con il maresciallo dei carabinieri - spiega ora il don Benedetto - D’altronde non abbiamo avuto nessuna intimidazione a non fare questa cosa».
Peccato però che il sottoufficiale avesse convocato prete, comitato organizzatore, e pure gli amministratori locali per suggerire di non commettere sciocchezze. «Ci dissi assai di chiù - racconta in dialetto uno dei 60 portantini della vara, la struttura per sorreggere a spalla la statua - U maresciallu ci dissi ca si nui facivamu favori au boss, abbandonava ’a processioni». E ha mantenuto la parola.
Con una fermezza pari a quella che ieri avuto il presidente dei vescovi calabresi, monsignor Salvatore Nunnari. «Basta con le processioni - ha sentenziato - perché sotto la vara può capitare il mafioso di turno che fa poi il capo. Se io fossi il vescovo di quel paese per un po’ non farei più processioni». E ancora: «Dispiace che i preti non abbiano avuto il coraggio non di andare via ma di scappare dalla processione. Quando i carabinieri hanno lasciato, i preti dovevano scappare dalla processione. Avrebbero dato un segnale e di questi segnali abbiamo bisogno».
Parole come pietre. Ma se queste servono a rinsaldare i valori della comunità cristiana e della legge, sono invece pietre roventi, che bruciano sulla memoria dei morti ammazzati, quelle delle figlie di Peppe Mazzagatti. Giovanna, capelli raccolti in una coda e abito rosso, difende l’onore del padre sopra ogni cosa: «Ma quale ’ndrangheta e ’ndrangheta. Qua non esiste e non è mai esistita. Qua siamo tutta gente onesta. Mio padre, poi, ha lavorato tutta una vita, s’è spaccato la schiena onestamente». L’ergastolo per omicidio e associazione mafiosa? «Tutte bugie, tutte falsità. Come l’inchino della statua della Madonna: non è vero, non è arrivata fino a qua, ma solo all’incrocio. E poi sono trent’anni e più che fa sto’ percorso. Cosa c’entra mio padre?».
Sua sorella Domenica, Mimma, ha per occhi due pozzi neri di odio: «Noi siamo gente di chiesa! Questo pandemonio che avete creato è una vergogna». Poi il doppio affondo. Il primo, a sfondo religioso: «Il Signore grida vendetta!». Il secondo, contro il maresciallo e il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, che ha definito l’oltraggio della processione «una sfida della ’ndrangheta alle parole del Papa». Troppo per Mimma Mazzagatti che tuona: «Ma che vuole stu’ Gratteri? E il maresciallo di che s’impiccia? Io non ce l’ho con i carabinieri, ma con quel maresciallo sì».
Strali infuocati e implicite pressioni. Per non parlare delle morbide posizioni della classe politica. Il neo sindaco di centrodestra Domenico Giannetta: «La processione fa la stessa strada da 30 anni. Ho peccato in leggerezza a non abbandonarla. Aspettiamo esito delle indagini ma siamo già pronti a costituirci parte civile». Molta gente, intanto, reagisce infastidita al can can mediatico: «Mi ha telefonato persino un parente emigrato in Australia» afferma un muratore preoccupato per «la brutta immagine che state dando al nostro paese».
Per trovare un po’ di autocritica bisogna accontentarsi di due adolescenti sedute sui gradini poco dopo il municipio. «I miei genitori la pensano come me - confida la quindicenne - Quell’inchino non andava fatto. La verità è che qui tanti hanno paura». «Mi aspetterei più impegno da parte dei giovani» incalza la diciassettenne. Ma ha l’accento di Milano. E’ a Oppido solo in visita ai nonni paterni.
2. “MA IO LO GIUSTIFICO NON SIAMO POLIZIOTTI SALVIAMO LE ANIME”
Giacomo Galeazzi per “La Stampa”
«Non ci penso neppure a cancellare la processione della Madonna del Carmine. Sono vicino al mio confratello parroco di Oppido Mamertina. Lo capisco benissimo e sono solidale con lui». Padre Mario Frittitta, guida carismatica del Convento dei carmelitani scalzi alla Kalsa di Palermo, ha la sua filosofia che non è stata modificata dall’esperienza dell’arresto e della detenzione all’Ucciardone tre lustri fa per avere detto messa in un covo mafioso e per aver confessato in latitanza Pietro Aglieri, uno dei boss più sanguinari di Cosa Nostra. Dopo una condanna in primo grado, è stato assolto in appello e in Cassazione. E adesso, nel cuore del capoluogo siciliano, riunisce per cerimonie e processioni migliaia di fedeli.
I vescovi vogliono fermare le processioni. Lei come si regolerà?
«Qui è tutto pronto e non cambiamo programma. La festa della Madonna del Carmine la celebriamo mercoledì 16 luglio e domenica 20 facciamo la processione: come sempre parteciperà tutto il quartiere. Il Papa può scomunicare ma se c’è da salvare un’anima e mi vengono a cercare io non mi tiro indietro. La gente mi vuole bene, mi circonda di affetti e non lascia che mi venga neppure un mal di testa».
Avrebbe fatto l’inchino al boss come è accaduto in Calabria?
«Se la guidavo io non si sarebbero mai permessi. Avrei fatto una vucciria, li avrei fatti camminare e, se non avessero obbedito, avrei sciolto subito la processione. Però mai e poi mai bisogna giudicare il parroco che a Oppido Mamertina si è trovato in questa condizione. Prima di parlare si deve sapere cosa significa fare il prete in certe situazioni, si deve conoscere sul posto l’atmosfera che c’è tra i fedeli».
E le infiltrazioni mafiose?
«Io faccio il sacerdote. Non siamo poliziotti né magistrati, le informazioni che abbiamo per valutare la gente sono quelle che vediamo con i nostri occhi alla messa e nella comunità. Vita quotidiana, conoscenza giorno dopo giorno».
Basta frequentare la parrocchia?
«Quali altri strumenti ho per tenere lontane le persone che possono creare problemi? Ci basiamo sulla fede, sulla partecipazione alla vita religiosa. Per la processione chiediamo tutti i permessi alla Curia e alla polizia. E’ una manifestazione di devozione popolare, non un appuntamento civile. Qui da noi le messe sono sempre affollatissime. La devozione è grandissima».
Si è pentito di aver frequentato il capoclan Aglieri?
«Rifarei tutto. Lo insegna Gesù: “Sono venuto per i malati, non per i sani”. La mia missione è salvare chi è perduto. Aglieri era perduto e si doveva salvare. Ho seguito il Vangelo, sono andato in cerca della pecorella smarrita. Aglieri e i suoi amici avevano centinaia di libri, da Teresa d’Avila a San Giovanni della Croce, pregavano tutti i giorni, facevano il digiuno due volte alla settimana. E’ da poco venuto a trovarmi uno dei ragazzi coinvolti in quella vicenda giudiziaria. E’ uscito dal carcere e mi ha portato il diploma che ha preso a pieni voti in scienze religiose. Si è risolto tutto per il bene della Chiesa e del Signore anche se il cardinale che c’era prima a Palermo non comprese la situazione. Anche nei momenti più difficili mi sono sempre rimasti accanto i fratelli carmelitani».
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