ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 10 marzo 2018

Non si è mai rassegnato

 IL CAPOLAVORO DEL DIAVOLO


Ci stava provando da duemila anni. Da Gesù nel deserto e in quella terribile notte, nell’orto degli olivi fino al nostro presente: "con un papa che non fa il papa, che non agisce da papa; che sconcerta e sbigottisce i credenti"
di Francesco Lamendola  


 

Ci stava provando da duemila anni.
Il tentativo del principe di questo mondo per distruggere l’opera della Salvezza, e quindi la Chiesa di Gesù Cristo, incomincia ancora prima che la Chiesa muova i primi passi; risale a quando egli ardisce di tentare personalmente il Redentore, nel deserto, come è narrato nei Vangeli: quando il Figlio di Dio, dopo un lunghissimo periodo di solitudine, preghiera e digiuno, finalmente ebbe fame. Fu un triplice assalto; per tre volte, e da tre lati diversi, il grande tentatore provò ad insinuarsi nelle maglie della fede di Gesù: e tutte e tre le volte rimase completamente sconfitto, perché non riuscì a trovare la benché minima fessura, il più piccolo spiraglio per insinuarsi e fare leva, un poco alla volta, com’è la sua tecnica abituale, trasformando poco alla volta un piccolo cedimento di fronte a lui, in uno squarcio sempre più grande e, alla fine, in una resa senza condizioni. Un nuovo tentativo lo ha fatto molto più tardi, al termine della missione terrena di Gesù, quella terribile notte, nell’orto degli olivi, quando il Maestro era solo e sudava acqua e sangue, nell’agonia della Passione interiore; e anche allora fu respinto, allorché il Figlio di Dio pronunziò queste semplici, sublimi parole: Tuttavia, Padre, sia fatta la tua volontà, non la mia.

Ma non ha rinunciato; non si è mai rassegnato. Non aveva potuto impedire la Redenzione: avrebbe provato a ostacolare la Chiesa. L’obiettivo era lo stesso: vanificare gli effetti dell’Incarnazione; riportare l’uomo lontano da Dio; sprofondarlo nuovamente nei suoi peccati, e specialmente nella sua superbia, come già gli era riuscito di fare con i lontani progenitori, Adamo ed Eva. Tutta la storia della Chiesa è contrassegnata dai continui assalti del diavolo, sia esterni che interni: i nemici della Chiesa dal di fuori, gli eretici dal di dentro, non hanno mai desistito dal loro intento: strappare gli uomini dall’abbraccio amorevole di Dio e sospingerli lontano da lui, nel buio delle loro passioni disordinate, premessa ed anticamera della eterna dannazione. Il diavolo non si è mai “accontentato” di tentare singolarmente le anime; no, non è uno che si accontenta degli spiccioli: ha sempre pensato in grande; ha sempre sognato di far fallire complessivamente il piano d’amore che Dio ha concepito nei confronti della sua creatura prediletta. E non vi ha mai rinunziato. Dietro gli imperatori romani che perseguitavano a morte il cristianesimo, per estirparlo dalla società antica; dietro i re sassanidi e i califfi islamici che assalivamo le regioni ove da più antica data il cristianesimo aveva attecchito e messo le sue radici; dietro le orde turche che per due volte assediarono Vienna, e quelle che sterminarono gli abitanti di Otranto, e quelle che furono sul punto di conquistare tutto il Mediterraneo e colpire al cuore la cristianità, sempre c’era lui. E dietro i verbosi e velleitari philosophes illuministi, dietro i fanatici giacobini e gli apostoli della scristianizzazione, i sanculotti assetati di sangue, che godevano allo spettacolo della carmelitane ghigliottinate, e giravano per le strade di Parigi con le teste mozzate dei “nemici del popolo”; e poi dietro le ideologie nefaste scaturite dalla rivoluzione francese, dietro il liberalismo, la democrazia, il radicalismo, il socialismo, il comunismo, il nazismo; e dietro le politiche della secolarizzazione, della laicizzazione esasperata, dei “diritti” dell’individuo sfocianti nel sovvertimento della legge di Dio e della stessa legge morale naturale: il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, le unioni omosessuali, la libertà di drogarsi, dietro tutto questo c’è ancora e sempre lui.
Lui non ha mai disarmato; non si è mai rassegnato; non si è mai arreso e non si arrenderà mai. Però si è fatto sempre più furbo, sempre più paziente: ha capito che, con gli assalti frontali, non sarebbe mai riuscito a niente; e ha capito che nemmeno con le eresie, se riconosciute come tali, sarebbe mai approdato a nulla. E allora ha puntato su una nuova strategia, dopo quasi duemila anni di fallimenti: fare in modo che le eresie non venissero più percepite come tali; che perfino i nemici esterni non venissero più visti come tali, ma come delle anime belle, assetate di giustizia, perfino maestre di spiritualità (vedi l’elogio funebre di Marco Pannella da parte di monsignor Paglia; vedi l’elogio di Emma Bonino da parte di Bergoglio), e quindi che la Chiesa disarmasse, che non pensasse più a sorvegliare la purezza della dottrina, che si accontentasse di un cristianesimo sentimentale e di facciata, senza più una costante preoccupazione di fedeltà al Vangelo: e ha fatto centro. Complice l’atmosfera complessiva della società profana, sempre più secolarizzata e laicizzata, il clero, a un certo punto, ha prestato il fianco ai suoi attacchi insidiosi, avendo egli preso la precauzione di non lasciarsi riconoscere per quello che è. Ha suggerito a un certo numero di teologi, di cardinali, di vescovi, e infine di papi, che la cosa giusta da fare, dopotutto, era smettere di lottare frontalmente contro i peccati del mondo; di arrivare a un compromesso, a una tregua, a un armistizio; di siglare una specie di accordo, di modus vivendi, io non disturbo te e tu non disturbi me; dialoghiamo, sediamoci a un tavolo da buoni amici, parliamo, sì, parliamo. Ma parliamo di cosa? Gesù Cristo non faceva così; non parlava coi nemici del Vangelo; Gesù ammaestrava la gente, insegnava la Buona Novella con autorità; a quelli che non la volevano ascoltare, volgeva le spalle. E ai suoi discepoli raccomandava (Matteo, 10, 11-18):

In qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi. In verità vi dico, nel giorno del giudizio il paese di Sodoma e Gomorra avrà una sorte più sopportabile di quella città.
Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.

