ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 31 ottobre 2015

Quanto più la crisi della Chiesa si fa terribile..


"CHE COSA MAI POSSIEDI CHE TU NON ABBIA RICEVUTO?": 
AMA LA CHIESA!
Editoriale "Radicati nella fede" - Anno VIII n° 11 - Novembre 2015
  
  Quanto più la crisi della Chiesa si fa terribile, vasta e profonda, tanto più occorre amare la Chiesa stessa.
  Quanto più aumentano gli scandali nella casa di Dio, tanto più bisogna amare la Chiesa.

  E questo amore deve essere molto concreto e operativo.

  Il dovere della reazione non va mai disgiunto da un amore profondo per la Sposa di Cristo, la Santa Madre Chiesa; e su questo nessuno può scherzare.

Per chi suona la campana?


La congregazione dei Salesiani: "tu quoque"!

Ogni tanto si sente una notizia che esibisce la perdurante crisi dei religiosi: prima i Gesuiti, che da 37.000 furono ridotti alla metà; poi i Cappuccini, un tempo amatissimi dal popolo; poi i Domenicani, che chiudono perfino il convento del Beato Angelico; adesso i Salesiani di Don bosco, che sembravano immuni, hanno avuto tracolli impressionanti per cattiva amministrazione dei loro grandi patrimoni. E questo arriva quando hanno raggiunto invidiabili posti cardinalizi e perfino la Segreteria di Stato in Vaticano.

Incontri ravvicinati di 4° tipo

Halloween alla Casa Bianca, Obama incontra il “mini Bergoglio”

Obama col “piccolo Papa”

New York - Festa di Halloween anche alla Casa Bianca: il presidente americano, Barack Obama, e la moglie Michelle hanno accolto numerosi bambini provenienti da diverse scuole in occasione della festa tradizionale “Dolcetto o scherzetto”.
Un bimbo vestito come Papa Francesco, dotato anche della Papamobile, ha vinto il primo premio per il miglior costume, proclamato dallo stesso presidente.

Ed ecco a voi, i sedevantisti!


Nella Chiesa cresce il malumore per il “Papa eretico”

Dai cattolici tradizionalisti ai movimenti in difesa della famiglia, si diffonde l’opposizione alle nuove idee di Papa Bergoglio, accusato addirittura di non essere cattolico

(Getty Images/Drew Angerer)


Le truppe ultra-tradizionaliste non hanno retto: il Papa venuto dalla fine del mondo non gli piace, non gli è mai piaciuto per la verità, solo che ora il brusio di fondo, il malcontento che si sentiva come un rumore in lontananza, è esploso. Il Papa non è cattolico, accusano, è quasi un eretico anzi; si avvicinano così alle classiche posizioni sedevantiste dei lefebrviani, la Fraternità di San Pio X che resta, per molti di loro, un punto di riferimento.

A chi piace il Re nudo


ROSS DOUTHAT, IL GIORNALISTA CHE HA MESSO A NUDO IL “PAPA-RE”

C’è un giornalista americano, Ross Douthat, che sta subendo da qualche tempo un vero e proprio linciaggio mediatico dai catto-progressisti del suo paese, in particolare dai gesuiti. Perché questo? Il nostro, infatti, in un editoriale del 17 ottobre, pubblicato nella sua rubrica del “New York Times”, ha avuto il coraggio di esclamare candidamente che il «re è nudo». Abbiamo perciò deciso di tradurre per voi quell’articolo, in modo che i nostri lettori possano rendersi conto non solo di quanto siano intolleranti gli attacchi che Douthat sta subendo – al quale esprimiamo la nostra solidarietà – ma anche ciò che è realmente accaduto negli ultimi due sinodi dei vescovi.

Deve averli scambiati per francescani dell'Immacolata!

Papa e Rom. Reazioni offese.

Lunedì scorso papa Francesco ha parlato a una folla di 7000 persone delle comunità Roma e Sinti nell’aula Paolo VI in Vaticano nella stessa data in cui 50 anni fa Paolo VI incontrò i Rom nella capitale. Alcune sue frasi hanno provocato reazioni offese da parte dei Rom.


Lunedì scorso papa Francesco ha parlato a una folla di 7000 persone delle comunità Roma e Sinti nell’aula Paolo VI in Vaticano nella stessa data in cui 50 anni fa Paolo VI incontrò i Rom nella capitale.

Fra l’altro, papa Francesco ha detto: “Che si volti pagina! È arrivato il tempo di sradicare pregiudizi secolari, preconcetti e reciproche diffidenze che spesso sono alla base della discriminazione, del razzismo e della xenofobia. È lo spirito della misericordia che ci chiama”.

