Sinodo: e se la soluzione fosse il Giubileo?
Il giubileo straordinario della misericordia, appena annunciato da papa Francesco, e che inizierà poco dopo la fine del Sinodo ordinario dei vescovi, può essere il tempo opportuno per compiere preziosi gesti di misericordia nei confronti di due gruppi di fedeli che sperimentano in vario modo un non pieno riconoscimento della loro appartenenza alla Chiesa. Vi è il gruppo dei fedeli che vivono e intendono continuare a vivere una nuova condizione coniugale dopo il divorzio, senza che si possa dimostrare o sostenere la nullità delle prime nozze; vi è anche il gruppo di fedeli che hanno lasciato l’esercizio attivo del ministero presbiterale e che si sono sposati.
Sono gruppi di fedeli diversi tra loro, naturalmente. Nel primo caso la Chiesa non li ammette all’assoluzione né alla comunione, perché ritiene che la loro situazione contraddica la persistente validità delle prime nozze; nel secondo caso, la Chiesa non consente loro la ripresa dell’esercizio del ministero presbiterale perché hanno mancato in maniera pubblica e con grave turbamento del popolo di Dio (così si presume) alla promessa del celibato, ma se hanno ricevuto la dispensa e si sono sposati religiosamente non pone loro particolari difficoltà riguardo all’assoluzione e alla comunione eucaristica.
Gruppi diversi, situazioni diverse, difficoltà diverse.
Tuttavia, c’è qualcosa che li accomuna, qualcosa che interpella profondamente il cuore della Chiesa e che nel Giubileo, nell’abbraccio misericordioso della Chiesa stessa, potrebbe finalmente trovare risposta. Si tratta di situazioni che scaturiscono le une e le altre da un’esperienza di umano fallimento.
Nel primo caso il fallimento riguarda la realizzazione delle promesse matrimoniali. Le coppie possono fallire per tanti motivi e non sempre chiaramente indagabili, talvolta con colpe leggibili più o meno condivise, altre volte senza chiara colpa. Qualunque ne sia il motivo però esse possono fallire: prima la separazione, poi il divorzio e la nuova unione. Un fallimento che trascina con sé una scia di problemi, lascia ferite più o meno profonde ma sempre serie.
Perché allora non aprire nelle Chiese locali in occasione del giubileo percorsi di piena riconciliazione a chi riconosce con dolore il male generato –volontariamente e involontariamente-, cerchi di riparare a esso secondo le sue possibilità fisiche e morali e sia seriamente impegnato in una vita di fede nella nuova unione come sposo e come genitore?
Perché non riconoscere il carattere irreversibilmente passato di alcuni legami nuziali interpersonali, offrendo liturgicamente la possibilità di un nuovo futuro nuziale nella Chiesa ?
Il n. 52 dei Lineamenta del prossimo Sinodo già offre alla discussione dei padri sinodali una possibilità simile; la Chiesa cattolica, inoltre, ha sempre ritenuto che il legame nuziale interpersonale può finire e si può dare un nuovo e vero legame nuziale con altre persone, come mostra la sua costante accettazione del matrimonio vedovile.
Nel secondo caso il fallimento concerne la fedeltà alla promessa celibataria. Tanti possono essere i motivi di tale fallimento. Si possono certamente tracciare linee di colpevolezza personale in alcuni casi; in altri, ci sono più i segni delle debolezza, della frustrazione e del cedimento emotivo. In altri ancora, la sensazione soffocante di solitudine e di abbandono…
Nel secondo caso il fallimento concerne la fedeltà alla promessa celibataria. Tanti possono essere i motivi di tale fallimento. Si possono certamente tracciare linee di colpevolezza personale in alcuni casi; in altri, ci sono più i segni delle debolezza, della frustrazione e del cedimento emotivo. In altri ancora, la sensazione soffocante di solitudine e di abbandono…
Varie sono le cause del fallimento matrimoniale, varie sono anche le cause del fallimento celibatario. Anche in quest’ultimo caso ferite a non finire, inferte e subite.
Eppure, in molti casi nei quali non è emersa la nullità della ordinazione, nel momento stesso nel quale la Chiesa ha concesso la dispensa dall’obbligo del celibato non ha negato la correttezza del discernimento ecclesiale iniziale né l’autenticità della vocazione divina al ministero sacerdotale.
Può davvero tale originaria autenticità essersi persa ? Il fallimento celibatario non ha certamente annientato quel che la Chiesa ha formalmente riconosciuto presente: anzi, la Chiesa stessa ammette che in circostanze di necessità il ministero possa essere esercitato in pienezza da chi è in tale condizione.
Perché allora non aprire percorsi di nuova accoglienza e di riammissione all’esercizio del ministero per quei presbiteri che, riconoscendosinceramente e umilmente la ferita inferta alla Chiesa, chiedano pubblicamente di tornare a svolgere il ministero nella Chiesa, con il consenso esplicito della moglie religiosamente sposata e dei figli?
L’impossibilità di esercitare il ministero per molti anni non è già un significativo tratto di cammino penitenziale per persone chiamate ad esso e per esso preparate ? Certo, qualcuno potrebbe porre la questione: dovrannosepararsi dalla moglie? oppure, dovranno astenersi dai rapporti sessuali secondo l’antica lex continentiae praticata in varie parti della Chiesa?
In realtà, sono domande che hanno già una risposta nella prassi attuale della Chiesa che nella sua estensione cattolica, tanto cioè nel suo polmone occidentale quanto in quello orientale, ha presbiteri sposati ai quali non chiede l’osservanza della lex continentiae.
Si tratterebbe solo di applicare le stesse norme canoniche anche ai presbiteri tornati al ministero.
La Chiesa, con simili gesti di misericordia, non tradirebbe alcuna verità, mostrerebbe solo ancora una volta il grande cuore del Padre che corre incontro al figlio segnato dalla vita e dal fallimento, gli rimette l’anello al dito e gli riapre la pienezza del futuro nella sua casa.
La Chiesa, con simili gesti di misericordia, non tradirebbe alcuna verità, mostrerebbe solo ancora una volta il grande cuore del Padre che corre incontro al figlio segnato dalla vita e dal fallimento, gli rimette l’anello al dito e gli riapre la pienezza del futuro nella sua casa.
di Basilio Petrà
Ma esimi signori, perché, visto che avversate il Magistero della Chiesa e gli insegnamenti evangelici dai quali discende, non passate armi e bagagli in una religione riformata ? Ce ne sono tante e per tutti i gusti, che sono ben felici dei preti sposati, dei divorziati risposati, del matrimoni gay e quant'altro. Che senso ha voler a tutti i costi rimanere nella Chiesa Cattolica Romana se se ne dispregia così il Magistero ?
Eh sì signori, ê proprio vero: apostati si diventa!
RispondiEliminaCambiando un po' qua e un po' là si puö cambiare tutto, proprio come auspicato da questo articolo farneticante.