ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 12 gennaio 2018

Pietas bergolleana

PROFANAZIONE DELLA PIETA’ DEL MICHELANGELO : RIPRODOTTA LA PIETA’ DEL MICHELANGELO E’ STATA PROFANATA CON UN UOMO NUDO , A SIMBOLEGGIARE UN MIGRANTE …

Una replica in marmo della Pietà vaticana di Michelangelo Buonarroti senza il Cristo e un manifesto di grandi dimensioni che riproduce la stessa Pietà con un giovane di colore, in carne e ossa, disteso sul grembo di Maria al posto di Gesù: sono le nuove opere, di forte impatto visivo, dell’artista piemontese Fabio Viale, esposte dal 19 gennaio al 30 marzo nella nuova sede milanese della Galleria Poggiali, nello spazio Foro Bonaparte 52.
La mostra, a cura di Sergio Risaliti, si chiama “Lucky Ehi”, dal nome di un giovane rifugiato nigeriano di appena 22 anni, di religione cristiana, con il tatuaggio di una croce sul braccio destro, costretto a fuggire dal suo Paese d’origine a causa delle persecuzioni religiose e ospitato ora a Torino nella cooperativa sociale “L’Isola di Ariel” che ha collaborato al progetto. La sua storia travagliata viene raccontata in una registrazione audio, incisa con la voce del ragazzo che nella stessa cooperativa ha cominciato anche a seguire corsi di teatro. Fabio Viale, quarantenne, cuneese, ha studiato all’Accademia Albertina di Torino. Conosciuto per le sue sculture in marmo e le sue performance, ha vinto il premio Cairo 2015
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di MARINA PAGLIERI e CARLOTTA ROCCI

CHISSA’ COSA NE PENSA BERGOGLIO ?
https://benedettoxviblog.wordpress.com/2018/01/12/profanazione-della-pieta-del-michelangelo-riprodotta-la-pieta-del-michelangelo-e-stata-profanata-con-un-uomo-nudo-a-simboleggiare-un-migrante/

La pena di morte è contraria al Vangelo?

La pena di morte secondo la dottrina cattolica tradizionale
E’ un fatto del tutto evidente che è sempre stata ritenuta giusto, anche nelle società più cristiane, salvo che per un certo numero di teorici in generale moderni, che l’autorità politica punisse con la morte certi crimini. E i dati della Rivelazione confermano su questo punto i dati naturali del senso comune.
Quando il Decalogo vieta di uccidere (1), sottintende: ingiustamente. Poiché vediamo che il Vecchio Testamento prescrive a più riprese la pena di morte (2). Su questo punto, il Nuovo Testamento non ha abolito il Vecchio. San Paolo, parlando dell’autorità politica evoca la spada, strumento della pena di morte: «poiché essa [l’autorità] è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male» (3). 
E nella Città di Dio, Sant’Agostino commenta così questi passi della Scrittura: «La stessa autorità divina che ha detto: Tu non ucciderai, ha stabilito certe eccezioni al divieto di uccidere l’uomo. Dio ha ordinato allora, sia con la legge generale sia per precetto privato e temporaneo, che si applichi la pena di morte. Ora, questi il cui ministero gli è dato dall’autorità, non è veramente omicida, ma è solo uno strumento, come la spada con cui egli colpisce. Quindi, coloro che su ordine di Dio hanno fatto la guerra o coloro che hanno punito dei criminali nell’esercizio del potere pubblico, conformemente alle leggi divine, e cioè conformemente alla decisione della più giusta delle ragioni, costoro non hanno per niente violato il Tu non ucciderai.» (4).

Anche Papa Innocenzo III non fa che difendere una verità biblica e tradizionale quando propone agli eretici che vogliono rientrare nella Chiesa una professione di fede che dichiara, tra altre verità, che «il potere secolare può, senza peccato mortale, esercitare il giudizio di sangue, posto che esso castighi per giustizia e non per odio, con saggezza e non con precipitazione» (5).
Leone X condanna ugualmente l’affermazione di Lutero secondo la quale: «bruciare gli eretici è contrario alla volontà dello Spirito Santo» (6).
Leone XIII, quando condanna il duello, riconosce il diritto dell’autorità pubblica di infliggere la pena di morte (7).
Infine, Pio XII dichiara con una precisione estremamente rimarchevole: «Anche quando si tratta dell’esecuzione di un condannato a morte, lo Stato non dispone del diritto dell’individuo alla vita. In questo caso è riservato al potere pubblico privare il condannato del bene della vita, in espiazione della sua colpa, dopo che col suo crimine egli si è spossessato del suo diritto alla vita» (8).