Corvo bianco, avrò il tuo scalpo..!

Un nuovo corvo in Vaticano. Forse due

Sospetti su un ecclesiastico che avrebbe "rubato" le frasi del Pontefice. La Santa Sede non smentisce lo scoop de Il Tempo: violato il pc del "revisore"


cardinali
Un altro "corvo" in Vaticano. Stavolta però è un ecclesiastico eccellente che avrebbe «carpito» le conversazioni del Santo padre. Se ne sa poco ma quel che è certo è che nelle prossime ore potrebbe esser data conferma dell’esito di un’inchiesta vaticana che si preannuncia devastante. Sono questioni di ore. La tensione è altissima. Non sarebbe un cameriere del Papa (come Paolo Gabriele, nel 2012 condannato e poi graziato da Benedetto XVI per aver trafugato documenti privati). Ma un alto prelato. Non sappiamo se lo stesso (sembra di no) di cui ha parlato a più riprese Il Tempo. Quel che è certo - per la non smentita vaticana - è lo scoop fatto sulla violazione del computer di un pezzo da novanta delle segrete stanze vaticane. In Vaticano c’è grande imbarazzo.

Noi non smetteremo di importunarti

Preghiera per la Chiesa
 Dominus iudex noster, Dominus legifer noster: Dominus Rex noster, ipse salvabit nos.
Signore Gesù Cristo, non sei Tu forse nostro giudice, nostro legislatore, nostro Re, come la Tua santa Chiesa Ti acclama da sempre? Non Ti professiamo forse arbitro delle menti e dei cuori? Nonostante la turba scellerata vociferi scomposta che non vuole lasciarti regnare, noi continuiamo osannanti a proclamarti, qual sei, Re supremo di tutti gli uomini. Perché, o Principe portatore di pace, non sottometti al Tuo soavissimo impero le menti ribelli, raccogliendo in un unico ovile le genti disgregate dal peccato e quanti han deviato dal tuo amore? Perché non sentenzi e legiferi più, a salvezza dei mortali dannati in eterno dalla loro stessa disobbedienza, per bocca di colui che dovrebbe sedere quale roccia di certa dottrina e pascere le Tue pecorelle nei pascoli salubri dei Tuoi comandamenti? Perché lasci che chi ha il compito di guidarci sconcerti continuamente chi ancora conserva la fede e al contempo trascini nel baratro quanti, pur credendo di averla, in realtà non la conoscono più? Perché, Immagine vivente dell’Altissimo, Luce da Luce, Dio, permetti che sia coperta e vituperata l’eterna verità che salva riunendo gli uomini nella pace della Tua signoria?

venerdì 30 ottobre 2015

La battaglia post Sinodo continua..

"NELLA CHIESA I PURISTI DELLA MISERICORDIA PASSANO ALL'EPURAZIONE DEI NEMICI"

La battaglia post Sinodo continua. Intervista al columnist americano Rod Dreher sull'appello di Massimo Faggioli e altri teologi internazionali contro Ross Douthat, l'editorialista conservatore del New York Times

New York. Una premessa: ieri su queste colonne è apparsa una sintesi incauta a proposito della lettera firmata dal teologo Massimo Faggioli e da altri illustri suoi colleghi sulla qualità del lavoro di Ross Douthat, columnist cattolico del New York Times che spesso si occupa di religione.

Dio è un po’ meno Dio di prima

“L’impotenza di Dio”. “Dio non condanna”. Le sempre più profonde perplessità di un cattolico qualunque (in attesa delle prossime novità) 

di Paolo Deotto

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Il bollettino quotidiano da Santa Marta ci riporta l’omelia di Bergoglio di ieri, giovedì 29 ottobre 2015. Appendiamo così, e potete leggere la notizia sull’Agenzia Zenit cliccando qui che Dio è un po’ meno Dio di prima, perché il Suo amore è al tempo stesso la sua “debolezza”. Dio è un po’ meno Dio di prima perché è anche “impotente” contro questo amore che ha per noi. E infatti, inutile dirlo, “Dio non condanna”.
Naturalmente non mancheranno le voci autorevoli che mi diranno che non sono in grado di capire, essendo un rozzo veterocattolico fermo a una Chiesa che insegnava anche i dogmi, che parlava di peccato e di inferno. Mi diranno che non sono in grado di capire che l’amore di Dio è così grande da limitare lo stesso Dio.

La nuova scuolastica


A Bologna e Palermo due nuovi arcivescovi. Della stessa "scuola"?


