ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 19 novembre 2015

Perché, allora, questo silenzio?

Sinodo sopravvalutato. Nella Chiesa c'è prima di tutto una crisi di fede


È ciò che sostiene il cardinale africano Robert Sarah nel suo libro "Dio o niente" e nella discussione che ne è seguita. In esclusiva l'anticipazione di un suo intervento, sul prossimo numero de "L'Homme Nouveau"

di Sandro Magister


ROMA, 19 novembre 2015 – Nelle quattro pagine fitte del dossier che la rivista cattolica francese "L'Homme Nouveau" si appresta a pubblicare nel suo prossimo numero, la parola "sinodo" non ricorre neanche una volta. E tanto meno vi si trova citata la "Relatio finalis" che i padri sinodali hanno consegnato al papa.

Eppure, tra gli argomenti toccati nel dossier vi sono quelli che nel doppio sinodo sulla famiglia sono stati i più controversi, dall'omosessualità alla comunione ai divorziati risposati.

E soprattutto, l'autore del dossier è stato un protagonista del sinodo di assoluto rilievo. È il cardinale Robert Sarah, 70 anni, guineano, nominato un anno fa da papa Francesco prefetto della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, quindi con competenza ed autorità proprio riguardo ai tre sacramenti al centro delle discussioni sinodali: il matrimonio, l'eucaristia e la penitenza.

Perché, allora, questo silenzio?

Il cardinale Sarah è diventato noto in tutto il mondo per lo straordinario interesse che ha suscitato quest'anno il suo libro intitolato "Dio o niente", edito in Italia da Cantagalli.

Un libro che fin dal titolo mette in cima alle questioni vitali della cattolicità la crisi di fede che l'attraversa.

Dai lettori di questo suo libro sono arrivati a Sarah molti commenti, favorevoli e contrari. E nel dossier che sta per uscire su "L'Homme Nouveau" il cardinale risponde a un buon numero delle obiezioni ricevute.

Ma appunto, ciò che anche queste obiezioni rivelano ha convinto ancor più il cardinale Sarah che il caso serio della Chiesa di oggi è proprio una crisi di fede.

Una crisi che è anteriore alle questioni dibattute nel sinodo, perché tocca i fondamenti stessi della fede cattolica e mette allo scoperto un diffuso analfabetismo riguardo all'insegnamento secolare della Chiesa, presente anche tra il clero, cioè proprio tra chi dovrebbe fare da guida ai fedeli.

Arriva a dire il cardinale, a proposito del sacramento dell'eucaristia:

"La Chiesa intera ha sempre tenuto fermo che non si può fare la comunione avendo coscienza di essere in stato di peccato mortale, principio richiamato come definitivo da Giovanni Paolo II nel 2003 nella sua enciclica 'Ecclesia de Eucharistia'", sulla base di quanto decretato dal concilio di Trento.

E subito dopo aggiunge:

"Nemmeno un papa può dispensare da una tale legge divina".

Qui di seguito c'è l'anticipazione – gentilmente autorizzata da "L'Homme Nouveau" – di una parte del dossier, nel quale si nota come, per rispondere ai suoi obiettori sulle questioni discusse nel sinodo, il cardinale Sarah debba prima di tutto rinfrescare in essi i dati elementari della dottrina, comprese quelle costituzioni dogmatiche del concilio Vaticano II tanto citate ma poco conosciute per quello che dicono davvero.

Il dossier uscirà sulla rivista francese nel numero datato 21 novembre 2015:

> L'Homme Nouveau

Eccone dunque un'anticipazione, con titoli redazionali. 

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Quattro obiezioni, quattro risposte e una conclusione

di Robert Sarah



1. LA DOTTRINA, VOTIAMOLA A MAGGIORANZA


D. – Secondo uno dei miei obiettori, la Chiesa cattolica "non è solo la gerarchia dei vescovi, compreso quello di Roma, ma è l'insieme dei battezzati. Per dire qual è la 'posizione della Chiesa' sarebbe quindi legittimo assumere il parere di questa maggioranza".

R. – La prima affermazione è esatta. Ma il pensiero dei fedeli non rappresenta la "posizione della Chiesa" se non è esso stesso in accordo con il corpo dei vescovi.

Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica "Dei Verbum", n. 10: "L'ufficio d'interpretare autenticamente la parola di Dio, scritta o trasmessa, è affidato al solo magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo".