San Tommaso (9) ha pensato che si possa perfettamente legittimare la pena di morte, anche nel diritto naturale, senza fare appello ai dati della Rivelazione soprannaturale. Questa legittimazione deriva da due princípi, assolutamente necessari l’uno all’altro. Il primo (10) è la necessità del bene comune. Come è possibile, per salvare il corpo, amputare un membro in cancrena che minaccia l’insieme, così si potrà, per il bene di tutti, amputare dal corpo sociale uno dei suoi membri particolari quando questi è un pericolo per tutti, se non altro che in ragione del genere di crimini che il suo esempio autorizza, se non sono sufficientemente puniti. Ma questo primo principio, sufficiente per l’amputazione di un membro del corpo fisico, incontra nella sua applicazione al corpo sociale una difficoltà che lo porrebbe in difetto, se non si facesse intervenire un altro principio che lo completa. Nel corpo fisico, infatti, solo la persona è soggetto di diritto, mentre le diverse membra del suo corpo gli appartengono, senza che abbiano il minimo diritto particolare. Se si considera che la persona non possa farne assolutamente quello che vuole, questo è perché qui il suo diritto è partecipato da quello di Dio e concerne l’utilizzazione delle sue membra in rispondenza con le loro finalità naturali. Ma ciò non toglie che, nel quadro di questa limitazione essenziale, tale persona è padrona di tutto mentre le membra non lo sono di niente. Di contro, nel corpo sociale, quelli che si designano analogicamente come «membri» della società, sono delle persone che hanno su se stesse e sulla loro vita corporale un diritto anteriore a quello che ha anche la società. Esse non fanno parte della società, che è un tutto ordinato, allo stesso modo che le membra fanno parte del corpo, che è un tutto fisico, poiché «l’uomo fa parte della comunità politica secondo tutto quello che egli è» (11). Questo bene, che è la loro vita, appartiene, dopo Dio, innanzi tutto ad esse e non innanzi tutto allo Stato. Ne deriva che il diritto dello Stato non può prevalere sul loro diritto personale. Bisogna dunque fare intervenire un altro principio (12), secondo il quale, con il crimine l’uomo decade dalla sua dignità personale: «Con il peccato l’uomo si allontana dall’ordine prescritto dalla ragione; è per questo che egli decade dalla dignità umana che consiste nel nascere libero e nell’esistere per sé; in questo modo egli cade nella servitù che è quella delle bestie, di modo che si può disporre di lui secondo quanto è utile agli altri». Facendo uso della sua libertà contro la natura e contro Dio, egli in effetti esce dal quadro entro il quale il suo diritto si esercita autenticamente. Merita quindi un castigo dell’ordine stesso dei beni di cui usa malamente. Da quel momento, compete non solo a Dio, ma all’autorità umana privarlo non tanto del diritto alla vita – poiché questo diritto non dipende dall’autorità e il criminale l’ha già perso in ragione del suo crimine – ma del bene della vita corporale, sulla quale egli non può più rivendicare il suo diritto personale. Questo è ciò che dice esattamente Pio XII, riprendendo la riflessione di San Tommaso: «è riservato al potere pubblico privare il condannato del bene della vita, in espiazione della sua colpa, dopo che col suo crimine egli si è spossessato del suo diritto alla vita».

La dottrina della Chiesa, confermata dai lumi della ragione teologica, stabilisce né più né meno che, in ragione della legge naturale, l’autorità pubblica ha il diritto di infliggere la pena di morte. Questo non significa che la stessa legge naturale esiga che l’autorità eserciti questo diritto, e ancor meno che essa determini dei casi in cui questo diritto si imporrebbe. In concreto, la pena di morte sarà sempre, nel quadro di una legislazione, una determinazione del diritto positivo umano, della legge civile, e quindi soggetta a modifica, evoluzione, limitazione. E’ dunque possibile, e non sarebbe illegittimo, sostenere che questo genere di pena non è opportuna in un dato contesto, e così reclamarne l’abolizione sul piano della legge umana civile. Ma resta il fatto che l’autorità pubblica ha sempre il diritto di mantenere la pena di morte o di ripristinarla se se ne fa sentire il bisogno. E se l’opportunità richiede di non esercitarla, compete alla stessa autorità la valutazione di questa opportunità.
Tuttavia, quelli che fanno valere i loro argomenti in favore della soppressione della pena di morte, abitualmente hanno il torto di voler provare che essa sarebbe contraria al diritto naturale o quanto meno, quando non hanno un’idea molto chiara di questo diritto (cosa che è frequente), contraria a quello che essi chiamano dignità della persona umana o valore incondizionato della vita.
Questi argomenti non sono quelli buoni: la pena di morte è conforme al diritto naturale. Altra cosa è la determinazione positiva di questo diritto, che ha luogo con la legge civile. Se non è illegittimo reclamare l’abolizione della pena di morte, sarebbe falso e condannabile farlo in nome dello stesso diritto naturale; o in nome del Vangelo e della carità, che non possono rinnegare questo diritto naturale.

