ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 26 febbraio 2016

“Wir schaffen das”?

PAPA: CANCELLARE GLI STATI

Il progetto del Papa: cancellare gli stati. Lo confesso in un primo momento ho apprezzato questo Papa mi piace la sua azione moralizzatrice nella Chiesa. Poi, però, poco a poco, il mio giudizio si è fatto più prudente 
di Michele Rallo  

 Lo confesso: in un primo momento ho apprezzato questo Papa. Mi è piaciuta e mi piace la sua azione moralizzatrice nei confronti di una Chiesa che di moralizzazione ha un disperato bisogno. Poi, però, poco a poco, il mio giudizio si è fatto più prudente. Papa Bergoglio mi sembra eccessivo in ogni sua manifestazione (dall’alloggio in una dépendance agli occhiali acquistati in un qualunque negozio), quasi che l’unica sua preoccupazione sia quella di farsi notare, di far notizia, di acquisire la benevolenza degli organi d’informazione.
Certo, il mio essere eretico (credo in Dio ma diffido dei dogmi e delle chiese) non mi pone nelle condizioni ideali per giudicare i comportamenti di colui che – almeno secondo la dottrina cattolica – dovrebbe essere nientedimeno che il rappresentante di Dio su questa terra, scelto dallo Spirito Santo e dotato del dono dell’infallibilità, quanto meno nei suoi pronunciamenti ex cathedra. Come storico – viceversa – credo di avere le idee un po’ più chiare.
Ho seguìto le vicende secolari del Papato (inscindibili da quelle civili europee) e mi sono imbattuto in diversi punti oscuri: dall’antichità al medioevo, dall’Inquisizione alla Restaurazione. Ho incontrato Pontefici di tutti i tipi: alcuni buoni e santi, ma alcuni assai meno raccomandabili, con una vita sessuale piuttosto movimentata, o che amavano circondarsi di boia e torturatori, del tipo – insomma – che francamente si stenta a credere possano essere stati scelti dallo Spirito Santo, sia pure pel tramite di un pio Conclave. Ma ciò che – a prescindere dai comportamenti individuali – mi appare rilevante è il fatto che, nei secoli, i Papi abbiano detto tutto e il contrario di tutto; quasi che lo Spirito Santo cambiasse opinione ad ogni piè sospinto e su qualsivoglia argomento: dal rispetto della vita a quello della persona, dalle guerre alla pena di morte, dalla persecuzione delle altre religioni all’antisemitismo, fino ai comportamenti personali ed alla morale sessuale individuale.
Pochi gli elementi di assoluta coerenza. Fra questi, l’ostilità (più o meno dissimulata) nei confronti degli Stati nazionali, considerati un ostacolo sulla strada di una comunità più vasta: quella che una volta si chiamava Cristianità e che si riconosceva nell’autorità (morale ma anche politica) del Sommo Pontefice.
Lo sappiamo bene noi italiani, che alla presenza del Papato sul nostro suolo dobbiamo il grande ritardo, rispetto agli altri popoli europei, nel raggiungimento dell’unità nazionale; con tutto quello che ciò ha poi comportato, anche sul piano dello sviluppo economico. L’apice di questo contrasto è rappresentato dal Risorgimento e, soprattutto, dalla presa di Roma e dalla fine dello Stato Pontificio (1870). Malgrado i successivi accomodamenti (con i Patti Lateranensi voluti da Mussolini nel 1929), la ferita di Porta Pia non si è mai completamente rimarginata; e molti Papi hanno continuato a guardare all’Italia come ad una entità ostile, che con la forza aveva sottratto le terre dello Stato Pontificio alla legittima sovranità del Sommo Pontefice. Il Papa del tempo – Pio IX – bollò l’evento come«audace cospirazione contro la Chiesa di Dio e questa Santa Sede», considerando l’avvenuta conquista italiana come «nulla e invalida».