Inoltre, non si tratta di maggioranza, ma di unanimità. Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica "Lumen gentium", n. 12:

"La totalità dei fedeli, avendo l'unzione che viene dal Santo (cfr. 1 Gv 2,20 e 27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando, dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici, mostra l'universale suo consenso in cose di fede e di morale. E invero, per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, e sotto la guida del sacro magistero, il quale permette, se gli si obbedisce fedelmente, di ricevere non più una parola umana, ma veramente la parola di Dio (cfr. 1 Ts 2,13), il popolo di Dio aderisce indefettibilmente alla fede trasmessa ai santi una volta per tutte (cfr. Gdc 3), con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l'applica nella vita".

Infine, questa unanimità è una condizione sufficiente per dichiarare che un'asserzione è nel deposito rivelato di Dio (come nel caso dell'Assunzione di Maria), ma non è una condizione necessaria: può avvenire che il magistero definisca solennemente una dottrina di fede prima che l'unanimità sia raggiunta (come per l'infallibilità pontificia, nel concilio Vaticano I).


2. LA COMUNIONE A TUTTI, SENZA DISCRIMINAZIONI


D. – Secondo un obiettore di cui ammiro la fedeltà nel sacerdozio, migliaia di preti non esitano a dare la comunione a tutti.

R. – Anzitutto notiamo l'assenza di autorità dottrinale di questa miriade di ministri sacri, per altri versi sicuramente rispettabili. Inoltre, checché ne sia dell'autenticità di questa "statistica", questa posizione mescola, tra le persone che vivono in uno stato notorio e abituale di peccato (ad esempio adulterio e infedeltà permanente al proprio coniuge, furti frequenti e gravi negli affari):

a) un fedele che finalmente si pente con il fermo proposito di evitare di cadere in futuro, riceve quindi la santa assoluzione e di conseguenza può accostarsi alla santa eucaristia, e

b) il fedele che non vuole cessare in futuro dal compiere atti di una colpevolezza oggettiva grave, contraddicendo la Parola di Dio e l'alleanza significata precisamente dall'eucaristia.

Quest'ultimo caso esclude il "fermo proposito" definito dal concilio di Trento come necessario per essere perdonati da Dio. Precisiamo che questo fermo proposito non consiste nel sapere che non si peccherà più, ma nel prendere con la propria volontà la decisione di impiegare i mezzi atti a evitare il peccato. Senza fermo proposito (e salvo un'ignoranza totale non colpevole), un tale cristiano resterebbe in uno stato di peccato mortale e commetterebbe un peccato grave comunicandosi.

Dal momento che nell'ipotesi il suo stato è conosciuto pubblicamente, i ministri della Chiesa, da parte loro, non hanno alcun diritto di dargli la comunione. Se lo fanno, il loro peccato sarà più grave davanti al Signore. Sarebbe inequivocabilmente una complicità e una profanazione premeditata del Santissimo Sacramento del Corpo e del Sangue di Gesù.


3. RISPOSATA E ATTIVA IN PARROCCHIA. PERCHÉ NIENTE COMUNIONE?



D. – Una persona che mi scrive e la cui età ispira il più grande rispetto evoca il caso di una cattolica, divorziata in seguito a violenze coniugali, che vive come "risposata" ma partecipa intensamente alla vita della sua parrocchia. Ciò non dovrebbe incitarci a dare la santa comunione a questa persona?

R. – Riconosco la generosità di cuore soggiacente all'obiezione. Ma questa mescola o dimentica diversi aspetti. Eccoli.

1. Se si subiscono violenze coniugali, si ha il diritto di lasciare il proprio coniuge (Codice di diritto canonico, canone 1153).

2. La Chiesa permette di chiedere con il divorzio gli effetti civili di una separazione legittima (Giovanni Paolo II, 21 gennaio 2002, discorso alla Rota romana). Il semplice divorzio non esclude dai sacramenti.

3. Un coniuge che si abbandona in modo abituale a delle violenze coniugali soffre probabilmente di una malattia psichica, che forse è causa di nullità del suddetto matrimonio fin dall'inizio (Codice di diritto canonico, canone 1095 § 3).

4. Se la Chiesa dichiara la nullità del primo matrimonio, la vittima potrebbe contrarne un altro, posto che vi siano le altre condizioni di questo sacramento.

