Sempre a proposito della conversione di Marco Pannella, ingiudicabile come tutte le questioni che riguardano il cuore dell'uomo, va detto che fino all'ultimo fu davvero un uomo "religioso". Ma intriso di una religione profondamente anti-cattolica, una fede politica coerente contro la Chiesa.
La mia lettera, riguardo alle “conversione” di Marco Pannella, ha sollevato le critiche, dure, inappellabili, definitive, di alcuni amici e di persone verso cui nutro grande stima: chi sei, tu, per dire che Pannella non si è convertito? Rispondere a questa domanda non serve a risolvere una querelle personale, ma a chiarire un concetto che ritengo importante. Nessun uomo, laico, vescovo, o papa, ha il diritto di dire se Pannella si sia convertito o meno, e quale sia il suo destino, per chi crede, eterno.
Infatti il sottoscritto non ha mai detto nulla di simile, non si è mai permesso di giudicare il cuore del politico radicale. Ho solo scritto che non vi sono segnali evidenti, di alcun tipo, che dicano di una conversione, e che darla quasi per scontata, acclarata, è una mancanza di rispetto sia verso la realtà tangibile dei fatti, sia verso il defunto.
Ma il punto non sta qui. Ciò che è stato addotto come evidenza per dichiarare questa conversione (perchè, sì, c'è chi ha letto nel cuore di Pannella, e gli ha assegnato il paradiso senza chiedergliene il permesso) è stata la sua amicizia con mons. Paglia e una sua lettera a Francesco.
Vediamo il primo fatto: mons. Paglia stesso ha detto di essere stato amico di Pannella, da lunga data, da quando il leader radicale conduceva le sue note battaglie per aborto, droga, eutanasia..; non ha assolutamente detto che il suo vecchio amico, negli ultimi tempi, avrebbe ritrattato le sue scelte e le sue idee; nè che avrebbe richiesto i sacramenti o qualcosa di simile.
E la lettera al papa? Non dimostra nulla: Pannella ne aveva scritte già in passato, anche a Giovanni Paolo II, senza mai rinnegare le sue idee e le sue battaglie. Una foto sua e di Bonino con il papa polacco era servita in varie campagne elettorali, ad un uomo che amava stupire, fare l'anticlericale, scagliarsi con parole violente contro il papa, per poi dichiararsi suo amico.
Era lo stesso Pannella che si alleava un giorno con Berlusconi, pochi mesi dopo con i suoi avversari politici; una legislatura a destra, una a sinistra (nonostante la professione di fede liberale e capitalista). Perchè i radicali hanno sempre avuto un' idea chiara: avanti, verso le nostre mete, con tutti quelli che ci stanno. Se serve, anche con i peggiori nemici. L'importante è guidare le danze.
Ma nella lettera al papa, si potrebbe rispondere, Pannella dice di aver abbracciato la croce. In verità abbiamo già visto Evo Morales fare della croce un simbolo del comunismo; così Pannella parla apertamente della “croce di Romero”, con una specificazione che è chiaramente significativa.
Ma non è qui il punto: Pannella era, davvero, un uomo “religioso”. Parlava spesso di religione, conosceva il catechismo cattolico, per averlo imparato da bambino, per averlo avversato tutta la vita. Tutta la vita Pannella si è trovato sulla strada i cattolici e la Chiesa: chi si è opposto alle sue battaglie su aborto, divorzio, droga ed eutansia, se non la Chiesa? Pannella da una parte attaccava la Chiesa, dall'altra, come facevano persino Hitler e Stalin, la stimava, come l'unico avversario degno, portatore di un pensiero, di una visione del mondo, di una missione. Tutti i regimi anticristiani del Novecento, hanno usato verso la Chiesa il bastone e la carota, la hanno blandita e calunniata: così Pannella mentre diffondeva la pratica dello sbattezzo, mentre dichiarava di versare l'8 per mille ai valdesi, mentre promuoveva l'associazione radicale anticlericale, mentre malediva mons. Ruini e tutti i suoi avversari, celebrava e magnificava quei preti che si dichiaravano via via per il divorzio, l'aborto...e che si affiancavano a lui. Gli ascoltatori di radio radicale sanno quanti tappeti verdi, per questi ecclesiastici venivano distesi. Strumentalmente? Certo, ma non solo. Pannella diceva sempre che “i cattolici sono con me, la gente non ha obbedito ai vescovi, ma ha seguito me e ha votato per aborto e divorzio”; quei voti gli servivano, ma quei voti avevano per lui anche un altro fascino. Si sentiva, infatti, un profeta; era, a suo modo, un profeta, circondato dalla sua chiesa. I radicali più intimi di Pannella, non hanno mai avuto nè famiglia, nè figli, come lui. E se hanno avuto dei figli, li hanno eliminati. Come un fratello del Libero Spirito medievale, Pannella vantava migliaia di rapporti sessuali, con uomini e donne, ma senza procreare. Nè famiglia, nè figli, come dei sacerdoti, sacerdoti della fede radicale. Il suo partito era un ordine religioso.