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Dei due nuovi arcivescovi assegnati personalmente da papa Francesco alle sedi di Bologna e Palermo si è già scritto molto. Ma forse non abbastanza per quanto riguarda la loro vera o presunta affiliazione alla cosiddetta "scuola di Bologna", la corrente storiografica che ha imposto nel mondo una lettura del Concilio Vaticano II in termini di "rottura" e "nuovo inizio" nella storia della Chiesa e che ha oggi un suo esponente di rilievo anche nel collegio cardinalizio, l'arcivescovo di Manila Luis Antonio G. Tagle.
I fondatori di questa scuola sono stati don Giuseppe Dossetti e Giuseppe Alberigo.

La nuova, falsa misericordia.

La Relazione finale del sinodo sulla famiglia è stata approvata dai padri sinodali che l’hanno votata nei suoi i 94 punti approvandoli tutti ai 2/3 dei voti. Questo testo sotto certi aspetti costituisce uno scandalo senza precedenti. In esso infatti si chiamano “membra vive della Chiesa”[1] coloro che vivono pubblicamente nell’adulterio affermando che occorre valutare nella pratica la possibilità per essi di accostarsi alla S. Eucaristia “caso per caso”.

Tifo da stadio..?..

I tifosi della squadra "Scisma"

Lo scriviamo subito : noi non siamo tifosi di quella ( diabolica) squadra.
Premettiamo una considerazione.
Nell'Anno del Signore 2015 per coloro che si sentono "alla destra del Padre" , presi da romantici e giovanili furori, "scisma" potrebbe essere il sinonimo dei salutari "chiarimenti dottrinali" e di un sacrosanto definitivo "distacco da quella parte che nella Chiesa è stata responsabile delle cinquantennali rovine progressiste e moderniste".

Come ti preparo il Santo Prima!

La lotta del Papa per cambiare la Chiesa diventa un docu-libro


Dopo Vaticano Spa e Sua Santità, Gianluigi Nuzzi torna con una nuova, clamorosa inchiesta Via Crucis (Chiarelettere), per raccontare dall’interno la lotta che Francesco e i suoi fedelissimi stanno conducendo per riformare la Chiesa.

Rosso di sera?

Vaticano in rosso. E Ratzinger lasciò

"Dai fasti dei cardinali ai furti ai veleni": Nuzzi riscrive i motivi delle dimissioni di Benedetto XVI

Una lotta incessante, senza sosta, di Papa Francesco contro «i mercanti nel tempio», contro la corruzione all'interno delle mura vaticane, con un complotto esploso nel corso del Sinodo della famiglia ma nato già nei primissimi giorni del pontificato di Jorge Mario Bergoglio.
Emerge questo dall'ultimo libro di Gianluigi Nuzzi, Via Crucis , volume che uscirà in Italia per Chiarelettere il prossimo 5 novembre e che conterrà trascrizioni di registrazioni dei colloqui del Papa e documenti inediti della Santa Sede.