Don Jean-Michel Gleize (FSSPX)

1 – Esodo, XX, 13.
2 – Levitico, XX, 2; XX, 9-10; XX, 27; XXIV, 16-17.
3 – Romani, XIII, 4.
4 – Sant’Agostino, La Città di Dio, libro I, capitolo 21, Migne, t. XLI, col. 35.
5 – Innocenzo III (1198-1215), Lettera Ejus exemplo, indirizzata all’arcivescovo di Tarragona, del 18 dicembre 1208, DS 795.
6 – Leone X (1510-1522), Bolla Exsurge Domine, del 15 giugno 1520, DS 1483.
7 – Leone XIII (1878-1903), Lettera Pastoralis officii, ai vescovi di Germania e di Austria, del 12 settembre 1891, DS 3272. Il Papa dice in effetti che «le due leggi divine, quella che è stata proclamata alla luce della ragione naturale e quella che lo è stata dalle Scritture composte sotto l’ispirazione divina, vietano formalmente che qualcuno, al di fuori di una causa pubblica, ferisca o uccida un uomo».
8 – Pio XII (1939-1958), Discorso ai partecipanti al I Congresso Internazionale di Istopatologia del Sistema Nervoso, 13 settembre 1952. https://w2.vatican.va/content/pius-xii/fr/speeches/1952/documents/hf_p-xii_spe_19520914_istopatologia.html
9 – Summa Theologiae, 1a2ae, questione 94, articolo 5, ad 2; questione 100, articolo 8, ad 3; 2a2ae, questione 64, articolo 2.
10 – 2a2ae, questione 64, articolo 2, corpus.
11 – Summa Theologiae, 1a2ae, questione 21, articolo 4, ad 3.
12 - 2a2ae, questione 64, articolo 2, ad 3.
La pena di morte è contraria al Vangelo?
L'11 ottobre 2017, rivolgendosi ai partecipanti all'incontro organizzato dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, Papa Francesco ha detto che la pena di morte è stata "inumana", che "fa male alla dignità personale" lei era ancora "in contrasto con il Vangelo". Tutti i filosofi, teologi e papi che hanno sostenuto la legittimità della pena di morte prima che l'attuale pontefice, hanno tradito il Vangelo?

