ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 1 dicembre 2015

Insidiato dal Diavolo ?

La più grande menzogna dei nostri tempi ansiosi

L'aumento delle temperature indotto dall'uomo è un falso: non c'è nesso con le emissioni di Co2
Quella del riscaldamento globale indotto dalle attività umane è la più grande menzogna del secolo scorso. Ripetuta tante di quelle volte che alla fine i più si sono convinti che è vera.








Perfino Papa Bergoglio, che con la Sua ultima Enciclica ha dato prova di essere stato insidiato dal Diavolo. Non sarebbe la prima volta: chi sennò insidiò Urbano VIII quando costrinse Galileo a sottoscrivere l'atto di abiura?Bergoglio oggi come Urbano allora si appella al consenso scientifico. Il fatto è che mai ci si può appellare al consenso scientifico per sostenere l'attendibilità di qualsivoglia affermazione.
Anzi, a dire il vero, è contro il consenso che la scienza fa progressi. Quel che conta sono i fatti. L'acqua è H2O non perché v'è un consenso scientifico, ma perché non v'è alcun fatto che contraddice la formula H2O. Il consenso scientifico ai tempi di Galileo era che la Terra fosse ferma al centro dell'universo e quello ai tempi di Einstein era che l'etere esiste. Come oggi si dice ma non è vero il consenso scientifico è che il caldo di cui gode il pianeta è conseguenza delle attività umane. Il fatto è che il pianeta vive da milioni d'anni in una sorta di perenne stato glaciale, interrotto, ogni centomila anni, da diecimila anni di, detta in gergo, optimum climatico. Orbene, questa nostra umanità sta vivendo nell'ultimo di questi favorevoli periodi. Ed è da ventimila anni, cioè da quando il pianeta cominciò a uscire dall'ultima era glaciale, che i livelli dei mari si sono elevati: di oltre cento metri rispetto ad allora. Né l'attuale optimum climatico ha raggiunto ancora i massimi di temperatura che si raggiunsero, in assenza di attività umane, negli optimum climatici precedenti. Una volta usciti da un'era glaciale, il clima del pianeta non resta immobile in un ideale plateau termico. Per esempio, durante l'ultimo optimum climatico, vi sono stati periodi caldi (olocenico, romano e medievale), intervallati da cosiddette piccole ere glaciali, l'ultima delle quali durò qualche secolo ed ebbe il suo minimo 400 anni fa, quando il clima riprese a riscaldarsi, e sta continuando a farlo fino ad oggi. Ma 400 anni fa, quando cominciò il processo, le attività umane erano assenti, e tali rimasero per almeno 3 secoli. Viviamo in un secolo di monotòno crescente riscaldamento, corrispondente all'inconfutabile monotòna, crescente immissione di gasserra? La risposta è no. Nel periodo 1945-1970, in pieno boom di emissioni, il clima visse un periodo d'arresto, ed è da almeno 14 anni che sta accadendo la stessa cosa: a dispetto di una crescita senza sosta delle emissioni di CO2, la temperatura media del pianeta è al momento stabilizzata ai livelli di 14 anni fa. Abbiamo così fatti a sufficienza per smentire ciò che viene spacciato come consenso scientifico.Nella Sua Enciclica il Papa ha proposto che i Paesi ricchi del mondo costruiscano in quelli poveri gli impianti cosiddetti alternativi di produzione energetica. Non si rende conto, Sua Santità, che questo significa, di fatto, negare ai poveri l'unico bene materiale l'energia abbondante e a buon mercato che solleverebbe la misera condizione in cui essi vivono. Quegli impianti «alternativi», infatti, non funzionano (è un fatto tecnico). Ci s'immagini, per un attimo, che con un miracolo spariscano in un istante tutti gli impianti nucleari, a carbone e a gas dell'Europa e, sempre con lo stesso miracolo, fossero sostituiti da impianti eolici e fotovoltaici di pari potenza a quelli spariti. Si fermerebbero, sì, i climatizzatori contro cui Bergoglio ha sollevato l'indice (che pur tanto sollievo portano alle sofferenze dal caldo e dall'umidità), ma si spegnerebbero anche gli impianti degli ospedali, le fabbriche e tutte le luci. Per farla breve: si smetterebbe di essere Paesi ricchi. Proporre che i Paesi poveri usino solo quegli impianti per il proprio fabbisogno energetico, significa negare loro l'energia, cioè significa condannarli alla povertà. Proporre, poi, che siano i Paesi ricchi a sostenere l'enorme, quanto inutile, sacrificio economico, significa impoverire le popolazioni di questi Paesi a vantaggio di quella ristretta minoranza che, unica, si avvantaggerebbe del miserabile affare. La ristretta minoranza che ha assunto le forme del diavolo che, temo, s'è insinuato nei cuori dei consiglieri del Santissimo Padre.
 - Mar, 01/12/2015 -
«Perdoni, Padre, le mie... emissioni di Co2»
di Kishore Jayabalan29-11-2015
Preparativi per COP21
Come ex addetto alla segreteria per le questioni ambientali al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, sono stato negli uffici delle Nazioni Unite a Nairobi e così ho seguito con grande interesse la visita di Papa Francesco del 26 novembre.
