ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 12 giugno 2021

Il segreto della fede

PREGARE IL SEGRETO DELLA FEDE

    Il segreto della fede? Pregare Gesù Cristo o pregare con Gesù Cristo? Nella preghiera di Gesù al termine dell’Ultima Cena c’è veramente tutto è un compendio meraviglioso dell’intera Rivelazione dell’intera storia della salvezza                                                                 di Francesco Lamendola  


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Il Vangelo di Giovanni è l’opera più sublime sia del Nuovo Testamento, sia dell’intera Bibbia; e all’interno del Vangelo di Giovanni i capitoli più struggenti, più profondi e più perfetti sono quelli dal tredicesimo al diciassettesimo, nei quali si narrano l’Ultima Cena di Gesù Cristo con i suoi Apostoli e i discorsi da Lui tenuti nella stanza del cenacolo. Fra essi, poi, il più magnifico, il più toccante, è senza alcun dubbio l’ultimo capitolo, il diciassettesimo: perché in esso Gesù rivolge la Sua preghiera direttamente a Dio Padre e vi riassume il senso della propria missione, affidando gli Apostoli direttamente a Lui: sicché quella preghiera, che i biblisti chiamano la preghiera sacerdotale di Gesù, è per noi il modello di tutte le preghiere, il punto di riferimento cui dovrebbe guardare ogni cristiano e specialmente ogni anima consacrata. Gesù, infatti, non chiede assolutamente nulla per Sé stesso: domanda al Padre di custodire i Suoi Discepoli nella Verità, non di toglierli dal mondo, perché chi è nella verità è automaticamente protetto anche dal male vero, quello morale, mentre il male fisico, guardato da simili altezze, perde ogni significato minaccioso. Si pensi a quale era la dimensione psicologica di Gesù in quel momento: aveva appena predetto il tradimento di Giuda e sapeva che san Pietro e tutti gli altri lo avrebbero, di lì, a poco, abbandonato; sapeva che si sarebbero scandalizzati di Lui, che sarebbero fuggiti e sarebbero corsi a nascondersi; sapeva che entro poche ore sarebbe stato sottoposto ai maltrattamenti e alle torture più crudeli, che sarebbe stato appeso alla croce e che avrebbe reso l’anima, tra i lazzi e gli scherni degli scribi e dei farisei, venuti a godersi lo spettacolo della sua agonia. Eppure il Suo cuore non appare minimamente turbato e nelle Sue parole non è dato cogliere la più piccola traccia di paura, incertezza o smarrimento. Tutto quel che si coglie in esse è la gioia, anzi il tripudio di chi contempla la Gloria sfolgorante del Padre celeste: ciò che rende bellissima la preghiera finale di Gesù è proprio questa dimensione contemplativa, vero e proprio anticipo della beatitudine cui sono destinate le anime nel Paradiso. Come insegnano anche i filosofi, la felicità consiste nella gioia piena, perfetta, totale, senza tempo, senza la minima sfumatura di ombra o imperfezione: e tale è la gioia di Gesù che contempla lo splendore del Padre Suo; tale è anche la gioia, sia pure nei limiti di ciò che è puramente umano, del cristiano che prega, e che si accosta al Santo Sacrificio, se solo rivolge la propria anima verso le stesse altezze e prende a modello le Parole e lo Spirito con i quali Gesù Cristo, solo maestro e unico modello, ha pregato in quell’ultima sera della sua vita terrena, nell’atto di accomiatarsi  dal mondo (Gv 17,1-26):

 1 Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l'ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. 2Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. 3Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. 4Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare. 5E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.

6Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. 7Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, 8perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.

9Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. 10Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro.  11Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.
12Quand'ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. 13Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. 14Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

15Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. 16Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 17Consacrali nella verità. La tua parola è verità. 18Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; 19per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità.

 20Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: 21perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.

22E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. 23Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.

24Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch'essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.
25Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. 26E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

 

Nella preghiera sacerdotale di Gesù al termine dell’Ultima Cena c’è veramente tutto. È un compendio meraviglioso dell’intera Rivelazione, dell’intera storia della salvezza; se non ci fosse il tempo di un’istruzione cristiana a un’anima gravemente minacciata dalla morte, i pochi minuti necessari a leggerla sarebbero sufficienti per dare a quel’anima un’idea completa, perfetta, insuperabile, di ciò che significa la fede in Gesù Cristo. E non solo: oltre a quel che Gesù dice in essa, v’è anche il modo in cui lo dice: con quel totale abbandono, con quella particolare esultanza, con quella assoluta gioia nella contemplazione delle cose divine, che si rivelano a colui che non fa più alcun conto sulle cose umane, sui calcoli umani, sulle convenienze umane, ma confida ormai solo ed esclusivamente nella Volontà di Dio.

Uno degli ultimi gesuiti della buona, vecchia scuola preconciliare, Richard Gutzwiller – uno, per intenderci, che convertiva la gente al cattolicesimo, piuttosto che “dialogare” senza costrutto con le false religioni – scriveva, a proposito di questa stupenda preghiera di Gesù, nelle sue Meditazioni su Giovanni (titolo originale: Meditationen über Johannes, Benzinger Verlag, Einsiedeln 1958; traduzione dal tedesco delle Benedettine del Monastero di Santa Maria  di Rosano, Milano, Edizioni Paoline, 1961, pp. 367-368):

1. LA GLORIA DI DIO. L’intero capitolo [diciassettesimo], attraverso i tre nuclei concentrici di cui si compone la preghiera, è pervaso dal pensiero della gloria del Padre celeste. La preghiera di Gesù non è un balbettio terrorizzato di fronte al Giudice dell’universo, né una supplica per mendicare qualcosa, né una elucubrazione nel tentativo di esplorare gli abissi divini e neppure uno spaurito atto di contrazione alla vista del volto corrucciato dell’Altissimo. Non è d’altra pare neanche una mistica unitiva personale e privata, ma è una contemplazione lieta e serena, quasi spontanea, della gloria di Dio, che risplende su tutte le cose.

È come se, proprio nel momento in cui il mondo si prepara ad uccidere questo grande Orante, il mondo non ci fosse. È come se Satana ed il peccato non avessero alcun potere, proprio ora, mentre Giuda sta per intraprendere la sua opera tenebrosa. Come se i discepoli non si fossero rivelati in tutta la loro meschinità, proprio ora che Giuda lo tradisce, Pietro sta per rinnegarlo e tutti gli altri sono in procinto di abbandonarlo. Il fulgore della gloria del Signore è tale che di fronte ad esso tutto il resto sparisce; tanto che Cristo – proprio in quest’ora in cui sta per irrompere la notte più buia non solo della sua vita, ma dell’intera umanità -, parla solo della gloria del Padre suo.

Sull’esempio di questa preghiera sacerdotale, ogni sacerdote dovrebbe vivere in una disposizione interiore tale da vede sempre attraverso e al di sopra di tutto Dio nel fulgore della sua gloria. Il nostro apostolato avrebbe una ben diversa efficacia, s e la nostra preghiera e la nostra vita fossero irradiate dalla gloria di Dio.

2. LA PARTECIPAZIONE ALLA GLORIA. Tale partecipazione è  consustanziale all’essenza stessa del Figlio di Dio, che la possedeva prima che il mondo fosse e che ora sarà tributata anche al Figlio dell’uomo. Per questo la preghiera ha un accento trionfale. Che cos’è la perdita della vita terrena in confronto al possesso del Dio vivente? Che importa affondare nella notte della morte, se si pensa allo splendore dell’eterna gloria, nel quale egli sta per essere accolto?

Ma la partecipazione alla gloria verrà concessa anche ai suoi, tramite la sua mediazione. Verrà comunicata  a chi la ottiene col battesimo di Cristo, l’accetta e l’accoglie nella fede, realizzandola nella propria vita con l’amore.

