… siamo giunti là dove i rivoluzionari modernisti volevano portarci. E non si può neanche dire che si tratti di una sorpresa. Basta pensare ai pareri entusiasti di autorevoli esponenti protestanti che accompagnarono la riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II. .
Martedì 3 marzo 2015
E’ pervenuta in Redazione:
Carissimo fratello in Gesù Cristo Signore nostro,
scrivo un breve messaggio per sottolineare un’usanza che sta prendendo sempre più piede, almeno nella zona diocesana di Monza. Mi riferisco alla “visita” di alcuni laici della parrocchia alle famiglie che viene fatta nel periodo che precede la Santa Pasqua. Ma come? La benedizione pasquale non è sempre stata una bella e sentita tradizione che permetteva, almeno una volta all’anno, alle famiglie di ricevere una Santa Benedizione dalle mani del sacerdote in preparazione alla Risurrezione del Signore? Adesso succede che alcune famiglie “privilegiate” riceveranno la visita del parroco, e altre quella di membri laici che non possono effettuare alcuna benedizione. Personalmente io preferisco ricevere il ministro di Cristo nella mia casa, quantomeno perché viene con la precisa funzione benedicente. Ma i sacerdoti credono ancora all’infinito dono che il Signore ha conferito loro con la Santa Ordinazione? Sono consapevoli che questa è una bella occasione per entrare in contatto con il “gregge” del popolo di Dio che è stato a loro affidato e per portare loro il “profumo” di Cristo? Mah. Tutta questa rivoluzione mi lascia sempre più perplesso. Prego per la Santa Madre Chiesa e per i suoi ministri.
Pace e Bene.
Graziano Aiazzi
.
Caro Aiazzi, si aggiorni. Siamo nei misericordiosi e gaudiosi tempi di papa Bergoglio e lei aspetta ancora il pastore che visita il suo gregge per portare il “profumo” di Cristo? Dovrebbe sapere che adesso, secondo il magistero-sempre-infallibile dell’attuale Pontefice, il pastore deve avere lo stesso odore delle pecore. Cristo non è più di moda nella Chiesa che Lui stesso ha fondato. Pare che i suoi stessi ministri lo trovino imbarazzante e, non a caso, si affrettano a toglierne le immagini e i riferimenti quando incontrano esponenti di religioni che un tempo venivano giustamente considerate false e oggi, invece, sono descritte come nuovi Eden colmi di frutti spirituali. Quindi va bene così: a casa sua, per i saluti e gli auguri di Pasqua, e non più per la benedizione, ci verrà una pecorella, che non deve neanche fare lo sforzo di odorare come lei. Magari, se vuole ricambiare la cortesia, il prossimo anno può andare lei a casa sua. Sarebbe davvero un bel gesto, pregno di senso della comunità e persino di sensibilità ecumenica, se si pensa che probabilmente la fede non è proprio la stessa.
E non creda, caro Aiazzi, di lanciare con la sua denuncia un grido di allarme che possa arrivare in chissà quale sacra stanza di chissà quale sacro palazzo. Non si inquieta nessuno perché questo è proprio il risultato a cui mirano i pastori che ci troviamo tra capo e collo da qualche decennio: rendere la Chiesa cattolica sempre più simile a quella protestante per poi trasformarla in un grande supermarket delle fedi all’insegna dello slogan preferito da papa Francesco: “La grazia dell’interreligiosità”. Per lei è una sciagura, ma per chi guida questa gioiosa macchina di misericordia è un trionfo.
Vedrà che tra non molto, con la scusa del calo di vocazioni, il laico che le ha portato gli auguri di Pasqua se lo troverà anche la domenica in chiesa a sbrigare la liturgia della Parola in sostituzione della Messa. E, magari, dovrà pure discutere con qualche dabben fedele il quale sosterrà che è sempre meglio questo che niente, meglio protestanti o chissà cos’altro che non andare in chiesa. È la solita deriva del “male minore” che, in mano a cattolici ipocredenti, finisce sempre per trasformarsi in “male maggiore”.