O forse dovrei dire con grande “preoccupazione” perché quello che ho sentito dal Papa è stata un’ampia critica degli “interessi” che sono, a suo parere, direttamente opposti al bene comune e, pertanto, egoisti, immorali e peccaminosi. Francesco ha fatto riferimento ad “ambigui interessi locali o internazionali”, “sarebbe triste... perfino catastrofico che gli interessi privati prevalessero sul bene comune e arrivassero a manipolare le informazioni per proteggere i loro progetti”, la “sottomissione di alcuni in funzione degli interessi degli altri”, la necessità di superare il “mero equilibrio di interessi” e “interessi commerciali e politici”, e, infine, “gli Stati devono mettere da parte gli interessi settoriali e le ideologie”.
È chiaro che Francesco mette sullo stesso piano “interessi” ed egoismo e di conseguenza ha una visione limitata di un sistema economico che promuove la responsabilità individuale attraverso il perseguimento del proprio interesse e profitto. È come se non ci fossero interessi ambientali di per sé, cosa che sembrerebbe una novità per gruppi di pressione come Greenpeace e il Sierra Club.
Eliminare del tutto i gruppi d’interesse sarebbe una cosa molto poco democratica. Il cardine della società civile e delle associazioni di volontariato sta nel fatto che persone interessate si riuniscono insieme per lavorare verso il conseguimento di un obiettivo comune. Dubito fortemente che Papa Francesco pensi che tali gruppi non debbano esistere.
Forse solo alcuni di questi gruppi sono il problema agli occhi del Papa. Purtroppo, elogiando alcuni rispetto ad altri si sta entrando in interessi di parte che egli stesso denigra. Egli pone anche se stesso in contrasto con tutta la tradizione della filosofia politica che riconosce la necessità di equilibrare gli interessi, al fine di realizzare qualsiasi tipo di bene comune.
Tutti i cristiani devono prendersi cura dei poveri, ma questo non significa che chi non ѐ povero non abbia diritti. Né significa che saremo tutti d’accordo sul modo migliore per aiutare i poveri. Ma dobbiamo incoraggiare condivisione e carità, piuttosto che furti e violenze. Favorire una classe o gruppo di interesse rispetto a tutti gli altri sarebbe la ricetta di interminabili sconvolgimenti sociali e caos.
Gli interessi ambientali sono stati e continueranno ad essere equilibrati con la necessità di una crescita economica e le opportunità, soprattutto dopo che i paesi hanno raggiunto un certo livello di benessere materiale che gli permette di poter avere fonti energetiche e tecnologie più pulite. Ma la politica del papa, se possiamo chiamarla così, cerca di andare molto al di là di tali calcoli razionali e chiede una conversione totale per una nuova etica ambientale. Egli denuncia il “nominalismo declamatorio” in cui l’Onu è specializzato e si augura che la COP-21 di Parigi possa essere “trasformatrice”.
Anche se lui dice che questo è “tutto lungi dall’essere un’utopia o una fantasia”,occorre chiedersi che cosa ha impedito agli esseri umani di raggiungere tali nobili obiettivi in passato. Questa è, dopo tutto, la 21ᵃ riunione dei membri della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ed è giusto chiedersi quanti Stati membri hanno raggiunto gli obiettivi in materia di emissioni di anidride carbonica. Si scopre che gli Stati stessi hanno i propri interessi e quelli democratici devono spiegare le loro decisioni agli elettori, molti dei quali non sono ovviamente convinti dagli scenari apocalittici degli ambientalisti. Se pluralismo e diversità sono cose buone in così tanti ambiti della vita, dovrebbero essere tali anche nel caso delle politiche ambientali.
Papa Francesco è stato un sostenitore instancabile dell’ambiente, dei poveri e degli emarginati, come dovrebbe essere. I Papi hanno fornito e sempre forniranno le necessarie esortazioni morali ai figli della luce. Ma quando si tratta di figli delle tenebre e dei dettagli dell’arte di governare, è necessario un maggiore apprezzamento per la virtù della prudenza.
Kishore Jayabalan ѐ il direttore dell’Istituto Acton, terrà la conferenza “In dialogo con Laudato si’”: i mercati liberi possono aiutarci a curare la nostra casa comune?”, giovedì 3 dicembre presso la Pontificia Università della Santa Croce a Roma. Per maggiori informazioni clicca qui
Sacrificare il nostro benessere sull'altare del clima? E' un costo inutile e dannoso per i più poveri
di Francesco Ramella01-12-2015
Manifestazione ai margini della Cop21
La narrazione ha il sapore del déjà vu. Quasi un rituale che si ripete ogni anno dall'ormai lontano 1992. Parliamo della conferenza sul clima che si è aperta ieri a Parigi. Per molti è "l'ultima chance di salvare il Pianeta" (come a Copenhagen nel 2009). Dopo, come ha sostenuto il Presidente francese François Hollande, "sarà troppo tardi".
I freddi numeri ci raccontano però una realtà assai diversa: stando ad un'analisi dell'MIT, se gli impegni volontari presi dalla maggior parte dei Paesi che partecipano alla conferenza saranno rispettati - ed i dubbi sono più che legittimi non essendo previsti meccanismi sanzionatori per eventuali inadempienze - l'effetto in termini di riduzione della temperatura del Pianeta al termine di questo secolo sarà dell'ordine dei due decimi di grado. Ancor meno entusiasmante è la stima dell'ambientalista "scettico", il danese Bjorn Lomborg, secondo il quale l'impatto di Parigi sarà al più di 0,17 °C e comporterà un costo complessivo dell'ordine di mille miliardi di dollari per anno.

