La Nuova Chiesa e i dogmi
Gesù, che aveva già detto «Coloro che vivono nel peccato, odiano la luce» (Gv 3, 19-20), incontrando i Giudei, dice loro: «Se non credete che Io sono, morirete nei vostri peccati». Sta in due parole la storia della salvezza: Io sono, un’espressione ripetuta altre volte nel Vangelo di Giovanni (Gv 8,28; 13,19), riservata a Jahvè nell’Antico Testamento (Dt 32,39; Is 43, 10-11), dove Dio, nel rilevare il Suo Nome e, con esso, la propria essenza, dice a Mosè: «Io sono colui che sono!» (Es 3,14). Dio è l’Essere Supremo, assoluto e perfetto, che non dipende da nessun altro essere, dal quale tutti gli enti traggono origine e sono conservati nell’esistenza. Quando Gesù dice di se stesso Io sono, rivela di essere Dio.
Questa rivelazione è accompagnata da Gesù da un ammonimento, rivolto nel passo citato del Vangelo ai Giudei, che erano coloro che non Lo riconoscevano nel tempo storico della Sua venuta sulla Terra, ma che si può estendere a tutti coloro che nei tempi successivi alla Sua venuta non hanno creduto in quelle due parole, Io Sono. L’ammonimento è durissimo: morirete nei vostri peccati, dice Gesù.
Che cosa significa Siamo diventati del mondo, come sottolinea Sant’Agostino?
Nella sua straziante preghiera sacerdotale, contenuta nel Vangelo di Giovanni (17, 1-25), Gesù usa per diciotto volte la parola mondo, in tre accezioni. Nella prima, mondo sta per universo creato, per esempio nell’espressione «prima che il mondo fosse». Nella seconda, mondo indica l’umanità destinataria della misericordia di Dio, in attesa della salvezza, per esempio l’espressione «perché il mondo creda che tu mi hai mandato». C’è, poi, un’ultima accezione. È contenuta in questi due passi (17, 6-11):
«Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscite da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro, non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi».
Commenta il cardinale Giacomo Biffi in Pecore e pastori, Cantagalli, 2008:
«Questa terza accezione dev’essere ben considerata, senza indulgere ad attenuazioni o magari a censure ideologiche. Il termine “mondo” evoca un’oscura opposizione all’amore fattivo di Dio per le sue creature; un’opposizione che resterà sempre operante e malefica fino alla venuta gloriosa del Signore. È quindi una realtà in aperto contrasto con l’iniziativa divina di riscatto e di elevazione dell’uomo; una realtà irrimediabilmente ottusa, incapace di accogliere il mistero della giustizia, della misericordia, della paternità del Creatore: “Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto” (17, 25). È dunque qualcosa di irredimibile, tanto che il Salvatore di tutti e di tutto può tranquillamente affermare: “Io non prego per il mondo”. Non ha nulla in comune con Cristo, e perciò non può avere nulla in comune con quelli che sono di Cristo, poiché tutto è avvolto in un unico odio spaventoso: “Il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo” (17, 16). Essere “nel mondo” ma non “del mondo”: è il dramma del “piccolo gregge”, che è fatalmente sempre alle prese con questo enigma di malvagità, ma deve evitare di avere con esso la minima consonanza; ed è anche l’implorazione più accorata che si eleva dal cuore del nostro unico vero Pastore: “Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno” (17, 15)».
A coloro che non Lo riconoscono, Gesù dice che appartengono a questo mondo, non perché dimorano sulla Terra, ma perché vivono sotto l’influenza del principe di questo mondo (Gv 12,31; 14,30; 16,11), perché ne sono vassalli e ne compiono le opere; perciò essi morranno nei loro peccati. Ammonimento che si rafforza, considerando altre parole di Gesù: «Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato» (Gv. 15,22).
Se la Nuova Chiesa intende non solo dialogare, ma accogliere e fraternizzare con tutti coloro che non riconoscono Gesù come unico Salvatore, senza chiedere la conversione alla Sua parola, compie apostasia nei confronti di due dogmi.
Il primo riguarda la Persona-Dogma ed è racchiuso nelle parole Io Sono, che – come abbiamo detto – costituiscono l’essenza stessa della Rivelazione. Tra colui che crede e colui che non crede nella Persona-Dogma, esiste un solco che non può essere colmato da nessun tipo d’interferenza, di comprensione, di esigenza umana. E’ Dio stesso, attraverso il sacrificio di Suo Figlio, ad aver deciso quel solco ed è il Figlio che dice: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via».