Questa partecipazione alla medesima ed unica gloria di Dio è un conforto per i suoi, che devono rimanere sulla terra. Hanno con sé il divino Spirito, che è lo Spirito della Gloria; sono collegati a Cristo invisibile, che vive nella gloria di Dio.

Infine i suoi formano tra loro un’unità nell’amore, perché sono una cosa sola nel Signore glorificato; sono al riparo dal male perché colui che vive nella gloria li richiama, li guida e li protegge.

Tutto questo raggiungerà la perfezione definitiva nel giorno in cui il Signore tornerà visibilmente glorioso e glorificato ed essi potranno partecipare visibilmente allo splendore della sua natura, alla immensità della sua vita, alla gloria del Dio Trino. Allora i toni cupi del mondo e del male svaniranno per sempre e tutto verrà assorbito nella luce della “Gloria Dei”.

 

Il sacerdote che prega sull’altare rivolgendosi direttamente all’Altissimo, con lo stesso spirito e la stessa disposizione interiore con i quali Gesù Cristo pregò, al termine dell’Ultima Cena, il Padre Suo, diviene veramente un alter Christus, un’immagine vivente del Figlio Unigenito, venuto sulla terra a soffrire e a spargere il Suo sangue per la salvezza di molti. Così pregava, durante la Santa Messa, san Pio da Pietrelcina: totalmente assorto, totalmente rapito nella contemplazione dei sacri misteri; e la sua preghiera era quasi una realtà sensibile e visibile, e benché durasse perfino due o tre ore, nessuno si stancava, nessuno era impaziente, né dava segni d’insofferenza perché l’aura mistica si diffondeva da lui a loro, e l’intera assemblea diveniva una cosa sola col Padre e il Figlio, e lo Spirito Santo aleggiava su tutto e tutti. E quando il santo sacerdote levava lo sguardo verso l’alto e invocava il sublime mistero della Transustanziazione, era come se il soffitto si aprisse, i cieli si aprissero e i fedeli potessero contemplare, per mezzo di lui, l’ineffabile spettacolo che nessun uomo ha mai visto finché rimane prigioniero di questo povero corpo di creta e di questo tempo fuggevole, che un giorno ci sfuggirà per sempre.

Il segreto della fede è questo: e tutti i cristiani potrebbero vederlo concretamente realizzato nel volto e nello sguardo del sacerdote, se questi, invece di fare della sociologia, della politica o dell’ambientalismo, utilizzasse il tempo della Santa Mesa per pregare con un fervore simile a quello col quale pregò Gesù Cristo alla vigilia della Sua Passione. Giustamente monsignor Antonio Livi, che aveva compreso come la crisi della Chiesa fosse prima di tutto una crisi teologica, e quindi filosofica, raccomandava di togliere alla pastorale tutto ciò che non c’entra con la fede, tutto ciò che non sgorga direttamente dalla fonte purissima dell’Onnipotente, per lasciare che la vera preghiera spirituale occupi di sé tutto lo spazio, tutto il tempo e tutte le anime raccolte per partecipare al sacro mistero (https://www.youtube.com/channel/UC5NSLs_b7PJplg2YU2mgdGA/videos):

Noi non facciamo politica. Ossia non mescoliamo le cose che sono assolutamente certe, sicure, alla luce della fede, questo si chiama il dogma, con le opinioni, sia pure legittime, sia pure - in parte – condivisibili, di chi invece, oltre alla fede, vuole anche altre cose. 

 

Pregare Gesù Cristo o pregare con Gesù Cristo? 

di Francesco Lamendola

 

 

 

Del 12 Giugno 2021

Chiese nella Chiesa

 L’opinione. Movimenti ecclesiali


Un recente documento sui movimenti ecclesiali porta ad una attenta e spassionata riflessione su queste realtà.

Un Decreto per il ricambio ai vertici delle associazioni internazionali di fedeli

La Messa Tridentina non è divisiv

Card. Zen: Che Male c’è a rendere accessibile a tutti la forma straordinaria del rito romano?

Anche il card. Zen interviene sui rumors di una modifica del Summorum Pontificum, il motu proprio di Papa Benedetto XVI che ristabiliva la messa tridentina, comunemente chiamata in latino.  

