IL MINISTRO FEDELI FA UN ALTRO SCIVOLONE NELLO SCAMBIO DI
CORTESIE E RIVERENZE CON AVVENIRE. IL GENDER C’È O NON C’È?
Ho letto con rispetto e interesse lo scambio di cortesie fra il Ministro della Pubblica Istruzione Fedeli e il direttore del quotidiano dei vescovi, Avvenire. Giornale a cui il neo-ministro deve essere grata anche perché ha elegantemente sorvolato su quello che è stato e continua ad essere il principale problema di questa nomina. Cioè il fatto che il ministro della Pubblica istruzione ha scritto sul suo CV di essere laureata (non vero) e poi l’ha fatto sparire.
Ma allora, perché l’hanno fatta Ministro della Pubblica Istruzione? E’ questa la domanda a cui fino ad ora non c’è stata risposta.
Nella risposta però al direttore di Avvenire il neo-ministro entra di nuovo in contraddizione con se stessa. Vedete che cosa scrive: “…Non ho mai fatto riferimento a una supposta “teoria gender”, tanto meno a una “ideologia”, non solo perché il pensiero ideologico mi è strutturalmente estraneo, ma perché una simile ideologia, ammesso che esista, e non è mai stata d’ispirazione per l’operato mio, o del Parlamento o del governo. Vorrei che la parola gender uscisse dal nostro vocabolario in questa accezione minacciosa…”.
Bene. Ma allora perché nell’intervista che ha rilasciato a sua difesa, parlando di quelli del Family Day, afferma: “Loro mi detestano per essermi schierata contro, per aver difeso la teoria del gender, ed evidentemente non possono accettare che mi occupi di scuola”.
Insomma, si da della laureata e non lo è; definisce questa comprensibile bugia come “infortunio lessicale”; cerca di cancellarne le tracce dal web; e adesso prima dice che ce l’hanno con lei “per aver difeso la teoria gender” e poi nella lettera a Tarquinio sostiene che lei e la teoria gender non si conoscono, non sono mai stati presentati.
Secondo voi, in un Paese diverso, e senza tutte le complicità femministe, politiche e giornalistiche, sarebbe ancora Ministro della Pubblica Istruzione?
Marco Tosatti
Gender, la Fedeli scrive ai vescovi: "Serve parità tra uomo e donna"
In più di un'occasione la Fedeli ha promosso l'educazione di genere. Ora non vuole sentir parlare di "teoria gender". Ma la sua battaglia non è cambiata
In più di un'occasione la Fedeli ha promosso l'educazione di genere. Ora non vuole sentir parlare di "teoria gender". Ma la sua battaglia non è cambiata
"Non ho mai fatto riferimento a una supposta 'teoria gender', tanto meno a una 'ideologia', non solo perché il pensiero ideologico mi è strutturalmente estraneo, ma perché una simile ideologia, ammesso che esista, non è mai stata di ispirazione per l'operato mio, o del parlamento o del governo".
Dopo la bufera che le si è riversata addosso a causa delle bugie sul titolo di laurea, il neo ministro dell'Istruzione, Valeria Fedeli, prova a guardare avanti e lo fa entrando nel merito delle sue politiche con una lettera inviata al direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, e pubblicata oggi dal quotidiano.
Domenica sera alcuni militanti di Azione Universitaria hanno inscenato la "Festa di laurea di Valeria Fedeli" all'Autogrill Cantagallo. Al grido "Dimissioni, dimissioni" hanno cantato e brindato al neo ministro dell'Istruzione. Una goliardata che non stempera gli animi dopo le polemiche e non lascia presagire rapporti distesi per il futuro. La Fedeli, nell'occhio del ciclone per le accuse del mondo cattolico, prova a chiamarsi fuori dall'accostamento con le teorie del gender. "Vorrei che la parola gender uscisse dal nostro vocabolario in questa accezione minacciosa - spiega ad Avvenire - e che tornassimo a parlare di uguaglianza tra donne e uomini, in linea con le normative nazionali e internazionali sui diritti umani". Secondo il neo ministrio, non si tratta di "abolire le differenze tra donne e uomini", ma di"combattere le disuguaglianze".
La Fedeli non entra nel merito delle politiche legate all'istruzione, ma si arroga il compito di cancellare gli "streotipi che escludono le donne dalla politica e dal mondo del lavoro". "Non c'è nulla di naturale, per esempio - sottolinea - nel fatto che le ragazze siano descritte come inadatte agli studi scientifici, eppure questo stereotipo produce effetti reali: le ragazze si iscrivono troppo poco alle facoltà scientifiche". Da qui l'obiettivo di "rendere centrale l'educazione al rispetto e alla libertà dai pregiudizi, riconoscendo dignità a ogni persona, senza esclusioni, nell'uguaglianza di diritti e responsabilità per tutte e tutti". "L'educazione alle pari opportunità la prevenzione della violenza, al contrasto alle discriminazioni, se ben intesa - conclude - non è destinata a produrre conflitti con le esigenze educative delle famiglie, perché si tratta di iniziative che danno attuazione ai principi costituzionali". Un intervento più da ministro alle Pari opportunità che all'Istruzione, una sorta di captatio benevolentiae nei confronti dei vescovi dopo che questi hanno drizzato le orecchie per le sue posizioni sul gender. All'ex sindacalista della Cgil viene, infatti, rimproverato di essere la prima firmataria di un ddl del novembre 2014 con cui si richiede "l'introduzione dell'educazione di genere e della prospettiva di genere nelle scuole e nelle università". In una parola, del gender.
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