Queste parole di Gesù, rivolte ai Suoi discepoli, si possono ritenere indirizzate non solo a loro, ma anche a tutti coloro che L’hanno riconosciuto e Gli hanno creduto nei secoli seguenti. Solo costoro il Signore prenderà nella Sua gloria: coloro che hanno avuto fede in Lui e gli sono stati fedeli.
Il secondo dogma è quello relativo al peccato originale, che è la fonte attraverso la quale si può spiegare l’ammonimento che Gesù rivolge: morirete nei vostri peccati.
Nella Lettera ai Romani, San Paolo scrive: «Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito. Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace. Infatti i desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero. Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio» (8, 5-10).
Scrive Don Divo Barsotti in Ascesi di comunione che carne e spirito
«sono due mondi che sono uno nell'uomo, ma questa unità non è né pacifica né perfetta. Dio non è dunque riuscito a fare quello che si era proposto? Nell'uomo Egli voleva compiere questa suprema unità, dobbiamo dire che ha fallito nell'opera sua? Dovremmo dire che ha fallito se questa opposizione o almeno questa tensione che vi è oggi nell'uomo fra corpo e spirito, fosse originaria; dovremmo dire che Dio non è abbastanza potente o non è abbastanza sapiente da aver formato l'uomo così come Egli lo voleva. Ma noi non possiamo accettare questo. Per noi Dio è Dio: dobbiamo pensare che qualcosa è intervenuto che ha compromesso questa unità. E lo sappiamo: di qui l'importanza del dogma del peccato originale, di quel peccato che ha compromesso questa unità. Questo peccato ha veramente operato una grave frattura, ha opposto quello che invece per Iddio doveva essere unito. Attraverso l'uomo si doveva compiere l'unità di tutte le cose, attraverso l'uomo invece ogni unità si è spezzata e si è dato origine a un dramma spaventoso che non è soltanto fra l'uomo e gli altri uomini, che non è soltanto fra l'uomo e Dio, che non è soltanto fra l'uomo e la creazione, ma è nell'uomo medesimo».
Il dramma di cui parla Barsotti si è elevato all’ennesima potenza con l’azione di questa Nuova Chiesa, che vorrebbe far credere – negando la Parola di Nostro Signore – che vi sia un’eguaglianza di fronte a Dio tra coloro che hanno fede in Lui e gli sono fedeli e che così si emendano, si purificano e saranno glorificati e coloro che sono nemici di Dio. La propaganda che la Nuova Chiesa fa in questa direzione, si può tranquillamente e in coscienza definire anticristica. Cristo non è venuto ad abitare in mezzo a noi per portare un messaggio di pace, ma per emendarci dal peccato originale, per salvarci dall’Inferno e per donarci la vita eterna. In questi dogmi si deve credere, non nella pace tra gli uomini.
Scriveva ancora Barsotti:
«Si parla tanto di pace! Avanti che la guerra abbia fine è necessario prima di tutto fare la pace in noi stessi, riacquistare in noi l'unità. Che unità può esserci fra te e gli altri uomini, fintanto che tu non la possiedi in te stesso? Fintanto che tu sei portatore di guerra, perché ancora in te vi è tensione, disunione, vi è opposizione, come puoi parlare di pace? È impossibile che l'uomo sia portatore di pace, sia facitore di pace, fintanto che non ha pace in se stesso. Il santo soltanto potrebbe, come ha fatto pace in se stesso, portare la pace anche al di fuori di sé. Si può cambiare il metodo di guerra, ma la guerra non ha fine finché sussiste il peccato; finché sussiste il peccato si può passare da una guerra con le armi a una guerra culturale, ma ci sarà sempre una guerra, perché se io non ho saputo portare la pace in me stesso, io non posso portare la pace fra me e gli altri che mi sono sconosciuti, che mi sono estranei. Non ci si rende conto o non ci si vuol rendere conto, come il primo dovere del cristiano sia l'ascesi, l'ascesi che ristabilisce l'unità dell'essere umano. Senza l'ascesi ogni programma di pace è parola che inganna il mondo, inganna gli uomini e non fa che più grave poi la disillusione in cui tutti gli uomini precipitano, quando di fatto si accorgono di essere stati giocati da una potenza economica o da una potenza culturale più grande».
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