L'aspettativa "salvifica" nei confronti del summit parigino sembra quindi aggiungersi ai numerosi falsi miti di cui si alimenta il dibattito pubblico sui cambiamenti climatici ma che non trovano riscontro negli stessi documenti dell'IPCC, l'organismo delle Nazioni Unite che si occupa dei cambiamenti climatici. 
Al centro dei più recenti negoziati sul clima vi è l'obiettivo di contenere l'aumento di temperatura rispetto ai livelli pre-industriali entro i 2 °C (oggi siamo a circa + 0,9 °C ossia a poco meno di metà strada). E' questa una soglia da non oltrepassare per nessuna ragione? No, la scelta sembra essere arbitraria e senza basi scientifiche. Nel più recente rapporto del Panel dell'ONU, le evidenze disponibili in merito agli impatti dei cambiamenti climatici vengono sintetizzate in un grafico che evidenzia come fino ad un aumento di 2-2,5 °C gli effetti positivi del riscaldamento sono grosso modo equivalenti a quelli negativi.
La ricaduta complessiva può essere paragonata a quella di un anno di recessione economica: lo stesso livello di benessere che, in assenza del riscaldamento, sarebbe raggiunto nel 2100, verrebbe traguardato l'anno successivo.


Ciò nondimeno, nel lunghissimo periodo, le conseguenze negative avrebbero il sopravvento rispetto a quelle positive. Ma, se guardiamo al presente, il problema ambientale più rilevante è, ancora sulla base dei dati forniti dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, quello dell'inquinamento atmosferico all'interno delle abitazioni dei Paesi più poveri. Inquinamento dovuto, non all'eccessivo uso ma alla indisponibilità di fonti fossili ed al ricorso a combustibili "naturali". Il problema interessa quasi 3 miliardi di persone e si stima che porti ad un numero di morti premature pari a 4,3 milioni per anno (la concentrazioni di polveri sottili all'interno delle abitazioni è di circa 1.000 microgrammi/metrocubo ossia venti volte superiore a quella che si registra nell'atmosfera di una città dell'Europa occidentale). Per tutti costoro un maggior consumo di carbone e di gas avrebbe immediate ricadute positive.
Questo è il dilemma cui siamo di fronte.  La riduzione dei consumi dei "ricchi" non potrebbe modificare, se non in misura molto modesta, le emissioni previste per questo secolo. Ad esempio, il peso dell'Europa sul totale della CO2 emessa a livello mondiale è già diminuito dal 20% del 1990 al 10% attuale e si ridurrà ulteriormente al 7% nel 2030. Circa tre quarti delle emissioni nei prossimi decenni verranno da Paesi a basso reddito. Imporre ad essi drastici tagli significa ostacolare quel processo di miglioramento delle condizioni economiche che ha portato negli ultimi tre decenni a straordinari risultati in termini di riduzione della povertà, della mortalità infantile, di incremento della speranza di vita e di miglioramento della capacità di difendersi dagli eventi climatici estremi. Il livello di benessere è assai più strettamentne correlato al reddito che non al clima: Norvegia e Israele sono caratterizzati da climi assai diversi ma da analoghe condizioni di vita; Israele ed i Paesi arabi limitrofi condividono lo stesso clima ma sono separati da un ampio divario di sviluppo economico ed umano. 
Peraltro, nei Paesi a reddito più elevato, a subire le conseguenze più negative di un aumento dei costi dell'energia correlati alla incentivazione delle fonti rinnovabili  sono state le persone meno agiate.