Coloro che si sentono profeti, come i radicali più duri e puri, combattono battaglie religiose, battaglie di salvezza. Tutta la modernità è intrisa di questa religiosità senza Dio. La modernità è fatta di ateismo e materialismo, ma a generarla sono stati dei leader religiosi, degli uomini di fede. Pensiamo al nostro Ottocento: l'uomo politico più affascinante è sicuramente Giuseppe Mazzini, un profeta con la barba, che parlava sempre di “fede” di “resurrezione”, di “religione del dovere”, di “Dio e popolo”, di “religione e popolo”. Eppure non era certo un cattolico, nè un amico della Chiesa, al contrario, un nemico accerrimo. Mazzini voleva offrire all'Italia una religione alternativa, un misto di patriottismo mistico, populista, panteista… Negli stessi anni i leader socialisti si presentavano spesso come i veri seguaci di Cristo, del Cristo trasformato in primo socialista, in amico degli ultimi e dei poveri, senza altro orizzonte.
E il Novecento? Anch'esso è segnato dalla religiosità nazista e comunista. Nazisti e comunisti professavano una fede politica, innalzavano statue, proponevano santi, celebravano cerimonie, riti… I nazisti arrivarono persino a dire che Cristo era, in verità un ariano; che avrebbe detto ben altre cose rispetto a quelle predicate dalla Chiesa; e professavano un “dio con noi”, che però non ha nulla a che vedere con il Dio trascendente degli ebrei, nè con il Cristo dei cristiani. Il loro dio, il loro cristo, permetteva l'aborto, e, guarda un po', persino l'eutanasia; persino la droga, di cui i gerarchi erano avidi consumatori, come non pochi radicali.
Tornando a Pannella, il suo linguaggio era spesso religioso, apocalittico; lo erano persino le musiche che intervallavano le trasmissioni di Radio Radicale, persino i nomi di di certe associazioni, come Nessuno tocchi Caino...
Ricordo la battaglia sugli embrioni del 2005, quando radio radicale, tra una maledizione pannelliana e l'altra nei confronti miei e di alcuni amici sulle stesse posizioni, diede spazio persino al sottoscritto. “Voi cattolici - ripeteva - siete dei materialisti, perchè parlate sempre di feti, di embrioni, di cellule e di carne”. No, Pannella non era una materialista, era uno spiritualista: il suo corpo lo maltrattava, lo prostrava, come i catari medievali. Quelli che predicavano la purezza, un Cristo e una religione diversa da quella della Chiesa, accusata di essere solo potere; quelli che predicavano la morte della famiglia, l'aborto, l'infanticidio, l'eutanasia... in nome di un odio profondo per il Dio cattivo, il Dio Creatore del mondo, dei corpi, della materia.
Pannella ha sempre detto di essere un uomo religioso, di stare dalla parte degli ultimi, di essere lui, davvero, dalla parte del “vero Vangelo”. Lo ha scritto anche nella famosa lettera a Francesco, in cui è chiaro il suo pensiero: io continuo a praticare “questo Vangelo”. Il verbo che ha utilizzato, “continuare”, dice tutto. Non è corretto attribuirgli ciò che non dice, presunti pentimenti di cui non parla, nè omettere ciò che dice. In vita Pannella è stato un eretico, come amava definirsi, non un ateo in senso stretto: forse per questo non amava molto i comunisti; per questo era molto più coerente, radicale, determinato, nelle sue battaglie contro vita e famiglia (loro poi, lo seguivano, pur detestandolo).