Esulta la neochiesa di Halloween

Sinodo, la vecchia chiesuola è finita per sempre


Due giorni prima che si chiudesse il Sinodo dei Vescovi della Chiesa cattolica, dedicato alla famiglia, svoltosi in Vaticano nel mese di ottobre 2015, ho pubblicato il mio “Pacchetto del Mercoledì” con le mie previsioni sulle conclusioni dell’assise che si sono puntualmente avverate, senza nemmeno un grande sforzo per prevederle
 Non c’era bisogno di immaginazione per capire che non vi sarebbe stata alcuna rivoluzione perché abbiamo assistito allasolita metodologia clericale che, rimescolando un po’ le carte, un colpo al cerchio e uno alla botta, ha lasciato le cose come stavano, salvo prendere atto della realtà della vita e della storia, quando ormai è troppo tardi. Ho intitolato la mia riflessione “Un Sinodo inutile perché fuori tempo“.
Leggendo le quasi novanta pagine delle conclusioni, non posso che confermare la mia impressione che anzi si rafforza. Rendo onore a Papa Francesco che ce la sta mettendo tutta per dare una sberla all’immobilismo atavico di vecchi armamentari che non possono più stare in piedi né dal punto di vista scientifico, né –Mirabile dictu! – da quello biblico e poi teologico, psicologico e antropologico. Il Papa è figlio del suo tempo, condizionato anche lui dall’impostazione teologica in cui è vissuto per tutta la sua vita, ma è onesto, ha senso ecclesiale ed è anche gesuita, uomo cioè con personalità formata e consistenza psicologica stabile.
Non è attaccato al potere in sé, né al papato e appena si accorgerà di non essere più in grado, darà le dimissioni. Egli sta provando a recuperare il tempo perduto con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, i due papi che hanno affossato con convinzione il concilio Vaticano II, ma lunga è la via e arduo il cammino in una realtà clericale (non ecclesiale) attaccata alla religione come controllo e quindi alleata di ogni potere (anche corrotto) che ne garantisca l’esistenza con leggi privilegiate, favori e anche intrallazzi vari. Il clero non è pronto perché, culturalmente impreparato, confonde teologia con formule imparate a memoria nei trattati che sono ancora quelli della neoscolastica, rimasticata nel XIX, dopo il concilio Vaticano I che ha tentato di definire l’infallibilità del papa come variante del potere temporale perduto con la breccia di Porta Pia. Il marchingegno non è riuscito e oggi il Papa che vuole mettere in discussione il papato stesso come storicamente si è realizzato deve combattere contro i difensori dell’infallibilità assoluta, cioè con i papalini più papalini del Papa. L’inconsistenza dell’episcopato italiano ne è una prova.
Pare che il Sinodo abbia fatto una timida apertura alle coppie divorziate e risposate, parlando di “discernimento caso per caso”. Buono a sapersi, buongiorno e buonasera. Nella parrocchia di San Torpete, da quando ho iniziato il mio servizio in centro storico aGenova, dopo il mio rientro da Gerusalemme, cioè da almeno dieci anni, abbiamo sempre applicato il criterio del “discernimento” – e io aggiungo – “della coscienza” informata e formata. Credo che sia giunto il tempo di considerare le persone non più “suddite”, ma adulte e capaci di scelta davanti a se stessi e a Dio. È finito per sempre il tempo del prete che dice cosa bisogna fare e non fare. Egli può aiutare a capire, ad approfondire, a valutare, ma non può sostituirsi alla coscienza personale davanti alla quale anche Dio cede il passo e s’inginocchia. Nella mia chiesa separati e divorziati fanno la comunione in forza del principio del “discernimento” che il Sinodo ha inverato come criterio efficace per tutta la Chiesa. La mia colpa semmai è quella di avere anticipato i tempi di qualche decennio a San Torpete e di oltre quarant’anni ovunque sono stato, perché mi ha sempre guidato il criterio del primato della persona sulla lettera della Legge: “Il sabato è per l’uomo, non l’uomo per il sabato” (Mc 2,27).
Se questo Sinodo si fosse svolto negli anni ’60 al posto dell’enciclica “Humanae vitae“, che segna l’inizio del fallimento postconciliare della Chiesa cattolica, avrebbe avuto un altro impatto, ma ora che buoi e stalle sono scappati e non tornano più, nel 2015 è fuori tempo massimo, ottimo per illudere gli eminentissimi, travestiti da donna con abiti filettati e berretti da circo, di essere custodi della “dottrina” nella quale nemmeno loro credono a vedere comportamenti e scelte. Prendiamo atto che con il Sinodo la vecchia chiesuola è finita per sempre, nonostante i complotti e le manovre. Noi restiamo in attesa che spunti l’alba di una nuova “ekklesìa” che possa annunciare la «Stella del mattino che non conosce tramonto» (Preconio pasquale).
Sacerdote
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/28/sinodo-la-vecchia-chiesuola-e-finita-per-sempre/2167684/


Il Sinodo: il testo e l’evento


SETTIMANA n. 4/03

E’ uscito oggi, su “Settimana” 38(2015), questo bilancio dei lavori sinodali. 

