Chi fa la guerra al Papa? Breve cronistoria di un tentatativo di mescolare le carte e la dottrina
- 09/19/2014
- 11:00 am
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La strategia è chiara: far passare quanti difendono la dottrina tradizionale della Chiesa in fatto di famiglia e matrimonio – vescovi, cardinali, teologi - come “nemici del Papa”, che tramano nell’ombra con strategie senza precedenti, come addirittura un libro in cui riaffermano la validità della visione della Chiesa contro i tentativi di trasformarla in qualcosa di simile a una denominazione protestante. Loschi figuri che vogliono discutere pubblicamente di cose di cui si dovrebbe parlare soltanto durante il Sinodo, e che impongono una discussione soltanto sulla comunione ai divorziati risposati quando il Sinodo dovrebbe occuparsi di tante altre sfide che riguardano la famiglia. Ieri avevamo già commentato l’editoriale sul Corriere della Sera di Alberto Melloni, (clicca qui) ma il Corriere insiste, stavolta con Massimo Franco, che cerca di ricostruire ancora più precisamente questo clima da congiura di palazzo contro lo spirito innovatore di papa Francesco. E a dare man forte ci pensa anche La Stampa, che addebita ai cardinali “conservatori” un clima da guerra da cui ovviamente il cardinale Walter Kasper rifugge, lui – si confessa a Vatican Insider – ha posto solo delle questioni, peraltro «in accordo con il Papa»: nessuna volontà di cambiare la dottrina, ci mancherebbe, ma solo domande su come aiutare persone e coppie nei casi complessi...
DOPO IL LIBRO DEI CINQUE PORPORATI UN ALTRO SCRITTO CONTESTA LE TESI DI KASPER
Il cardinale scelto da Francesco frena:«I divorziati? Questione minore»
Pell, capo delle finanze vaticane: «La Chiesa non capitoli. Dare una scialuppa ai naufraghi del divorzio. Ma per dirigerli verso gli scogli o verso un porto sicuro?»
Il cardinale prefetto australiano George Pell (Ansa)
«Secondo alcuni il compito primario della Chiesa è fornire una scialuppa di salvataggio ai naufraghi del divorzio... Ma dove devono dirigersi queste scialuppe di salvataggio? Verso gli scogli, verso le paludi o verso un porto sicuro, che si può raggiungere soltanto con difficoltà?».
Zattere sì, ma che assicurino la salvezza. Dopo i cardinali Gerhard Ludwig Müller, Raymond Leo Burke, Walter Brandmüller, Carlo Caffarra, Velasio De Paolis e Angelo Scola, anche Pell si schiera contro quelle soluzioni pragmatiche e misericordiose («zattere» appunto), secondo la prassi della chiesa ortodossa, che un altro cardinale, Walter Kasper, vorrebbe che fossero lanciate verso i cattolici divorziati risposati al prossimo Sinodo di ottobre sulla famiglia.
Stiamo parlando di George Pell, cioè un componente del cosiddetto C9, il Consiglio dei cardinali scelti da Francesco per aiutarlo nel governo della Chiesa, e prefetto della segreteria per l’Economia, cioè il nuovo «zar» delle finanze vaticane (dove ha messo sottosopra lo Ior). Quindi si tratta di un uomo di fiducia del Pontefice e non di un esponente della vecchia guardia della Curia.Zattere sì, ma che assicurino la salvezza. Dopo i cardinali Gerhard Ludwig Müller, Raymond Leo Burke, Walter Brandmüller, Carlo Caffarra, Velasio De Paolis e Angelo Scola, anche Pell si schiera contro quelle soluzioni pragmatiche e misericordiose («zattere» appunto), secondo la prassi della chiesa ortodossa, che un altro cardinale, Walter Kasper, vorrebbe che fossero lanciate verso i cattolici divorziati risposati al prossimo Sinodo di ottobre sulla famiglia.
Anche questa volta la posizione dell’ex arcivescovo di Sydney è affidata a un testo, la prefazione di un libro di due studiosi (Juan José Pérez-Soba e Stephan M. Kampowski, Il vangelo della famiglia nel dibattito sinodale, edito Cantagalli) che già nel sottotitolo si pone «oltre la proposta del Cardinal Kasper». Secondo Pell, «la tradizione cristiana e cattolica del matrimonio monogamico indissolubile» va difesa con un dibattito rigoroso ed informato, innanzitutto circoscrivendo il fenomeno alla sua reale portata». Per il porporato australiano, la questione dei divorziati risposati è infatti del tutto «secondaria», non fosse altro per l’esiguità del numero delle persone coinvolte («purtroppo il numero dei cattolici divorziati e risposati che ritengono di dover essere ammessi alla Comunione è molto ridotto»). Essa quindi finisce per impegnare un dibattito interno alla Chiesa convogliandovi energie che forse potrebbero essere meglio impiegate. Afferma infatti Pell, con il suo stile diretto e per niente felpato e curiale: «Le comunità sane non investono gran parte delle loro energie in questioni secondarie».