5. Può capitare che un divorziato, per delle ragioni importanti, per esempio l'educazione di figli, non possa lasciare il suo secondo coniuge. In questo caso, per potere essere assolto e accedere alla santa comunione, la persona deve impegnarsi a non compiere più con questo secondo coniuge gli atti che, secondo la legge divina, sono riservati ai veri sposi ("Familiaris consortio", n. 84). Ora, l'esperienza di numerose coppie mostra che se ciò spesso è molto difficile, nondimeno è possibile con l'aiuto della grazia di Dio, una direzione spirituale e la pratica frequente del sacramento della riconciliazione. In effetti quest'ultima permette, in caso di cadute, di ripartire più fermamente sulla buona strada, progredendo gradualmente verso la castità.

6. La partecipazione alla vita parrocchiale di un divorziato risposato non ancora pronto a promettere la castità dispone precisamente ad aprire il proprio cuore alla grazia di fare questa promessa necessaria ("Familiaris consortio", n. 84).


4. LA FAMIGLIA AFRICANA NON È QUELLA CHE CI DITE



D. – Secondo una altro prete che si appoggia alla sua esperienza di missionario "Fidei donum" in Africa, la famiglia africana non corrisponderebbe alla descrizione che ne ho dato.

R. – Io non so di quale paese e diocesi africana parli questo prete. Ma in Africa occidentale, malgrado la presenza massiccia dell'islam, nella pura tradizione dei nostri antenati il matrimonio è monogamico e indissolubile. Ne parlo nel mio libro "Dio o niente". Ho quindi affermato che "a tutt'oggi, la famiglia in Africa resta stabile, solida, tradizionale".

Non intendevo in alcun modo dire che la famiglia africana non cristiana sarebbe un modello, poiché essa soffre evidentemente dell'impronta del peccato e conosce anch'essa le sue difficoltà. Intendevo semplicemente dire che nella cultura africana in generale:

1. la famiglia resta fondata su una unione eterosessuale;

2. il matrimonio è visto senza il divorzio, malgrado il paradigma della poligamia simultanea;

3. è aperto alla procreazione;

4. i legami familiari sono visti come sacri.

Non è proprio questo che ha voluto sottolineare il mio corrispondente missionario? (Sottolineo qui la generosità dei "Fidei donum", cioè dei preti diocesani occidentali che si fanno evangelizzatori volontari in paesi di missione).

D'altra parte, la questione che egli solleva è un altra: è quella dell'eventuale progressività graduale della pastorale dell'evangelizzazione delle famiglie non cristiane, ancora imbevute di deviazioni provocate dal peccato, ma delle quali alcune tradizioni possono essere evangelizzate e servire da punto di partenza per l'annuncio del Cristo.

In ogni caso, se il mio corrispondente sembra implicitamente accusarmi d'aver ridotto "la famiglia africana" a quella che vive l'ideale cristiano, neppure si può ridurla in senso inverso alla tipologia poligama, sia di religione "tradizionale", sia musulmana.


CONCLUSIONE. IL MAGISTERO DELLA CHIESA, QUESTO SCONOSCIUTO



Per concludere, mi sento ferito nel mio cuore di vescovo, nel constatare una tale incomprensione dell'insegnamento definitivo della Chiesa da parte di confratelli sacerdoti.

Non posso permettermi di immaginare come causa d'una tale confusione altro che l'insufficienza della formazione dei miei confratelli. E in quanto responsabile per tutta la Chiesa latina della disciplina dei sacramenti, sono tenuto in coscienza a ricordare che  il Cristo ha ristabilito il disegno originario del Creatore di un matrimonio monogamico, indissolubile, ordinato al bene degli sposi, come pure alla generazione e all'educazione dei figli. Egli ha inoltre elevato il matrimonio tra battezzati al rango di sacramento, significante l'alleanza di Dio con il suo popolo, proprio come l'eucaristia.

Ciò nonostante, esiste anche un matrimonio che la Chiesa chiama "legittimo". La dimensione sacra di questo matrimonio "naturale" ne fa un elemento d'attesa del sacramento, a condizione che rispetti l'eterosessualità e la parità dei due sposi quanto ai loro diritti e doveri specifici, e che il consenso non escluda la monogamia, l'indissolubilità, la perpetuità e l'apertura alla vita.

Viceversa, la Chiesa stigmatizza le deformazioni introdotte nell'amore umano: l'omosessualità, la poligamia, il maschilismo, la libera unione, il divorzio, la contraccezione, ecc. In ogni caso, essa non condanna mai le persone. Ma non le lascia nel loro peccato. Come il suo Maestro, ha il coraggio e la carità di dire loro: va e d'ora in poi non peccare più.