Sono sempre gli uomini religiosi, i più convinti, i più costanti, i più motivati... sono, per un cattolico, gli avversari più terribili, più coerenti, più duri, più tenaci. E' per questo che un radicale convertito, sarà, molto spesso, una persona che combatte per valori e ideali opposti a quelli in cui credeva un tempo, con la stessa determinazione, competenza, serietà, abnegazione. Mi viene in mente Eugenia Roccella, ex radicale, che il cardinal Ruini, che cercava il dialogo, scelse, nel 2007, per difendere le ragioni del matrimonio. Oggi, tanti anni dopo, Roccella è ancora sulle barricate, essendo tra i promotori (insieme a cattolici come Giovanardi e ad altri ex radicali come Quagliariello) del referendum abrogativo della lege Cirinnà.
Da questo punto di vista le leggi promosse dai radicali, sono state poi approvate, firmate da “cattolici” come Andreotti in passato, Renzi, Boschi, Mattarella oggi. Se è vero, come dice l'Apocalisse che “Dio vomita dalla sua bocca i tiepidi”, perchè non sono nè caldi, nè freddi, beh, allora i primi politici a preoccuparsi non sono i radicali, ma cattolici che votano leggi anticristiane. Quanto a Pannella, per concludere, oggi lui non esiste più, per chi non crede; è davanti al giudizio di Dio, per chi crede. Chi crede non può dire una parola in più, nè di odio, nè di celebrazione. Può solo pregare. Sa però, con certezza, che l' “eredità spirituale” che ci ha lasciato, le sue idee, non sono un patrimonio per tutti e per sempre, come ha detto un autorevole prelato, ma quanto di più lontano ci sia da un pensiero cristiano. Sono una eredità, ideale, di morte.
Riflessioni sulla morte di un personaggio pubblico
“Vien dopo tanta irrision … la morte. E poi …? E poi …?” (Arrigo Boito. Monologo di Jago dall’ “Otello” di Giuseppe Verdi).
di Carla D’Agostino Ungaretti
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Devo dire che la morte di Marco Pannella mi ha dato molto da riflettere e meditare tra me e me ed anche da discutere con parenti e amici, quasi tutti cattolici “adulti”. Poiché tutti sapevamo da tempo che era malato, erano molti mesi che io mi domandavo: “Che cosa starà pensando Pannella della morte, sapendo che essa gli è da tempo compagna quotidiana? Penserà mai al “dopo”? Il carattere dell’uomo è stato abbondantemente enfatizzato dai media che gli hanno dedicato un’infinità di post e di pagine; tutti sapevamo che aveva in corpo ben tre o quattro tumori, che fumava ogni giorno una miriade di sigarette e non disdegnava i liquori. Danilo Quinto, che lo conosceva bene, ne ha descritto altrettanto bene in vari libri la personalità straripante e istrionica, sempre sopra le righe, capace di sedurre, con il suo esasperato senso dello spettacolo, artisti, intellettuali, “maitres à penser”, forse anche di più di quanto abbia saputo fare il partito comunista che, come tutti sappiamo, dopo la seconda guerra mondiale ha affascinato la maggior parte della cultura italiana.
Non credo che questo tipo di carattere fosse molto propenso a “rientrare in se stesso” e a guardarsi dentro confrontando ciò che vedeva con la Parola di Dio e preparandosi alla morte, perché il suo smisurato “ego” glielo impediva. Ha detto Rita Bernardini che egli era profondamente cristiano, ma non cattolico, perché citava spesso Benedetto Croce e il suo “perché non possiamo non dirci cristiani”[1]. Questo, a mio giudizio non significa affatto essere cristiani, ma attribuire alla figura di quel Gesù – che per lui non era certo il Figlio di Dio, il Cristo, il Messia morto per noi, risorto alla vita gloriosa che Dio ha previsto anche per noi, se Lo accettiamo – un ruolo puramente sociologico di antesignano della rivendicazione dei diritti umani in favore dei poveri e degli emarginati, mentre per i veri cristiani Gesù è stato ben altro[2]. Ma anche questa rivendicazione era solo parziale e a senso unico: basti pensare alle battaglie in favore dell’aborto e dell’eutanasia, del matrimonio tra omosessuali contrabbandati come diritti umani mentre in realtà sono all’origine dello disgregazione della famiglia che vediamo intorno a noi.
