ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 26 aprile 2016

Fuori dalla gabbia, dal Vaticano..e dalla Chiesa?

Adesso Papa Francesco perdoni l'eretico Buonaiuti


Fu l'esponente più importante del modernismo, scomunicato dalla Chiesa e privato della cattedra dal fascismo. È l'ora della sua riabilitazione
Il 20 aprile ricorre il 70° anniversario della morte di Ernesto Buonaiuti (1881-1946), l'esponente più importante del modernismo italiano. Sedici anni fa, in questi giorni, Indro Montanelli, Ernesto Galli della Loggia e Giulio Andreotti, domandarono alla Chiesa di rivedere il giudizio sul modernismo, condannato come «sintesi di tutte le eresie» da Pio X.

Era l'epoca in cui Giovanni Paolo II chiedeva perdono a chiunque, dagli indios alle vittime dell'Inquisizione, per gli errori e i torti commessi. Il Papa fece orecchie da mercante, e su Buonaiuti incombe ancora la damnatio memoriae voluta un secolo fa dal Vaticano. Tanto che forse occorre ricordare chi fu.

Nacque a Roma nel 1881, la famiglia gestiva una piccola tabaccheria. Entrò presto in seminario e completò gli studi all'Università gregoriana negli stessi anni dei futuri papi Pio XII e Giovanni XXIII, che fu anche suo studente e ammise una volta di avere «imparato molto da lui» ma che, come tutti i papi successivi, non considerò neppure l'ipotesi di riabilitarlo post mortem. Ordinato sacerdote nel 1903, divenne presto l'animatore e il protagonista del modernismo in Italia, come Alfred Loisy in Francia e George Tyrrel in Inghilterra. Sacerdote piissimo quanto svincolato dai dogmi, sosteneva che occorre vivere guidati solo da un sentimento del bene, liberi dal peso dei dogmi, politici e religiosi, voleva una più larga e attiva partecipazione dei laici all'azione religiosa della Chiesa, una maggiore autonomia e libertà nella ricerca scientifica: il Vaticano avrebbe dovuto vedere «in ogni progresso del pensiero e in ogni evoluzione della tecnica sociale le manifestazioni di una Provvidenza che presiede al progresso della civiltà». Sono idee oggi accolte dalla Vaticano, ma allora - con l'enciclica Pascendi, del 1907 - Pio X scomunicò il modernismo, riducendolo al silenzio con ogni mezzo, compresi lo spionaggio e la delazione.
Neanche gli spiriti più illuminati come Benedetto Croce intervennero contro questo atteggiamento anticulturale, pensando a torto che si trattasse di battaglie che non riguardavano la vita laica. La repressione che subirono il modernismo e Buonaiuti favorì la totale recessione della libertà religiosa e delle libertà civili: il fascismo non avrebbe trovato i consensi che ebbe in Vaticano, nel clero e nei fedeli, se il modernismo e i suoi esponenti non fossero stati così duramente repressi.
Buonaiuti fu costretto a chiudere tutte le sue riviste e nel 1926 subì la scomunica più grave, quella cosiddetta vitandus, che obbligava ogni buon cattolico a non accostarlo neppure fisicamente. Le sue eccezionali doti di maestro e la sua fede genuina gli permisero tuttavia di avere sempre intorno a sé una cerchia di allievi. Nel 1915 aveva vinto per concorso la cattedra di Storia del Cristianesimo all'Università di Roma. Il Vaticano non poteva sopportare che disponesse di un simile pulpito e fece del «caso Buonaiuti» un punto di incredibile importanza nelle trattative per il Concordato. Il risultato fu che ben due articoli del Concordato del 1929, che ha avuto e ha tanta importanza nella nostra storia, furono scritti su misura contro il sacerdote romano. Il 5, per cui i sacerdoti «apostati o irretiti da censura» non potevano avere alcun incarico a contatto col pubblico; un comma del 20 stabiliva che chi continuava a vestire l'abito talare contro la volontà della Chiesa (come Buonaiuti), sarebbe stato punito al pari di chi avesse abusato della divisa militare. Mussolini subì, in parte: gli tolse la cattedra ma non lo stipendio, e gli fece affidare la cura dell'edizione nazionale di Gioacchino da Fiore.