La pena di morte secondo François

1. "Dobbiamo affermare con forza che l'imposizione della pena di morte è una misura disumana che ferisce la dignità personale, a prescindere dalla procedura. Decidendo volontariamente di eliminare una vita umana, sempre sacra agli occhi del Creatore, e che Dio è in definitiva il vero giudice e garante, è di per sé in contrasto con il Vangelo". [1] Così detto, più di recente, Papa Francesco, in occasione del venticinquesimo anniversario della pubblicazione del Nuovo Catechismo. Questo modo di pensare non è nuova. Il discorso del mese di ottobre 2017 si ripete solo nel riassuntiva, le idee già ampiamente sviluppate dal pontefice in una lettera del 2015 [2], che fa riferimento a due documenti 2014 [3].
2. Francesco crede che il suo predecessore Giovanni Paolo II abbia già condannato la pena di morte nell'Enciclica Evangelium Vitae (n. 56) e nel Catechismo della Chiesa Cattolica(al n. 2267) [4]. Lui stesso include in questa condanna della pena di morte quella della pena dell'ergastolo, che a suo avviso è "una pena di morte camuffata" [5]. Ecco perché il recente discorso ottobre 2017 non era destinato a promuovere una revisione del Nuovo Catechismo del 1992. E 'solo sottolinea che questa condanna della pena di morte nel Catechismo di Giovanni Paolo II ", uno spazio più adeguato e più adeguatezza "con la finalità della dottrina, che deve essere inserita in" amore che non finisce ". Se la revisione fa, deve essere quello di far avanzare la dottrina al fine di preservare, e di "abbandonare argomenti posizioni connesse ora sembrano davvero in contrasto con una nuova comprensione della verità."
3. Gli argomenti fondamentali che il papa usa per giustificare questa evoluzione della coscienza possono essere ridotti a quattro. [6] Primo, "la vita umana è sacra perché fin dal suo inizio, dal primo momento della sua concezione, è il frutto dell'azione creativa di Dio e, da quel momento in poi, l'uomo, l'unica creatura sulla terra che Dio ha voluto per se stessa, è l'oggetto di un amore personale da parte di Dio. [...] La vita, e specialmente la vita umana, appartiene solo a Dio. Persino colui che uccide non perde la sua dignità personale e Dio stesso lo garantisce ". La prova è che Dio non voleva punire Caino per averlo ucciso togliendogli la vita. Da questo punto di vista, la pena di morte sembrerebbe logicamente contraria al quinto comandamento.
4. In secondo luogo, l'infliggere la morte a un colpevole non può equivalere solo alla punizione e per due ragioni. Innanzitutto, la pena di morte non può essere giustificata come una "difesa legittima" da parte della società, per analogia con l'autodifesa; infatti, "quando viene applicata la pena di morte, le persone vengono uccise non per aggressione attuale, ma per danno passato" ed è per questo che l'autodifesa sarebbe inutile qui, dal momento che si applicherebbe "a persone la cui capacità di infliggere danni non è attuale, ma è già stata neutralizzata e sono private della loro libertà". In secondo luogo, la pena di morte non può più essere giustificata come un atto che ripristinerebbe l'ordine danneggiato dall'ingiustizia, perché "non faremo mai giustizia uccidendo un essere umano. [...] La pena di morte non rende giustizia alle vittime, ma provoca solo un desiderio di vendetta ".
5. In terzo luogo, la pena di morte è contraria alla misericordia divina. "Con l'applicazione della pena di morte, alla persona condannata viene negata la possibilità di riparare o correggere la lesione causata; la possibilità della confessione, mediante la quale l'uomo esprime la sua conversione interiore; e contrizione, passaggio al pentimento e all'espiazione, per raggiungere l'incontro con l'amore misericordioso di Dio che guarisce ". In questo contesto, la pena di morte implica anche "trattamenti crudeli, inumani e degradanti, proprio come l'ansia che precede il momento dell'esecuzione e il terribile ritardo tra il momento della sentenza e l'applicazione della sentenza. la pena ".
6. In quarto luogo, "è impossibile immaginare che oggi gli stati non possano avere un modo diverso dalla pena di morte per difendere la vita degli altri da un ingiusto aggressore" [7] perché "lui Esistono modi per sopprimere efficacemente il crimine senza privare definitivamente la persona che l'ha commessa dell'opportunità di riscattarsi "[8].
7. Infine, aggiungiamo il motivo per cui l'ergastolo è una pena di morte "nascosta" o "mascherata". Il Papa vede questo come un attacco alla speranza: "L'ergastolo, così come le sentenze che, per la loro durata, rendono impossibile per il condannato proiettare un futuro in libertà, possono essere considerate come pene detentive. morti perché non privano il colpevole della sua libertà, ma cerchiamo di privarlo della speranza ". Ecco perché "recentemente, nel codice penale vaticano, l'ergastolo è scomparso" [9].
8. Per riassumere, la pena di morte è ritenuta "inammissibile" agli occhi del Papa Francesco, a causa di un doppio argomento d'autorità (è condannato dal Nuovo Catechismo e l'Enciclica Evangelium vitae ) e perché mina la sacralità della vita creata, perché è ingiusto e inefficace ripristinare la giustizia, perché costituisce un ostacolo alla misericordia e perché altri mezzi di repressione sono già sufficienti.

La pena di morte secondo la tradizionale dottrina cattolica [10]