Ma poiché, come tutti sappiamo, in questo momento storico la Chiesa cattolica ha a cuore più la sorte degli immigrati, dei diseredati e degli emarginati (veri o presunti) che l’annuncio della Parola di Dio, ecco che il Nostro era riuscito ad affascinare anche persone di fede, vescovi, sacerdoti, suore, persone comunque consacrate che avrebbero dovuto avere una visione del mondo e della vita umana diametralmente opposta alla sua e che, invece di pregare ora pubblicamente per la sua anima, ne hanno pubblicamente esaltato l’impegno civile.
Pannella aveva riscosso perfino l’amicizia e la simpatia di Papa Francesco, suscitando (devo dirlo) stupore e disorientamento in una cattolica “bambina” come me, non perché pensassi che il Papa avrebbe dovuto lanciargli pubblicamente anatemi, ma perché mi sarei aspettata che, nei loro contatti, lo invitasse almeno a difendere, oltre la causa degli immigrati e dei carcerati, anche quella dei cristiani perseguitati, uccisi e defraudati dei loro beni in tanti paesi del mondo, il che non mi sembra che Francesco abbia fatto. Evidentemente al Papa regnante interessa più la buona sistemazione degli immigrati in Europa che la sorte di quel suo povero gregge, che al buon Giacinto detto Marco interessava ancora meno, anzi di esso non gli importava proprio nulla perché sapeva che se costoro erano capaci di affrontare tante tribolazioni per rimanere fedeli alla loro fede, difficilmente si sarebbero lasciati affascinare dal suo Credo libertario e ateo. Perciò questa personalità perversamente affascinante mi ha sempre dato molto da pensare e da temere, perché (anche questo devo dire per onestà intellettuale) mi è sempre parsa una personalità demoniaca.
Esagero? Forse, ma devo anche dire però che, alla notizia della sua morte, ho recitato un “Requiem” per lui e ho pregato perché negli ultimi istanti di coscienza, prima di farsi sedare, abbia rivolto un pensiero a quel Dio al quale dubito che abbia mai pensato molto nei suoi anni “eroici”. Il secondo pensiero che mi è venuto in mente è stato, per associazione di idee, la frase che ho citato in epigrafe, il che esige una spiegazione. Sia nell’”Otello” di Shakespeare che nell’opera di Verdi, Jago è una figura demoniaca, fomentatore di discordie, calunniatore e istigatore di omicidi, e termina il monologo del suo Credo – che non compare nella tragedia di Shakespeare, ma fu introdotto da Boito nel libretto dell’opera – con una frase che non ho citato perché ovviamente non la condivido: “La morte e il Nulla! E’ vecchia fola il ciel …!”[3] Ecco, questa mi sembra fosse l’idea della morte che aveva Marco Pannella, ma non solo lui: anche la maggior parte dei nostri contemporanei ritiene la vita umana una “irrisione”, la morte un salto nel Nulla e il “Cielo” una mera e vecchia “fola”.
Dopo questa lunga premessa, eccomi quindi arrivata al nocciolo della mia riflessione. Il funerale rigorosamente laico di Pannella è stato sicuramente coerente con il suo stile di vita e per questo egli riscuote l’ammirazione di tanti, anche cattolici. Io invece non credo che questo tipo di coerenza sia da ammirare e incoraggiare, perché è la coerenza di chi rifiuta fino all’ultimo di ammettere che “forse Dio esiste” e dopo la morte ci aspetta il Suo giudizio, dal quale non si potrà tornare indietro. E’ la coerenza ispirata dal demonio che induce il morente a rifiutare l’ispirazione dello Spirito Santo. I funerali senza Dio e senza preghiera, disposti per sé da coloro che in vita si sono sempre professati atei, o agnostici, o più vagamente laici, hanno il potere di infondermi un senso di gelo spirituale ed evito sempre di parteciparvi, pur pregando per l’anima del defunto, perché mi sembrano il definitivo e pubblico rifiuto di Dio, anche se so bene che solo Lui vede nei cuori e conosce cosa può aver pensato il morente nei suoi ultimi istanti.