La Chiesa non solo accoglie con misericordia, rispetto e delicatezza. Invita fermamente ala conversione. Al suo seguito, io promuovo la misericordia verso i peccatori – lo siamo tutti – ma anche la fermezza di fronte ai peccati incompatibili con l'amore verso Dio, professata con la comunione sacramentale. Non è questo se non imitare l'attitudine del Figlio di Dio che si rivolge alla donna adultera: "Neppure io ti condanno. Va e d'ora in poi non peccare più" (Gv 8, 11)?

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Sul libro "Dio o niente", edito in Italia da Cantagalli, e sul suo autore:

> Un papa dall'Africa nera (10.4.2015)

La "recensione" del libro fatta dal papa emerito Benedetto XVI, in una lettera al cardinale Sarah:

"Ho letto 'Dieu ou rien' con grande profitto spirituale, gioia e gratitudine. La sua testimonianza della Chiesa in Africa, della sua sofferenza durante il tempo del marxismo e di una vita spirituale dinamica, ha una grande importanza per la Chiesa, che è un po' spiritualmente stanca in Occidente. Tutto ciò che lei ha scritto per quanto riguarda la centralità di Dio, la celebrazione della liturgia, la vita morale dei cristiani è particolarmente rilevante e profondo. La sua coraggiosa risposta ai problemi della teoria del 'genere' mette in chiaro in un mondo obnubilato una fondamentale questione antropologica".

Sarah è stato anche uno degli undici cardinali che alla vigilia del sinodo dello scorso ottobre si sono pronunciati in difesa della dottrina e della pastorale tradizionali del matrimonio in un libro edito in inglese da Ignatius Press, in italiano da Cantagalli, in francese da Artège, in tedesco da Herder e in spagnolo da Ediciones Cristiandad.

Ed è stato pure uno degli undici vescovi africani, tra i quali sette cardinali, che sempre alla vigilia del sinodo hanno richiamato l'attenzione sull'apporto dell'Africa all'attuale stagione della Chiesa, in un libro edito in inglese da Ignatius Press e in italiano da Cantagalli:

> Erano cinque e ora sono diciassette i cardinali anti-Kasper (31.8.2015)

Sarah è stato inoltre uno dei tredici cardinali che all'inizio del sinodo hanno espresso a papa Francesco le loro "preoccupazioni" in una lettera a lui consegnata personalmente:

> Tredici cardinali hanno scritto al papa. Ecco la lettera (12.10.2015)

E i padri sinodali l'hanno successivamente eletto tra i dodici loro rappresentanti nel consiglio di cardinali e vescovi che resterà in carica fino al prossimo sinodo.

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Un importante articolo pubblicato dal cardinale Sarah su "L'Osservatore Romano" del 12 giugno 2015, nel suo ruolo di guida della liturgia cattolica:

> Silenziosa azione del cuore. Per leggere e applicare la costituzione del Vaticano II sulla liturgia

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"L'Homme Nouveau" ha anche l'esclusiva della distribuzione in Francia dell'edizione in lingua francese de "L'Osservatore Romano".

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351180

Intervista con Mons. Athanasius Schneider

di Anne Le Pape
Pubblicata sul quotidiano francese Présent del 13 novembre 2015






Monsignore, Lei ha partecipato all’elaborazione del libro Le Synode sur la famille en 100 questions, [Opzione preferenziale per la Famiglia – Cento domande e cento risposte intorno al Sinodo” (Edizioni Supplica Filiale)] molto chiaro e sempre d’attualità. A chi si rivolge questo libro?

Il libro si rivolge innanzi tutto alle famiglie, ai genitori cristiani, ai fidanzati e soprattutto a tutti coloro che lavorano all’apostolato e alla pastorale familiare. Ai giorni nostri regna una gran confusione riguardo alla verità sul matrimonio e la famiglia, sia nel dominio della legge naturale sia nel dominio delle verità rivelate e della vita disciplinare della Chiesa. Per questo motivo i fedeli hanno bisogno di essere muniti di una conoscenza sicura e senza equivoci, per essere pronti a confessare la verità divina sul matrimonio e la famiglia davanti a chiunque chieda ragione di questa verità (Cfr. I Pt 3, 15). Essi devono essere fermi e immutabili nella loro convinzione e nella loro confessione (cfr. Eb 10, 23), immunizzati contro i sofismi e gli astuti stratagemmi della nuova ideologia mondiale sul gender, che è riuscita a trovare dei collaboratori nel seno stesso della Chiesa, specialmente nei ranghi del clero.
Sfortunatamente, ai giorni nostri, presso un numero considerevole di preti e perfino di vescovi, si riscontra una conoscenza insufficiente dei testi del Magistero passato e dei due ultimi pontificati, testi che tuttavia restano validi in perpetuo. È questa la ragione per la quale l’argomentazione del nostro libro si basa principalmente sui testi del Magistero. Esso, quindi, può essere utile anche al clero.