Allora perché tutto questo dibattito? Secondo il porporato australiano la questione è ormai diventata «un simbolo», «una posta in palio nello scontro fra ciò che resta del cristianesimo in Europa e un neopaganesimo aggressivo». E aggiunge: «Tutti gli avversari del cristianesimo vorrebbero che la Chiesa capitolasse su questo punto». Poi arriva al punto centrale: «...è fuor di dubbio che la crisi del matrimonio rispecchi la crisi della fede e della pratica religiosa», ma - si chiede Pell - « quale è la gallina e qual è l’uovo?». Mentre «la misericordia è diversa da gran parte delle forme di tolleranza», che pure «è uno degli aspetti più encomiabili delle nostre società pluralistiche». «Una barriera insormontabile, per chi invoca una nuova disciplina dottrinale e pastorale per l’accesso alla Santa Comunione» è, inoltre, una tradizione ininterrotta: cioè «la quasi completa unanimità su questo punto di cui la storia cattolica dà prova da duemila anni». Una tale «severità» - afferma infine il cardinale - «era la norma» anche nei primi secoli del Cristianesimo, cioè «in un’epoca in cui la Chiesa accresceva il numero dei suoi seguaci malgrado le persecuzioni». Come dimostra uno studio per la prima volta tradotto in italiano del gesuita Henri Crouzel (Divorziati «risposati», la prassi della Chiesa primitiva ).
Pell si lancia infine in un parallelismo tra calo delle nascite e decremento della fede. «Oltre all’intuizione, ormai confermata, che una fede infiacchita significhi meno figli, penso sia altamente probabile che la decisione di non avere figli, o di averne pochissimi, produca essa stessa un grave indebolimento della fede. L’un fenomeno influisce sull’altro». Da uomo pratico, il porporato teme in ogni caso che tutto questo dibattito possa portare a una «delusione ostile» dell’opinione pubblica. In «modo pacato e calmo», bisogna subito «parlar chiaro», evitando che si ripeta quanto avvenne con l’enciclica Humanae vitae quando ci si renderà conto che «un cambiamento sostanziale della dottrina e della pastorale è impossibile».
M.Antonietta Calabrò
http://www.corriere.it/cronache/14_settembre_19/cardinale-scelto-francesco-frena-divorziati-questione-minore-2dcac874-3fc3-11e4-a191-c743378ace99_print.html
SI-NODO DA SCIOGLIERE – VATICANO COME IL PD: IL BERGOGLIANO KASPER CONTRO LA MINORANZA REAZIONARIA: “VOGLIONO UNA GUERRA TEOLOGICA. LA DOTTRINA DELLA CHIESA È APERTA. IL BERSAGLIO DELLE POLEMICHE E’ IL PAPA”
Sulla comunione ai divorziati il fronte dei contrari all’interno del collegio cardinalizio è ampio. Ma l’idea di una Chiesa che non vuole, a gestire i sacramenti, dei ministri sentinelle ha preso sempre più piede - Ma il fronte più agguerrito in antitesi a Kasper è quello nordamericano, guidato dal cardinale arcivescovo di New York Timothy Dolan…
Paolo Rodari per “la Repubblica”
E alla fine è sceso in campo il Papa. Che ha chiesto ai cardinali e ai vescovi di non sprecare energie «per contrapporsi e scontrarsi» ma di impiegarle piuttosto «per costruire e amare». Senza cedere, per di più, alla tentazione di circondarsi di «corti, cordate o cori di consenso». Un’uscita pronunciata ieri durante l’udienza ai vescovi nominati nell’ultimo anno e che l’Osservatore Romano ha giudicato «opportuna in vista del Sinodo».