Ciononostante Buonaiuti, nel 1931, fu uno dei docenti universitari appena una dozzina nella viltà e nell'opportunismo dei più che rifiutarono di giurare fedeltà al regime fascista: «A norma di precise prescrizioni evangeliche Matteo, V, 34 reputo mi sia vietata ogni forma di giuramento». Fu estromesso dall'università e cominciò per lui una vita travagliatissima che descrisse in un'opera tragica e commovente, Pellegrino di Roma (1945). Tuttavia nel 1939 rifiutò la cattedra di Teologia a Losanna perché avrebbe dovuto aderire alla Chiesa riformata. Poté sopravvivere solo grazie agli aiuti di amici e riuscì a completare la sua opera storiografica più importante, la grande Storia del Cristianesimo (1942-43).
Caduto il fascismo, venne reintegrato nella cattedra ma sempre con riferimento al Concordato - non nell'insegnamento. Dopo la liberazione di Roma rifiutò di accostarsi alla sinistra, per non tradire i valori evangelici e la propria libertà, e morì senza sacramenti religiosi avendo rifiutato fino all'ultimo di abiurare le proprie idee. Volle sulla lapide l'ostia e il calice, simbolo del suo sacerdozio. Andate a portargli un fiore, è sepolto al Verano.
Politicamente il suo dramma fu il dramma eterno di quegli italiani che non vogliono accettare etichette di destra, sinistra, centro, e per questo invece di essere esaltati come campioni di libertà vengono disprezzati da destra, sinistra, centro. Anche l'Italia laica dovrebbe chiedergli perdono per non averlo difeso e onorato come meritava. Buonaiuti venne lasciato solo, in balia dei fascisti e dei gesuiti, che lo attaccarono spietatamente, dal 1906 in poi, con ogni genere di accuse: fino a diffondere la falsa voce che il sacerdote fosse interessato alle sue studentesse. Lui scrisse nell'autobiografia che lo «spirito italiano» è stato segnato da «secoli d'opprimente pedagogia gesuitica, tutta concentrata nel proposito di monopolizzare la vita dello spirito e di lasciare gli uomini ad una soggezione passiva di minorenni e di tutelati». I gesuiti infierirono su di lui anche dopo la morte, nel necrologio, e ancora nel 1957 definivano quell'uomo coltissimo come dotato di «uno spruzzolo di erudizione». Soltanto 16 anni fa, nella Civiltà Cattolica, padre Giovanni Sale chiese perdono, a nome della rivista e dei gesuiti, per la vera e propria persecuzione cui sottoposero Buonaiuti («dimenticando che la carità e l'amore verso l'errante viene prima della pur doverosa condanna dell'errore») ma puntualmente - rinnovò la condanna alle sue tesi.
Oggi c'è un Papa che sembra voler recuperare lo spirito più profondo del messaggio di Buonaiuti: portare la Chiesa al di fuori delle degenerazioni del dogma, per riscoprire un cristianesimo inteso come esperienza etica e mistica. Sarà lui il gesuita Francesco a chiedere perdono a Buonaiuti?


Papa Bergoglio e la gabbia di Santa Marta, sempre più frequenti le sue uscite fuori dal Vaticano



