ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 24 giugno 2015

Voce del verbo sbottare?

Aperture su gay e divorzi. Le richieste dei fedeli cattolici ai padri sinodali

Ecco l'Instrumentum laboris, “un fiume di misericordia”

Il Sinodo ordinario sulla famiglia si aprirà il prossimo 4 ottobre
Roma. “Insomma – è quasi sbottato il cardinale Péter Erdo al termine della conferenza stampa di presentazione dell’Instrumentum laboris – la domanda di questi due sinodi è cosa sia il cristianesimo. Dobbiamo cercare sempre nuovi modi per spiegarci, o siamo discepoli di Gesù, che dopotutto è stato una persona concreta e, ad esempio sull’adulterio, ha usato parole forti?”.
Poco prima, l’arcivescovo di Budapest e relatore generale del Sinodo del prossimo ottobre aveva dovuto rispondere alla domanda di un giornalista irlandese, che gli aveva chiesto come fosse possibile raccomandare l’accompagnamento delle coppie omosessuali se la chiesa non vuol neanche sentir parlare di riconoscimento delle nozze tra persone dello stesso sesso. “Attenzione pastorale e riconoscimento del matrimonio gay sono due cose diverse e questo risulta anche dal documento finale della scorsa assemblea sinodale, dove a questo riguardo c’è un brano che cita i documenti precedenti della chiesa cattolica. Quindi anche in questo contesto dell’Instrumentum laboris si intende questo sotto l’espressione attenzione pastorale”. Il documento presentato ieri consta d’una ottantina di pagine che faranno da guida all’assise decisiva sulla vocazione e la missione della famiglia nella chiesa e nel mondo contemporaneo. Si tratta della sintesi ragionata delle risposte date dai fedeli ovunque dispersi al questionario spedito lo scorso inverno dal Vaticano, basato sulla Relatio Synodi approvata a conclusione dell’appuntamento straordinario dell’ottobre 2014.

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I fedeli, stando ai questionari, chiedono aperture su tutti i fronti, a cominciare dai divorziati risposati, al cui riguardo si parla di “comune accordo sulla ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via penitenziale” da tenersi o sotto l’autorità del vescovo o attraverso un “processo di chiarificazione e di nuovo orientamento accompagnato da un presbitero a ciò deputato”. Quel che è certo, ha detto Forte, è che  sul tema dell’ammissione alla comunione “non c’è un no pregiudiziale, bensì una riflessione aperta”. Un discernimento necessario anche in virtù della “diffusa insistenza sull’importanza di linee pastorali comuni che puntino all’integrazione dei divorziati risposati civilmente nella comunità cristiana”, perché – ha sottolineato l’arcivescovo di Chieti-Vasto – “nessuno deve sentirsi escluso”. Una chiusura, invece, si coglie in merito alla peculiarità della tradizione delle cosiddette “seconde nozze” ortodosse. Il documento precisa infatti che bisogna “tener conto della diversità di concezione teologica delle nozze” e, a ogni modo, anche nell’ortodossia non viene messo in discussione “l’ideale della monogamia assoluta, ovvero dell’unicità del matrimonio”. Poco di nuovo per quanto attiene alle persone omosessuali, visto che viene ribadito l’auspicio affinché i progetti pastorali diocesani riservino “una specifica attenzione all’accompagnamento delle famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale e di queste stesse persone”. Ampio consenso riguaro lo snellimento delle procedure nei casi di nullità matrimoniale. Tra i padri sinodali s’è già registrata una “larga convergenza circa il superamento della cosiddetta doppia sentenza conforme”, mentre altre proposte – quali le procedure amministrative per la dichiarazione della nullità sotto la responsabilità del vescovo, ad esempio – hanno provocato (ha detto Erdo) “non poche obiezioni e riserve”. A ogni modo, mentre al di fuori delle ovattate stanze vaticane si annunciavano storiche aperture della chiesa cattolica sui temi più controversi e delicati in fatto di morale sessuale, era l’arcivescovo di Budapest a ricordare che “quel che c’è scritto nell’Instrumentum laboris è la sintesi delle risposte dei fedeli a un questionario. Non la posizione della chiesa”.
di Matteo Matzuzzi | 24 Giugno 2015 