Se vogliamo dirla tutta, la voglia di potere temporale non è mai completamente cessata in Vaticano, così come non è venuta meno l’ostilità malcelata nei confronti degli Stati, di tutti gli Stati, colpevoli di alimentare particolarismi etnici, culturali o anche soltanto economici che si frappongono all’utopia di una grande fratellanza universale che riconosca come unica autorità una supposta “legge di Dio”.
Ma la legge di Dio non è una scienza esatta. Per i musulmani, per esempio, la legge di Dio è completamente diversa rispetto a quella dei cristiani. Idem per gli ebrei. Idem, ancòra, per le altre religioni, ancorché non monoteiste. E idem – mi si consenta – anche per quanti vivono la loro fede laicamente, senza molta attenzione ai dogmi ed alle gerarchie clericali.
Ma torniamo a Papa Bergoglio. Come interpretare la sua ossessiva insistenza per una “accoglienza” illimitata e indiscriminata, se non come una ostilità preconcetta verso gli Stati nazionali? Forse che “i muri” – cioè i normali confini – non siano uno degli elementi essenziali, imprescindibili di ogni e qualsiasi Stato? Si può mai immaginare uno Stato che non abbia frontiere, che non protegga i cittadini con limiti e barriere, che permetta a chiunque lo voglia di attraversare i suoi confini, che non tuteli la sicurezza, il benessere ed anche l’identità etnico-etica dei suoi abitanti?
Papa Bergoglio può ignorare questi elementari princìpi di educazione civica? Certamente non li ignora. Quindi, è evidente che vuole cancellarli e sostituirli con altri. Così come è evidente che vuole abolire il concetto stesso di Stato e soppiantarlo con quello di Universalità. Non più soltanto di Cristianità – si badi bene – perché il suo pensiero teologico sembra muoversi verso l’idea di un Dio unico e per molti versi indistinto, in cui tutti gli uomini possano credere a prescindere dalle rispettive confessioni religiose. Ciò spiega – anche – la sua totale mancanza di difese psicologiche nei confronti del mondo islamico, del quale almeno una parte ha intrapreso la migrazione in Europa con il dichiarato proposito di “convertirla”, cioè di sottometterla.
Numerosissime – ormai – sono le sue prese di posizione contro il permanere dei confini di Stato. Aveva iniziato a Lampedusa, con una predica a effetto, probabilmente causa o concausa del moltiplicarsi degli sbarchi sulle coste siciliane. Ed ha continuato fino all’altro giorno, quando – pochi istanti dopo aver dichiarato di non volere immischiarsi nella politica italiana a proposito di unioni gay – si è immischiato platealmente nella politica americana, accusando un candidato alle elezioni presidenziali, Donald Trump, di non essere cristiano perché vuole costruire una barriera sul confine messicano. Evidentemente, esiste un undicesimo comandamento (“non costruire muri”) di cui la gran parte del mondo cristiano sconosce la vigenza. Così come gran parte del mondo cristiano – e non solo di quello – ritiene che il mondo debba continuare a reggersi come per il passato: cioè sugli Stati, sui confini, sugli equilibri che, fino ad oggi, hanno regolato l’esistenza e la coesistenza dei popoli.
Certo, vi sono forze che – al di fuori di chiese e chierici – vogliono fare saltare questi equilibri. Ma sono forze che intendono assoggettare il globo ad una deità che nulla ha a che fare con i cànoni religiosi, cioè al Dio-denaro. 

