La vera posta in gioco
In un bollettino della massoneria giudaica dei primi anni del secolo scorso si afferma che la Chiesa Cattolica deve essere aiutata a cambiare. A quanto pare sopravvivono ancora dei figli di Caifa che, poveretti, continuano a illudersi di poter chiudere i conti col Nazareno. Visto che l’odio distruttivo scatenato a più riprese contro la Sua Sposa per interposta persona, nelle varie epoche della storia cristiana, non è valso ad eliminarla dalla scena, han pensato bene di infiltrarsi nel suo corpo direttivo per adulterarne la natura (ignorando ovviamente, per carenza di cognizioni adeguate in materia, che ciò non è possibile). Sta di fatto che, almeno da un certo punto di vista, sono riusciti nel loro perfido intento: a un secolo di distanza si stenta a riconoscere, della Chiesa terrena, lo stesso volto visibile di allora – o meglio non lo si riconosce più.
Simile cambiamento, dai cattolici “aggiornati”, era in realtà considerato un enorme progresso: fino a cinquant’anni fa non si era capito praticamente nulla del Vangelo, che si sarebbe cominciato a comprendere e a vivere soltanto con il Vaticano II. Oggi, però, essi appaiono ormai surclassati: di quel Concilio che fino a pochi anni orsono era tenuto per verità assoluta e indiscutibile, stranamente non si parla più, così come di qualsiasi altra cosa risalga a una data precedente a quel fatidico 13 marzo 2013, che ha segnato l’inizio di una nuova èra. È nata la Chiesa di papa Francesco, con una nuova dottrina, una nuova prassi e una nuova morale. In conferenze, omelie e interventi vari, vescovi, cardinali o semplici sacerdoti lo acclamano anzi salvatore della Chiesa, profondendosi in elogi entusiastici e scomunicando senza appello – in nome della misericordia – chi non fosse dello stesso parere…
Indubbiamente è un’altra religione, non quella che abbiamo ricevuto da bambini. Abbiamo sempre creduto in Cristo quale unico salvatore, nella Sua parola come verità immutabile, nel Suo sacrificio come redenzione universale e nella Sua grazia come indispensabile mezzo di salvezza. Ora questi signori vorrebbero farci credere che tutto questo sia superato: nessuno di loro, ovviamente, osa affermarlo in termini espliciti, ma il succo del discorso è quello. Basta essere buoni (ognuno a modo suo), rispettare la legge (umana) e fare la raccolta differenziata dei rifiuti… In termini tecnici, è ciò che si chiama giustificazione mediante le opere; in parole povere, un regresso del cristianesimo al giudaismo, in nome di quel Gesù che non sarebbe altro che un ebreo vissuto nel I secolo (dopo Cristo, per l’appunto). Forse non tutti sanno, tuttavia, che il giudaismo di oggi non è il medesimo della sua epoca, ma piuttosto una continuazione di quel rabbinismo con cui il Figlio di Dio non andava molto d’accordo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti…». Ricordate?
Ma che c’entrano gli Ebrei con papa Francesco? C’entrano eccome: sono amici per la pelle. Già da arcivescovo di Buenos Aires, il buon Bergoglio ha “concelebrato” con i rappresentanti della più potente loggia giudaica (la Bᵉnè Bᵉrith) raccolti con lui intorno all’altare; poi, trasferitosi a Roma, li ha solennemente ricevuti in Vaticano. Uscendo da un lungo colloquio con lui, Shimon Perez ha dichiarato che è finalmente giunto il momento di unire tutte le religioni – eliminando evidentemente tutto ciò che possa distinguerle. Al Congresso degli Stati Uniti e nel Palazzo di Vetro, il pontefice uscito da un ambiente ecclesiale fieramente antiglobal e antiamericano è stato acclamato come un profeta da centinaia di delegati rapiti in estasi. Eppure si presenta come il papa dei poveri, degli ultimi, dei diseredati… Come fa a piacere tanto a chi li opprime e li affama dettando ai governi dei Paesi sottosviluppati scelte, programmi e politiche?
C’è qualcosa che non torna… a meno che non si ammetta – come suggerito da qualcuno – che questo papa sia stato voluto proprio da loro. Ultimamente si è tornati a parlare delle dimissioni di Benedetto XVI, annunciate in circostanze quanto meno inquietanti: proprio in quei giorni lo Stato della Città del Vaticano era stato escluso dalla rete SWIFT, sorta di camera di compensazione finanziaria che consente le transazioni di denaro a livello mondiale; ciò significa che qualsiasi operazione economica da parte del Vaticano (fosse pure un semplice prelievo o acquisto con carta di credito) era stata bloccata, con conseguenze a dir poco catastrofiche. Pare che, appena avvenuto l’annuncio delle dimissioni (redatto oltretutto in un latino piuttosto improbabile), il collegamento sia stato ripristinato. Certamente non sarà stata questa l’unica causa scatenante, ma in una situazione che, dopo lo scandalo Vatileaks, si era rivelata ingovernabile, questo potrebbe essere stato l’ultimo scossone per convincere l’odiatissimo ottuagenario a mollare la barra della barca di Pietro. In fin dei conti era il solo che ancora si opponeva ai progetti perversi dei nemici di Dio (gender, mondialismo, relativismo assoluto…), la cui realizzazione, proprio a partire da quel momento, ha conosciuto un’accelerazione impressionante.
Ci sarà senz’altro chi, come al solito, griderà al complottismo… Il fatto è che il sistema SWIFT è controllato dagli Stati Uniti, le cui finanze, a loro volta, sono controllate dalla massoneria giudaica. I conti cominciano a quadrare, soprattutto se si sommano gli intrighi del cosiddetto gruppo di San Gallo, composto di quei cardinali che, per esplicita ammissione di uno di loro, fin dall’inizio del pontificato di papa Ratzinger hanno tramato per boicottarlo (o forse ne hanno addirittura favorito l’elezione con il proposito di approfittarne per esasperare la tensione all’interno della Chiesa e nei suoi rapporti con il mondo) e preparato poi l’elezione successiva. Luciferina astuzia dei Giuda che in ogni epoca, per misteriosa permissione della Provvidenza, si mescolano agli Apostoli e ai loro successori… Con le buone o con le cattive, insomma, bisognava togliere di mezzo chi tratteneva (il katéchōn di paolina memoria) quel cambiamento radicale della Chiesa che i suoi avversari avevano di mira, sostituendolo con qualcuno che fosse invece d’accordo con loro.
Il fatto è che secondo san Paolo – ciò che chiunque può leggere nella Bibbia, loro compresi – questo momentaneo trionfo del mysterium iniquitatis prelude al ritorno glorioso di Cristo sulla terra. Per noi, che pur gemiamo nella prova, questo è un eccezionale motivo di consolazione; per quelli, al contrario, dovrebbe esserlo di preoccupazione, se credessero nel carattere ispirato della Sacra Scrittura. In ogni caso, il diavolo sa per certo che gli rimane poco tempo; forse non lo sanno i suoi adepti, che stanno manovrando il Sinodo dei Vescovi – checché ne dicano, a livello ufficiale, i pinocchi dal chilometrico naso – per far definitivamente trionfare le loro idee perverse. A questo punto, se i Pastori fedeli non alzano la voce, grideranno le pietre… Quanto più abbiamo il diritto e il dovere di farlo noi, che avemmo un giorno un cuore di pietra, certo, ma abbiamo ricevuto da Maria immacolata la grazia di vedercelo cambiare dal Suo primogenito in cuore di carne, un cuore da figli plasmato da quella Parola che non passerà mai, a differenza di cielo e terra.
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