A partire dal Concilio Vaticano II, o forse prima, a partire dalla elezione di papa Roncalli, questo linguaggio, che pure è il linguaggio di Gesù Cristo, il solo, l’unico Maestro, sembra essere improvvisamente invecchiato, sorpassato; quasi tutti i membri del clero l’hanno abbandonato, per non parlare dei teologi, sedotti e traviati dalle teorie di Karl Rahner, fautore di una radicale immanentizzazione del Vangelo: così radicale che, alla fine dei conti, il Vangelo si riduce a un vangelo, uno dei tanti, una cosa puramente umana, una proposta fra le altre, nella quale non si avverte più il respiro di Dio. Ed eccoci arrivati al presente: con un papa che non fa il papa, che non agisce da papa; che sconcerta e sbigottisce i credenti, che indebolisce e scandalizza la loro fede tutti i giorni; che disprezza le obiezioni e ignora le critiche; che colpisce con durezza inaudita i più fedeli, i più puri, i Francescani dell’Immacolata, i membri dell’Ordine di Malta, senza degnarsi di spiegare le ragioni del suo accanimento. Lo lasciano fare e dire tutto quel che vuole, la sua popolarità è divenuta grande, grandissima: pochissimi si chiedono se sia fedele al Vangelo, e, se pure se lo chiedono, rispondono affermativamente, perché sono stati “cotti” a fuoco lento da mezzo secolo di teologia modernista e di pastorale degradata, per cui non sanno più pensare con la loro testa, giudicare coi loro occhi e coi loro orecchi. Non riconoscerebbero un’eresia neppure se l’avessero davanti al volto, non udrebbero una bestemmia neppure se venisse pronunciata nel bel mezzo della santa Messa. Non riconoscono la vera natura del signor Bergoglio, perché instupiditi dalla macchina del consenso, dalla incessante pubblicità mediatica, dalle apparenze di una “bontà”, di una “misericordia” che piacciono al mondo, proprio perché giustificano e scusano il mondo in tutti i suoi vizi, le sue deviazioni, i suoi appetiti disordinati. Non si rendono conto che Bergoglio non è un papa secondo il volere di Dio, ma secondo i gusti del diavolo. Ecco, lo abbiamo detto; e ce ne assumiamo tutta la responsabilità.

Che cosa poteva fare, il diavolo in persona, che il signor Bergoglio non abbia ancora fatto?

Sono parole tremende, è un concetto spaventoso quello che abbiamo enunciato: abbiamo lanciato un’accusa inaudita. Pure, ci siamo stati costretti. Se noi tacessimo, parlerebbero le pietre. Ormai solo le pietre non gridano fino al cielo la tremenda verità: che i nemici della Chiesa son riusciti a impossessarsi del suo vertice e che la stanno stravolgendo, la stanno snaturando, la stanno trasformando nel contrario di ciò che essa è sempre stata e deve sempre essere, se vuol restare fedele al suo divino Sposo: uno  strumento per la salvezza delle anime, e non per la loro perdizione. Ma quel che il neoclero di questa falsa chiesa, massonica e modernista, predica ormai alla luce del sole, è la negazione della Parola di Dio: è qualcosa che ha il sapore, il tono sulfureo dell’inferno. Che un divorziato risposato possa accostarsi alla santa Eucarestia, che possa pretenderla, che possa andare all’altare ed esigere che il sacerdote, ridotto al ruolo di distributore di Ostie, gli offra il Corpo e il Sangue di Cristo, morto per riscattarci dai nostri peccati e non per approvarli, non per benedirli: tutto questo ormai avviene quotidianamente, ed è il frutto sciagurato di un documento volutamente perfido, ambiguo, satanicamente concepito per gettare nella confusone la Chiesa cattolica. Per la prima volta nella sua storia, ogni chiesa locale, ogni diocesi, ogni parrocchia si fa la sua interpretazione di un documento papale, e, in base ad essa, decide quel che è peccato e quel che non lo è, e cosa porti al paradiso e cosa conduca all’inferno. Per la prima volta nella storia, un papa si assume la responsabilità di allontanare le anime da Dio: e noi conosciamo, anche personalmente, parecchie anime che son giunte a questo punto: si sono allontanate da Dio per reazione al suo modo di fare scellerato, da capo di una fazione cattolica, quella dei “riformatori”, contro un’altra fazione, che i suoi seguaci chiamano dei “conservatori”, mentre si tratta, puramente e semplicemente, dei cattolici che vorrebbero rimanere tali, fedeli alla dottrina di sempre, al perenne Deposito delle fede, come la Chiesa lo ha sempre tramandato e custodito. Ciò è esattamente il contrario di quella che dovrebbe essere l’azione pastorale di un romano pontefice. Si tratta di una situazione inaudita, scandalosa, apocalittica, nel senso letterale di quest’ultimo termine: si direbbe che siamo giunti alla rivelazione delle Cose Ultime.


Il capolavoro del diavolo
di Francesco Lamendola

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