Il Sinodo: il testo e l’evento

Due terzi dei Vescovi al Sinodo sono con Papa Francesco, al quale affidano la determinazione concreta della svolta pastorale sulla famiglia e il suo ruolo all’interno della Chiesa. E’ l’inizio di un grande approfondimento della esperienza matrimoniale, con accorato discernimento dei Vescovi e con libertà evangelica di Francesco.
Dopo tutte le esitazioni, le discussioni, le paure, le trame, gli entusiasmi, gli sgambetti, gli intrighi, le aperture e le fughe all’indietro, i risultati di queste tre settimane di “cammino sinodale” appaiono più cospicui di quanto ci si potesse attendere. In primo luogo sull’intera Relatio si è formata una “maggioranza qualificata”, anche se questo obiettivo, sicuramente decisivo, ha significato il sacrificio di alcune importanti tematiche (nessun cenno esplicito alla comunione per le “famiglie irregolari”, nessun riferimento vero alle coppie “omosessuali”, né al rapporto tra “legge” e “coscienza”). In secondo luogo, il documento, sia pure con i limiti di “contenuto” che ho già indicato, recupera molto in termini di linguaggio, di stile e di approccio: trova il registro giusto per annunciare anzitutto la “misericordia”; infine, come era accaduto anche l’anno scorso, il discorso conclusivo di papa Francesco mette in chiaro, con estrema lucidità, quali saranno le priorità che discenderanno da questo “cammino comune” appena compiuto, ma ancora da sviluppare e da determinare. Ecco una serie di “elementi” di valutazione del Sinodo, a partire dal documento a cui è giunto (nella sua non definitività).
Il testo e il suo contesto
Non bisogna certo sottovalutare il testo approvato alla fine del Sinodo, ma non si deve neppure sopravvalutarlo. Si tratta, è bene ricordarlo, di una serie di 94 proposizioni, ordinate certo in modo strutturale, ma che fungeranno da “base” per la elaborazione del testo magisteriale che, una volta pubblicato, di fatto andrà a prendere il posto del testo sinodale, con altra autorità.
Per questo, se valutassimo il testo come “definitivo”, andremmo incontro a un abbaglio: piuttosto esso ha avuto un duplice compito: mettere a confronto le diverse culture e tradizioni ecclesiali di fronte alle sfide che la famiglia subisce e lancia alla cultura di oggi; preparare un “consenso diffuso” per sostenere un’opera di aggiornamento e di “conversione” della pastorale familiare.
Il tono sereno e costruttivo
Molto hanno lavorato i Padri sinodali nel “trovare il tono giusto”: uno dei meriti di questo Sinodo è stato proprio quello di non voler arrivare ad una “normativa disciplinare” – troppo ardua da costruire in modo consensuale. Si è preferito, invece, elaborare un linguaggio dell’incontro e della misericordia, invece che un linguaggio del giudizio o della condanna. La lezione del Concilio Vaticano II – rilanciata da papa Francesco – ha trasmesso ai padri sinodali il desiderio di curare la “forma” almeno tanto quanto il ”contenuto”. Questa scelta ha determinato una tendenza a portare in primo piano l’atteggiamento da favorire, prima che il contenuto da definire. Pertanto, in diversi casi, il tono “garbato” e “conciliante” non ha potuto registrare che una parte dei “temi”. La ricerca di un ampio consenso ha alzato il volume delle relazioni e abbassato quello delle questioni più brucianti.
Le resistenze e le omissioni
Cionondimeno, vi sono state resistenze, forse anche più forti di quanto si sarebbe pensato. Lettere di protesta indirizzate al papa, sul cui testo e sui cui firmatari non vi sono certezze, ma che volevano esercitare una “pressione preventiva” sul lavori del Sinodo, contestandone il merito e il metodo. Se si è arrivati a diffondere notizie false su un (inesistente) “tumore al cervello del papa”, questo ha significato che il livello di “paura” del cambiamento aveva raggiunto un livello di guardia. Il miglior commento su tutto ciò è venuto dal Cardinale Montenegro, che ha ricordato un proverbio rumeno: “Quando la carovana si mette in movimento, i cani abbaiano”.
Alcuni casi esemplari: relazioni omosessuali e comunione ai divorziati risposati
Non vi è dubbio che nella storia del precedente Sinodo del 2014, la gestione di argomenti delicati – in primis delle coppie divorziate risposate e delle coppie gay – avevano creato resistenze e opposizioni, che si erano tradotte in un numero di voti contrari più alto del previsto. E’ però paradossale che, nel testo oggi approvato con larghe maggioranze, di fatto si siano letteralmente “obliterate” alcune questioni nodali: la omosessualità sembra riguardare la famiglia solo quando tocca “qualcuno di famiglia”: il caso cioè in cui un figlio, un fratello, uno zio manifestano un orientamento omosessuale. Ma della “relazione omosessuale di coppia” non si fa parola. Allo stesso modo ci si comporta nei paragrafi delicatissimi che riguardano la condizione ecclesiale dei “divorziati risposati”. La questione che sembrava dirimente – ossia la “comunione ai divorziati risposati – non viene mai nominata. Si gira attorno al tema, con reiterata insistenza, ma senza mai evocarlo letteralmente. Lo ripeto: tutto questo assomiglierebbe ad una “occasione perduta” se non tenessimo conto della “provvisorietà strutturale” della RelatioEra più importante creare le condizioni di un consenso più vasto, piuttosto che sollevare tutte le questioni teoriche e pratiche e rischiare la divisione!
La libertà del papa come ”ministero ecclesiale”
Una “divisione del lavoro” come quella che abbiamo visto durante il Sinodo mi pare che raramente si dia a vedere, non solo a livello ecclesiale. Mentre la assemblea elaborava strategie del confronto, di creazione del consenso, di mediazione linguistica e culturale, il suo Presidente faceva due cose essenziali: stava in ascolto di tutti e rilanciava profeticamente il lavoro e la progettazione, sulla base della categoria di “misericordia”. Se la famiglia manifesta la “misericordia Dei” nel modo più alto, come possiamo comprenderla solo nelle categorie dei diritti e dei doveri? Questa domanda, in mille variazioni, risuonava nei discorsi di apertura e di chiusura, ma riecheggiava anche da S. Marta e, quotidianamente, da ogni occasione in cui il papa prendeva la parola. I Vescovi hanno parlato con la prudenza della cautela, il papa con la libertà della profezia. I primi dovevano fare analisi, il secondo continuamente spronava a fare sintesi. I primi avrebbero in qualche caso voluto ancora tempo, commissioni, procedure, cautele…il secondo voleva correre per strada, farsi familiare alle famiglie, toccarle e farsene toccare. Quasi mai c’è stata dura contrapposizione: quando non “in re”, almeno “in spe”.