Del resto il disegno era proprio questo ed è stato efficacemente realizzato attraverso l’atto più devastante che gli uomini potessero concepire: lo stravolgimento della liturgia, il sovvertimento della legge secondo cui Dio chiede agli uomini di essere adorato. Come accade per tutte le rivoluzioni, l’assalto del palazzo reale non è l’ultimo atto, ma il vero e proprio inizio che mette a frutto il lavorio preparatorio imponendo il nuovo credo anche all’ultimo dei sudditi. Così, una volta rivoluzionata la Messa da intellettuali che ne hanno inventata un’altra a tavolino, e quindi mutata la lex orandi, in brevissimo tempo è mutata anche la lex credendi. Il popolo cattolico, neanche troppo lentamente, si è trasformato in un’informe moltitudine protestante per diventare poi qualcosa di ancora meno definito.
Da qui, caro Aiazzi, dalla rivoluzione della Messa, scendono tutte quelle pratiche che tanto turbano coloro che sono rimasti cattolici nonostante tutto. L’esempio che lei cita è solo uno tra molti. Ma non si tratta tanto di prodromi di un disastro, quanto delle conseguenze. Non si tratta di aperture che, lentamente, porteranno per gradi al crollo dell’edificio, ma delle conseguenze del crollo già avvenuto. I rivoluzionari non sono partiti dal poco per arrivare al molto, ma sono partiti dal molto per raggiungere efficacemente anche il poco. Una volta stravolta la Messa, non è possibile fare di più: ci si deve solo applicare all’attuazione della rivoluzione in ogni settore della vita associata e privata. E a questo ci pensano i commissari del popolo di Dio, che magari vestono gli abiti miti del laico incaricato di portare un po’ di atmosfera pasquale nelle case in cui non può, ma spesso non vuole, passare il sacerdote. Però il fatto di presentarsi sotto miti spoglie non li rende meno pericolosi. Anche questi sono agenti della decattolicizzazione al pari degli altri, anche se qualcuno, forse, non è del tutto consapevole.
Dunque, siamo giunti là dove i rivoluzionari modernisti volevano portarci. E, caro Aiazzi, non si può neanche dire che si tratti di una sorpresa. Basta pensare ai pareri entusiasti di autorevoli esponenti protestanti che accompagnarono la riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II.
Il pastore luterano Tomas Reed sostenne che “con il ripristino delle preghiere dei fedeli, la nuova Messa si avvicina alla liturgia luterana di cui esse fanno parte, mostrando l’esercizio della funzione sacerdotale di tutta l’assemblea dei fedeli”. Max Thurian, protestante di Taizè, disse che: “Uno dei frutti del Novus Ordo sarà forse che le comunità non cattoliche potranno celebrare la santa cena con le stesse preghiere della Chiesa cattolica”. Il professor Siegovalt, docente di dogmatica presso la facoltà protestante di Strasburgo, spiegò che “Ora, nella Messa riformata, non c’è nulla che possa veramente turbare i cristiani evangelici” perché “le nuove preghiere eucaristiche cattoliche hanno abbandonato la falsa prospettiva di un sacrificio offerto a Dio”.
Del resto, risulterebbe strano il contrario se si pensa che, in qualità di “osservatori”, parteciparono ai lavori della Commissione per la riforma, come rappresentanti ufficiali del Consiglio Ecumenico delle Chiese, della Comunità anglicana e luterana e della comunità di Taizé, sei esponenti protestanti: il dottor Georges, il canonico Jasper, il dottor Shepard, il dottor Konneth, il dottor Smith e frère Max Thurian.
Ma il problema, caro Aiazzi, sta nel fatto che pareri altrettanto entusiastici furono espressi da troppi esponenti cattolici in viaggio verso una fede che di cattolico aveva ben poco. Attendevano da tempo il colpo di mano rivoluzionario e, finalmente, la storia li accontentò. “La riforma liturgica è, in un senso molto profondo, la chiave dell’aggiornamento” disse in proposito monsignor Georges Patrick Dwyer, arcivescovo di Birmingham, portavoce del Sinodo dei vescovi “Non v’ingannate: è qui che comincia la rivoluzione”.
