Le radici teologiche del peccato contro natura. C'è un brano fonte d’imbarazzo e fastidio del Nuovo Testamento che si pone come un macigno attraverso la strada della Contro-chiesa massonica e gay-friendly del falso papa gesuita
di Francesco Lamendola
C’è un brano del Nuovo Testamento che si pone come un macigno attraverso la strada della contro-chiesa bergogliana, massonica e gay-friendly; un brano che da tempo è fonte d’imbarazzo, di fastidio e di aperta ostilità; e che prima o poi qualche James Martin o qualche Nunzio Galantino si deciderà a prender di petto, dichiarandolo superato e sconveniente, frutto d’una mentalità imbevuta di pregiudizi omofobi e non rispondente all’autentico spirito del Vangelo di Gesù, spirito di accoglienza, inclusione e piena accettazione: è quel famoso passo del primo capitolo della Lettera ai Romani in cui l’Apostolo delle genti descrive con parole di fuoco il peccato contro natura, allora molto diffuso fra i pagani, e soprattutto fornisce una precisa spiegazione teologica, morale e spirituale di esso.