Ci stava provando da duemila anni. Da Gesù nel deserto e in quella terribile notte, nell’orto degli olivi fino al nostro presente: "con un papa che non fa il papa, che non agisce da papa; che sconcerta e sbigottisce i credenti"
di Francesco Lamendola
Ci stava provando da duemila anni.
Il
tentativo del principe di questo mondo per distruggere l’opera della
Salvezza, e quindi la Chiesa di Gesù Cristo, incomincia ancora prima che
la Chiesa muova i primi passi; risale a quando egli ardisce di tentare
personalmente il Redentore, nel deserto, come è narrato nei Vangeli:
quando il Figlio di Dio, dopo un lunghissimo periodo di solitudine,
preghiera e digiuno, finalmente ebbe fame. Fu un triplice assalto; per
tre volte, e da tre lati diversi, il grande tentatore provò ad
insinuarsi nelle maglie della fede di Gesù: e tutte e tre le volte
rimase completamente sconfitto, perché non riuscì a trovare la benché
minima fessura, il più piccolo spiraglio per insinuarsi e fare leva, un
poco alla volta, com’è la sua tecnica abituale, trasformando poco alla
volta un piccolo cedimento di fronte a lui, in uno squarcio sempre più
grande e, alla fine, in una resa senza condizioni. Un nuovo tentativo lo
ha fatto molto più tardi, al termine della missione terrena di Gesù,
quella terribile notte, nell’orto degli olivi, quando il Maestro era
solo e sudava acqua e sangue, nell’agonia della Passione interiore; e
anche allora fu respinto, allorché il Figlio di Dio pronunziò queste
semplici, sublimi parole: Tuttavia, Padre, sia fatta la tua volontà, non la mia.
Ma
non ha rinunciato; non si è mai rassegnato. Non aveva potuto impedire
la Redenzione: avrebbe provato a ostacolare la Chiesa. L’obiettivo era
lo stesso: vanificare gli effetti dell’Incarnazione; riportare l’uomo
lontano da Dio; sprofondarlo nuovamente nei suoi peccati, e specialmente
nella sua superbia, come già gli era riuscito di fare con i lontani
progenitori, Adamo ed Eva. Tutta la storia della Chiesa è contrassegnata
dai continui assalti del diavolo, sia esterni che interni: i nemici
della Chiesa dal di fuori, gli eretici dal di dentro, non hanno mai
desistito dal loro intento: strappare gli uomini dall’abbraccio
amorevole di Dio e sospingerli lontano da lui, nel buio delle loro
passioni disordinate, premessa ed anticamera della eterna dannazione. Il
diavolo non si è mai “accontentato” di tentare singolarmente le anime;
no, non è uno che si accontenta degli spiccioli: ha sempre pensato in
grande; ha sempre sognato di far fallire complessivamente il piano
d’amore che Dio ha concepito nei confronti della sua creatura
prediletta. E non vi ha mai rinunziato. Dietro gli imperatori romani che
perseguitavano a morte il cristianesimo, per estirparlo dalla società
antica; dietro i re sassanidi e i califfi islamici che assalivamo le
regioni ove da più antica data il cristianesimo aveva attecchito e messo
le sue radici; dietro le orde turche che per due volte assediarono
Vienna, e quelle che sterminarono gli abitanti di Otranto, e quelle che
furono sul punto di conquistare tutto il Mediterraneo e colpire al cuore
la cristianità, sempre c’era lui. E dietro i verbosi e velleitari philosophes
illuministi, dietro i fanatici giacobini e gli apostoli della
scristianizzazione, i sanculotti assetati di sangue, che godevano allo
spettacolo della carmelitane ghigliottinate, e giravano per le strade di
Parigi con le teste mozzate dei “nemici del popolo”; e poi dietro le
ideologie nefaste scaturite dalla rivoluzione francese, dietro il
liberalismo, la democrazia, il radicalismo, il socialismo, il comunismo,
il nazismo; e dietro le politiche della secolarizzazione, della
laicizzazione esasperata, dei “diritti” dell’individuo sfocianti nel
sovvertimento della legge di Dio e della stessa legge morale naturale:
il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, le unioni omosessuali, la libertà di
drogarsi, dietro tutto questo c’è ancora e sempre lui.
