Attenuanti o situazione? Continua la disputa su AL
Un botta e risposta sulla nota “Correzione filiale” ha visto
impegnati in questi giorni il professor Rocco Buttiglione, noto al grande
pubblico italiano soprattutto per il suo impegno politico, ma filosofo di
rango, e il professor Claudio Pierantoni, uno dei primi 62 firmatari della
“correctio” al Papa, professore di Filosofia medioevale all’Università del
Cile.
Buttiglione è sceso in campo sul terreno del portale web
Vatican insider, dove il vaticanista Andrea Tornielli lo ha intervistato, e
dove già era stato schierato all’epoca dei dubia presentati dai quattro
cardinali, mentre Pierantoni ha scelto oggi il palcoscenico del sitostatunitense Lifesitenews. Schermaglie a parte, ci sono alcuni punti di questo
botta e risposta che meritano di essere conosciuti perché aiutano a comprendere
la posta in palio.
Innanzitutto occorre indicare un punto fermo che è stato
chiaramente posto dal magistero precedente ad Amoris laetitia, in particolare
dall’enciclica Veritatis splendor di Giovanni Paolo II. Al numero 80 di questo
documento si legge che vi sono «oggetti dell'atto umano che si configurano come
«non-ordinabili» a Dio, perché contraddicono radicalmente il bene della
persona, fatta a sua immagine. Sono gli atti che, nella tradizione morale della
Chiesa, sono stati denominati «intrinsecamente cattivi» (intrinsece malum): lo
sono sempre e per sé, ossia per il loro stesso oggetto, indipendentemente dalle
ulteriori intenzioni di chi agisce e dalle circostanze».
Ricordiamo che il contendere prossimo di tutta la disputa su
Amoris laetitia riguarda l’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati che
non possono ricevere una sentenza di annullamento del precedente matrimonio,
che non possono separarsi per gravi motivi e che convivono more uxorio.
La difesa di Buttiglione a favore della possibilità, in
certi casi, di concedere l’accesso ai sacramenti a queste coppie, accesso che
Amoris laetitia in qualche modo prevede indipendentemente dall’impegno a vivere
in continenza, si fonda su di un punto fondamentale: «Se manca la piena avvertenza ed il
deliberato consenso un peccato può diventare da mortale veniale. L’azione è
sempre sbagliata ma il soggetto che la compie non sempre ne porta l’intera
responsabilità». E’ certamente su questo cardine, in sé ortodosso, che molti
indicano che Amoris laetitia apra le sue porte del discernimento caso per caso e
quindi all’accesso ai sacramenti.
Secondo Pierantoni, Buttiglione insiste sulle attenuanti
soggettive, ma mostra di non voler entrare dentro alla differenza fondamentale
che c’è tra «la dottrina delle attenuanti, che presa in sé è ortodossa, con la
morale di situazione, che invece è eretica». Anzi Pierantoni sostiene che
Amoris Laetitia intreccia abilmente l’autentica dottrina cattolica delle
circostanze attenuanti con i concetti eterodossi dell’etica della situazione.
La prima, dice Pierantoni, «sostiene che, per quanto
un’azione in se stessa sia cattiva, ci possono però essere elementi, come uno
stato di grave alterazione psicologica, o l’ignoranza, che diminuiscono, o
addirittura annullano, la colpevolezza soggettiva. Invece la morale di
situazione afferma che in assoluto non esistono azioni intrinsecamente cattive
e che, in alcune situazioni, quello che è normalmente cattivo, può essere la
scelta corretta, quindi può essere oggettivamente una buona azione». Qui il
riferimento è poi rivolto al famigerato paragrafo 303 di Amoris laetitia,
quello già portato all’attenzione dal filosofo Josef Seifert, in cui, dice
Pierantoni, si dice che «una situazione non rispondente al comandamento del
Vangelo” sarebbe “ciò che Dio stesso sta richiedendo”».
«Cioè che, appunto secondo quanto sostiene l’etica della
situazione, non esistono comandamenti assoluti: si noti che qui non si parla
affatto di una diminuzione della colpevolezza, né di ignoranza, ma si dice
proprio che il soggetto scopre, in base a una “coscienza illuminata, formata e
accompagnata dal discernimento responsabile e serio del Pastore” che si tratta
di una buona azione: si tratta, né più né meno, di “ciò che Dio sta
richiedendo”».
Peraltro, la dottrina delle attenuanti, secondo Pierantoni,
risulta traballante anche rispetto a un'altra questione fondamentale. Ci
sarebbe una sorta di cortocircuito fra la stessa dottrina della attenuanti e il
cosiddetto accompagnamento. In sintesi, come è possibile che un divorziato
risposato che è in discernimento e accompagnamento possa convivere more uxorio,
quindi in una situazione oggettiva di peccato, e trovarsi in tale stato senza
piena avvertenza e deliberato consenso?
«Ora», dice Pierantoni, «è vero che il papa fa riferimento a
circostanze attenuanti; ma il fatto è che questo riferimento contraddice il
tema in oggetto, che è il discernimento: è infatti direttamente contraddittorio
pretendere che “si discerna” ma “senza avvertenza”. Quindi questi “alcuni casi”
in cui non c’è piena avvertenza, esistono certamente, però non si può
pretendere che appartengano al tema in esame. Da questa osservazione si capisce
che la dottrina delle attenuanti qui è usata solo come una maschera per
dissimulare l'etica della situazione».
Lorenzo Bertocchi
http://www.lanuovabq.it/it/attenuanti-o-situazione-continua-la-disputa-su-al
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