Card. Joseph Zen Ze-kiun

L’indurimento dei cuori

 Fino a quando, Signore? 


Excaeca cor populi huius, et aures eius aggrava, et oculos eius claude: ne forte videat oculis suis, et auribus suis audiat, et corde suo intelligat, et convertatur, et sanem eum (Is 6, 10).

Si fecero un vitello d’oro

“Preghiamo affinché Dio Accorci il Tempo della Nostra Prova”.

 

 

Carissimi Stilumcuriali, con piacere offriamo alla vostra attenzione e riflessione questo commento di un amico di lunga data del blog, sui tempi difficili che la Chiesa sta vivendo, e noi con essa. Buona lettura.

La mattanza in corso

ALZATEVI IN PIEDI

Ricerca su feti abortiti: sveglia, non è un male remoto!

L’epidemia ha svelato realtà nascoste, sebbene ci sia chi denuncia da anni il rapporto fra abortifici e sperimentazione medica. Basti ricordare l’inchiesta del Cmp in cui la dipendente di un azienda intermediaria fra Planned Parenthood e i laboratori di ricerca, descriveva corpicini, in certi casi ancora vitali, smembrati con il forcipe e venduti. “Al feto batteva il cuore, gli strappammo il cervello, capii che non potevo più lavorare per la compagnia…anche se ciò poteva servire a curare qualche malattia”. Anche Fauci oggi finanzia studi in cui lo scalpo di piccoli feti uccisi viene posto sulla schiena dei topi. Possiamo accettare tutto questo in nome della salute?


venerdì 11 giugno 2021

Tassello su tassello..

Mons. Viganò: "Il clero ormai è solo un tassello del Grande Reset" 



Massimo Viglione
la nostra intervista al prof. MASSIMO VIGLIONE accademico, storico della filosofia, saggista, presidente della "Confederazione dei Triarii". Conduce CARLO SAVEGNAGO

Una unica religione mondiale dell'indistinto

"Il mito alieno incrocia la profezia sull'anticristo"



Gianluca Marletta, docente e scrittore, offre una spiegazione molto originale ma documentata sulle motivazioni che inducono ora il mainstream a sdoganare il tema "ufo e alieni". "La globalizzazione politica presuppone l'esistenza di una unica religione mondiale dell'indistinto che colmi il desiderio di infinito insito in ogni uomo. L'alieno, dentro questa ottica, è perfettamente funzionale ai piani delle élite"
 

Il mito perfetto

Nuove rivelazioni aliene: umani ed extraterrestri già collaborano su Marte… E ora chi non legittimerà l’opportuno mondialismo politico religioso e la fratellanza galattica?!

Dal 5 al 6..

Moneyval dà la pagella al Vaticano. Non lo boccia, ma poco ci manca


Il rapporto Moneyval del 2021 sulla Santa Sede e la Città del Vaticano era stato reso pubblico da poche ore, il 9 giugno, e subito i media pontifici ne hanno messo in evidenza i giudizi positivi, con un comunicato e un’intervista istituzionale di Carmelo Barbagallo, già uomo della Banca d’Italia e dal 2019 presidente dell’ASIF, l’Autorità di supervisione e informazione finanziaria del Vaticano.

Si può rispondere con un “sì” o un “no”

I cattolici presentano un “dubium” al Vaticano chiedendo se la Chiesa in Germania è in scisma

Tre cattolici hanno presentato un “dubium” al Vaticano chiedendo se la Chiesa in Germania è nello scisma.

Un articolo dello staff del Catholic News Agency, nella mia traduzione. 

Mons. Georg Batzing, presidente dei vescovi tedeschiMons. Georg Batzing, presidente dei vescovi tedeschi 

I rischi valgono i benefici?