La questione fondamentale: la differenza tra famiglia e matrimonio
Il Sinodo che ha “scollinato” nella disciplina delle nozze cristiane, aprendo la via per un ripensamento delle prassi con cui si affrontano le crisi matrimoniali, ha dovuto farsi carico di un problema ecclesiale ben più grande e spinoso: ossia la pretesa di non perdere il monopolio della sessualità ordinata alla vita unita, indissolubile e feconda. Da quando lo stato moderno ha “requisito” la competenza sul matrimonio, la Chiesa ha reagito spesso in modo solo istituzionale, vantando una competenza originaria e inossidabile sul “sacramento-contratto”. Questa storia, lunga due secoli, influisce ancora pesantemente sul modo di affrontare le singole questioni: non di rado, accanto al “pastore” vi è sempre acquattato un “farmacista”, col suo bilancino. Spesso nella stessa persona! Accettare che vi sia una “differenza” tra famiglia e matrimonio è, per questa mentalità classica, l’inizio della fine. Il Sinodo ci ha detto che i “pastori” hanno prevalso sui non pochi “farmacisti”, oltre che su qualche “lupo”. Per i numerosi Pastori presenti al Sinodo, questa svolta è stata non una tragica fine, ma un inizio promettente.
Che cosa sarà domani?
Appena chiuso il Sinodo, un giornalista ha chiesto ad alcuni parroci che cosa avrebbero fatto dal giorno successivo. La prudenza ha giustamente prevalso. Questo ha permesso al giornale di mettere come titolo: “I parroci frenano sulla comunione ai divorziati risposati”. Per come un Sinodo è concepito, è del tutto ragionevole che ogni “mutamento della disciplina” sia accuratamente predisposto dalla autorità competente. La Relatio ci dà alcuni criteri di fondo, che tuttavia dovranno essere a loro volta tradotti e fatti propri dalle singole comunità, mediante una adeguata mediazione magisteriale e pastorale. Ecco alcune domande che dovremo affrontare nei prossimi mesi:
Alcune domande aperte
a) Familiaris Consortio e la differenza tra comunione ecclesiale e comunione sacramentale
Propriamente, la differenza tra comunione ecclesiale e comunione sacramentale, che è stata introdotta coraggiosamente da FC, quando afferma che i divorziati risposati “non sono separati dal Corpo di Cristo”, inaugura quella tensione a cui cerca di rispondere il documento sinodale, seppur solo parzialmente. Se la “forbice” tra le due forme di “comunione” era massima, nel 1981, oggi appare ridotta e ridimensionata, ma non ancora colmata. Ad ogni grado che si acquisisce come compatibile con la condizione di divorziato risposato, diventa sempre più difficile escludere il coronamento eucaristico della comunione ecclesiale. Se un divorziato risposato può fare il catechista, come può non giungere alla comunione eucaristica? Ma, d’altra parte, se un divorziato verrà tenuto esterno alla comunione sacramentale, come farà ad essere un catechista senza complessi di inferiorità?
b) Foro esterno, foro interno: e il “foro intimo”?
Fino ad oggi l’unico modo per “giudicare” della condizione dei divorziati risposati era ricorrere al procedimento canonico di riconoscimento e dichiarazione della nullità del vincolo. Questo accadeva – e tuttora accade – “in foro esterno”. Oggi è possibile che, stante la validità del primo matrimonio, si possa essere accompagnati in un cammino di integrazione ecclesiale che non esclude la comunione eucaristica, senza mettere in discussione il vincolo originario. Questo avviene “in foro interno”, nella confessione.
Ma tutto questo non basterà. Alla logica oggettiva del vincolo sembra affiancarsi, quasi in parallelo, una logica soggettiva dei singoli individui, i cui nuovi legami non sembrano avere una visibilità e una riconoscibilità. Il correttivo che il “foro interno” introduce nel sistema è utile e necessario, ma non sarà sufficiente,. La storia delle coscienze e delle libertà in comunione è molto più complessa e più intima della astrazione giuridica che compone “elementi oggettivi” con “cause soggettive”. La misericordia ha bisogno di altri linguaggi e di altre dinamiche. Su questo “foro intimo” occorrerà lavorare, affinando le categorie con cui interpretare e disciplinare i vissuti ecclesiali.
c) Cammino penitenziale e cammino eucaristico: sono ancora possibili?
Prevale ancora una lettura statica della vita: il foro esterno e quello interno sono “fermi” piuttosto che “in movimento”. Se il Sinodo ha sbloccato il sistema, ha “scollinato” nella tradizione, oggi dovrebbe essere molto più chiaro che penitenza e eucaristia non hanno solo la logica dell’atto formale di assoluzione e di consacrazione, ma la logica del processo rituale ed esistenziale di incontro con la Parola e con il sacramento. Come diceva Carlo Maria Martini, noi dobbiamo saper “capovolgere la domanda”. Non si tratta di far accedere i divorziati alla eucaristia dopo la soglia penitenziale, ma di farli entrare in una elaborazione penitenziale edeucaristica della loro identità. Nella penitenza e nella eucaristia si cambia “con il tempo”. La nuova considerazione dei divorziati risposati ci porta, ultimamente, a una nuova offerta, a tutto il popolo di Dio, di una rinnovata freschezza penitenziale ed eucaristica. Il problema della “comunione” per i divorziati risposati non è di “ricevere l’ostia”, ma di “vedere riconosciuta e valorizzata” la comunione che vivono.
Su queste “domande aperte” si misurerà la discussione e la esperienza ecclesiale del mesi prossimi: a meno che Francesco non ci sorprenda ancora una volta, “giocando d’anticipo” già tra qualche settimana, magari intorno alla soglia giubilare. Chi potrebbe escluderlo? 