Caro Aiazzi, purtroppo, sono stati di parola. Chapeau.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
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E’ pervenuta in Redazione:
Carissimo fratello in Gesù Cristo Signore nostro,
scrivo un breve messaggio per sottolineare un’usanza che sta prendendo sempre più piede, almeno nella zona diocesana di Monza. Mi riferisco alla “visita” di alcuni laici della parrocchia alle famiglie che viene fatta nel periodo che precede la Santa Pasqua. Ma come? La benedizione pasquale non è sempre stata una bella e sentita tradizione che permetteva, almeno una volta all’anno, alle famiglie di ricevere una Santa Benedizione dalle mani del sacerdote in preparazione alla Risurrezione del Signore? Adesso succede che alcune famiglie “privilegiate” riceveranno la visita del parroco, e altre quella di membri laici che non possono effettuare alcuna benedizione. Personalmente io preferisco ricevere il ministro di Cristo nella mia casa, quantomeno perché viene con la precisa funzione benedicente. Ma i sacerdoti credono ancora all’infinito dono che il Signore ha conferito loro con la Santa Ordinazione? Sono consapevoli che questa è una bella occasione per entrare in contatto con il “gregge” del popolo di Dio che è stato a loro affidato e per portare loro il “profumo” di Cristo? Mah. Tutta questa rivoluzione mi lascia sempre più perplesso. Prego per la Santa Madre Chiesa e per i suoi ministri.
Pace e Bene.
Graziano Aiazzi
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Caro Aiazzi, si aggiorni. Siamo nei misericordiosi e gaudiosi tempi di papa Bergoglio e lei aspetta ancora il pastore che visita il suo gregge per portare il “profumo” di Cristo? Dovrebbe sapere che adesso, secondo il magistero-sempre-infallibile dell’attuale Pontefice, il pastore deve avere lo stesso odore delle pecore. Cristo non è più di moda nella Chiesa che Lui stesso ha fondato. Pare che i suoi stessi ministri lo trovino imbarazzante e, non a caso, si affrettano a toglierne le immagini e i riferimenti quando incontrano esponenti di religioni che un tempo venivano giustamente considerate false e oggi, invece, sono descritte come nuovi Eden colmi di frutti spirituali. Quindi va bene così: a casa sua, per i saluti e gli auguri di Pasqua, e non più per la benedizione, ci verrà una pecorella, che non deve neanche fare lo sforzo di odorare come lei. Magari, se vuole ricambiare la cortesia, il prossimo anno può andare lei a casa sua. Sarebbe davvero un bel gesto, pregno di senso della comunità e persino di sensibilità ecumenica, se si pensa che probabilmente la fede non è proprio la stessa.
E non creda, caro Aiazzi, di lanciare con la sua denuncia un grido di allarme che possa arrivare in chissà quale sacra stanza di chissà quale sacro palazzo. Non si inquieta nessuno perché questo è proprio il risultato a cui mirano i pastori che ci troviamo tra capo e collo da qualche decennio: rendere la Chiesa cattolica sempre più simile a quella protestante per poi trasformarla in un grande supermarket delle fedi all’insegna dello slogan preferito da papa Francesco: “La grazia dell’interreligiosità”. Per lei è una sciagura, ma per chi guida questa gioiosa macchina di misericordia è un trionfo.
Vedrà che tra non molto, con la scusa del calo di vocazioni, il laico che le ha portato gli auguri di Pasqua se lo troverà anche la domenica in chiesa a sbrigare la liturgia della Parola in sostituzione della Messa. E, magari, dovrà pure discutere con qualche dabben fedele il quale sosterrà che è sempre meglio questo che niente, meglio protestanti o chissà cos’altro che non andare in chiesa. È la solita deriva del “male minore” che, in mano a cattolici ipocredenti, finisce sempre per trasformarsi in “male maggiore”.
Del resto il disegno era proprio questo ed è stato efficacemente realizzato attraverso l’atto più devastante che gli uomini potessero concepire: lo stravolgimento della liturgia, il sovvertimento della legge secondo cui Dio chiede agli uomini di essere adorato. Come accade per tutte le rivoluzioni, l’assalto del palazzo reale non è l’ultimo atto, ma il vero e proprio inizio che mette a frutto il lavorio preparatorio imponendo il nuovo credo anche all’ultimo dei sudditi. Così, una volta rivoluzionata la Messa da intellettuali che ne hanno inventata un’altra a tavolino, e quindi mutata la lex orandi, in brevissimo tempo è mutata anche la lex credendi. Il popolo cattolico, neanche troppo lentamente, si è trasformato in un’informe moltitudine protestante per diventare poi qualcosa di ancora meno definito.