Da cattolica “bambina” quale io sono, forse anche un po’ ingenua, vorrei che tutti, anche i laicisti più irriducibili, quando riflettono sulla loro morte fossero ispirati a prendere in considerazione, almeno come remota ipotesi filosofica, la possibilità di un esito non solo materialistico della propria vita e della sopravvivenza della propria anima. Mi rendo conto che questa soluzione è ben lontana dalla “metanoia” cristiana, perché può sfociare anche nella fede nella reincarnazione o nella metempsicosi, ma chissà (penso ingenuamente) forse al Dio della Misericordia può bastare, perché io sono sicura che Egli accetta sempre la preghiera per noi di Sua Madre “nell’ora della nostra morte”.
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[1] Cfr IL CORRIERE DELLA SERA, 21.5.2016, pag. 11.
[2] E’ in fondo lo stesso equivoco inventato e alimentato da coloro che definivano Gesù Cristo “il primo comunista della storia”.
[3] A questo punto, come sanno tutti gli amanti dell’opera di Verdi, i baritoni meglio calati nella parte, aggiungono una risata veramente demoniaca che, se non compare nella partitura, nondimeno ha uno straordinario effetto teatrale.
di Carla D’Agostino Ungaretti
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Devo dire che la morte di Marco Pannella mi ha dato molto da riflettere e meditare tra me e me ed anche da discutere con parenti e amici, quasi tutti cattolici “adulti”. Poiché tutti sapevamo da tempo che era malato, erano molti mesi che io mi domandavo: “Che cosa starà pensando Pannella della morte, sapendo che essa gli è da tempo compagna quotidiana? Penserà mai al “dopo”? Il carattere dell’uomo è stato abbondantemente enfatizzato dai media che gli hanno dedicato un’infinità di post e di pagine; tutti sapevamo che aveva in corpo ben tre o quattro tumori, che fumava ogni giorno una miriade di sigarette e non disdegnava i liquori. Danilo Quinto, che lo conosceva bene, ne ha descritto altrettanto bene in vari libri la personalità straripante e istrionica, sempre sopra le righe, capace di sedurre, con il suo esasperato senso dello spettacolo, artisti, intellettuali, “maitres à penser”, forse anche di più di quanto abbia saputo fare il partito comunista che, come tutti sappiamo, dopo la seconda guerra mondiale ha affascinato la maggior parte della cultura italiana.
Non credo che questo tipo di carattere fosse molto propenso a “rientrare in se stesso” e a guardarsi dentro confrontando ciò che vedeva con la Parola di Dio e preparandosi alla morte, perché il suo smisurato “ego” glielo impediva. Ha detto Rita Bernardini che egli era profondamente cristiano, ma non cattolico, perché citava spesso Benedetto Croce e il suo “perché non possiamo non dirci cristiani”[1]. Questo, a mio giudizio non significa affatto essere cristiani, ma attribuire alla figura di quel Gesù – che per lui non era certo il Figlio di Dio, il Cristo, il Messia morto per noi, risorto alla vita gloriosa che Dio ha previsto anche per noi, se Lo accettiamo – un ruolo puramente sociologico di antesignano della rivendicazione dei diritti umani in favore dei poveri e degli emarginati, mentre per i veri cristiani Gesù è stato ben altro[2]. Ma anche questa rivendicazione era solo parziale e a senso unico: basti pensare alle battaglie in favore dell’aborto e dell’eutanasia, del matrimonio tra omosessuali contrabbandati come diritti umani mentre in realtà sono all’origine dello disgregazione della famiglia che vediamo intorno a noi.
Ma poiché, come tutti sappiamo, in questo momento storico la Chiesa cattolica ha a cuore più la sorte degli immigrati, dei diseredati e degli emarginati (veri o presunti) che l’annuncio della Parola di Dio, ecco che il Nostro era riuscito ad affascinare anche persone di fede, vescovi, sacerdoti, suore, persone comunque consacrate che avrebbero dovuto avere una visione del mondo e della vita umana diametralmente opposta alla sua e che, invece di pregare ora pubblicamente per la sua anima, ne hanno pubblicamente esaltato l’impegno civile.
