ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 17 giugno 2015

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^LONDRA, L'IMPONENTE STATUA DI UN DEMONE VEGLIA SU UNA DELLE ZONE PIÙ FREQUENTATE DELLA CITTÀ

Londra, l'imponente statua di un demone veglia su una delle zone più frequentate della città
Si chiama “She Guardian”, la Guardiana, l’imponente statua in bronzo di 11 metri realizzata dall’artista russo Nashi Namdakov (nato nella regione di Cita ai confini con la Mongolia) e posta dall’amministrazione di Londra a Marble Arch, una delle aree più conosciute e frequentate della città. L’opera, enigmatica, ha le fattezze agghiaccianti di un demone, con le fauci spalancate in un ruggito muto e perenne. Per “ammirarla” meglio clicca qui.

Un omaggio ai principati e alle potestà dell’Europa liberatasi dal cristianesimo? 

*IN GRAN BRETAGNA CALA IL NUMERO DEI CRISTIANI ANGLICANI MENTRE CRESCONO GLI ATEI E I MUSULMANI

In Gran Bretagna cala il numero dei cristiani anglicani mentre crescono gli atei e i musulmani

Un’Inghilterra in cui la Chiesa anglicana lentamente svanisce, lasciando il posto a un crescente numero di atei e agnostici, e all’islam: sembra questo il quadro di prospettiva offerto dal rapporto appena pubblicato del British Social Attitudes, che suggerisce che sta avvenendo uno «spostamento generazionale»; ogni generazione sembra meno religiosa di quella che l’ha preceduta, e di conseguenza, man mano che le fasce di età più anziane scompaiono, la popolazione in generale diventa meno religiosa. Ma a quanto pare c’è stata negli ultimi dieci anni una netta accelerazione del declino per quanto riguarda la Chiesa anglicana. Infatti, se nel 1983 gli anglicani nel Paese erano il 40%, nel 2014 la loro presenza era ridotta al 17%; e l’accelerazione nel declino è dimostrata dal fatto che nel 2004 erano ancora il 28%. Negli ultimi dieci anni la loro consistenza si è ridotta di due quinti.
In cifre assolute ci sono circa 8 milioni e mezzo di anglicani, nel Regno Unito, mentre erano 13 milioni nel 2004. La «religione» più forte e diffusa è quella di chi afferma di non avere nessuna religione: sono il 49% del totale. La loro crescita è speculare al declino anglicano: erano il 31% nel 1983, erano saliti al 43% nel 2004, e negli ultimi dieci anni hanno preso altri sei punti di percentuale.
È interessante rimarcare che le altre confessioni cristiane negli ultimi trent’anni sono rimaste sostanzialmente stabili, come percentuali. I cattolici romani costituiscono circa l’8% del totale, con un lieve calo dal 10% registrato nel 1983; mentre tutte le altre denominazioni sono restate ferme sul valore del 17%. Decuplicati invece i musulmani: erano lo 0,5% nel 1983, e adesso costituiscono il cinque per cento del totale.
Lo studio, realizzato nel 2014, era basato su un campione di 2878 interviste, «un campione casuale rappresentativo degli adulti in Gran Bretagna», dicono i responsabili. Che cercano di dare un’interpretazione ai dati: «Una spiegazione potrebbe essere questa: in passato la religione giocava un ruolo più prominente nell’identità delle persone – ha dichiarato Naomi Jones, capo della sezione Social Attitudes al NatCen Social Research - Sappiamo da studi recenti che la gente è meno sensibile rispetto agli anni precedenti a considerare l’essere cristiano come una componente importante dell’essere britannico. Quindi meno persone possono sentire che la Chiesa d’Inghilterra è una parte importante della loro identità attualmente».
Un commento è venuto anche dalla Chiesa d’Inghilterra, che tramite un suo portavoce ha dichiarato che «il censimento del 2001 ha dimostrato che quasi il 60% della popolazione nel Regno Unito si identificava con il cristianesimo. La Chiesa d’Inghilterra continua a essere una presenza attiva in ogni comunità, appoggiando banche alimentari, centri di consigli per le persone in difficoltà economica, centri per bambini e giovani e molte altre attività, insieme con quelle liturgiche». E ha ricordato che la Chiesa è impegnata in un lavoro di rinnovamento e riforma. Anche se non mancano coloro che fanno notare che il declino sembra più rapido negli ultimi anni, dopo decisioni come quelle relative alle donne vescovo. Secondo lo studio, dal 2012 al 2014 il numero di persone che si dichiaravano appartenenti alla Chiesa d’Inghilterra è passato dal 21% al 17%; in termini assoluti un esodo di un milione e 700mila persone. Non a caso il precedente arcivescovo di Canterbury, Lord George Carey, ha ammonito frequentemente che «siamo a una generazione di distanza dall’estinzione». Un elemento importante di questo cambiamento profondo, e rapido, è probabilmente connesso alla progressiva rarefazione della popolazione rurale. Il che genera un altro problema: quello dei luoghi di culto. Quasi due terzi delle chiese anglicane, circa 10.200, sono in aree rurali; ma la popolazione in quelle zone è di circa 9 milioni, un sesto della popolazione globale. In queste condizioni è difficile vedere come tutti i luoghi di culto possano continuare a restare aperti e operanti.
Il quadro globale comunque appare quello di una Paese in cui la ricerca e la presenza del divino si è affievolita in maniera sensibile, appena compensata dalla crescita dell’islam, i cui seguaci adesso totalizzano il 2,4% della popolazione totale.
Francesco e le fedi: in Kazakhstan il V Forum mondiale dei leader religiosi
Francesco e le fedi: in Kazakhstan il V Forum mondiale dei leader religiosi
Vi era un chiaro messaggio nel discorso tenuto da Papa Francesco a Sarajevo: la religione, o meglio le religioni non possono essere causa e/o strumento di conflitto, ma fungere, all’opposto, da veicoli di dialogo e di mediazione, per stemperare le tensioni e soffocare i focolai di guerra. 

