Cambio di paradigma nella Chiesa? "L'anatema di San Paolo" nessuno, nemmeno il papa, ha la facoltà di effettuare un cambio di paradigma nella Chiesa, né liturgico, pastorale o disciplinare, né tanto meno teologico e dottrinale
di Francesco Lamendola
A proposito di Amoris laetitia, il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha detto che l'esortazione è scaturita da un nuovo paradigma che papa Francesco sta portando avanti con sapienza, con prudenza e anche con pazienza. A parte la fastidiosa piaggeria di questi sostantivi, nessuno dei quali è sincero e nessuno dei quali rispecchia minimamente la verità, perché chiunque può vedere, ogni giorno, come l'azione di Bergoglio sia generatrice di confusione, imprudente e precipitosa, oltre che incurante e sprezzante dei sentimenti di milioni di cattolici, il cardinale ha fatto, nella sua foga d'incensare il falso papa, un clamoroso autogol, laddove ha parlato di cambio di paradigma. I casi sono due: o non sa cosa sia un cambio di paradigma, nel linguaggio filosofico e scientifico, a partire dalla pubblicazione del libro di Thomas Khun La struttura delle rivoluzioni scientifiche, nel 1962; oppure, se lo sa, non ha provato alcuna vergogna a dire una cosa gravemente eretica.
Un cambio di paradigma è una rottura, brusca e irreparabile, con la tradizione, con il suo universo concettuale e persino con le sue forme comunicative, a cominciare dal linguaggio verbale: per cui, quando esso avviene, i sostenitori del nuovo e quelli del vecchio paradigma non arrivano nemmeno più a capirsi, e dialogano fra sordi, perché, nell'uso delle stesse parole, sottintendono concetti ormai profondamente diversi. Ora, qualsiasi chierichetto che abbia fatto la prima Comunione, sa, o dovrebbe sapere, che la Tradizione della Chiesa, con la lettera maiuscola, non è soggetta ad alcun cambiamento, così come non sono modificabili le Scritture, per cui nessun nuovo testo, per quanto ispirato, potrà mai aggiungersi al canone della Bibbia. E siccome la Tradizione e le Scritture sono i due pilastri sui quali si regge la divina Rivelazione, ne consegue che il paradigma, se così lo vogliamo chiamare, della Chiesa cattolica, è assolutamente stabile, perfetto, definitivo, non suscettibile della sia pur minima modifica, per la semplice ragione che è stato ispirato e voluto da Dio, una volta per tutte, così come esso è, è sempre stato e sempre continuerà ad essere, quand'anche l'ultimo cristiano scomparisse, o venisse assassinato nel corso di una persecuzione generale.
La Chiesa visibile, infatti, è solo una parte, e una piccola parte, della totalità della Chiesa, il corpo mistico di Cristo: oltre ai fedeli oggi viventi, ci sono le anime dei cristiani che si trovano in paradiso e anche quelle del purgatorio, anime sante, benché purganti; per non parlare dei Martiri e dei Santi di ogni tempo, degli Angeli e degli Arcangeli, della Madonna e dello Spirito Santo: perché il capo della Chiesa è Cristo, e Cristo, insieme alle altre due Persone della Santissima Trinità, veglia su di essa, secondo la sua indefettibile promessa: Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo (Matteo, 28, 20). E san Paolo ammonisce tutti i cristiani, a cominciare da se stesso, con queste parole: Se anche noi stessi, o un Angelo dal cielo, vi predicasse un Vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema! (Episola ai Galati, 1, 8). Ne consegue che nessuno, assolutamente nessuno, nemmeno il papa, ha la facoltà di effettuare un cambio di paradigma nella Chiesa, a nessun livello: né liturgico, né pastorale o disciplinare, e tanto meno teologico e dottrinale.
Ma, obietterà qualcuno, i cambiamenti ci sono stati: la Chiesa, oggi, non è identica a quella dei tempi di san Paolo. Attenzione: ci sono stati cambiamenti nelle forme esteriori, che non coincidono, peraltro, con il concetto di "liturgia", perché la liturgia non è solo forma, ma sostanza della religione; ci sono stati cambiamenti nel modo di annunciare il Vangelo, ma non nei contenuti nel Vangelo, mai, assolutamente: se vi fossero stati, si sarebbe trattato di altrettante eresie. Il paradigma della Chiesa, se così vogliamo chiamarlo, è un tutto unico: lo ha detto Gesù: da esso non può cadere nemmeno la più piccola lettera, iota unum. E infatti, coloro i quali vorrebbero cambiare la Chiesa, e cambiare la sua dottrina, si muovono, con maggiore o minore abilità, sul terreno dei modi di annunciare il Vangelo, non certo sull'annuncio in se stesso; anche se, ultimamente, stanno lasciando cadere la maschera e qualcuno di loro, particolarmente arrogante, o particolarmente impaziente, come il gesuita Sosa Abascal, si spinge a dire che, in assenza di nastri registrati con la voce autentica di Gesù Cristo, non possiamo sapere cosa realmente Egli abbia detto, quando parlava ai suoi discepoli e quando si rivolgeva alle folle.