Ancora ieri, infatti, il clima fra cardinali era rovente. Alla pubblicazione del libro “Permanere nella verità di Cristo” dei cardinali Gerhard Ludwig Müller (prefetto dell’ex Sant’Uffizio), Walter Brandmüller (presidente emerito del dicastero di Scienze storiche), Raymond Leo Burke (prefetto della Segnatura apostolica) Velasio De Paolis (presidente emerito della Prefettura degli affari economici) e Carlo Caffarra (arcivescovo di Bologna), contro le aperture del cardinale Walter Kasper circa la possibilità di concedere, dopo un periodo di penitenza, la comunione ai divorziati risposati, ha risposto duramente lo stesso Kasper.
Al quotidiano Il Mattino il porporato tedesco ha detto: «Se i cardinali che sono i più vicini collaboratori del Papa intervengono in questo modo siamo di fronte a una situazione inedita». E ancora: «Alcuni al prossimo Sinodo vogliono una guerra teologica. La dottrina della Chiesa è aperta, loro vogliono una verità cristallizzata. Il bersaglio delle polemiche non sono io ma il Papa».
Sulla comunione ai divorziati il fronte dei contrari all’interno del collegio cardinalizio è ampio. Ma l’idea di una Chiesa che non vuole, a gestire i sacramenti, dei ministri sentinelle di un castello inaccessibile ha preso sempre più piede. Merito di Francesco, che per la prima volta ha convocato un Sinodo a due riprese, una prima sessione dal 5 ottobre prossimo, un’altra nel 2015. In mezzo, la novità del testo finale della prima sessione che, secondo quanto apprende Repubblica, sarà rimandato alle Chiese locali per un’ulteriore consultazione.
Sul fronte conservatore non sono soltanto i cinque cardinali del libro a dirsi scettici. Sull’ultimo numero della rivista americana “Communio”, oltre a un intervento del cardinale Marc Ouellet e del cardinale Angelo Scola il quale, ribadendo il «no a seconde nozze», spiega però che è necessaria «una zattera per salvarsi», anche interventi di studiosi quali José Granados, Antonio López, Adrian J. Walker.
Questi ultimi collaborano spesso con l’Istituto Giovanni Paolo II sulla famiglia, un’istituzione che difende la dottrina di sempre sul matrimonio e che, sorprendentemente, non ha avuto alcun membro invitato al prossimo Sinodo. Per “Communio”, quella dei sacramenti ai divorziati risposati è prassi condannata dalla Scrittura.
Dice, tuttavia, a Repubblica monsignor Vincenzo Paglia, ministro vaticano della famiglia: «Se è vero che il Sinodo non cambierà la dottrina, è altrettanto evidente che il suo scopo non è quello di ribadire pedissequamente le regole di sempre. C’è bisogno di trovare soluzioni pastorali nuove che aiutino tutte le famiglie a partire da quelle comunque in difficoltà.
Già domenica scorsa, celebrando venti matrimoni di coppie con percorsi eterogenei, il Papa ha fatto comprendere che non è il tempo delle porte chiuse per nessuno. Certo nulla non si risolve con la casistica. Ma lo stesso Papa sa bene che le sfide pastorali non vanno eluse». E così, ieri, anche il cardinale Gianfranco Ravasi: «Ciò che accade al Sinodo sulla famiglia non è una cosa per il gusto di inseguire i tempi. Dell’indissolubilità del matrimonio ne discuteva già la Chiesa delle origini».
In curia romana si è pronunciato anche il cardinale australiano George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia, per ribadire che «la dottrina e la pratica pastorale non possono essere in contraddizione». Dice: «Non si può mantenere l’indissolubilità del matrimonio consentendo ai risposati di ricevere la comunione ». Ma il fronte più agguerrito in antitesi a Kasper è quello nordamericano.
Recentemente è stato il cardinale arcivescovo di New York Timothy Dolan a parlare: «La gente — ha detto — non dovrebbe attendersi alcun cambiamento circa la questione della comunione dei divorziati risposati. Non vedo come potrebbe esserci un cambiamento senza andare contro l’insegnamento della Chiesa».
Insieme a Dolan anche il cardinale Sean O’Malley di Boston che al “Boston Globe” ha ricordato come da Francesco non bisogna aspettarsi i sacramenti ai divorziati risposati o svolte importanti in materia di contraccezione, gay e aborto. Come lui, il cardinale e arcivescovo dell’Ontario, Thomas Collins: la «chiave di tutto — ha detto — non sta nell’aver commesso un peccato. Ma, in caso di divorzio e di seconde nozze, il problema sta nella decisione consapevole di persistere in una situazione duratura di lontananza dal mandato di Gesù».
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