Un discorso tanto più significativo perché pronunciato nella città europea che più di ogni altra ha conosciuto, in anni recenti, una vera e propria “guerra di religione”, dove musulmani e cristiani ortodossi si sono scontrati con un durezza – e con una crudeltà – tale da far impallidire il ricordo delle ormai leggendarie Crociate e addirittura quello del sanguinoso conflitti seicentesco fra Cattolici e Protestanti. 

Una città, Sarajevo, dove ancora il fuoco dell’odio e della guerra cova sotto la cenere; fuoco, anzi fuochi che potrebbero presto tornare ad incendiare gli interi Balcani, come dimostrano i recenti eventi in Macedonia. Per altro guerre che vedono le religioni strumentalizzate a fini ideologici di parte segnano un po’ tutta la grande mappa della geopolitica contemporanea. 

In Medio Oriente, nella Penisola Arabica, nel Maghreb, nell’Africa sub-sahariana innanzitutto, dove l’avanzata dello Stato Islamico – e di organizzazioni jihadiste consimili e collegate come Boko Haram – ha il connotato di un vero e proprio conflitto religioso e non solo fra l’islamismo radicale e l’Occidente, ma anche, anzi forse ancor prima fra questo – che della fede del Profeta ha fatto rigida e settaria ideologia – e tutte le altre “confessioni” musulmane. In primis gli sciiti, capeggiati da Teheran, con i quali sembra essersi riaccesa una vera e propria moderna edizione della Fitna, lo scontro che sin dalla morte del Profeta li ha storicamente contrapposti ai Sunniti. 