Pannella aveva riscosso perfino l’amicizia e la simpatia di Papa Francesco, suscitando (devo dirlo) stupore e disorientamento in una cattolica “bambina” come me, non perché pensassi che il Papa avrebbe dovuto lanciargli pubblicamente anatemi, ma perché mi sarei aspettata che, nei loro contatti, lo invitasse almeno a difendere, oltre la causa degli immigrati e dei carcerati, anche quella dei cristiani perseguitati, uccisi e defraudati dei loro beni in tanti paesi del mondo, il che non mi sembra che Francesco abbia fatto. Evidentemente al Papa regnante interessa più la buona sistemazione degli immigrati in Europa che la sorte di quel suo povero gregge, che al buon Giacinto detto Marco interessava ancora meno, anzi di esso non gli importava proprio nulla perché sapeva che se costoro erano capaci di affrontare tante tribolazioni per rimanere fedeli alla loro fede, difficilmente si sarebbero lasciati affascinare dal suo Credo libertario e ateo. Perciò questa personalità perversamente affascinante mi ha sempre dato molto da pensare e da temere, perché (anche questo devo dire per onestà intellettuale) mi è sempre parsa una personalità demoniaca.
Esagero? Forse, ma devo anche dire però che, alla notizia della sua morte, ho recitato un “Requiem” per lui e ho pregato perché negli ultimi istanti di coscienza, prima di farsi sedare, abbia rivolto un pensiero a quel Dio al quale dubito che abbia mai pensato molto nei suoi anni “eroici”. Il secondo pensiero che mi è venuto in mente è stato, per associazione di idee, la frase che ho citato in epigrafe, il che esige una spiegazione. Sia nell’”Otello” di Shakespeare che nell’opera di Verdi, Jago è una figura demoniaca, fomentatore di discordie, calunniatore e istigatore di omicidi, e termina il monologo del suo Credo – che non compare nella tragedia di Shakespeare, ma fu introdotto da Boito nel libretto dell’opera – con una frase che non ho citato perché ovviamente non la condivido: “La morte e il Nulla! E’ vecchia fola il ciel …!”[3] Ecco, questa mi sembra fosse l’idea della morte che aveva Marco Pannella, ma non solo lui: anche la maggior parte dei nostri contemporanei ritiene la vita umana una “irrisione”, la morte un salto nel Nulla e il “Cielo” una mera e vecchia “fola”.
Dopo questa lunga premessa, eccomi quindi arrivata al nocciolo della mia riflessione. Il funerale rigorosamente laico di Pannella è stato sicuramente coerente con il suo stile di vita e per questo egli riscuote l’ammirazione di tanti, anche cattolici. Io invece non credo che questo tipo di coerenza sia da ammirare e incoraggiare, perché è la coerenza di chi rifiuta fino all’ultimo di ammettere che “forse Dio esiste” e dopo la morte ci aspetta il Suo giudizio, dal quale non si potrà tornare indietro. E’ la coerenza ispirata dal demonio che induce il morente a rifiutare l’ispirazione dello Spirito Santo. I funerali senza Dio e senza preghiera, disposti per sé da coloro che in vita si sono sempre professati atei, o agnostici, o più vagamente laici, hanno il potere di infondermi un senso di gelo spirituale ed evito sempre di parteciparvi, pur pregando per l’anima del defunto, perché mi sembrano il definitivo e pubblico rifiuto di Dio, anche se so bene che solo Lui vede nei cuori e conosce cosa può aver pensato il morente nei suoi ultimi istanti.
Da cattolica “bambina” quale io sono, forse anche un po’ ingenua, vorrei che tutti, anche i laicisti più irriducibili, quando riflettono sulla loro morte fossero ispirati a prendere in considerazione, almeno come remota ipotesi filosofica, la possibilità di un esito non solo materialistico della propria vita e della sopravvivenza della propria anima. Mi rendo conto che questa soluzione è ben lontana dalla “metanoia” cristiana, perché può sfociare anche nella fede nella reincarnazione o nella metempsicosi, ma chissà (penso ingenuamente) forse al Dio della Misericordia può bastare, perché io sono sicura che Egli accetta sempre la preghiera per noi di Sua Madre “nell’ora della nostra morte”.
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[1] Cfr IL CORRIERE DELLA SERA, 21.5.2016, pag. 11.
[2] E’ in fondo lo stesso equivoco inventato e alimentato da coloro che definivano Gesù Cristo “il primo comunista della storia”.
[3] A questo punto, come sanno tutti gli amanti dell’opera di Verdi, i baritoni meglio calati nella parte, aggiungono una risata veramente demoniaca che, se non compare nella partitura, nondimeno ha uno straordinario effetto teatrale.
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