Da qui, caro Aiazzi, dalla rivoluzione della Messa, scendono tutte quelle pratiche che tanto turbano coloro che sono rimasti cattolici nonostante tutto. L’esempio che lei cita è solo uno tra molti. Ma non si tratta tanto di prodromi di un disastro, quanto delle conseguenze. Non si tratta di aperture che, lentamente, porteranno per gradi al crollo dell’edificio, ma delle conseguenze del crollo già avvenuto. I rivoluzionari non sono partiti dal poco per arrivare al molto, ma sono partiti dal molto per raggiungere efficacemente anche il poco. Una volta stravolta la Messa, non è possibile fare di più: ci si deve solo applicare all’attuazione della rivoluzione in ogni settore della vita associata e privata. E a questo ci pensano i commissari del popolo di Dio, che magari vestono gli abiti miti del laico incaricato di portare un po’ di atmosfera pasquale nelle case in cui non può, ma spesso non vuole, passare il sacerdote. Però il fatto di presentarsi sotto miti spoglie non li rende meno pericolosi. Anche questi sono agenti della decattolicizzazione al pari degli altri, anche se qualcuno, forse, non è del tutto consapevole.
Dunque, siamo giunti là dove i rivoluzionari modernisti volevano portarci. E, caro Aiazzi, non si può neanche dire che si tratti di una sorpresa. Basta pensare ai pareri entusiasti di autorevoli esponenti protestanti che accompagnarono la riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II.
Il pastore luterano Tomas Reed sostenne che “con il ripristino delle preghiere dei fedeli, la nuova Messa si avvicina alla liturgia luterana di cui esse fanno parte, mostrando l’esercizio della funzione sacerdotale di tutta l’assemblea dei fedeli”. Max Thurian, protestante di Taizè, disse che: “Uno dei frutti del Novus Ordo sarà forse che le comunità non cattoliche potranno celebrare la santa cena con le stesse preghiere della Chiesa cattolica”. Il professor Siegovalt, docente di dogmatica presso la facoltà protestante di Strasburgo, spiegò che “Ora, nella Messa riformata, non c’è nulla che possa veramente turbare i cristiani evangelici” perché “le nuove preghiere eucaristiche cattoliche hanno abbandonato la falsa prospettiva di un sacrificio offerto a Dio”.
Del resto, risulterebbe strano il contrario se si pensa che, in qualità di “osservatori”, parteciparono ai lavori della Commissione per la riforma, come rappresentanti ufficiali del Consiglio Ecumenico delle Chiese, della Comunità anglicana e luterana e della comunità di Taizé, sei esponenti protestanti: il dottor Georges, il canonico Jasper, il dottor Shepard, il dottor Konneth, il dottor Smith e frère Max Thurian.
Ma il problema, caro Aiazzi, sta nel fatto che pareri altrettanto entusiastici furono espressi da troppi esponenti cattolici in viaggio verso una fede che di cattolico aveva ben poco. Attendevano da tempo il colpo di mano rivoluzionario e, finalmente, la storia li accontentò. “La riforma liturgica è, in un senso molto profondo, la chiave dell’aggiornamento” disse in proposito monsignor Georges Patrick Dwyer, arcivescovo di Birmingham, portavoce del Sinodo dei vescovi “Non v’ingannate: è qui che comincia la rivoluzione”.
Caro Aiazzi, purtroppo, sono stati di parola. Chapeau.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
“FUORI MODA”. La posta di Alessandro Gnocchi – rubrica del martedì
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Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it , con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.
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Il successo di questa rubrica è testimoniato dal numero crescente di lettere che arrivano in redazione. A questo proposito preghiamo gli amici lettori di contenere i propri testi entro un massimo di 800 – 1.000 battute. In tal modo sarà più facile rispondere a più lettere nella stessa settimana. Ringraziamo tutti per la gentile attenzione e collaborazione.
PD
http://www.riscossacristiana.it/gnocchi-030315/
Da sempre ho pensato che dovunque si andasse, a incominciare dai pellegrinaggi dell’Unitalsi a Lourdes, i cattolici parlavano (pregavano) una sola lingua, a dispetto della “babele delle lingue”.
Una voce, un cuore, un Credo. E il fatto di esprimere il Credo comune nella lingua comune, per me, nel mio piccolo di fede e di intelligenza, era ed è un fatto importante, direi fondamentale. Siano una cosa sola, anche nella lingua!
