Il neo vescovo di
Milano Mario Delpini
Meno Eucarestia, più Parola. Questa in sintesi la dieta che
il neo arcivescovo di Milano Mario Delpini ha prescritto ai fedeli di Busto
Arsizio, cittadina del varesotto, quando sabato scorso ha visitato la
parrocchia di San Giovanni. Il giorno dopo i fedeli hanno potuto trovare sulle
panche un pieghevole in cui a firma di mons. Delpini si indicavano i quattro
passi che questa città dovrà compiere in ambito pastorale nel prossimo futuro.
Al primo posto si può leggere testuale: «Promuovere decisamente un ritorno alla
conoscenza, personale e comunitaria, della Parola di Dio, come forma di
evangelizzazione. Dove è necessario si può togliere anche qualche S. Messa, pur
di favorire momenti di catechesi e ascolto della Parola».
Meno messe, più Parola, anzi più parole. Una deriva che è
schiettamente di matrice luterana. Nell’indicazione di mons. Delpini riverbera
il portato teologico di Lutero che con quel suo “sola scriptura” assegnava
l’opzione preferenziale alla libera interpretazione dei testi sacri (libero
esame) a discapito dell’insegnamento del Magistero: «Un semplice laico armato
con le Scritture è più grande del più coraggioso Papa senza essa», aveva una
volta dichiarato Lutero. La libertà che rivendicava da Roma però non poteva
essere predicata nei suoi confronti. «Io non ammetto che la mia dottrina possa
essere giudicata da alcuno – scriveva l’ex agostiniano - neanche dagli angeli.
Chi non riceve la mia dottrina non può giungere alla salvezza».
Il suggerimento di snellire il quantum del sacrificio
eucaristico rimanda inoltre all’impostazione sacramentale protestante che svaluta
il reale valore delle specie eucaristiche. Affermare che «dove è necessario si
può togliere anche qualche S. Messa» indica una concezione della Santissima
Eucarestia come pratica che può essere superflua, che non sempre è necessaria
per la salvezza. Quasi che il numero di S. Messe da celebrare non debba
superare certi limiti perché “in medio stat virtus” e non è bene essere
bulimici di Pane eucaristico. Si sa, il troppo stroppia. La giusta quantità di
sacrificio incruento di Cristo, il q.b. eucaristico sarà ovviamente lasciato
alla sapiente prudenza dei sacerdoti bustocchi. Inoltre far spazio alla
catechesi e mettere in un angolo l’Eucarestia – come fisicamente capita per
moltissimi tabernacoli in altrettante chiese – è segno che per una certa cultura
cattolica – di impronta martiniana – la Bibbia vale più dell’Eucarestia. Ma non
è così. Posto che anche qui vale la regola dell’et-et e non dell’aut-aut – sia
la Bibbia che l’Eucarestia -
quest’ultima ha un valore infinitamente più grande della prima per il
semplice fatto che l’Eucarestia è Cristo in carne, ossa, sangue ed anima.
Inoltre non esiste nulla di più prezioso al mondo che un unico sacrificio
eucaristico, nemmeno mille catechesi di Santi Pontefici.
Torniamo al pieghevole lasciato sulle panche della chiesa di
San Giovanni. Nella seconda anta il cattolico della domenica vi poteva leggere
un avviso concernente una iniziativa della Commissione pastorale per
l’Ecumenismo del decanato di Busto Arsizio pensata per i 500 anni dalla Riforma
così intitolata: “Giubileo delle riforma luterana”. Si tratta di due momenti,
il primo di carattere musicale e meditativo: “Musiche della tradizione
protestante con letture spirituali di Riformatori” che si svolgerà nella chiesa
suddetta. Ed un secondo di natura culturale: una conferenza con taglio
ecumenico.
Una nota a margine: si parla di “giubileo”, ma il cattolico
autentico di certo non ha motivo alcuno di giubilare per il protestantesimo. E
quindi le letture “spirituali” protestanti declamate in una basilica cattolica
farebbero il pari della lettura del Mein Kampf in una sinagoga. Il paragone
sembra azzardato ma invece è assai adatto, come spiegheremo tra qualche riga.