Sinodo pronto alla partenza: accompagnare e integrare (tutti) saranno le parole chiave

Il cardinale Erdo puntualizza: "Questa non è la posizione della Chiesa"
di Redazione | 23 Giugno 2015 

Presentato questa mattina l'Instrumentum laboris della prossima Assemblea sinodale ordinaria
E' stato presentato questa mattina in Vaticano l'instrumentum laboris, il documento che farà da traccia al prossimo Sinodo ordinario di ottobre (durerà tre settimane) sulla famiglia. Si tratta della sintesi basata sulle risposte ai questionari somministrati ai fedeli in tutte le diocesi del pianeta. Come ha rimarcato il relatore generale, il cardinale Péter Erdo, ciò che è scritto nelle 77 pagine del testo "non è la posizione della Chiesa". Le risposte ricevute, ha detto il cardinale Lorenzo Baldisseri, sono state a oggi 99 da parte degli organismi aventi diritto e 359 osservazioni inviate liberamente da diocesi e parrocchie, associazioni ecclesiali e gruppi spontanei di fedeli, movimenti e organizzazioni civili, numerose famiglie e singoli credenti. L'Instrumentum si compone di tre parti, che corrispondono alla suddivisione temporale del Sinodo di ottobre (a ogni tema sarà dedicata una settimana di lavoro, con alcune novità metodologiche che saranno più ampiamente illustrate a settembre), e "riflette in modo affidabile la percezione e le attese della Chiesa intera sul tema cruciale della famiglia, integrando il risultato della precedente assemblea contenuto nella Relatio Synodi", ha chiosato Baldisseri.

ARTICOLI CORRELATI Aperture su gay e divorzi. Le richieste dei fedeli cattolici ai padri sinodali Il referendum che scuote la vigna Io divorziato contro Kasper L’orazione pre-sinodale per “liberare la teologia dalla legge naturale” “Nozze gay? Una sconfitta per l’umanità”, dice Parolin. Ma s’avanza il fronte novatore su sesso e famigliaDue sono le parole chiave che emergono dal documento: accompagnare e integrare. Su questo punto si è soffermato in particolare mons. Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo, nel sottolineare come sia emersa "una diffusa insistenza sull'importanza di linee pastorali comuni che puntino all'integrazione dei divorziati risposati civilmente nella comunità cristiana". E questo perché, ha aggiunto il vescovo di Chieti-Vasto, "nessuno deve sentirsi escluso". Inoltre, è stato osservato, "la famiglia necessita di un accurato accompagnamento ecclesiale, sia nel cammino verso il sacramento nuziale, sia nell'educazione all'esercizio quotidiano della reciproca accoglienza e del perdono, nutrito dal 'grande fiume' della misericordia familiare". Una attenzione particolare – ha aggiunto Forte – "va data pure alla cura pastorale di coloro che vivono nel matrimonio civile o in convivenze, e a quella delle cosiddette famiglie ferite (separati, divorziati non risposati, divorziati risposati, famiglie monoparentali)".

Monsignor Forte ha anche detto nel corso del suo intervento che "è dovere della comunità cristiana aiutare la famiglia nella sua crescita, educando i suoi membri all'esperienza della misericordia che viene da Dio ed esercitando la misericordia verso le famiglie ferite e fragili". Il cardinale Erdo ha osservato come dalle risposte pervenute emerga che "solo una minoranza vive e sostiene e propone l'insegnamento della Chiesa cattolica sul matrimonio e la famiglia, riconoscendo in esso la bontà del progetto creativo di Dio". Uno degli elementi di maggiore interesse riguarda la questione dello snellimento delle procedure nei casi di nullità matrimoniale. Erdo ha osservato come emerga "una larga convergenza circa il superamento della cosiddetta doppia sentenza conforme", mentre "altre proposte come le procedure amministrative per la dichiarazione della nullità del matrimonio sotto la responsabilità del vescovo hanno provocato non poche obiezioni e riserve".
http://www.ilfoglio.it/chiesa/2015/06/23/sinodo-famiglia-chiesa-instrumentum-comunione-divorziati___1-v-130124-rubriche_c190.htm