Lui
non ha mai disarmato; non si è mai rassegnato; non si è mai arreso e
non si arrenderà mai. Però si è fatto sempre più furbo, sempre più
paziente: ha capito che, con gli assalti frontali, non sarebbe mai
riuscito a niente; e ha capito che nemmeno con le eresie, se
riconosciute come tali, sarebbe mai approdato a nulla. E allora ha
puntato su una nuova strategia, dopo quasi duemila anni di fallimenti:
fare in modo che le eresie non venissero più percepite come tali; che
perfino i nemici esterni non venissero più visti come tali, ma come
delle anime belle, assetate di giustizia, perfino maestre di
spiritualità (vedi l’elogio funebre di Marco Pannella da parte di
monsignor Paglia; vedi l’elogio di Emma Bonino da parte di Bergoglio), e
quindi che la Chiesa disarmasse, che non pensasse più a sorvegliare la
purezza della dottrina, che si accontentasse di un cristianesimo
sentimentale e di facciata, senza più una costante preoccupazione di
fedeltà al Vangelo: e ha fatto centro. Complice l’atmosfera complessiva
della società profana, sempre più secolarizzata e laicizzata, il clero, a
un certo punto, ha prestato il fianco ai suoi attacchi insidiosi,
avendo egli preso la precauzione di non lasciarsi riconoscere per quello
che è. Ha suggerito a un certo numero di teologi, di cardinali, di
vescovi, e infine di papi, che la cosa giusta da fare, dopotutto, era
smettere di lottare frontalmente contro i peccati del mondo; di arrivare
a un compromesso, a una tregua, a un armistizio; di siglare una specie
di accordo, di modus vivendi, io non disturbo te e tu non
disturbi me; dialoghiamo, sediamoci a un tavolo da buoni amici,
parliamo, sì, parliamo. Ma parliamo di cosa? Gesù Cristo non faceva
così; non parlava coi nemici del Vangelo; Gesù ammaestrava la gente,
insegnava la Buona Novella con autorità; a quelli che non la volevano
ascoltare, volgeva le spalle. E ai suoi discepoli raccomandava (Matteo, 10, 11-18):
In
qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche
persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza. Entrando nella
casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne sarà degna, la vostra
pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace
ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle
vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la
polvere dai vostri piedi. In verità vi dico, nel giorno del giudizio il
paese di Sodoma e Gomorra avrà una sorte più sopportabile di quella
città.
Ecco:
io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i
serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi
consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro
sinagoghe; e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa
mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.
A
partire dal Concilio Vaticano II, o forse prima, a partire dalla
elezione di papa Roncalli, questo linguaggio, che pure è il linguaggio
di Gesù Cristo, il solo, l’unico Maestro, sembra essere improvvisamente
invecchiato, sorpassato; quasi tutti i membri del clero l’hanno
abbandonato, per non parlare dei teologi, sedotti e traviati dalle
teorie di Karl Rahner, fautore di una radicale immanentizzazione del
Vangelo: così radicale che, alla fine dei conti, il Vangelo si riduce a
un vangelo, uno dei tanti, una cosa puramente umana, una proposta fra le
altre, nella quale non si avverte più il respiro di Dio. Ed eccoci
arrivati al presente: con un papa che non fa il papa, che non agisce da
papa; che sconcerta e sbigottisce i credenti, che indebolisce e
scandalizza la loro fede tutti i giorni; che disprezza le obiezioni e
ignora le critiche; che colpisce con durezza inaudita i più fedeli, i
più puri, i Francescani dell’Immacolata, i membri dell’Ordine di Malta,
senza degnarsi di spiegare le ragioni del suo accanimento. Lo lasciano
fare e dire tutto quel che vuole, la sua popolarità è divenuta grande,
grandissima: pochissimi si chiedono se sia fedele al Vangelo, e, se pure
se lo chiedono, rispondono affermativamente, perché sono stati “cotti” a
fuoco lento da mezzo secolo di teologia modernista e di pastorale
degradata, per cui non sanno più pensare con la loro testa, giudicare
coi loro occhi e coi loro orecchi. Non riconoscerebbero un’eresia
neppure se l’avessero davanti al volto, non udrebbero una bestemmia
neppure se venisse pronunciata nel bel mezzo della santa Messa. Non
riconoscono la vera natura del signor Bergoglio, perché instupiditi
dalla macchina del consenso, dalla incessante pubblicità mediatica,
dalle apparenze di una “bontà”, di una “misericordia” che piacciono al
mondo, proprio perché giustificano e scusano il mondo in tutti i suoi
vizi, le sue deviazioni, i suoi appetiti disordinati. Non si rendono
conto che Bergoglio non è un papa secondo il volere di Dio, ma secondo i
gusti del diavolo. Ecco, lo abbiamo detto; e ce ne assumiamo tutta la
responsabilità.