COVID E PROPAGANDA

Vaccini anche ai giovani? C'è chi, in Europa, dice no

Dopo la morte, per trombosi, di Camilla Canepa, ragazza sana di 18 anni, a seguito della vaccinazione con AstraZeneca, si è riaperto il dibattito sulla vaccinazione ai giovani. I rischi valgono i benefici, in una fascia di età che non rischia di morire di Covid, se non in rarissimi casi e in presenza di altre patologie gravi? In Germania e in Svezia il problema se lo stanno ponendo e le autorità sconsigliano di vaccinare ragazzi sani. Mentre in Italia continua la retorica della vaccinazione di massa, anche per i minorenni, con punte di retorica da guerra e la collaborazione attiva di pediatri, insegnanti e genitori. 


giovedì 10 giugno 2021

“Zitti e buoni”…?

Seid e il lockdown: quel che Saviano non dirà mai

Altro che razzismo: Seid non ha retto il clima di terrore, l’isolamento forzato, lo spegnimento della vita sociale e all’aria aperta così importante per i ragazzi. Eppure, né Saviano, né Boldrini, né Fratoianni hanno minacciato Conte, Draghi, Speranza per l’imposizione del lockdown, dicendo «un giorno farete i conti con la vostra coscienza» come invece hanno fatto per la bufala del razzismo.


Scurdammoce o’ passato, simmo e’ Napoule paisà

SATANA POTREBBE REDIMERSI?

    Satana potrebbe redimersi e diventare santo? No, ma per il "pensiero cabalistico" alla fine dei tempi il Male si trasformerà in Bene e il Diavolo si pentirà e diverrà santo: "perché tutte le creature sono chiamate alla santità"                                                                                                            di Francesco Lamendola  

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Quando il signor Bergoglio ha incominciato a dire che anche Giuda Iscariota si è salvato, perché in fin dei conti si era pentito, per poi è tornare diverse volte sull’argomento, con strana insistenza, molti sono rimasti sconcertati, alcuni anche scandalizzati, ma pochissimi, crediamo, hanno compreso sino in fondo la malizia diabolica da cui nascevano quelle affermazioni. Noi stessi abbiamo impiegato del tempo prima di comprendere dove costui volesse andare a parare, e, lo confessiamo, pur conoscendo ormai la malvagità di quell’uomo, rotto a tutte le astuzie e a tutti gli inganni pur di recare il maggior danno possibile alle anime delle quali è stato indegnamente fatto pastore, quasi non volevamo credere che la sua cattiveria potesse arrivare così lontano. La conclusione cui siamo stati costretti a pervenire, mettendo insieme tutte le tessere del mosaico, è che Bergoglio vuol dare a intendere che Giuda si è salvato perché il suo vero obiettivo non è tanto la riabilitazione di Giuda, ma la riabilitazione di colui che è entrato nel corpo di Giuda, spingendolo all’odioso tradimento nei confronti del Nostro Signore Gesù Cristo: il Diavolo, come narrato nel quarto Evangelo (Gv 13, 21-30):

21 Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: «In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà». 22 I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse. 23 Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. 24 Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Di', chi è colui a cui si riferisce?». 25 Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». 26 Rispose allora Gesù: «È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò». E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. 27 E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: «Quello che devi fare fallo al più presto». 28 Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo; 29 alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. 30 Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte.

 

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Il pensiero cabalistico insegue l’idea che alla fine dei tempi il Male si trasformerà in Bene e il Diavolo stesso si pentirà, si redimerà e addirittura diverrà santo, perché tutte le creature sono chiamate alla santità!

 