Don Mazzi: allarghiamo i sacramenti anche ai trans


Don Mazzi viene intervistato da Il Tempo. Riportiamo qui alcuni stralci della sua intervista.
“D: Don Mazzi, su temi come la famiglia, la comunione ai divorziati, i gay, la Chiesa è alle soglie di una rivoluzione oppure no?
«Sono i primi, timidi, passi che questo Papa tenta di fare contro una burocrazia ferma a due secoli fa. Sono i primi vagiti e bisogna avere coraggio».
D: Coraggio? Si spieghi meglio?
«Vede, la parola accoglienza deve essere vissuta a trecentosessanta gradi, perché sa, se poi cominciamo a metter le virgole all’accoglienza allora il significato cambia. Va mica bene».
D: Le virgole sarebbero?
«Devo dirle la verità, io non son diventato matto a leggere le anticipazioni che ho visto sino ad ora sul documento. Bisogna allargare i sacramenti, darli anche a chi ha esperienze, come dire, non lineari, ed una esistenza non ligia alla cosiddetta normalità».
D: Sta pensando per caso ai gay ed ai trans? O a cos’altro?
«Certo, penso agli omosessuali, ai trans, a tutti. Vede, se io accolgo allora accolgo chiunque e sempre. Posso mica dire, accolgo dalle 7 alle 9 e poi chi si è visto si è visto. Oppure, accolgo Tizio sì e Caio no. Se la porta è aperta allora deve essere spalancata a tutti».
D: Vuol dire che il documento non cambierà nulla?
«Ritengo che siamo davanti ai primi vagiti di un mutamento di visione della Chiesa rispetto alla storia dell’uomo. Sa, la dottrina non vale più della vita»”.
Insomma per Don Mazzi la dottrina sull’omosessualità e il divorzio pesano in un discorso come qualsiasi segno di interpunzione e, nelle sue parole, si coglie nuovamente questa dicotomia tra vita reale e principi scritti nero su bianco dal Magistero, come se i secondi non dovessero guidare la prima ma fossero per loro natura inconciliabili con questa. Inquietante poi quella frase non troppo sfumata sull’ “allargare i sacramenti” agli omosessuali e trans. Bene e doveroso se parliamo ad esempio della confessione. Preoccupante se invece pensiamo all’eucarestia nel caso in cui la persona omosessuale e il transessuale non siano in grazia di Dio (in questo ultimo caso occorrerebbe poi che la persona transessuale ritorni sulle proprie decisioni anche in merito alla cd rettificazione sessuale).

Comunione ai divorziati. Chi è Giovanni Cereti, il prete genovese che ha convinto Papa Francesco