Le domande poste sono estremamente dirette. Sono state ispirate da obiezioni che i tre autori, tra cui Lei [Mons. Aldo di Cillo Pagotto, SSS (arcivescovo di Paraíba, Brasile), Mons. Robert F. Vasa (vescovo di Santa Rosa, California) e Mons. Athanasius Schneider (vescovo ausiliare di Astana, Kazakhstan). Prefazione del Cardinale Jorge A. Medina Estévez, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino], hanno avuto modo di ascoltare in quanto pastori?

Certo, una parte delle obiezioni esposte e alle quali noi rispondiamo provengono dalla vita concreta dei fedeli. Un’altra parte presenta le obiezioni tipiche dell’ideologia dominante, che sono diventate le obiezioni della parte influente della nomenclatura ecclesiastica.

Un intero passo del libro analizza la distorsione del vocabolario, come per esempio l’uso distorto del termine «discriminazione» o quello che gli autori chiamano «parole talismano». Pensate dunque che nel dominio religioso la scelta e il mantenimento delle parole sia importante?

Da alcuni decenni possiamo osservare nell’ambito ecclesiale un’atmosfera in cui predomina l’ambiguità dottrinale che viene espressa con termini e parole imprecise, spesso portatrici di emozioni. Un tale metodo intellettuale e un tale linguaggio assomigliano molto al fenomeno dello gnosticismo cristiano del II secolo, che è stato magistralmente analizzato, smascherato e confutato da Sant’Ireneo di Lione nella sua opera Adversus haerese. La Chiesa odierna ha un bisogno pressante di un nuovo Sant’Ireneo di Lione!

Quali conclusioni trae dallo svolgimento della seconda parte del Sinodo, appena conclusasi?

L’ultima assemblea del Sinodo ha mostrato al mondo intero l’immagine di un episcopato profondamente diviso, e questo a proposito di questioni dottrinali e disciplinari già definite dal Magistero pontificio e dal Magistero ordinario e universale, in particolare: la grave immoralità e il carattere contro natura degli atti di sodomia, e cioè l’omosessualità praticante, l’impossibilità di ammettere degli adulteri impenitenti ai sacramenti, l’immoralità di tutte le forme pratiche di divorzio. Dopo la crisi ariana del IV secolo, non s’era mai sentito dire che dei vescovi cattolici abbiano proferito insolentemente e senza vergogna delle eresie o delle semi-eresie in un’assemblea ufficiale della Chiesa. Nel corso delle sessioni del sinodo, il mondo è stato testimone di questo fatto costernante.
Inoltre, è stato parimenti manifesto che il controllo delle principali strutture amministrative del sinodo («i corridoi del potere») erano decisamente nelle mani di ecclesiastici che simpatizzavano per le dottrine suddette e per le pratiche semieretiche. Resta dunque l’impressione che ai giorni nostri nella Chiesa si abbia la libertà e il diritto di propagare impunemente delle teorie eterodosse e che alla fine si possa essere ricompensati per questo. La natura del ministero magisteriale dei vescovi consiste nel conservare e amministrare fedelmente il deposito della fede, di cui essi non sono i proprietarii. Una delle espressioni più importanti di questo ministero consiste nella delucidazione delle verità cattoliche, senza cambiarne il senso. Nel sinodo, invece, si è prodotta un’eclissi della verità, causando una situazione di generale confusione per quanto riguarda la disciplina della Chiesa sui divorziati risposati. Il papa San Gregorio I, nella «Regola pastorale, II, 7» spiega che i vescovi, nella testa del corpo della Chiesa, hanno la funzione degli occhi, e nel caso in cui i vescovi si adattino allo spirito del mondo, finiscono col riempirsi gli occhi di una polvere che li acceca.

Le preoccupazioni che Lei ha espresso sull’avvenire della famiglia, si sono rivelate fondate? Alcuni padri sinodali temevano che si producessero delle dichiarazioni ambigue. Cosa è successo?