9. È, tuttavia, un fatto evidente che è sempre stato ritenuto giusto, anche nelle società più cristiane, tranne che da un certo numero di teorici in generale moderni, che l'autorità politica punisce determinati crimini con la morte. E i dati della rivelazione confermano su questo punto i dati naturali del senso comune. Quando il Decalogo vieta di uccidere, [11] implica: ingiustamente. Poiché vediamo chiaramente che l'Antico Testamento prescrive ripetutamente la pena di morte [12]. Su questo punto, il Nuovo Testamento non ha abolito l'Antico. San Paolo, parlando di autorità politica, si riferisce alla spada, strumento della pena di morte: "L'autorità è per voi il ministro di Dio per il bene del bene. Ma se fai il male, la paura; poiché non è invano che porti la spada, essendo ministro di Dio, incaricato di castigare chi fa il male. "[13] E nelCittà di Dio , Sant'Agostino commentò così questi passaggi della Scrittura: "La stessa autorità divina che diceva: Non uccidere ha stabilito alcune eccezioni alla difesa dell'uccidere l'uomo. Dio quindi ordina, sia per legge generale che per precetto privato e temporaneo, che venga applicata la pena di morte. Ora non è davvero un omicida, che deve il suo ministero all'autorità; è solo uno strumento, come la spada con cui colpisce. Quindi non hanno in alcun modo violato il Non uccidere coloro che, per ordine di Dio, hanno fatto la guerra, o che, nell'esercizio del potere pubblico, hanno, secondo le leggi divine, cioè in conformità con la decisione della più giusta delle ragioni, criminali puniti "[14].
10. Come Papa Innocenzo III difendere solo una verità biblica e tradizionale, nel proporre gli eretici che vogliono entrare in chiesa con una professione di fede, tra le altre verità, che "il potere secolare può, senza peccato mortale , esercitare il giudizio di sangue, a condizione che punisce con la giustizia, non odia, con saggezza e non frettolosamente "[15]. Anche Leone X condanna la proposta di Lutero secondo cui "bruciare gli eretici è contrario alla volontà dello Spirito Santo" [16]. Leone XIII, quando condanna il duello, riconosce il diritto dell'autorità pubblica di infliggere la pena di morte [17]. Infine, Pio XII afferma con estrema notevole precisione: "Anche quando si tratta di esecuzione di un condannato, lo Stato non ha il diritto individuale alla vita.
11. San Tommaso [19] pensava che la pena di morte potesse essere perfettamente legittima, anche nella legge naturale, senza fare appello ai dati della rivelazione soprannaturale. Questa legittimazione deriva da due principi, assolutamente necessari entrambi. Il primo [20] è la necessità del bene comune. Così come possiamo, per salvare il corpo, tagliato un membro putrido che minaccia tutti, e può fare noi, per il bene di tutti, il corpo sociale amputata uno dei suoi singoli membri, quando celui- è un pericolo per tutti, se non altro per il tipo di reati consentiti dal suo esempio, se non sono sufficientemente puniti. Ma questo primo principio, sufficiente per l'amputazione di un membro del corpo fisico, incontra nella sua applicazione al corpo sociale una difficoltà che lo sconfiggerebbe, se non potessimo introdurre un altro principio che lo completa. Nel corpo fisico, infatti, solo la persona è soggetta al diritto, mentre i vari membri del suo corpo appartengono a lui, senza avere alcun diritto particolare. Se accade che la persona non può fare assolutamente tutto ciò che vuole è il suo proprio qui fa parte di quella di Dio e si concentra sull'uso dei suoi membri, in linea con le loro finalità naturali. Ma rimane che, nel quadro di questa limitazione essenziale, è padrona di tutto e che i membri non sono nulla. Tuttavia, nel corpo sociale, quelli che l'analogia è designato come "membri" della società sono persone che hanno su se stessi e la loro vita corporea diritto di priorità a quello che anche la società. Non fanno parte della società che è un ordine intero nello stesso modo in cui i membri sono parte del corpo, che è molto fisico, perché "l'uomo non è parte della comunità politica come tutto ciò che 'lui è' [21]. Questo bene che è la loro vita appartiene, dopo Dio, prima a loro e non prima allo stato. Ne consegue che la legge dello Stato non può prevalere sul loro diritto personale. Dobbiamo quindi introdurre un altro principio [22], secondo cui, per mezzo del crimine, l'uomo declina la sua dignità personale: "Per il peccato l'uomo si allontana dall'ordine prescritto dalla ragione; è per questo che inganna la dignità umana che consiste nel nascere liberi ed esistere per se stessi; cade così nella servitù che è quella delle bestie, così che si possa disporre di lui secondo quanto è utile agli altri ". Facendo uso della sua libertà contro natura e contro Dio, egli esce dalla cornice in cui il suo diritto è esercitato in modo autentico. Perciò merita una punizione nell'ordine stesso dei beni che usa male. Quindi non appartiene solo a Dio, ma all'autorità umana, per privarlo non proprio del diritto alla vita - perché questo diritto non dipende dall'autorità e il criminale l'ha già perso a causa del suo crimine - ma buono per la vita fisica, su cui non può più rivendicare il suo diritto personale. Questo è esattamente ciò che dice