C’è una cosa che bisogna sempre tener presente, quando si parla del modernismo e del neomodernismo, anzi quando si parla dello sviluppo di tutta la filosofia moderna, specialmente dopo Kant: il suo costante sottofondo gnostico e soprattutto cabalistico. Questo è un aspetto poco conosciuto e poco studiato, anche da quei testi di storia della filosofia e da quegli studiosi che pure si fanno un vanto di spingere lo sguardo da Hegel, passando per Heidegger, fino a Martin Buber e a Lévinass, e di estendere lo sguardo d’insieme sul pensiero contemporaneo fino agli sviluppi più recenti della teologia liberale, sia di matrice protestante che di stampo cattolico – quest’ultima, ovviamente, emersa dopo il Concilio Vaticano II. Il fatto è che Heidegger presuppone Hegel, e che Karl Rahner presuppone Heidegger; e che sia Ratzinger, sia Bergoglio, pur così diversi fra loro quanto a raffinatezza teologica, presuppongono tanto Hegel, che Heidegger, che Rahner – senza scordarsi dell’altro cattivo gesuita partito in avanscoperta sui campi sterili dell’eresia gnostica e panteista, Teilhard de Chardin. E la presupposizione è questa: che in ciascuno di essi, partendo da Hegel, esiste un’aperta propensione verso l’idea, tipicamente cabalistica, della conciliazione degli opposti, e più precisamente della riconciliazione finale del male con il bene. In un certo senso, tutto il pensiero moderno, e particolarmente l’idealismo, si pone sotto il segno della Cabala e della conciliazione degli opposti. Il merito di aver visto e compreso ciò, e di averlo chiaramente indicato, spetta a uno studioso argentino pochissimo conosciuto dal grande pubblico, il sacerdote Julio Mieinvielle, con la sua fondamentale opera Dalla Cabala al progressismo (recentemente tradotta in italiano dalla casa editrice Effedieffe). A lui bisogna poi accostare il nome di un altro studioso, italiano e vivente, anch’egli sacerdote: don Curzio Nitoglia, il quale in numerosi libri ha ripreso e sviluppato il concetto, rendendolo familiare ai non molti che s’interessano a questo aspetto della cultura moderna, e che sono aperti a riceverlo, sia pure come ipotesi di lavoro; perché nella maggioranza degli studiosi “ufficiali”, specie gli accademici, vi è un rifiuto pregiudiziale nei confronti di ciò che, se preso seriamente in considerazione, potrebbe rivoluzionare tutto ciò che si sa, o si crede di sapere, circa la cultura della quale siamo figli.

 

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Modernisti? Sia Ratzinger, sia Bergoglio, pur così diversi fra loro quanto a raffinatezza teologica, presuppongono tanto Hegel, che Heidegger, che Rahner – senza scordarsi dell’altro cattivo gesuita partito in avanscoperta sui campi sterili dell’eresia gnostica e panteista, Teilhard de Chardin!

 