Ergo, la messa vetus ordo mi andava benissimo.
Da cattolico obbediente, ho accettato quella novus ordo, però… Però! Ho constatato che da quando è entrata in vigore la messa nelle lingue nazionali (e financo in friulano, e non ci ho capito niente quella volta che mi capitò di parteciparvi!!!), andando da una chiesa all’altra di una città, di una regione, di una nazione, trovavo non la messa di sempre, celebrata nello stesso identico modo, ma con… varianti. Chiamiamole varianti. In realtà, abusi, stravolgimenti. Frutto di che cosa?
Perché queste “creatività” da parte dei preti celebranti? Perché queste varianti? Perché questi protagonismi di sacerdoti e a volte financo di fedeli, a ciò incoraggiato ovviamente dai preti?
Nella messa vetus ordo non c’erano dubbi, dovunque ci si trovasse: al centro della celebrazione, c’era (c’è) Lui: Nostro Signore Gesù Cristo; Lui protagonista, non il prete, non il popolo, anche se magari il prete celebrava male. Non c’erano “varianti”. Il rituale veniva osservato.
Con il novus ordo non si capisce, spesso, chi ci sia al centro della liturgia.
Ho poi constatato una cosa: i tempi.
Col vetus ordo, la cosiddetta “parte dei catecumeni” durava poco per lasciar maggior tempo alla parte diciamo sacrificale: dall’Offertorio alla Comunione, alla fine della messa.
Col novus ordo, ecco: la prima parte dura a lungo; la seconda molto meno!!! E il sacrificio pare passare in second’ordine, per privilegiare la “cena del Signore” a scapito di quel “rinnovamento del sacrificio della croce” che si rinnova, appunto (incruento), nel sacerdote in persona Christi.
Vorrà dire qualcosa, o no?
Sì, vuol dire qualcosa. Basta del resto leggere un qualsiasi messalino anteriforma Bugnini (ahi!) per rendersi conto delle differenze.
A incominciare dalla formula dell’Offertorio: “… Offerimus tibi Domine calicem salutaris, tuam deprecantes clementiam…”, eccetera, per lasciar posto al “… frutto della vite e del lavoro dell’uomo…” – ma per favore! Roba da coltivatori diretti (con tutto il rispetto per i viticoltori!!!).
A questo proposito poi esistono dissertazioni di teologi e liturgisti critici verso quella che non è soltanto forma, bensì sostanza (teologi e liturgisti a incominciare dai cardinali Ottaviani e Bacci). Come, per esempio, la scomparsa nel linguaggio dei preti del termine “transustanziazione”…
E poi, che cosa è questo star tanto seduti durante la messa – i celebranti, poi, su poltrone, o magari tronetti, le spalle voltate al tabernacolo entro il quale c’è Nostro Signore in corpo sangue anima e divinità!? – vien da osservare che ci si inginocchia davanti a tante realtà mondane, ma quanta fatica a piegare le ginocchia davanti a Dio!!!
Possiamo parlare di protagonismo dei preti (l’umiltà, peraltro latita negli ambienti clericali)? Quando l’unico, vero, protagonista dovrebbe essere Dio?!…
Ma lasciamo perdere.
E’ indubbio che il senso del sacro nel novus ordo diminuisce di molto, se non, a volte, scompare, si perde, e non si dica che prima la gente non capiva. C’erano fior di messalini con traduzione dal latino a fronte, come quello che usavo e uso ancora io, appartenuto a mio padre, classe 1901, che aveva studiato soltanto fino alla Sesta Elementare, messalino pubblicato nel 1925 all’insegna PAS (preghiera azione sacrificio).
Ancora, e anche qui non occorre essere dei cervelloni per constatarlo: quanti fedeli in più rispetto al passato vanno alla messa del novus ordo?
Leggendo, a suo tempo (appena uscito) “E Satana si fece trino” di don Ariel Levi di Gualdo, mi pare l’autore sottolineasse come in Europa le chiese cattoliche si fossero spopolate… guarda caso, aggiungo io, dopo il Concilio Vaticano II e dopo la riforma Bugnini. Sottolineo: guarda caso!
Se l’albero si vede dai frutti…
Ma lo Spirito Santo assiste o non assiste chi di dovere?