Pio XII, riprendendo il riflesso di San Tommaso: "È riservato allora al potere pubblico privare il condannato del bene della vita, in espiazione della sua colpa, dopo di che, con il suo crimine, egli ha già espropriato del suo diritto alla vita. esce dalla cornice in cui il suo diritto è esercitato in modo autentico. Perciò merita una punizione nell'ordine stesso dei beni che usa male. Quindi non appartiene solo a Dio, ma all'autorità umana, per privarlo non proprio del diritto alla vita - perché questo diritto non dipende dall'autorità e il criminale l'ha già perso a causa del suo crimine - ma buono per la vita fisica, su cui non può più rivendicare il suo diritto personale. Questo è esattamente ciò che dice Pio XII, riprendendo il riflesso di San Tommaso: "È riservato allora al potere pubblico privare il condannato del bene della vita, in espiazione della sua colpa, dopo di che, con il suo crimine, egli ha già espropriato del suo diritto alla vita. esce dalla cornice in cui il suo diritto è esercitato in modo autentico. Perciò merita una punizione nell'ordine stesso dei beni che usa male. Quindi non appartiene solo a Dio, ma all'autorità umana, per privarlo non proprio del diritto alla vita - perché questo diritto non dipende dall'autorità e il criminale l'ha già perso a causa del suo crimine - ma buono per la vita fisica, su cui non può più rivendicare il suo diritto personale. Questo è esattamente ciò che dice Pio XII, riprendendo il riflesso di San Tommaso: "È riservato allora al potere pubblico privare il condannato del bene della vita, in espiazione della sua colpa, dopo di che, con il suo crimine, egli ha già espropriato del suo diritto alla vita. Quindi non appartiene solo a Dio, ma all'autorità umana, per privarlo non proprio del diritto alla vita - perché questo diritto non dipende dall'autorità e il criminale l'ha già perso a causa della sua crimine - ma buono per la vita fisica, su cui non può più rivendicare il suo diritto personale. Questo è esattamente ciò che dice Pio XII, riprendendo il riflesso di San Tommaso: "È riservato allora al potere pubblico privare il condannato del bene della vita, in espiazione della sua colpa, dopo di che, con il suo crimine, egli ha già espropriato del suo diritto alla vita. Quindi non appartiene solo a Dio, ma all'autorità umana, per privarlo non proprio del diritto alla vita - perché questo diritto non dipende dall'autorità e il criminale l'ha già perso a causa della sua crimine - ma buono per la vita fisica, su cui non può più rivendicare il suo diritto personale. Questo è esattamente ciò che dice Pio XII, riprendendo il riflesso di San Tommaso: "È riservato quindi al potere pubblico privare il condannato del bene della vita, in espiazione della sua colpa, dopo di che, con il suo crimine, egli ha già espropriato del suo diritto alla vita. su cui non può più rivendicare il suo diritto personale. Questo è esattamente ciò che dice Pio XII, riprendendo il riflesso di San Tommaso: "È riservato quindi al potere pubblico privare il condannato del bene della vita, in espiazione della sua colpa, dopo di che, con il suo crimine, egli ha già espropriato del suo diritto alla vita. su cui non può più rivendicare il suo diritto personale. Questo è esattamente ciò che dice Pio XII, riprendendo il riflesso di San Tommaso: "È riservato quindi al potere pubblico privare il condannato del bene della vita, in espiazione della sua colpa, dopo di che, con il suo crimine, egli ha già espropriato del suo diritto alla vita.
12. La dottrina della Chiesa, confermata dalle luci della ragione teologica, stabilisce niente di meno che che, a causa della legge naturale, l'autorità pubblica ha il diritto di infliggere la pena di morte. Ciò non significa che la stessa legge naturale richiede all'autorità di esercitare questo diritto, e tanto meno determinare quando questo esercizio sarebbe richiesto. In termini pratici, la pena di morte sarà sempre, nel contesto della legislazione, una determinazione del diritto umano positivo, della legge civile, soggetta a modifiche, evoluzione, limiti. È quindi possibile e non sarebbe illegittimo sostenere che questo tipo di punizione non è appropriata in un determinato contesto, o addirittura per richiedere, in termini di diritto civile, l'abolizione. Ma resta il fatto che l'autorità pubblica ha ancora il diritto di mantenere la pena di morte o di ritornarci, se necessario. E se l'opportunità chiede di non esercitarla, spetta alla stessa autorità apprezzare questa opportunità. Tuttavia, coloro che sostengono l'abolizione della pena di morte di solito hanno torto a dimostrare che è contrario alla legge naturale, o almeno quando non hanno un'idea molto chiara di questo diritto (che è comune) a ciò che chiamano la dignità della persona umana o il valore incondizionato della vita. Questi argomenti non sono quelli giusti. La pena di morte è conforme alla legge naturale. Un altro è la determinazione positiva di questo diritto che ha luogo con la legge civile. Se non è illegittimo chiedere l'abolizione della pena di morte, sarebbe sbagliato e condannabile farlo in nome del diritto naturale stesso. O nel nome del Vangelo e della carità, che non può negare questo diritto naturale.