E poi anche internamente alla stessa Umma, la comunità sunnita, dove i jihadisti attaccano sistematicamente e massacrano tutti quelli che aderiscono a diverse – e certo più spirituali – interpretazioni della dottrina islamica. Per altro, le religioni sono cause o strumenti di conflitto anche altrove. In India, ad esempio, dove i nazionalisti usano la fede Induista come bandiera per dar voce alla loro xenofobia, all’odio contro le minoranze, i cristiani, gli islamici, i sikh…

E se vogliamo persino nella “vicina” Ucraina la lotta fra Kiev e i ribelli filo-russi del Donbas si va sempre più nutrendo e colorando di connotati “religiosi”: da un lato gli ucraini greco-cattolici, dall’altro i russi ortodossi. E non a caso, appunto, a Sarajevo il Pontefice ha da un lato denunciato chi delle fedi – di tutte le fedi – fa strumento per lotte politiche ed economiche, dall’altro ha invitato tutte le Religioni, e quindi i loro leader e rappresentanti, al dialogo. A divenire, tutti insieme, “costruttori di pace”, e non pedine di guerre e di interessi contrapposti.

Un appello che trova straordinaria e significativa consonanza in un avvenimento che si terrà, proprio in questi giorni fra il 10 e l’11 Giugno, ad Astana, capitale del Kazakhstan: il V Forum mondiale dei leader religiosi. Un incontro al più alto livello fra esponenti delle diverse Religioni universali e tradizionali, che vede la partecipazione di oltre 500 delegati provenienti da ogni dove. E tra loro il Presidente del Pontificio Istituto per il Dialogo Interreligioso, il Cardinale Jean-Lousi Tauran – inviato personale di Papa Francesco – il Segretario Generale dell’Organizzazione per la Cooperazione IslamicaIyad Madani, il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon, il Segretario Generale dell’Osce Lamberto Zannier, il re di Giordania – e diretto discendente del Profeta – Abdullah II, il Presidente della Finlandia Sauli Niinisto, quello dell’EtiopiaMulatu Teshome… e l’elenco potrebbe continuare. 

Si tratta del quinto incontro, prodotto da un’idea del Presidente del Kazakhstan Nursultan Nazarbayev che varò l’iniziativa già nel 2003 quando, all’indomani degli attentati alle Torri Gemelle di New York e al Pentagono – e ai conflitti che ne seguirono in Afghanistan prima, in Iraq poi – si cominciò a comprendere come le diversità religiose rischiassero di divenire strumenti nelle mani di coloro che volevano fomentare guerre e rivolgimenti per servire a ben altri interessi. Insomma quando, agli inizi di questo millennio, le forme radicali delle Religioni cominciarono a surrogare le vecchie ideologie politiche che avevano insanguinato il ‘900.  Di qui l’idea di riunire, periodicamente, rappresentanti delle diverse fedi per dar vita ad un dialogo atto a depotenziare questa minaccia e capace di controbattere e neutralizzare coloro che della religione vogliono farsi arma strumentalizzandola ai propri fini e fomentando forme di fanatismo di massa.

Iniziativa che ricorda quella voluta ad Assisi da Papa Giovanni Paolo, e che trova nel Kazakhstan un ospite ideale, visto che la giovane Repubblica centro-asiatica si è trovata – dopo l’implosione dell’URSS – ad affrontare il problema della compresenza di circa 37 religioni diverse, per di più innervate su un mosaico di oltre 130 gruppi etnico-linguistici. Una situazione che avrebbe facilmente potuto degenerare in una vera e propria “guerra di tutti contro tutti”, che fu però evitata dalla saggezza di una Costituzione fondata sul principio della tolleranza reciproca e della coesistenza tra le diversità, favorendo lo sviluppo sociale ed economico del paese – oggi il più ricco e stabile della regione – e la nascita di una nuova identità nazionale. Identità costruita, appunto, sul pluralismo religioso e culturale.

Il Forum di quest’anno, che prevede diversi panel – sulla “responsabilità dei leader religiosi e politici verso l’Umanità”, su “religione e politica”, sulla “influenza delle Religioni sui giovani, la cultura, i media, l’istruzione” – prevede anche l’adozione finale di un comune Documento, che assumerà particolare valore in tutti i consessi internazionali. E che risponde, in fondo, alla domanda che lo stesso Papa Francesco ha posto al mondo da Sarajevo, nell’imminenza di quello che per la Cattolicità sarà il Giubileo della Misericordia.
di Andrea Marcigliano
09 giugno 2015, intelligo

1 commento:

  1. Questa mucillagine di religioni porterà solo ad una svolta catastrofica . jane

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