Le politiche di contrasto ai cambiamenti climatici attuate finora non hanno avuto né avranno in futuro alcun effetto apprezzabile sull'evoluzione del clima (solo l'1,5% dell'energia mondiale proviene da solare ed eolico). Da Parigi, come detto, non ci si può aspettare nulla di diverso.  Come sottolinea l'Economist nel numero in edicola, sarebbe quindi auspicabile una drastica riduzione dei sussidi che i governi destinano alla incentivazione sia delle rinnovabili che delle fonti fossili. Una parte delle risorse così risparmiate potrebbe essere destinata ad attività di ricerca nel settore energetico al fine di sviluppare forme di produzione che siano al contempo a minor contenuto contenuto di carbonio, meno costose ed altrettanto affidabili di quelle oggi garantite dalle fonti fossili. Non sarebbe, neppure questo, un "pasto gratis". Ma è un prezzo che può valer la pena pagare per evitare un improbabile ma grave rischio che potrebbe emergere nel lunghissimo periodo.
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-sacrificare-il-nostro-benessere-sullaltare-del-climae-un-costo-inutile-e-dannoso-per-i-piu-poveri-14560.htm

"L'oltraggio dei manifestanti" al memoriale di Parigi. Le foto che smascherano la bufala mondiale

L'oltraggio dei manifestanti al memoriale di Parigi. Le foto che smascherano la bufala mondiale

Alla redazione di Contopiano la testimonianza scritta di una delle manifestanti di domenica a Parigi


Su gentile concessione della redazione di Contropiano

In questi giorni molti media hanno riferito e denunciato che, domenica 29 novembre, parecchi dei manifestanti riunitisi nel centro di Parigi per contestare la conferenza dei capi di Stato sul cambiamento climatico (COP 21) in corso nella capitale francese avrebbero "saccheggiato" e "oltraggiato" il memoriale dedicato alle vittime del 13 novembre creato intorno al monumento alla Marianne in Place de la Republique.

Ma quello che si può chiaramente vedere dalle foto e dai video è che sono stati proprio i manifestanti che finché hanno potuto hanno protetto i fiori, le candele e i biglietti apposti dai passanti e dai parenti in memoria delle vittime delle stragi di due settimane fa, finché sono stati costretti alla fuga precipitosa dai gas lacrimogeni sparati dalla polizia in assetto antisommossa. Se è vero che alcuni manifestanti hanno scagliato contro gli agenti ciò che avevano a portata di mano, è altrettanto vero che i poliziotti hanno calpestato e distrutto il memoriale nella loro foga repressiva. Eppure praticamente nessun importante media mainstream tra quelli che hanno esecrato "l'oltraggio dei manifestanti" al memoriale si è degnato di raccontare come sono andate veramente le cose.





Di seguito pubblichiamo invece una corrispondenza che ci è stata inviata da una lettrice parigina di Contropiano ed attivista. Di cui evitiamo di riportare il nome, visto il clima che si respira in Francia...
Ore 11 Place de La Republique. L'appuntamento per il corteo è alle 12, ma la piazza già si sta riempiendo e colorando. Compagni inglesi stanno allestendo una tavolata per servire del cibo a sottoscrizione libera, altri portano delle mega marionette autocostruite, altri striscioni, etc. Alle 12 la piazza è gremita di gente di ogni tipo e di ogni età, ciò che li accomuna è solo la voglia di gridare forte che non siamo più disposti a distruggere il nostro pianeta in nome del profitto.