Che cosa poteva fare, il diavolo in persona, che il signor Bergoglio non abbia ancora fatto?
Sono
parole tremende, è un concetto spaventoso quello che abbiamo enunciato:
abbiamo lanciato un’accusa inaudita. Pure, ci siamo stati costretti. Se
noi tacessimo, parlerebbero le pietre. Ormai solo le pietre non gridano
fino al cielo la tremenda verità: che i nemici della Chiesa son
riusciti a impossessarsi del suo vertice e che la stanno stravolgendo,
la stanno snaturando, la stanno trasformando nel contrario di ciò che
essa è sempre stata e deve sempre essere, se vuol restare fedele al suo
divino Sposo: uno strumento per la salvezza delle anime, e non per la
loro perdizione. Ma quel che il neoclero di questa falsa chiesa,
massonica e modernista, predica ormai alla luce del sole, è la negazione
della Parola di Dio: è qualcosa che ha il sapore, il tono sulfureo
dell’inferno. Che un divorziato risposato possa accostarsi alla santa
Eucarestia, che possa pretenderla, che possa andare all’altare ed
esigere che il sacerdote, ridotto al ruolo di distributore di Ostie, gli
offra il Corpo e il Sangue di Cristo, morto per riscattarci dai nostri
peccati e non per approvarli, non per benedirli: tutto questo ormai
avviene quotidianamente, ed è il frutto sciagurato di un documento
volutamente perfido, ambiguo, satanicamente concepito per gettare nella
confusone la Chiesa cattolica. Per la prima volta nella sua storia, ogni
chiesa locale, ogni diocesi, ogni parrocchia si fa la sua
interpretazione di un documento papale, e, in base ad essa, decide quel
che è peccato e quel che non lo è, e cosa porti al paradiso e cosa
conduca all’inferno. Per la prima volta nella storia, un papa si assume
la responsabilità di allontanare le anime da Dio: e noi conosciamo,
anche personalmente, parecchie anime che son giunte a questo punto: si
sono allontanate da Dio per reazione al suo modo di fare scellerato, da
capo di una fazione cattolica, quella dei “riformatori”, contro un’altra
fazione, che i suoi seguaci chiamano dei “conservatori”, mentre si
tratta, puramente e semplicemente, dei cattolici che vorrebbero rimanere
tali, fedeli alla dottrina di sempre, al perenne Deposito delle fede,
come la Chiesa lo ha sempre tramandato e custodito. Ciò è esattamente il
contrario di quella che dovrebbe essere l’azione pastorale di un romano
pontefice. Si tratta di una situazione inaudita, scandalosa,
apocalittica, nel senso letterale di quest’ultimo termine: si direbbe
che siamo giunti alla rivelazione delle Cose Ultime.
Il capolavoro del diavolo
di Francesco Lamendola
http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/la-contro-chiesa/5405-il-capolavoro-del-diavolo
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