Tre sono le basi dell’idealismo hegeliano, e tutte e tre sono di un’assurdità logica e di una presunzione speculativa a tutta prova. Le prime due sono comuni a tutto il filone della filosofia idealista: che il pensiero crea l’essere, e non l’essere il pensiero; e che tutto ciò che è reale è razionale, e tutto ciò che è razionale, reale. La terza asserzione fondamentale, o piuttosto il terzo postulato, indimostrato e indimostrabile, è che la tesi, venuta a confronto con l’antitesi, produce, invero miracolosamente, la sintesi: il che va contro il principio d’identità, per il quale A è A, e contro il principio di non contraddizione, per il quale A non è B, perché secondo la dialettica hegeliana una cosa e il contrario di quella cosa si ricompongono in una nuova essenza, che è la sintesi dell’una e dell’altra. Ebbene, questa è un’idea cabalistica: alla fine, non si sa come, gli opposti si riconcilieranno e perciò anche il male diventerà bene, non si quando né come, ma si sa che questo fatalmente avverrà, perché l’Uno è formato dagli opposti, i quali solo nella dimensione parziale del tempo e dello spazio appaiono separati e inconciliabili, mentre nella dimensione metafisica altro non sono che facce della stessa medaglia, e quindi intimamente uniti come il giorno lo è alla notte e la luce alle tenebre. Vi sarebbe il giorno se non vi fosse la notte, e vi sarebbe la luce se non vi fossero le tenebre? Così ragionano tutti quelli che sono attratti, e influenzati, dal pensiero gnostico e cabalistico: sicché si può dire che la Cabala non solo ha fatto proseliti ben al di fuori della sua area tradizionale, ma che ha impregnato di sé, e praticamente condizionato, se non addirittura conquistato, tutto il filone principale della filosofia moderna, e di riflesso anche quello della teologia cristiana più recente. C’è solo un piccolo problema, dal punto di vista della vera filosofia e della vera teologia: che tutto ciò non si regge sul filo della logica, e inoltre che tutto ciò non è cristiano, anzi non ha nulla di cristiano. La Cabala è tanto lontana dal pensiero cristiano quanto lo sono le varie forme di dualismo: essa postula una ricomposizione finale degli opposti, quello di un’eterna separazione di due principi opposti ma ugualmente originari; mentre è evidente che gli opposti restano opposti, e, come diceva Kierkegaard, il cristiano, e non solo il cristiano, ma colui che si affida alla ragione naturale, non ragiona in termini di et… et, bensì di aut… aut: non questo e quello, ma questo o quello. E inoltre è chiaro che il principio del Bene e quello del Male, per il pensiero cristiano, non sono affatto entrambi originari, perché il Male è un principio secondario e derivato, non originario, e dunque subordinato all’altro, e non certo dotato di pari forza e di pari autonomia. L’idea che i due princìpi, della Luce e delle Tenebre, siano entrambi originari e che giacciano sullo stesso piano ontologico, era quella dei catari: e grazie a Dio il catarismo non ha prevalso, anche se c’è stato un momento, alla fine del XII secolo, in cui pareva che avrebbero potuto prendere il sopravvento nell’Europa occidentale; e incredibilmente la cultura progressista dominante continua a dolersi che le cose siano andate così. Evidentemente tutti questi signori politicamente corretti, e rigorosamente anticattolici, avrebbero preferito che si imponesse una religione che considera il corpo, il mondo e la vita stessa come la forma suprema del male; che odia il matrimonio e la generazione, perché considera che la cosa migliore sia favorire il suicidio dell’umanità mediante il rifiuto di riprodursi e, se possibile, lasciandosi morire di fame da parte dei “perfetti”.

 

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Ma torniamo all’idea cabalistica della riconciliazione finale del Bene e del Male. Il discorso sarebbe estremamente lungo e complesso; semplificandolo un po’, e tuttavia, crediamo, senza snaturarne il senso, citiamo una pagina del volume Il Diavolo (a cura di Angela Cerinotti e Davide Sala, Demetra Editrice, 2000, p. 32):

Lo “Zohar” è l’opera fondamentale della Cabala, un sistema esoterico, mistico e teosofico che ebbe il suo massimo sviluppo nel Medioevo. In tale opera hanno un ruolo centrale  Samael (l’equivalente cabalistico di Satana) e Lilith, il demone femmina.

In effetti il problema della natura del male fu una delle principali indagini speculative della Cabala. Secondo alcuni l‘uomo è incapace di ricevere l’intero influsso delle Sefirot (“numeri”) per straniamento delle cose create  dalla loro fonte di emanazione, e quindi in pratica IL MALE AVREBBE UNA REALTÀ NEGATIVA, MA NON METAFISICA. Secondo altri invece (per esempio lo “Zohar”) il male è una MANIFESTAZIONE SEPARATA, COME CRESCITA SOVRABBONDANTE DEL POTERE DEL GIUDIZIO, resa possibile  dall’assunzione a sostanza e della separazione della suddetta qualità del giudizio dalla sua abituale unione con le qualità dell’amore e della bontà. Così, per non procedere oltre con un discorso che, oltre che destinato agli addetti ai lavori, richiederebbe pagine e pagine, si può concludere che per molti, ALLA FINE DEI TEMPI, IL MALE SAREBBE RIDIVENTATO BENE E CHE LO STESSO SAMAEL SI SAREBBE PENTITO E AVREBBE FATTO RITORNO ALLA SANTITÀ.