Cosa pensare della visione di Francesco?

13. Non può permettersi gli insegnamenti di Giovanni Paolo II. Distingue tra la legittimità principale della pena di morte e l'opportunità di esercitarla, nel contesto delle società moderne. L'Evangelium Vitae n. 56 afferma precisamente: "È chiaro che la misurazione e la qualità della frase devono essere attentamente valutate e determinate; non devono condurre alla misura estrema della soppressione del colpevole, tranne nei casi di assoluta necessità, quando la difesa della società non può essere possibile altrimenti. Oggi, tuttavia, a seguito di un'organizzazione sempre più efficiente dell'istituzione penale, questi casi sono ora piuttosto rari, se non addirittura praticamente inesistenti. Per quanto riguarda il n ° 2267 del Nuovo Catechismo (oltre a quello citato daEvangelium vitae) non dice né più né meno che "se i mezzi non cruenti sono sufficienti per difendere le vite umane contro l'aggressore e per proteggere l'ordine pubblico e la sicurezza delle persone, l'autorità si atterrà a questi mezzi, perché questi corrispondono meglio alle condizioni concrete del bene comune e sono più in sintonia con la dignità della persona umana ". Certamente, non andremmo tanto lontano da dire che questo insegnamento di Giovanni Paolo II riecheggia, in modo del tutto soddisfacente, la Tradizione della Chiesa. L'eco è ancora indebolito, perché la distinzione tra la legittimità del principio e l'opportunità dell'esercizio, se presente, rimane solo implicita e non dice che la pena di morte deriva la sua legittimità dalla legge. naturale, a causa del doppio principio ricordato da San Tommaso d'Aquino.
14. Quanto ai quattro argomenti della ragione, alla luce dei principi richiamati da San Tommaso e ripresi da Pio XII, si dimostrano inefficaci e sofisticati. Il primo è basato sulla dignità inalienabile della persona e sulla santità e inviolabilità della vita umana. È dimenticare che, per colpa, l'uomo perde la sua dignità e il suo diritto alla vita. Deve omettere la distinzione essenziale che esiste tra la dignità ontologica, la verità inammissibile e la dignità morale, che si perde quando l'uomo fa un cattivo uso della sua libertà. "Se è cattivo di per sé", dice San Tommaso, "per uccidere un uomo che mantiene la sua dignità, può essere bello mettere a morte un peccatore, proprio come si uccide una bestia; possiamo persino dire con Aristotele che un uomo cattivo è peggio di una bestia e più dannoso "[23].
15. Il secondo argomento è che la pena di morte non può essere una difesa legittima e che non può ripristinare l'ordine danneggiato dall'ingiustizia. È confondere la pena di morte con l'autodifesa. Ogni autodifesa comporta una condanna a morte, ma la pena di morte non si limita all'autodifesa, nel senso stretto della reazione dell'attaccante al suo aggressore, come parte di un'aggressione corrente. La punizione è la punizione meritata dal peccatore. D'altra parte, può essere non solo difensivo, ma anche preventivo e dissuasivo. Quando si tratta di giustizia, è proprio per restituire a tutti ciò che è dovuto a loro e non solo a riparare il danno materiale. La morte di un criminale non ripara materialmente il suo crimine (non rianima le sue vittime), ma fa giustizia perché, quando il peccatore, danneggiando l'ordine sociale dà alla sua proprietà volontà a cui non ha diritto, ma compensa questa vedendo quello a cui rimosso la sua volontà sarebbe di suo: "Chi dal peccato ha seguito indebitamente la sua volontà, soffre qualcosa di contrario "[24]. Il ritiro della vita è quindi una giusta riparazione ed è richiesto dal bene comune dell'ordine sociale.
16. Il terzo argomento dimentica che la misericordia consiste nel perdonare la colpa commessa, ma non nella punizione. Il perdono sacramentale è anche accompagnato da penitenza, vale a dire una pena volontaria. La pena di morte può essere una e dare al detenuto l'opportunità di riscattarsi. Gli esempi di questo tipo di situazione sono sufficientemente noti, a cominciare da quello del buon ladro.
17. Il quarto argomento potrebbe concludere che la pena di morte non è più appropriata, ma non che non è legittima.

