ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 30 giugno 2013

Saranno stati i tradizionalisti..?

INTERROGATORIO: LA RAGAZZA «DOVEVA RINCASARE IN 24 ORE».

Caso Orlandi, la pista dello Ior:
«Ecco perché Emanuela non fu liberata»

Il superteste Accetti: pressioni su Agca e finanza vaticana. «Ci dissero: tenetela, è saltato l'accordo sulla banca»

Il superteste Accetti: pressioni su Agca e finanza vaticana. «Ci dissero: tenetela, è saltato l'accordo sulla banca»
Emanuela Orlandi

ROMA - Emanuela Orlandi non fu liberata subito, come nei piani del gruppo che la prelevò davanti al Senato il 22 giugno 1983, a causa di fatti «non preventivati» che fecero «precipitare la situazione». Doveva tornare presto a casa ma fu «trattenuta», con il risultato di trasformare un «finto sequestro» in un giallo infinito.
Marco Fassoni Accetti, il fotografo che ha raccontato di aver partecipato al sequestro Orlandi e di essere stato uno dei telefonisti (la perizia fonica è in corso), ieri è stato nuovamente convocato a Piazzale Clodio.
Emanuela Orlandi

Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo lo ha interrogato per ore alla presenza dell'avvocatessa Maria Calisse. Un confronto serrato, soprattutto nei frangenti in cui il magistrato ha tentato di mettere punti fermi sui nomi di complici e avversari del gruppo («formato da laici ed ecclesiastici, con il supporto di fiancheggiatori della Stasi») in cui Accetti sostiene di aver militato. E che il superteste aveva coinvolto nelle dichiarazioni del maggio scorso, quando sostenne che l'accordo firmato dallo Ior sul crack Ambrosiano nel 1984 fu dettato dal ricatto dei sequestratori.
«Io non faccio chiamate in correità - insiste il superteste - fornisco il contesto e numerosi riscontri». Un quadro dettagliato, questo è certo. Il «nucleo di controspionaggio» avrebbe rapito la Orlandi e Mirella Gregori (46 giorni prima) per compiere pressioni per conto di ecclesiastici «orientati in senso progressista». Due gli obiettivi: indurre Alì Agca a ritrattare le accuse ai bulgari di complicità nell'attentato al papa (in cambio di una sua futura liberazione) e colpire lo Ior di Marcinkus.
Monsignor Paul 
Marcinkus (Ap)

«Nostra controparte - specifica Accetti - erano persone legate all'avvocato Ortolani (poi condannato per il crak Ambrosiano, ndr ) e altre vicine a Thomas Macioce (uomo forte dello Ior negli anni '80, ndr )». La guerra all'ombra del Vaticano, quindi, troverebbe nuovi spunti. Emanuela «doveva tornare a casa in 24 ore», ma ciò fu impedito «prima perché il 23 giugno non avevamo in mano la denuncia di scomparsa da produrre in fotocopia ad Agca». E questo trova riscontro: la famiglia fu invitata a non sporgere subito denuncia al Collegio romano, nella speranza di una «scappatella».
In un secondo momento - e siamo al 24-25 giugno - «perché ci arrivò voce che la commissione bilaterale tra Stato vaticano e italiano per esaminare la situazione dello Ior, fissata al 30 giugno, non sarebbe arrivata a un accordo». «E' bene tenerle», sarebbe stato l'ordine impartito da non meglio precisati ambienti agli esecutori dei sequestri.
E ancora, deflagranti, altri due eventi: l'appello del 3 luglio di papa Wojtyla, che diede al caso rilievo planetario, e il rilancio delle accuse ai bulgari da parte di Agca, l'8 luglio, al grido di «Sono lo strumento del Kgb!». Terrorismo, tensioni politiche e scandali finanziari, insomma, si intrecciano col destino di due ragazze scomparse ai tempi della guerra fredda. Il tutto mentre - corsi e ricorsi della storia - lo Ior, per effetto degli arresti scattati venerdì 28 giugno, è tornato nella bufera.
Fabrizio Peronaci



Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.