Sto commettendo un peccato, dubitando, lo so, e me ne pento subito. Non di meno, qualcuno risponda.
Non sarà che Satana, come già Paolo VI ebbe occasione di avvertire (proprio lui, che aveva promosso la riforma liturgica), stia cacciando lo Spirito Santo dalla Chiesa?
No: non può essere, perché la Chiesa sta in piedi nonostante preti mondani, frati che hanno in uggia il saio, suore americane pro lesbismo e cardinali e vescovi tedeschi e italiani pro unioni omosessuali.
E allora?
Perché i pastori non rispondono a questi semplici quesiti di semplici vecchi cattolici castigati proprio in quello che hanno di più caro, di più necessario, cioè la Messa, centro della vita cristiana? E centro della Messa è il momento “sacrificale”, cioè la Consacrazione, perché se si toglie il “sacrificio”, la Messa diventa soltanto un ricordo, una commemorazione, un’occasione di incontro, come avviene altrove, ma che non deve avvenire nella Chiesa cattolica.
O la messa non è più il centro della vita cristiana?
Anche questo viene da chiedersi…
Sfoglio l’aureo libretto coi pensieri di don Angelo Lolli, santo sacerdote fondatore a Ravenna dell’Opera Santa Teresa del Bambino Gesù e ad un certo giorno vi leggo: “Ragioniamo spesso con Dio, dei nostri desideri, dei nostri propositi che abbiamo di amarlo e di farci santi…”.
Ecco, chi parla oggi di farci santi? Chi ci esorta a procedere in questa direzione? Ne avremmo tanto bisogno, di preti che parlano di santità, e che magari ci danno l’esempio…
Tornando alla messa, dipendesse da me, farei ripristinare l’invocazione finale apportata da Leone XIII all’Arcangelo Michele:“… defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium…”.
Sì. Mi vado convincendo infatti che sempre più Satana è in azione!
Santa Messa, “vetus ordo” e “novus ordo”
di Giovanni Lugaresi
Da sempre ho pensato che dovunque si andasse, a incominciare dai pellegrinaggi dell’Unitalsi a Lourdes, i cattolici parlavano (pregavano) una sola lingua, a dispetto della “babele delle lingue”.
Una voce, un cuore, un Credo. E il fatto di esprimere il Credo comune nella lingua comune, per me, nel mio piccolo di fede e di intelligenza, era ed è un fatto importante, direi fondamentale. Siano una cosa sola, anche nella lingua!
Ergo, la messa vetus ordo mi andava benissimo.
Da cattolico obbediente, ho accettato quella novus ordo, però… Però! Ho constatato che da quando è entrata in vigore la messa nelle lingue nazionali (e financo in friulano, e non ci ho capito niente quella volta che mi capitò di parteciparvi!!!), andando da una chiesa all’altra di una città, di una regione, di una nazione, trovavo non la messa di sempre, celebrata nello stesso identico modo, ma con… varianti. Chiamiamole varianti. In realtà, abusi, stravolgimenti. Frutto di che cosa?
Perché queste “creatività” da parte dei preti celebranti? Perché queste varianti? Perché questi protagonismi di sacerdoti e a volte financo di fedeli, a ciò incoraggiato ovviamente dai preti?
Nella messa vetus ordo non c’erano dubbi, dovunque ci si trovasse: al centro della celebrazione, c’era (c’è) Lui: Nostro Signore Gesù Cristo; Lui protagonista, non il prete, non il popolo, anche se magari il prete celebrava male. Non c’erano “varianti”. Il rituale veniva osservato.
Con il novus ordo non si capisce, spesso, chi ci sia al centro della liturgia.
Ho poi constatato una cosa: i tempi.
Col vetus ordo, la cosiddetta “parte dei catecumeni” durava poco per lasciar maggior tempo alla parte diciamo sacrificale: dall’Offertorio alla Comunione, alla fine della messa.
Col novus ordo, ecco: la prima parte dura a lungo; la seconda molto meno!!! E il sacrificio pare passare in second’ordine, per privilegiare la “cena del Signore” a scapito di quel “rinnovamento del sacrificio della croce” che si rinnova, appunto (incruento), nel sacerdote in persona Christi.
Vorrà dire qualcosa, o no?