La foto di di Franco Manzitti

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GENOVA – Don Giovanni Cereti, il prete che ha convinto il papa a aprire ai divorziati, a concedere loro il dono di poter fare la comunione, è un genovese di 83 anni, vive Roma da decenni, teologo fine e raffinato, ma anche determinato e volitivo che oggi è il Rettore della chiesa dei Genovesi, uno scrigno nel cuore di Trastevere. La sua, in favore non certo solo dei divorziati, ma più in generale di un concetto teologico diverso del peccato, del suo pentimento e del perdono, è una battaglia che dura almeno dal 1969.
In quell’anno Giovanni Cereti, allora sacerdote reduce da durissime missioni in Africa, scrisse un libro diventato già un best seller nel pontificato di papa Francesco: “Divorzio, nuove nozze e penitenza nella chiesa primitiva”. È stato questo libro, ripubblicato poi alla vigilia dello storico Sinodo dei vescovi, che papa Bergoglio ha aperto nell’ottobre 2014 e che si concluderà nell’ottobre del 2015 con decisioni rivoluzionarie, a togliere il sonno a Sua Santità. E a spingerlo, dopo una notte intera trascorsa a leggerlo, verso un’apertura che i cattolici divorziati aspettano da decenni e decenni.
Cereti è un sacerdote tanto affilato nei suoi studi teologici, quanto schivo nei modi e nelle apparenze. “Sono l’unico prete genovese che non è venuto a Roma per far carriera”, aveva raccontato a Blitzquotidiano, durante una sua lunga intervista nell’autunno del 2012, quando sembrava che il Vaticano non facesse che celebrare i successi gerarchici della Chiesa genovese: Tarcisio Bertone, ex cardinale arcivescovo nella “Superba”, segretario di Stato, il cardinale Mauro Piacenza, ex portavoce dello “storico” cardinale Giuseppe Siri, capo di una delle Congregazione più importanti, quella del Clero, il cardinale Domenico Calcagno, ex vescovo di Savona, con un ruolo chiave negli affari economici della Santa Sede, monsignor Marini gran cerimoniere del Papa… E last but not least il cardinaleAngelo Bagnasco, presidente della Cei.
E infatti Giovanni Cereti ti accoglie con grande semplicità nella sua Abbazia e viene ad aprire il portone sul grande cortile, a due passi da quello che fu il porto sul Tevere di Roma, non ha fatto carriere, non ha scalato gerarchie e l’unico “grado” che ha conquistato è proprio quello di Abate in questa chiesa deliziosa, tanto cara ai genovesi di Roma.
Il suo pallino teologico è sempre stato di studiare a fondo la storia della Chiesa per risolvere teologicamente i grandi problemi che sono sempre stati posti ai battezzati, ai ministri stessi della chiesa, ai fedeli nell’evolversi dei tempi, dei costumi, della società umana nel corso dei millenni, da quando Pietro fu investito del suo immane compito: “Tu Pietro, su questa pietra fonderai la mia Chiesa”.
Alla storia sprofondata in questi millenni, a “questa” storia don Cereti si è sempre richiamato, andando a studiare proprio quella che viene definita la Chiesa Primitiva, dove il concetto di peccato corrisponde specularmente a un concetto di penitenza, forse diverso dai tempi moderni.
Lì, dentro gli antichi testi, Cereti ha trovato la strada per risolvere quello che oggi Francesco sta quasi per annunciare e che riguarda un po’ più generalmente la condizione dei divorziati, ma anche quella dei preti sposati e le nozze gay.
Se si tratta di una storica apertura che ha già lanciato severissime discussioni tra i vescovi e in tutto il mondo cattolico laico e religioso, essa arriva proprio dagli studi di Cereti, che un “cannone” teologico del calibro del cardinale Walter Kasper, uno dei grandi prelati riformisti di questo millennio e di quello precedente, ha raccolto e portato nelle mani del papa.
Si racconta che sia andata proprio così: il libro di Cereti sul matrimonio e sul problema dei divoziati è statoportato nel Collegio di Santa Marta nelle mani del papa proprio dall’eminenza tedesca, che vi ha messo sopra tutta la sua grande scienza teologica e il suo prestigio indiscutibile.
Nessun peccato è così grave da non poter essere perdonato da Dio: così è sempre stato e la Chiesa primitiva, quella del primo millennio, da questo principio partiva, ad esempio, per consentire il permesso di un secondo matrimonio a chi aveva rotto il primo. La dottrina di quella “Grande Chiesa” era stata di ammettere un perdono connesso ad alcuni peccati che suscitavano una capacità di rimessione diversa. Oggi che papa Francesco sta per varare la rivoluzione potremmo dire che quella rimessione era e sta per diventare più “piena”.
La capacità dimostrata dal prete teologo genovese Giovanni Cereti è nel corso di tutti questi anni quella di essere stato insistente, testardo, deciso, con la sicurezza di chi ha trovato radici profonde nelle proprie convinzioni, scovando nelle carte del Concilio di Nicea, per esempio, il perdono concesso ai scismatici novazionisti: una apertura che consentiva altri tipi di perdono, come quello agli sposati tenuti lontano dai sacramenti per il divorzio, la separazione, la rottura delle prime nozze.
Questa intuizione a cercare una strada di perdono o, come si dice oggi, di conciliazione, Cereti l’aveva avuta nei primi anni del suo ministero, come ha raccontato con dovizia di esempi a Blitzquotidiano nella sua prima intervista.
Allora gli era capitato di essere spedito, da giovane curato, in parrocchie genovesi di periferia, dove aveva sperimentato i casi di coppie con figli, che non avevano mai potuto regolarizzare la loro posizione e che di fatto erano rimaste fuori dalla Chiesa per l’impossibilità di comunicarsi. Erano divorziati, come quella signora che dopo un matrimonio-lampo aveva trovato un nuovo compagno e si era costruita una vita con figli e dopo 25 anni, incontrando il giovane sacerdote, gli aveva confessato il suo grande disagio. “Si sentiva come un cane bastonato per quella impossibilità di avvicinarsi alla Comunione e per quella sensazione di non potere essere perdonata per un errore giovanile, al quale si era sovrapposta una vita intera….”, aveva raccontato Cereti.
Oggi Cereti non è cambiato, ha ottantatrè anni e una lunga vita nella Chiesa, dove spesso è stato tenuto a distanza dai vertici proprio per quegli studi, quei libri spesso censurati, quasi messi al bando, quelle prese di posizioni di riforma, di apertura, lontane dalla linea tradizionale. Sorride sereno anche quando gli chiedi se ha incontrato il Papa, se ha potuto parlargli personalmente della sua convinzione così a lungo studiata, approfondita e se ora prova almeno un senso di rivalsa per essere stato tenuto tanto a lungo “in castigo” dalla Chiesa ufficiale.
No, Cereti il Papa non lo ha ancora incontrato. Quel libro che, comunque, cambierà una parte della storia moderna della Chiesa e aprirà un portone chiuso per secoli e secoli, è arrivato a Francesco indirettamente, ma questo non vuole dire nulla per il prete genovese, che ha lavorato duramente, non certo in silenzio, perchè i libri spesso “urlano” anche le verità che scottano e che cambiano la dottrina e certi suoi pilastri.