 

0000 NITOGLIA

Il teologo don Curzio Notoglia

 

Riassumendo. Il pensiero cabalistico insegue l’idea che alla fine dei tempi il Male si trasformerà in Bene e il Diavolo stesso si pentirà, si redimerà e addirittura diverrà santo, perché tutte le creature sono chiamate alla santità. Il signor Bergoglio, il quale intellettualmente è figlio della linea di pensiero che va da Hegel, a Heidegger, a Teilhard, a Rahner, a Buber e a Lévinass, da buon gesuita ultramodernista va predicando la salvazione finale di Guida perché Giuda è il più grande peccatore degli uomini. Nessuno ha commesso un peccato più grande di Giuda, il quale ha tradito il Salvatore per trenta denari (sì, lo ha fatto proprio per denaro: si rassegnino quanti vorrebbero vedere nel suo gesto chi sa quali nobili intenti, perché sappiamo che Giuda, cui era affidata la cassa degli Apostoli, era ladro da sempre: cfr. Gv 12, 4-6): pertanto, se perfino lui alla fine si è slavato, ciò equivale a dire che tutti alla fine sui salveranno. Ma se tutti sono destinati alla salvezza, ed effettivamente si salveranno, allora non ha senso che ci sia l’Inferno, né che si sia il re dell’Inferno: il Diavolo. Che senso avrebbe, in fatti, un Inferno vuoto (con buona pace di Hans Urs von Balthasar, altro cattivo maestro modernista fatto passare per grande teologo, forse perché strettamente legato a Ratzinger, e dunque bisognoso di essere emendato da qualsiasi ombra o sospetto, per evitare che ombre e sospetti cadano anche su Ratzinger). Dire che l’Inferno è vuoto, o che alla fine verrà svuotato, equivale a dire che non esiste la pena eterna (e quindi, a rigore, neppure l’eterna beatitudine); ed equivale a lasciare disoccupato il principe dell’Infermo, Satana. Il quale, evidentemente, non avrà più anime da tentare e da spingere sulla via della dannazione, e dunque non gli resterà che una cosa da fare, non fosse altro che per ammazzare la noia:  pentirsi, convertirsi, emendarsi e santificarsi. E così, da ultimo, come nelle zuccherose favole alla Walt Disney, tutti diverranno buoni e vivranno felici e contenti, rasserenati e rappacificati, buoni e malvagi, vittime e carnefici. Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, e chi ha dato, ha dato, ha dato: scurdammoce o’ passato, simmo e’ Napoule paisà, recitava la canzone di Peppino Fiorelli del 1944. Il concetto è chiaro anche per chi non mastichi troppo il dialetto partenopeo: non importa chi ha fatto del bene e chi ha fatto del male, perché bisogna voltare pagina sul passato e ricominciare da zero.

 

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Riabilitando Giuda, Bergoglio prepara la riabilitazione di Satana: solo allora potrà degnamente celebrare il sabba infernale di Astana…

 

Questo perfido disegno, come sempre, il signor Bergoglio lo sta portando avanti con una certa malvagia destrezza, anche se alcune sue “sparate” rischiano di mettere in allarme i cattolici: perché, e la cosa è evidente, egli non possiede l’abilità, e  soprattutto la pazienza, degli altri papi che si sono succeduti a partire dal conclave del 1958 e che hanno proceduto con astuzia a sostituire gradualmente la vera dottrina cattolica e la vera Chiesa cattolica con una dottrina e una chiesa che di cattolico hanno conservato, almeno fino ad oggi, solamente il nome, ma di fatto sono entrambe protestanti e ultraliberali. Quei pontefici, più abili di lui, e quindi meno precipitosi, sapevano che il sistema migliore per attuare una rivoluzione – e il supermodernismo scaturito come un fiume limaccioso dal Vaticano II è, a tutti gli effetti, una rivoluzione – consiste nel fare in modo che coloro contro i quali essa è diretta, non si rendano conto di quel che sta accadendo e sottovalutino, o non vedano affatto i pericoli e le incognite della situazione. Riabilitando Giuda, Bergoglio prepara la riabilitazione di Satana: solo allora potrà degnamente celebrare il sabba infernale di Astana… 

 

Satana potrebbe redimersi e diventare santo?

di Francesco Lamendola

 

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