di Franca Giansoldati
CITTA' DEL VATICANO - Sarà che il bisogno di normalità lo costringe ogni giorno a mediare tra la sua personalità e il ruolo tradizionale di Pontefice, sarà che ha bisogno del contatto diretto con la gente, fatto sta che Papa Bergoglio appena può coglie al balzo la possibilità di evadere da Santa Marta e andare a scoprire un pezzo di Roma. L'altro ieri, per esempio, ha accettato l'invito che gli era stato rivolto dal Movimento dei Focolari per andare al Galoppatoio di Villa Borghese ad ascoltare una riflessione sulla difesa del pianeta. Ecologisti, scienziati, climatologi. “Santità perché non viene, si parlerà anche della sua enciclica”. Visto che il tema dell'ambiente è all'ordine del giorno e che solo alcuni giorni fa all'Onu è stato siglato un patto senza precedenti tra 173 nazioni, Bergoglio non si è fatto pregare troppo e all'ultimo minuto ha fatto sapere ai suoi collaboratori che sarebbe uscito dal Vaticano per andare al convegno dove si è trattenuto per un'ora pronunciando anche un breve discorso a braccio.La determinazione a varcare i confini d'Oltregevere è sempre più frequente, anche se il Papa, quando decide di uscire, non lo fa a cuor leggero perché sa di creare ingorghi di traffico, arrecando problemi ad una città di per sé già intasata, mettendo anche in fibrillazione la complicata macchina della sicurezza. Il comandante della Gendarmeria, Giani, ormai ci ha fatto il callo e non si spaventa più davanti alla prospettiva di qualche inatteso blitz, con il Papa che si mescola come niente fosse ad una folla non prevista. Così anche tre giorni fa pomeriggio ha fatto preparare la Ford Focus blu e una scorta invisibile per raggiungere Villa Borghese. Sabato mattina, invece, il Papa si è incamminato a piedi fuori dal cancello del Petriano, per dirigersi in mezzo ai giovani che erano a San Pietro a festeggiare il giubileo. Ha preso posto sotto il colonnato, su una sedia, per confessare come facevano gli altri parroci, con una stola viola addosso. Un gesto semplice da prete, inusuale per l'immagine di un pontefice ingabbiato dagli obblighi di protocollo. Bergoglio lo ha sicuramente fatto per avvicinare i giovani al sacramento della confessione ma forse anche per rompere una certa monotonia. La vita ritirata a Santa Marta non la ama, gli pesa e non ne fa mistero. Coi giornalisti, durante i voli papali, ha scherzato diverse volte su quella che considera una specie di gabbia dorata. Fosse per lui, di tanto in tanto, andrebbe fuori in incognito, magari la sera, a trovare qualche amico, a mangiare una pizza, a fare una passeggiata vestito col clergyman. “Mi manca tanto la pizza”.

Naturalmente non è possibile. Certe spinte le deve limitare. L'anno scorso decise di andare personalmente dall'ottico, per cambiare la montatura degli occhiali che si era rotta e nell'arco di 5 minuti successe il finimondo, piazza del Popolo si era intasata di persone. Nugoli di turisti con l'iphone in mano a riprendere la scena nel negozio, mentre fuori la calca, man mano che passavano i minuti, montava come la panna. Dovettero intervenire diverse pattuglie di vigili per ripristinare un varco e tenere a bada i curiosi. Insomma rompere l'isolamento papale non sempre si rivela facile. Ma da quando è iniziato il Giubileo della Misericordia rompere le righe è più facile. Ogni venerdì del mese, senza dare preavvisi, si reca in periferia a trovare anziani, malati terminali, giovani drogati, detenuti, immigrati. Questo mese ha scelto di andare a Lesbo, l'isola avamposto dell'immigrazione, simbolo del fallimento delle politiche europee. La sua predicazione su alcuni temi è martellante. La Chiesa in uscita, il cammino verso le periferie, il tenere aperte le porte del cuore per non blindarsi dentro le serrature dell'anima. Francesco è il primo a metterle in pratica. E non solo metaforicamente.
Il Messaggero

Martedì 26 Aprile 2016,


URL : http://www.ilmessaggero.it/primopiano/vaticano/papa_bergoglio_santa_marta_uscite_fuori_dal_vaticano-1694466.html

2 commenti:

  1. Se solo fosse cattolico.....santo subito!!

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  2. "Era l'epoca in cui Giovanni Paolo II chiedeva perdono a chiunque, dagli indios alle vittime dell'Inquisizione, per gli errori e i torti commessi. Il Papa fece orecchie da mercante"

    Probabilmente fece "orecchie da mercante" la Congregazione per la Dottrina della fede , dato che Wojtyla ebbe il merito e l'accortezza di rivolgersi ad altri per le questioni attinenti all'ortodossia.

    Che poi l'autore non è quello che metteva i microfoni nei confessionali? Adesso è diventato clericale..

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