7 commenti:

  1. venghino venghino la nuovissima chiesa aspetta tutti ma proprio tutti....senza bisogno di lasciare il peccato......più è grave più sei gradito.....ma con Gesù che ha detto vai e non peccare più perchè no ti accada di peggio......come la mettiamo????!!!!che giustificazione possono mai dare?cambiati i tempi?Gesù si è modernizzato?.......mah!mi sembra che invece di portare le anime alla vita eterna le stanno instradando alla dannazione eterna......aiaiai....aiaiai.......tempi di tenebra......

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  2. Sono sgomenta, sono triste e non ne posso più . Quasi quasi mi faccio atea , tanto in paradiso ci vanno tutti. jane

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  3. DOBBIAMO TORNARE AL CONCILIO DI TRENTO!!!

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  4. Come chiede Maria SS . Uniamoci nella preghiera e restiamo fedeli ai 10 Comandamenti TUTTI! ed al resto penserà lei a schiacciare la testa al demonio e a trionfare con il Suo Cuore Immacolato!

    Tutto è scritto .
    Gli inferi non prevarrano dice Gesù !

    Forza e coraggio . .chiediamo il dono della FEDE
    per poter affrontare con Maria la tribolazione che verrà ma che ci porterà il Regno di Dio in terra .

    W Gesù E W MARIA !

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    Tutto è scritto .
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