Mons. Cupich: il Sinodo come il Vaticano II, è un momento decisivo

sinodo 2
Interrogato dalla giornalista de La Nacion, Elisabetta Piquet, il vescovo di Chicago mons. Blase Cupich ha detto che il paragrafo 85 della Relatio finale del sinodo, quello sul discernimento per i divorziati risposati, è riflesso di una polarizzazione che esisteva tra i padri sinodali. E comunque ritiene molto “interessante che due terzi dei vescovi lo abbiano votato”, dimostrando di non considerare rilevante il fatto che la quota sia stata raggiunta per un solo voto.
L’arcivescovo americano, che ha partecipato al sinodo per diretta nomina papale, ha specificato che c’è stata “una polarizzazione in alcuni momenti della discussione”, ma non interpreta la votazione come se “qualcuno ha vinto o perso”. Questo voto, secondo Cupich, “dice che i vescovi chiedono che ci sia un cammino per i divorziati risposati che soffrono per questa loro situazione. I vescovi hanno detto che hanno bisogno di una cura speciale per loro, hanno bisogno di un modo per integrarli nella Chiesa e dovrebbero essere coinvolti più profondamente nella liturgia della Chiesa. Per me è stata una dichiarazione molto forte e una forte indicazione al Papa.”
Poi mons. Cupich si esprime su di un tema a cui ha già dimostrato di tenere particolarmente, vale a dire quello delle persone omosessuali. A proposito del fatto che la relatio finale lo menzioni appena, e in toni che riprendono in gran parte il Catechismo della Chiesa Cattolica, dice che “la commissione incaricata della redazione ha interpretato il sentire dell’assemblea e ha scritto quello che la maggior parte avrebbe potuto votare…”
Incalzato dalla giornalista sulla presenza di un blocco conservatore che si oppone al Papa, mons. Cupich, che è senz’altro un vescovo molto vicino al pontefice, ha detto “che non c’è mai un supporto al 100% per nessun papa, credo che non sia realista pensare che sia così”. A questo proposito ha ricordato il papato di S. Giovanni Paolo II, quando nella sua diocesi “c’erano sacerdoti che si opponevano al modo in cui faceva le cose e suppongo vi fosse anche qualche vescovo.”
Questo sinodo a parere di Cupich “apre un nuovo capitolo” per la Chiesa, “è un momento decisivo. Viviamo un momento di grazia per la Chiesa Cattolica, lo stesso che ho sentito durante il Concilio Vaticano II”. Infine, conclude l’arcivescovo di Chicago, “credo che il Santo Padre con il sinodo e la sinodalità ci chiama a essere una Chiesa adulta, dove abbiamo bisogno di ascoltarci gli uni gli altri per discernere la voce di Cristo oggi, nel mondo in cui viviamo.”