Michele Rallo

IL PROGETTO DEL PAPA: CANCELLARE GLI STATI

Le Opinioni eretiche  di Michele Rallo
  

In redazione il 26 Febbraio 2016

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 http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=8099:papa-cancellare-gli-stati&catid=124:nazioni-sovrane&Itemid=155

“Merkel sbaglia tutto sui rifugiati”

I vescovi siriani e iracheni contro il piano d’accoglienza senza quote della Cancelliera: “Così si svuotano le nostre terre”. Dubbi anche dall’episcopato tedesco: “Non possiamo farci carico di tutti”
di Matteo Matzuzzi | 25 Febbraio 2016 

Roma. Da pragmatica donna della vecchia Germania orientale, non c’è dubbio che Angela Merkel avesse messo nel conto le tensioni interne alla solida famiglia cristianodemocratica tedesca in relazione al piano d’accoglienza – senza quote o filtri – dei profughi in fuga dalle terre martoriate dall’avanzata jihadista presentato la scorsa estate. E, probabilmente, non aveva escluso neppure una crescita delle forze più radicali, come quell’Alternative für Deutschland (AfD) che continua imperterrita a salire nei sondaggi. Più complicata da prevedere, invece, era la bocciatura da parte delle gerarchie ecclesiastiche siriane e irachene del disegno solidaristico varato dalla Cancelliera. “Aprire le porte ai rifugiati è un approccio molto sbagliato”, ha detto il Patriarca di Baghdad, il caldeo Louis Raphaël I Sako. Quel che è peggio, per Merkel, è che il presule ha lanciato il suo j’accuse a Monaco di Baviera, partecipando qualche giorno fa alla presentazione dell’ultimo rapporto approntato dalla sezione locale dell’organizzazione di diritto pontificio “Aiuto alla chiesa che soffre”. “L’Europa e gli Stati Uniti – ha aggiunto Sako – dovrebbero concentrarsi molto di più sulla sicurezza e la stabilizzazione della situazione nella terra da cui scappano i profughi”, in modo da consentire loro di continuare “a vivere con la propria coltura e religione” e non a favorire lo svuotamento di quelle regioni.

ARTICOLI CORRELATI Così l’Europa dell’est sfida Merkel sui migranti e vuole chiudere le frontiere Di frontiera in frontiera, s’incrina l’Europa Fin dove vuole arrivare, la signora Miki-Leitner?Mons. Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo, ha rincarato la dose: “Con tutto il rispetto per la cancelliera Merkel, l’esodo crea enormi problemi”, perché implica la progressiva scomparsa della presenza cristiana nel vicino e medio oriente. I numeri sono lì a testimoniarlo: “Prima del conflitto ad Aleppo c’erano 150 mila cristiani, oggi se va bene si arriva a 50 mila”, osservava il vescovo. Contestano, le chiese autoctone, il fatto che la Germania – e più in generale l’occidente – vengano rappresentate come una sorta di Eden, il Paradiso terrestre: “L’occidente non vede l’importanza storica della nostra presenza qui. Bruxelles – che anziché pensare a Damasco dovrebbe puntare l’attenzione su quel che accade ad Ankara o Riad, sottolineava mons. Audo – incoraggia centinaia di migliaia di persone a sobbarcarsi un pericoloso viaggio verso i suoi confini con la promessa di asilo automatico e di una nuova vita. La conseguenza è stata devastante per chi è rimasto in Siria e in Iraq”.

“Essere o non essere, questo è il problema”, chiosa Sako citando Shakespeare, sintetizzando così l’alternativa drammatica che pende sul capo dei cristiani mediorientali. Il Patriarca di Baghdad – partito da una posizione prudente – ritiene che per schiacciare le milizie califfali non vi sia altra soluzione che un intervento bellico, con soldati ben addetrastati ed equipaggiati sul terreno: “Abbiamo bisogno non solo di qualche attacco aereo, ma di forze di terra” e queste dovrebbero essere non solo composte da arabi sunniti, ma anche da occidentali. Truppe chiamate a “restare anche una volta che lo Stato islamico sarà sconfitto”. Serve, infatti, “garantire la sicurezza una volta che gli sfollati saranno tornati nelle loro case”.

A minare il progetto merkeliano del “Wir schaffen das” (ce la possiamo fare), non sono solo le gerarchie episcopali siro-irachene, ma anche quelle domestiche. Benché nell’ultima riunione plenaria dei vescovi tedeschi il cardinale Reinhard Marx abbia ribadito che “la chiesa deve compiere una missione importante per integrare e contribuire al successo della collaborazione con coloro che vengono da noi”, solo qualche settimana fa lo stesso arcivescovo di Monaco e Frisinga, nonché presidente della Conferenza episcopale di Germania, aveva impostato una chiara inversione di rotta rispetto al sostegno – pressoché totale – dato alla Cancelliera sul finire dell’estate: “Non si tratta solo di misericordia, ma anche di ragione. La politica deve sempre concentrarsi sul possibile e ci sono certamente dei limiti. La Germania non può farsi carico di tutti i sofferenti del mondo”, aveva detto Marx, che condivide la posizione dei presuli del vicino oriente quando afferma che “dovremmo ridurre il numero di rifugiati, ma non fermandoli al confine, bensì aiutarli nei loro paesi d’origine”. Un cambiamento di linea netto, se si considera quanto il cardinale arcivescovo di Colonia, Rainer Maria Woelki, aveva detto soltanto un mese e mezzo fa: “In virtù dell’esperienza della Germania sotto il nazismo, quanti sono oppressi per ragioni politiche o soffrono per le conseguenze della guerra e del terrorismo, devono essere in grado di trovare qui protezione e aiuto”.

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