La parrocchia di San Giovanni comunque non è sola al comando
in questa gara per celebrare il 500° anniversario dell’affissione delle 95 tesi
di Lutero sulla porta della chiesa di Wittenberg. La Comunità Pastorale Beato
Paolo VI di Milano sta promuovendo una serie di incontri dal titolo “Riforma
protestante: una benedizione per la chiesa". La parrocchia di San
Simpliciano a Milano invece sta organizzando anche lei degli incontri dal
titolo: “Lutero. La nascita dell’uomo moderno e la sua crisi”. Nella brochure
delle cinque serate, in cui sono espressi anche contenuti apprezzabili,
possiamo altresì leggere: «Pensiamo alle varie forme di fondamentalismo
cattolico, che vivono la professione di fede come professione di un’identità
culturale. […] La gran parte delle iniziative di celebrazione del 500°
anniversario della Riforma cerca il superamento delle divisioni mediante il
rinnovato ascolto dell’unica Parola, del vangelo [minuscolo] dunque, e più in
generale della Scrittura. Sola Scriptura».
Lutero è dunque personaggio da celebrare? Un esempio per i
cattolici? Il protestantesimo è una benedizione per noi tutti? In realtà la
dottrina luterana è inconciliabile, perché eretica, con la dottrina cattolica
sia in ambito di fede che di morale. Qualche esempio. In merito alla sfera
morale, il peccato originale avrebbe compromesso in modo irrecuperabile la
volontà e l’intelletto rendendo schiava la persona dei suoi istinti e quindi
incapace di essere un soggetto libero (“De servo arbitrio”). Per questo motivo
la ragione era definita da Lutero “prostituta del diavolo”. Da qui
l’impossibilità di conoscere e dunque seguire la legge morale naturale e la
degradazione della fede in cieco fideismo: o ci credi o non ci credi. Altra
conseguenza della mancanza di libertà è la doppia predestinazione: è Dio e non
la tua libertà che ti metterà in Paradiso o all’Inferno. La mancanza di libertà
fa sì che la salvezza si attui senza il merito ottenuto dalle opere personali,
ma per sola fede nei meriti di Cristo (sola fide) e quindi la salvezza è
unilaterale (sola gratia), senza che l’uomo possa far alcunchè per meritarsela.
In merito alla fede Lutero inoltre fa piazza pulita dei
sacramenti e del culto mariano. Nel Grande e Piccolo Catechismo i sacramenti
sono ridotti a due: Battesimo e Cena del Signore. La presenza di Cristo nel
pane eucaristico viene spiegata non attraverso la transustanziazione – la
sostanza del pane e del divino si trasformano in quella divina - ma per tramite dell’impanazione: vero pane e
vero vino accanto ai quali si trova la vera carne e il vero sangue di Cristo.
La celebrazione eucaristica poi non ha nulla a che vedere con il sacrificio di
Cristo in croce. Tra i sacramenti di cui si disfò Lutero ricordiamo l’ordine: a
lui tanto stretto che sposò una monaca.
Riguardo al piano ecclesiale Lutero definì il Papa, non solo
quello di allora ma ogni Pontefice, «asino, cane, re dei ratti, coccodrillo,
larva, bestia, drago infernale», termini spesso ricorrenti nella sua opera
“Contro il papato di Roma fondato dal diavolo”. Ovviamente negò la successione
apostolica. Non meno gentile, tanto per parlare di ecumenismo che va tanto e sempre
di moda, era verso gli ebrei. Nel suo volume “Degli ebrei e delle loro
menzogne” consigliava di bruciare le loro sinagoghe e le loro case. Facile
individuare in Lutero i prodromi dell’odio razzista del nazionalsocialismo.
In ambito politico Lutero è uno degli artefici
dell’assolutismo moderno: per disfarsi della Chiesa cattolica sottomette la
religione al potere politico e questo diventa tirannico. Di fronte ai soprusi
dei prìncipi i contadini di allora si ribellarono e Lutero incitò alla strage:
«Verso i contadini testardi, caparbi e accecati, che non vogliono sentir
ragione, nessuno abbia un po’ di compassione, ma percuota, ferisca, sgozzi,
uccida come fossero cani arrabbiati». Le conseguenze geopolitiche della
dottrina di Lutero si riverberarono fin nel secolo scorso. Lo storico Emilio
Gentile scrisse a tal proposito: «Più propense a schierarsi con il
nazionalsocialismo, con la sua concezione della nazione e dello Stato e con il
suo antisemitismo, erano le chiese luterane, vincolate per secolare tradizione
all’obbedienza al potere statale quale espressione della volontà divina».
E dunque cosa c’è da celebrare?
Tommaso Scandroglio
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