Cos'altro posso dire?

18. In primo luogo, la visione dell'attuale Papa rappresenta un'empietà nei confronti di tutta la Tradizione della Chiesa, accusata di aver odiosamente tradito il Vangelo. In secondo luogo, trascura la gravità del peccato, che fa cadere la persona dalla sua dignità morale umana e merita una punizione proporzionata. In terzo luogo, trascura il primato del bene comune della società e della Chiesa, benché migliore di qualsiasi altra proprietà. In quarto luogo, confonde la legittimità del principio e l'opportunità del fatto, e quindi fa dipendere il valore delle cose dall'evoluzione della coscienza del popolo cristiano. Quinto, infine, si distingue anche dalla linea seguita finora dai suoi predecessori dal Concilio Vaticano II.
19. Per i cattolici di oggi, sfortunatamente è un altro scandalo, dopo l'interrogatorio sulla moralità del matrimonio e sulla riabilitazione di Lutero.
Padre Jean-Michel Gleize

[1] Francesco, Discorso ai partecipanti all'incontro organizzato dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, mercoledì 11 ottobre 2017.
[2] Francis, Lettera al Presidente della Commissione internazionale contro la pena di morte, 20 marzo 2015 (CD n. 2519, pp. 94-96).
[3] Francesco, Lettera ai partecipanti al XIX Congresso dell'Associazione Internazionale di Diritto Penale e il Terzo Congresso dell'Associazione Latinoamericana di Diritto penale e Criminologia, 30 Maggio 2014 discorso ad una delegazione dell'Associazione Giustizia penale internazionale, giovedì 23 ottobre 2014.
[4] Lettera del 23 ottobre 2014.
[5] Lettere del 23 ottobre 2014 e del 20 marzo 2015.
[6] Sono dettagliati nella Lettera del 20 marzo 2015.
[7] Lettera del 23 ottobre 2014.
[8] Lettera del 20 marzo 2015.
[9] Lettera del 23 ottobre 2014.
[10] Michel-Marie Labourdette, Corso di teologia morale , "Giustizia", ​​p. 100-105 (su 2a2ae, domanda 64, articolo 2), Tolosa, 1960-1961; Charles Journet, La Chiesa del Verbo incarnato , t. I "The Apostolic Hierarchy", Desclee, 1955 (2a edizione rivista e ampliata), p. 356-358.
[11] Esodo, XX, 13.
[12] Levitico, XX, 2; XX, 9-10; XX, 27; XXIV, 16-17.
[13] Rm XIII, 4.
[14] Sant'Agostino, Dalla città di Dio , libro I, capitolo 21, Migne, t. XLI, col. 35.
[15] Innocenzo III (1198-1215), lettera Ejus esemplare  indirizzata all'arcivescovo di Tarragona, 18 dicembre 1208, DS 795.
[16] Leone X (1510-1522), Bulle Exsurge Domine del 15 giugno 1520, DS 1483
[17] Leone XIII (1878-1903), Lettera Pastoralis officii ai vescovi di Germania e Austria, 12 settembre 1891, DS 3272. Il Papa dice che "le due leggi divine, sia quella che fu proclamato dalla luce della ragione naturale di quella che era la Scrittura composta sotto l'ispirazione di Dio, proibisce formalmente a chiunque, a parte una causa pubblica, di ferire o uccidere un uomo ".
[18] Pio XII (1939-1958), Discorso al Congresso di Istopatologia, 13 settembre 1952, The Pontifical Teachings by the Monks of Solesmes, "The Human Body", No. 375.
[19] Sommario teologico , 1a2ae, domanda 94, articolo 5, ad 2; domanda 100, articolo 8, annuncio 3; 2a2ae, domanda 64, articolo 2.
[20] 2a2ae, domanda 64, articolo 2, corpo.
[21] Somma teologica , 1a2ae, domanda 21, articolo 4, ad 3.
[22] 2a2ae, domanda 64, articolo 2, ad 3.
[23] 2a2ae, domanda 64, articolo 2, ad 3.
[24] 2a2ae, domanda 108, articolo 4, corpo.

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