Da cosa nostra a cosa sua?

Kasper contro Ratzinger, la disputa che non finisce mai

Francesco l'ha rinfocolata e il sinodo non l'ha risolta. Nei paragrafi sui divorziati risposati la parola "comunione" non c'è. Ma il papa potrebbe introdurla lui, d'autorità

di Sandro Magister




ROMA, 30 ottobre 2015 – Era palpabile l'insoddisfazione di papa Francesco per come il sinodo è andato a finire. Nel discorso e nell'omelia di chiusura se l'è presa ancora una volta con l'"ermeneutica cospirativa", con l'arida "fede da tabella", con chi vuole "sedersi sulla cattedra di Mosè per giudicare con superiorità i casi difficili e le famiglie ferite":

L'odio é il loro mestiere

Gli argomenti teologici del gesuita Martin per scomunicare Douthat

Fino all’intervento di padre James Martin S. I., quella fra il columnist del New York Times Ross Douthat e il professore di Teologia Massimo Faggioli non era che una schermaglia teologica a mezzo Twitter. L'intervento del prelato ha però portato la questione a un livello più profondo con un lungo intervento sulla rivista dei gesuiti americani, America

Papa Francesco con padre Antonio Spadaro (foto LaPresse)
New York. Fino all’intervento di padre James Martin S. I., quella fra il columnist del New York Times Ross Douthat e il professore di Teologia Massimo Faggioli non era che una schermaglia teologica a mezzo Twitter. All’apparire della parola “eresia” è diventata una zuffa, ma sostanzialmente la disputa era la rappresentazione in scala di uno scontro fra due visioni della chiesa, roba forte ma leale, che talvolta può pure sfociare nel grottesco, come nel caso della richiesta di sollevare Douthat dal suo ruolo di opinionista.

giovedì 29 ottobre 2015

Mala tempora cucurrunt

I tempi sono cattivi perché il peccato viene esaltato

Padre Brown
Domenica 11 ottobre 2015 - Santa Messa VO
I tempi sono cattivi perché il peccato viene esaltato
Letture: Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Ephésios, 5, 15-21
Vangelo: Sequéntia S. Evangélii secundum Ioánnem, 4, 46-53
San Paolo, ai cristiani di Efeso, dice: i tempi sono cattivi, i giorni sono cattivi!
Allora verrebbe da dire: “Ma allora, caro San Paolo, se tu vivessi adesso, in questi giorni,  che cosa diresti?”.
Sono cattivi e difficili anche i nostri giorni. Sono giorni in cui la Chiesa stessa è attraversata, è scossa dallo scandalo, dal dramma di peccati sconcertanti.
Peccati che, ricordiamolo, se venissero riconosciuti come tali, affidati alla Misericordia di Dio, nel riconoscimento sincero dell’errore, dello sbaglio, nello gettarsi in ginocchio davanti a Dio, chiedendone pietà e perdono, andando nel confessionale e aprendo il cuore alla grazia sacramentale, sarebbero perdonati.

in effetti....

http://bibbiacattolicaeresieaconfronto.blogspot.it/2015/10/in-effetti.html

La verità cattolica sul matrimonio



Articolate e approfondite riflessioni sulle tesi che Padre Cavalcoli e Don Ariel Levi hanno scritto in questi giorni in merito ad alcune delle più importanti tesi che il nostro direttore Monsignor Antonio Livi ha sostenuto con la sua usuale precisione. 
Rinnoviamo l'invito alla lettura del volume DOGMA E PASTORALE  da poco uscito che trovate qui a fianco. 


IN DIFESA DELLA VERITA' CATTOLICA SUL MATRIMONIO.

Il documento finale del Sinodo, anche se non è un atto del magistero ecclesiastico ma solo una serie di suggerimenti forniti dai vescovi di tutto il mondo al Papa sui temi pastorali legati alla famiglia cristiana nelle attuali circostanze sociali. Di tali suggerimenti il Papa terrà conto, se lo riterrà opportuno, nell’apposita “esortazione apostolica post-sinodale” che secondo la prassi segue di qualche mese la conclusione dei lavori del Sinodo. Ma già adesso giornalisti, teologi ed ecclesiastici di ogni livello gerarchico esultano o piangono per quanto il Sinodo avrebbe “deciso”, e cioè concretamente la facoltà per i “divorziati risposati” di accedere alla comunione sacramentale pur restando volontariamente in tale situazione morale e canonica e quindi senza aver ottenuto il perdono sacramentale con la Confessione.