Fra le diverse dichiarazioni ambigue, vorrei segnalare quelle che considero come le più pericolose, perché minano alla base le verità cattoliche:
- L’accento sulle qualità positive delle persone che vivono in uno stato oggettivo e permanente di peccato, minimizzando così la realtà del male e la sua gravità. Si tratta di una sorta di mimetizzazione morale e di mistificazione spirituale.
- L’applicazione impropria e inammissibile del principio di imputabilità morale al caso delle unioni coniugali irregolari. Cosa che presuppone, o quanto meno favorisce, la teoria dell’“opzione fondamentale” e la teoria della negazione della distinzione tra peccato veniale e peccato mortale o grave, teorie già condannate dal Magistero.
- Far dipendere in fin dei conti l’ammissione alla Santa Comunione dalla decisione degli stessi divorziati, secondo il loro stato di coscienza e il loro discernimento in “foro interno”, con l’aiuto del confessore, senza l’esigenza di una vita di completa continenza. Questo apre la porta al principio del giudizio soggettivo, alla maniera protestante, e dunque ad una sorta di “protestantizzazione”.
- Far dipendere questa ammissione alla Santa Comunione dei divorziati risposati, dall’orientamento del vescovo locale. Cosa che apre le porte al principio del particolarismo dottrinale e disciplinare e dunque ad una sorta di “anglicanizzazione”, che conduce alla dissoluzione della vera cattolicità

La conclusione di questo libro sul sinodo esorta all’azione e interdice ogni sterile lamento. E’ per Lei un punto importante?

E’ sicuramente un punto importante. I veri cattolici conoscono bene la fede divina e le sue verità dottrinali e pratiche. Infatti, noi crediamo, comprendiamo le verità di fede, celebriamo la liturgia e in sostanza viviamo come hanno creduto, come hanno compreso, come hanno celebrato e come hanno vissuto i nostri antenati e tutte le generazioni di cattolici dai tempi degli Apostoli fino ai tempi dei nostri nonni e dei nostri genitori. Questa conoscenza della fede, questa convinzione nella fede, questo orgoglio santo della fede e questa gioia della fede sono la nostra vera proprietà, la quale ci è stata consegnata da Dio nel battesimo. Di come amministriamo questa santa proprietà dei talenti della fede cattolica, Dio chiederà conto ad ognuno di noi, a cominciare dai detentori del Magistero fino al più semplice fedele. E anche se alcuni detentori del Magistero, durante l’ultimo sinodo, hanno appannato la purezza della dottrina e della pratica della tradizione cattolica, questo non dovrebbe diminuire la nostra fedeltà e la nostra certezza, ma anzi dovrebbe infiammare lo zelo nel confessare e difendere la fede, e nessuno ci toglierà «la gioia della nostra fede» (Gv 16, 23). «La vittoria che trionfa è la nostra fede» (1 Gv 5, 4).
Nel contesto dei due ultimi sinodi abbiamo visto, e vedremo ancora, come la saggezza e la vera misericordia di Dio permettono che nella Chiesa la fedeltà e la purezza della fede dei piccoli trionfino sulla manchevolezza, sul tradimento e sull’inganno in materia di fede di alcuni membri di un gruppo o di una corrente potente nella struttura visibile della Chiesa di oggi.
Tuttavia, secondo le parole della Beata Vergine Maria, Dio ama «rovesciare i potenti dai troni e innalzare gli umili» (cfr. Lc 1, 52). Questi umili e piccoli, nella Chiesa odierna, sono tutti coloro che hanno conservato la fedeltà e la purezza della dottrina, della vita e della pratica cattoliche, a cominciare dai bambini, dalle famiglie e fino ai vescovi. In questo senso possiamo comprendere le parole del concilio Vaticano II, che restano luminose e consolanti nella confusione dei nostri tempi: «La totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo, (cfr. 1 Gv 2,20 e 27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando “dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici” (Sant’Agostino, De Praed. Sanct. 14, 27) mostra l’universale suo consenso in cose di fede e di morale. E invero, per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, e sotto la guida del sacro magistero, il quale permette, se gli si obbedisce fedelmente, di ricevere non più una parola umana, ma veramente la parola di Dio (cfr. 1 Ts 2,13), il popolo di Dio aderisce indefettibilmente alla fede trasmessa ai santi una volta per tutte (cfr. Gdc 3), con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l'applica nella vita.» (Lumen Gentium, 12).

1 commento:

  1. Mi pare che il Card. Sarah abbia parlato e scritto molto. Era tra i firmatari della lettera al papa , al Sinodo ha bloccato praticamente da solo ogni fuga in avanti sul tema omosex , ha scritto un libro e tiene conferenze.
    Dice la verità in maniera chiara e senza preoccupazioni di sorta.

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