Irish coffee e matrimoni gay, una beffa
Non truffate. Le nozze gay passano quasi ovunque e il referendum irlandese farà sensazione perché si equivoca su amore, desiderio e solidificazione dell’unione sociale tra uomo e donna in vista di fini sociali. Si vota venerdì
Foto LaPresse
Se mi dicono omofobo, gli sputo in un occhio. Se gli dico omofili, sono autorizzati a sputarmi in un occhio. Omofobia e omofilia non c’entrano. C’entrano le dispute di cultura su come vediamo la società e le sue istituzioni secondo ragione e legge.
Non si sa bene, ma pare che l’Irlanda metterà in Costituzione il diritto al matrimonio a prescindere dal sesso, lo farà con un referendum che si terrà venerdì. La cosa fa notizia perché l’Irlanda, il paese di Oscar Wilde, viene da una tradizione cattolica paradossalmente analoga a quella vittoriana britannica: sanzioni contro l’omosessualità fra adulti consenzienti fino agli inizi degli anni Novanta, grandi scandali pruriginosi, omosessualità e omofobia diffuse e morbosamente perseguite eccetera. Il New York Times lascia il commento a un confratello irlandese del Times di Dublino.
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Alla fine tutto bene quel che finisce bene. Farsi superare in laicità ideologica dalla chiesa non giudicante di monsignor Bruno Forte, almeno per quelli di noi che si sono sposati in Municipio e che non si faranno seppellire tra gli incensi mirabili e santi, sperando in una bella omelia nel cortile di casa tenuta da un vecchio e caro amico o da una vecchia e cara amica, basta che sia breve, non ha più quasi senso. Il rispetto per ogni tipo di amore, consigliabile in quanto amore umano e variante cospicua nella vita e nella letteratura, ma non naturale, per carità, non riguarda solo le mamme irlandesi. Siamo tutti mamme irlandesi. In un certo senso. Perfino Marine Le Pen e Matteo Salvini evitano di parlare della chose, della cosa, e Madame si circonda di gay per alludere e ammiccare. Va bene, va bene. Ci arrendiamo.
Lucrezio apre il poema sulla natura delle cose, scritto a metà del primo secolo a. C., con un Inno a Venere, hominum divumque voluptas, che è come si dice una bellezza. Oggi gli scientisti pazzi, col capello arruffato e i pensieri in disordine, trattano Lucrezio come il prototipo del loro materialismo e del loro ateismo che libera l’uomo e la donna dai loro dolori di vivere. Lasciamoli fare. L’inno però è al desiderio che genera, che accoppia secondo narrazione (qui ce vo’) e ragione biblica, “maschio e femmina li creò”. Il professor Vito Mancuso scrive su Repubblica che ci sono passi della Bibbia che vanno tralasciati, insieme con una celebre e ardente lettera di san Paolo, e anche questo ci può stare: non tutto quel che è stato scritto, sebbene sotto ispirazione trascendente, è compatibile con le carte dell’Onu sulla liberazione dell’ego riproduttivo e sui diritti umani. Ma che c’entra la Bibbia?
Non truffate. Il matrimonio gay passa ormai quasi ovunque, e la beffa irlandese farà sensazione, se ci sarà, perché si equivoca sull’amore, sul desiderio, sulla solidificazione dell’unione sociale tra uomo e donna in vista di fini sociali. Il matrimonio gay, anche in questa forma da irish coffee, è solo un attacco devastante al matrimonio come tale, è una offensiva culturale spiegabile, forse perfino legittima, che viene ratificata nell’equivoco assetto di tutte le maggioranze morali, sentimentali, emozionali. Bisognerebbe essere Leali, Buoni, Giusti e Tolleranti, L.G.B.T., non bugiardi.
di Giuliano Ferrara | 20 Maggio 2015
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