Sì, vuol dire qualcosa. Basta del resto leggere un qualsiasi messalino anteriforma Bugnini (ahi!) per rendersi conto delle differenze.
A incominciare dalla formula dell’Offertorio: “… Offerimus tibi Domine calicem salutaris, tuam deprecantes clementiam…”, eccetera, per lasciar posto al “… frutto della vite e del lavoro dell’uomo…” – ma per favore! Roba da coltivatori diretti (con tutto il rispetto per i viticoltori!!!).
A questo proposito poi esistono dissertazioni di teologi e liturgisti critici verso quella che non è soltanto forma, bensì sostanza (teologi e liturgisti a incominciare dai cardinali Ottaviani e Bacci). Come, per esempio, la scomparsa nel linguaggio dei preti del termine “transustanziazione”…
E poi, che cosa è questo star tanto seduti durante la messa – i celebranti, poi, su poltrone, o magari tronetti, le spalle voltate al tabernacolo entro il quale c’è Nostro Signore in corpo sangue anima e divinità!? – vien da osservare che ci si inginocchia davanti a tante realtà mondane, ma quanta fatica a piegare le ginocchia davanti a Dio!!!
Possiamo parlare di protagonismo dei preti (l’umiltà, peraltro latita negli ambienti clericali)? Quando l’unico, vero, protagonista dovrebbe essere Dio?!…
Ma lasciamo perdere.
E’ indubbio che il senso del sacro nel novus ordo diminuisce di molto, se non, a volte, scompare, si perde, e non si dica che prima la gente non capiva. C’erano fior di messalini con traduzione dal latino a fronte, come quello che usavo e uso ancora io, appartenuto a mio padre, classe 1901, che aveva studiato soltanto fino alla Sesta Elementare, messalino pubblicato nel 1925 all’insegna PAS (preghiera azione sacrificio).
Ancora, e anche qui non occorre essere dei cervelloni per constatarlo: quanti fedeli in più rispetto al passato vanno alla messa del novus ordo?
Leggendo, a suo tempo (appena uscito) “E Satana si fece trino” di don Ariel Levi di Gualdo, mi pare l’autore sottolineasse come in Europa le chiese cattoliche si fossero spopolate… guarda caso, aggiungo io, dopo il Concilio Vaticano II e dopo la riforma Bugnini. Sottolineo: guarda caso!
Se l’albero si vede dai frutti…
Ma lo Spirito Santo assiste o non assiste chi di dovere?
Sto commettendo un peccato, dubitando, lo so, e me ne pento subito. Non di meno, qualcuno risponda.
Non sarà che Satana, come già Paolo VI ebbe occasione di avvertire (proprio lui, che aveva promosso la riforma liturgica), stia cacciando lo Spirito Santo dalla Chiesa?
No: non può essere, perché la Chiesa sta in piedi nonostante preti mondani, frati che hanno in uggia il saio, suore americane pro lesbismo e cardinali e vescovi tedeschi e italiani pro unioni omosessuali.
E allora?
Perché i pastori non rispondono a questi semplici quesiti di semplici vecchi cattolici castigati proprio in quello che hanno di più caro, di più necessario, cioè la Messa, centro della vita cristiana? E centro della Messa è il momento “sacrificale”, cioè la Consacrazione, perché se si toglie il “sacrificio”, la Messa diventa soltanto un ricordo, una commemorazione, un’occasione di incontro, come avviene altrove, ma che non deve avvenire nella Chiesa cattolica.
O la messa non è più il centro della vita cristiana?
Anche questo viene da chiedersi…
Sfoglio l’aureo libretto coi pensieri di don Angelo Lolli, santo sacerdote fondatore a Ravenna dell’Opera Santa Teresa del Bambino Gesù e ad un certo giorno vi leggo: “Ragioniamo spesso con Dio, dei nostri desideri, dei nostri propositi che abbiamo di amarlo e di farci santi…”.
Ecco, chi parla oggi di farci santi? Chi ci esorta a procedere in questa direzione? Ne avremmo tanto bisogno, di preti che parlano di santità, e che magari ci danno l’esempio…
Tornando alla messa, dipendesse da me, farei ripristinare l’invocazione finale apportata da Leone XIII all’Arcangelo Michele:“… defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium…”.
Sì. Mi vado convincendo infatti che sempre più Satana è in azione!
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