Il cardinale Parolin passa, o passava, per essere nel numero dei prudenti; ma la sua asserzione sul cambio di paradigma rivela, anch'essa, o arroganza, o impazienza, come se anche lui non vedesse l'ora di poter annunciare a chiare note quel che realmente il falso papa Bergoglio sta tentando di fare, e ciò per cui è stato posto sul soglio di San Pietro, fin dall'istante della sua elezione: trasformare la vera Chiesa di Cristo in una sua massonica e diabolica contraffazione, distruggerne la dottrina, liquidarne la morale, così da renderla perfettamente funzionale e malleabile ai bisogni del mondo, di quel mondo che ha rifiutato Gesù Cristo e che continua, da duemila anni, a rifiutare la sua dottrina e la sua Verità, pur fingendo - e qui sta l'aspetto diabolico - di seguirla, ed essendo riuscito ad introdursi al suo interno, non solo, ma ad occuparne le posizioni più eminenti, con scandalo, danno e pericolo gravissimo per le anime dei fedeli. E che la manovra sia ormai a buon punto, si fa per dire, lo si vede dalla disinvoltura con la quale, ormai da cinquant'anni, si parla del Concilio Vaticano II come di una rivoluzione liturgica, come se non fosse evidente che si tratta di un ossimoro sacrilego, perché nessuna rivoluzione è possibile o ammissibile nella Chiesa, e tanto meno una rivoluzione liturgica, dato che la liturgia non è, come abbiamo detto, solamente la forma esteriore della fede cattolica, ma è la sostanza del suo culto e dei suoi Sacri misteri. Per esempio, le parole del Canone, che accompagnano il Sacrifico eucaristico, non sono semplicemente forma, che si può mutare a piacere: sono anche sostanza, perché dalla fedeltà ed esattezza con vengono pronunciate dipende la stessa validità ed efficacia del rito; che è, non lo si dimentichi mai, un rito divino, cioè soprannaturale. E quando, il giorno di Natale, il papa ha impartito ai fedeli, al momento dell'Angelus, una benedizione Urbi et orbi incompleta, mutilata di una parte sostanziale, quella benedizione, ahimè, non può aver avuto alcuna efficacia sopranaturale, perché è stata abbassata al livello di una parola puramente umana, arbitraria, insufficiente (e poco importa se lo ha fatto volutamente o, cosa purtroppo assai meno probabile, involontariamente, perché quello e solo quello è necessariamente il risultato).
Il falso papa Bergoglio sta realizzando ciò per cui è stato posto sul soglio di San Pietro, fin dall'istante della sua elezione: trasformare la vera Chiesa di Cristo in una sua massonica e diabolica contraffazione
Ora il cardinale arcivescovo di Chicago, Blase Cupich, se ne viene fuori a dire una cosa ancor più grave di quella detta da Parolin:Sono convinto che alcune persone fraintendono "Amoris laetitia" semplicemente perché rifiutano di prendere in considerazione la realtà attuale nella sua complessità. Potrebbe sembrare, di primo acchito, una dichiarazione più pacata e meno provocatoria di quella di Parolin; tanto più che le ragioni di quanti non capiscono Amoris laetitia, né la teologia che l'ha ispirata a Bergoglio, per lo meno non vengono insultate e denigrate, come suole fare quest’ultimo, e come non ha mancato di fare neppure alla vigilia del santo Natale. E invece, a parte il fatto che Cupich accusa quelle persone di non stare coi piedi per terra, di non confrontarsi con la realtà, e quindi, in ultima analisi, di essere dei visionari e dei velleitari, se non proprio degli alienati mentali, la sostanza del suo discorso è ancora più sconcertante e dirompente di quella del segretario di Stato: perché egli dice, né più né meno, che il Magistero dovrebbe ispirarsi ai cambiamenti storico-sociali, e, in particolare, che la società odierna presenta una situazione talmente particolare e complessa, da richiedere un approccio completamente diverso da quello sin qui tenuto dalla Chiesa nei confronti dell’annuncio evangelico: un cambio di paradigma, appunto. E qui il cerchio si chiude e si torna alla questione di fondo: se sia lecito a chiunque, in nome di qualsiasi principio, e sia pure, in apparenza, bello e condivisibile, operare un cambio di paradigma all’interno della Chiesa e della sua dottrina, vale a dire una rottura esplicita e deliberata con la Tradizione. Certo, è pur vero che da mezzo secolo, cioè dai tempi del Concilio, molti cattolici e una bella fetta del clero si muovono pericolosamente sul filo del rasoio: parlando di una ermeneutica della discontinuità i cattolici progressisti, ad esempio quelli della scuola di Bologna, non si peritano di giocare sul limite estremo d’un concetto eretico, perché se davvero il Concilio rappresenta una discontinuità, allora il cambio di paradigma c’è stato e la Chiesa ha subito una rivoluzione, cioè uno snaturamento.
Ma davvero si può invocare una particolare complessità del mondo moderno, come ragione, o come necessità, per un cambiamento radicale nella prassi della Chiesa e nella sua stessa dottrina, specie in campo morale? Davvero la società ebraica del tempo di Gesù, o la società greco-romana del tempo di san Paolo, o la società europea del tempo di san Francesco, erano relativamente semplici, in confronto al mondo d’oggi?
Cambio di paradigma nella Chiesa?
di Francesco Lamendola
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