REAGIRE A DITTATURA DEL FATTO
Dobbiamo reagire alla dittatura del fatto. La degenerazione intellettuale che si esprime in un relativismo assoluto eretto a dogma del politically correct è la dittatura del fatto e della prassi rispetto al valore e al pensiero di Francesco Lamendola
Se dovessimo sintetizzare in una sola formula i tratti essenziali della odierna degenerazione intellettuale, spirituale, morale, che si esprime in un relativismo pressoché assoluto, eretto al rango di dogma fondamentale del politically correct, diremmo che ciò a cui siamo di fronte è la dittatura del fatto, della prassi, dell’agire, rispetto al valore, al pensiero, al volere: una svolta rivoluzionaria che scardina secoli e millenni di tradizione.
La dittatura del fatto, che oggi grava su di noi con tutto il suo peso, è la fase culminante di una lunga, paziente, metodica e non sempre visibile marcia di avvicinamento che alcune minoranze molto decise, bene organizzate e sostenute nascostamente da potenti lobby finanziarie, hanno portato avanti con incrollabile tenacia, favorite, peraltro, da un dato oggettivo dello statuto ontologico della creatura umana: la tendenza ad adagiarsi nella posizione più comoda e meno faticosa, ogni qualvolta si affievolisce e si attenua la struttura morale che sostiene la società. Esula dalla presente riflessione approfondire tale aspetto, che pure è d’immensa importanza; ci limiteremo a ricordare che , mentre il pensiero razionalista, che incomincia con Machiavelli, attribuisce quella tendenza a una debolezza intrinseca della natura umana, per il pensiero cristiano si tratta di una ferita recata dal Peccato originale, da cui si è originata, nell’umanità decaduta, una propensione al male, chiamata dai teologi concupiscenza. Sia come sia – non è questa la sede per sviluppare adeguatamente il concetto, e, del resto, lo abbiamo fatto altre volte, in contesti specifici – su di un punto l’analisi razionalista e quella cristiana convergono e parzialmente coincidono: il giudizio pessimistico sulla natura umana, così come essa è al presente, cioè nella dimensione storica. Subito dopo le due prospettive tornano a divergere: perché per gli uni la condizione umana è questa e non può mutare; per gli altri esiste una dimensione ulteriore, di ordine soprannaturale, grazie alla quale, con l’aiuto della grazia divina, gli uomini possono elevarsi dalla condizione presente, dominata dalla concupiscenza, ad uno stato di “giustizia” di cui, da soli, non sarebbero capaci: in ogni caso, non tutti indiscriminatamente, ma solo a livello individuale, quelli che accolgono la chiamata di Dio e si aprono all’azione rigenerante dello Spirito Santo.