Nel frattempo, ad una fermata di metro, le associazioni fanno una catena umana, alcuni di loro poi raggiungeranno la piazza. Dopo un'ora che si occupava in modo allegro piazza della Repubblica, la gente decide di tentare di percorrere quello che sarebbe dovuto essere il percorso del corteo. Primo tentativo fallito, le guardie abbigliate da robocop fanno muro. Si fa un giro della gigantesca piazza e si tenta di uscire da un'altra parte, ma anche lì niente da fare. Si ritenta ancora e le guardie decidono di caricare i manifestanti, così si verifica un breve scontro molto impreparato (tanto è vero che, per disperazione, si tirano le scarpe, i fiori e le candele che stavano nella piazza in memoria delle vittime degli attentati, perchè la gente non aveva proprio niente da poter lanciare in difesa dalle manganellate delle forze dell'ordine!).

Tanto è bastato per far scattare una strategia davvero agghiacciante. Spero che le guardie italiane non apprendano la tecnica che sto per descrivervi perchè è stato davvero pesante, anzitutto da un punto di vista psicologico. Le cariche sono state fatte con i soliti lacrimogeni e manganelli ma hanno spezzato il "corteo" in almeno 3 gruppi. Ciascun gruppo veniva caricato da 3 file di robocop seguiti dai furgoni della celere. Piano piano le guardie hanno spinto i gruppi verso le pareti della piazza, fino a tenere in pochi metri quadrati centinaia di persone che dovevano stare appiccicati come sardine.

Dalle 14 alle 19 (circa) hanno mantenuto questa gabbia a cielo aperto e circa ogni 5 minuti i poliziotti-robocop si avvicinavano in gruppo, prendevano una o due persone a caso e la arrestavano. Tra queste, hanno preso un ragazzo che era venuto alla manifestazione con sua madre che era proprio accanto a lui. La signora, di fronte al figlio che veniva trascinato via, ha cercato di farsi arrestare ma le guardie non le hanno neanche risposto ed hanno continuato ad ignorarla mentre lei li implorava di essere arrestata e portata nello stesso commissariato del figlio. 

Immaginatevi che cosa puo essere significato stare tutte quelle ore "rinchiusi" dalle guardie, spiaccicati alla gente come se fosse un vagone della metro alle 8 del mattino, vedendo le persone davanti a te che venivano caricate- a volte anche prese a manganellate. Incredibilemente, la gente ha cercato di passare il tempo e di sdrammatizzare, e cosi si sono fatti cori-sfottò, qualcuno ha messo della musica tekno, altri sono saliti su un albero piuttosto alto con una bandiera della pace, dei clown hanno fatto qualche sketch. Da 300 che eravamo in questo cerchio, alla fine siamo rimasti in 50..gli altri sono stati tutti arrestati. Il bilancio della giornata è pesante. Più di 300 persone sono state arrestate con l'accusa di manifestazione illegale ed agli stranieri è stato dato il foglio di via immediato ed il divieto di rientro in suolo francese per un anno (anche i ragazzi inglesi che hanno organizzato il pranzo sono stati tutti arrestati ed espulsi dalla Francia) . La pena per i cittadini francesi, invece, arriva fino a 6 mesi di carcere e 7500euro di multa.
Infine, ho visto diversi poliziotti fare riprese e, considerato quello che è successo la scorsa settimana, è molto probabile che nei prossimi giorni arresteranno anche gli altri manifestanti che sono riusciti a defilarsi. Infatti, domenica 22 Novembre si era svolta, sempre a piazza della Repubblica, una manifestazione in solidarietà dei migranti. Naturalmente, a seguito dei drammatici attentati, ogni iniziativa è stata proibita. Ciò nonostante, il corteo ha deciso di manifestare ugualmente. La manifestazione del 22 Novembre si è trasformata in una sorta di gioco in cui le forze dell ordine inseguivano i manifestanti che, compatti, correvano lungo il percorso stabilito. Tutto sembrava esser andato bene e gli organizzatori erano felici. Purtroppo, però, il giorno successivo 58 persone sono state convocate in questura per manifestazione illegale ed altre 6 persone sono state predisposte agli arresti domiciliari.
Nonostante il clima pesantamente repressivo, nonostante le minacce e le decine di persone in carcere, l'assemblea Anticop21 e Climate Justice Action, hanno deciso di mantenere le loro iniziative di denuncia delle decisioni dei governanti che, invece di porre fine alle reali cause del cambiamento climatico (il sistema capitalistico), continuano a tenerci sulla traiettoria che conduce verso la distruzione del pianeta terra. 

Fonte: Contropiano

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